Ritorno nel segno della continuità: Lula a un anno e mezzo dall'elezione

  Focus - Allegati
  09 May 2024
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Abstract

A più di un anno dalla sua elezione, è possibile affermare che il Presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, abbia dato il via ad una vasta opera di riposizionamento del suo Paese, tanto sul piano interno quanto su quello estero. In netto contrasto con la linea del suo predecessore Bolsonaro, egli ha incentivato una politica economica interventista, opponendosi alla privatizzazione di aziende statali e favorendo la crescita del welfare e dei sussidi pubblici. Coerentemente con le sue posizioni ambientaliste e umanitarie, Lula si è opposto alla massiva deforestazione della regione amazzonica, agendo in favore delle popolazioni indigene ivi stanziate. A livello internazionale, Brasilia si è nuovamente discostata dagli Stati Uniti per tornare nell’orbita dei BRICS e delle altre Potenze emergenti, assumendo spesso posture terzomondiste e critiche nei confronti dell’Occidente.

Autori

Michele Gioculano - Head Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politica

Jaohara Hatabi - Senior Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politica

Jakob Joseph Burkhart - Junior Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politica


Introduzione

Il 1° gennaio dello scorso anno, il leader del Partito dei Lavoratori, Luiz Inácio Lula da Silva, ha assunto, per la terza volta, l’incarico di Presidente del Brasile. Un evento significativo, che ha visto il suo ritorno al Palácio do Planalto dopo lunghe traversie giudiziarie, un periodo di detenzione e un’aspra campagna elettorale contro il suo predecessore, Jair Bolsonaro. Dopo un quadriennio dominato da uno spiccato liberismo economico, fatto di deregulation e privatizzazioni, e orientato al consolidamento dei legami inter americani con Washington, Lula ha riproposto le formule già sperimentate nelle sue precedenti esperienze di governo, caratterizzate da un maggiore controllo dello Stato sul mercato e da una collocazione politica più equidistante sul piano globale.

Un percorso prevedibile e coerente con le promesse elettorali che, tuttavia, sembra tener poco conto delle mutate condizioni dello scenario attuale, destabilizzato da contese economiche e commerciali e da crisi geopolitiche di ampio respiro, coinvolgenti tutte le Grandi Potenze e sempre più esiziali per determinare un futuro assetto. Inserito nel quadro di questi scontri, il Brasile si muove all’interno di un margine assai ristretto, schiacciato tra due blocchi contrapposti e non ancora in grado di competere ad armi pari con i maggiorenti della politica internazionale. Un equilibrio precario, tra convenienze economiche e ambizioni nazionali di cui Lula dovrà tenere conto se intende portare avanti i suoi progetti.

Situazione Economica

Il Brasile è la più grande economia dell’America Latina e la nona economia mondiale. La popolazione ammonta a 210 milioni di persone (e continua a crescere), che lo rende il settimo stato più popoloso al mondo. Oltre ad essere il quinto Paese più grande al mondo con una superficie di 8.5 milioni di chilometri quadrati. Al suo interno si trova gran parte della foresta Amazzonica, dove al suo interno vi è la più grande biodiversità al mondo. Insomma, un mix fra una demografia importante, un territorio vasto e una grande superficie verde ricca di risorse. In termini reali, lo scorso anno il Brasile è cresciuto del 2.9% nel 2023 (nel 2024 la crescita prevista è dell’1.7%) alla luce dei consumi sostenuti, garantiti da un mercato del lavoro piuttosto robusto, e dei trasferimenti fiscali. Il 39% del PIL è composto dagli export, ove vengono principalmente esportati petrolio (16,7%), semi di soia (14%), minerali di ferro (8,6%), mais (3,7%) e zucchero di canna o barbabietola (3,3%) - come riportato dai dati Banca Mondiale. Le destinazioni di questo export sono, in ordine: Repubblica Popolare Cinese (26.8%), Stati Uniti (11.4%), Argentina (4.6%), Olanda (3.6%) e Spagna (2.9%). Mentre per quanto riguarda gli imports, Pechino si classifica di nuovo al primo posto e Washington al secondo. Sempre la World Bank spiega che lo stato macroeconomico del Brasile rimane robusto, con ampie riserve internazionali, un basso debito verso l’estero, una banca centrale credibile, un sistema finanziario resiliente e flessibilità del tasso di cambio. (World Bank, 2024)

Nel 2023 il debito pubblico è aumentato rispetto all’anno precedente e le stime per i prossimi anni registrano un costante aumento. A questo proposito, sta tenendo banco la riforma del governo che ambisce ad allentare gli obiettivi fiscali. Tale proposta ha bisogno dell’approvazione del Congresso, dove il presidente ha dovuto chiedere sostegno a diversi partiti (in totale 11) eterogenei per ottenere la maggioranza. Secondo quanto riportato da Pooler sul Financial Times, il presidente Lula vorrebbe allineare le stime di crescita a quelle dell’FMI, infatti le proposte rivedono l’obiettivo a ribasso rispetto a quello posto precedentemente - dove si ambiva a gestire la finanza pubblica con maggiore responsabilità per consentire un incremento di spesa - di raggiungere un avanzo primario l’anno prossimo e nel 2026. Non proprio un segnale positivo soprattutto verso l’esterno. Alcuni vedono in questo dei segnali di allarme, ovvero una ripetizione degli errori commessi nel precedente Governo del Partito dei Lavoratori dal 2003 al 2011: una crisi fiscale che ha contribuito alla peggiore recessione mai registrata nel paese. Per rispondere agli attacchi il Ministro delle Finanze Haddad ha dichiarato a GloboNews TV che il deficit è un problema che il Brasile si traina dal 2015 e che questo impedisce alla Nazione di poter crescere di più, ribadendo la linea della responsabilità del governo. In effetti, l’indebitamento netto sul PIL sarà in calo nei prossimi, ma rispetto a due anni fa nel 2023 vi è stato un aumento del 3% (ovvero -7.5%).

Nel gennaio 2023 era stato annunciato che Argentina e Brasile (le due economie più grandi del Sud America) avevano il piano di creare una valuta comune, il sur, per facilitare il commercio fra i due Paesi. Fondamentalmente si tratta di un grande step verso una maggiore integrazione economica, ma non si tratterebbe di un EURO sudamericano. Il fine sarebbe stato di stimolare il commercio regionale e ridurre la dipendenza dal dollaro USA. Attualmente, il progetto della valuta comune con l’Argentina sembra essersi dissolto, con un’analisi della Oxford Economics che argomenta la sua irrilevanza e non praticabilità. Tuttavia, persiste l’interesse da parte di Lula per una politica volta a ridurre la dipendenza del Brasile dal dollaro USA, come è stato visibile nell’aprile 2023 quando il presidente brasiliano andò in visita a Pechino per iniziare a programmare il passaggio dal dollaro alla valuta cinese.

Situazione Internazionale

Con la rielezione di Lula, il Brasile ha intrapreso un percorso di riposizionamento significativo tanto sul piano interno quanto sul piano esterno. La sua strategia è sempre stata quella del “non-allineamento”, e nonostante i punti fermi della politica estera di Lula rimangano l’equidistanza dal multipolarismo e la centralità dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), il panorama mondiale è fortemente mutato rispetto ai suoi precedenti mandati. Infatti, la sua rielezione è avvenuta in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, alla crescente polarizzazione tra Stati Uniti e Cina per motivi commerciali, geopolitici e di sicurezza. Questi fattori rappresentano sicuramente delle difficoltà per il mantenimento di questi punti cardine.

Dall’inizio del suo mandato, Lula ha cercato di rafforzare i legami del Brasile con i BRICS e altre potenze emergenti, distanziandosi dagli Stati Uniti. Questo cambiamento ha segnato un ritorno alla politica estera indipendente e assertiva che aveva caratterizzato i suoi precedenti mandati presidenziali. Lula ha spesso assunto una posizione critica nei confronti dell’Occidente, sostenendo che le Nazioni sviluppate abbiano troppo potere nelle istituzioni internazionali e che questo squilibrio debba essere corretto. Ha sostenuto che i Paesi in via di sviluppo, come il Brasile, dovrebbero avere una voce più forte nelle decisioni globali. Il suo impegno in questo senso si può riscontrare nel tentativo di portare a termine una de-dollarizzazione: ad aprile 2023 il presidente brasiliano si è recato a Pechino, dove ha firmato con la Cina numerosi accordi in vari settori. In questo contesto i due Presidenti si sono voluti affermare come leader del Global South, sostenendo i BRICS come valido contrappeso al sistema mondiale a trazione statunitense. Proprio qui si è inserita la questione della de-dollarizzazione del commercio mondiale, fortemente auspicata da Lula, che negli scambi con la Cina utilizza sempre più frequentemente il renminbi. Nonostante la volontà degli Attori di diminuire l’utilizzo del dollaro, al momento l’alternativa valuta cinese non rappresenta una vera e propria sfida per l’egemonia degli Stati Uniti nel commercio.

Un altro elemento che ha contribuito all’allontanamento tra Brasilia e Washington sono state le affermazioni di Lula riguardo al conflitto tra Russia e Ucraina. Secondo Lula, entrambe le Nazioni avrebbero una responsabilità equivalente nel conflitto, e ha suggerito che sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea potrebbero aver incoraggiato le ostilità. Anche le posizioni brasiliane sulla questione israelo-palestinese destano preoccupazioni per l’Occidente: infatti, nel corso del summit dell’Unione Africana di Addis Abeba, Lula avrebbe sostenuto che l’unico precedente storico delle morti registrate nella Striscia di Gaza è rappresentato dall’Olocausto perpetrato dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Ad oggi la situazione pare essersi calmata, pur senza una ripresa totale delle relazioni, dopo l’immediato richiamo dell’Ambasciatore brasiliano a Tel Aviv e la dichiarazione di Lula persona non grata in Israele.

Per quanto riguarda i rapporti del colosso sudamericano con altre Nazioni, si può affermare che tra i principali interlocutori rientrano altri Paesi della regione sudamericana. Infatti, nel 2023 è stato convocato un summit a Brasilia, da cui è stato reso noto l’obiettivo di normalizzare i rapporti con il Venezuela di Nicolás Maduro, dichiarando: “Oggi celebriamo la piena ripresa delle relazioni bilaterali con il Venezuela, interrotte a causa di contingenze politiche e motivi inspiegabili. Non vogliamo che siano solo relazioni economiche e commerciali, ma anche politiche, culturali, economiche, nel campo della scienza e tecnologia, oltre che in quello militare, per prenderci cura insieme della nostra frontiera” (Agenzia Nova, 2023). Più recentemente, il Brasile ha fatto da mediatore nella disputa tra Venezuela e Guyana sulla regione petrolifera dell’Esequibo.

In conclusione, il perseguimento di una politica estera ora definita da alcuni osservatori sudamericani “non allineamento attivo” o “autonomia pragmatica” è reso più complesso dalla presenza di Russia e Cina nei BRICS, poiché rende il Brasile un Attore incastrato nel mezzo della rivalità tra Washington e l’asse Mosca-Pechino. Tra i suggerimenti di alcuni esperti si è riscontrato quello di concentrarsi sulla questione ambientale: in questo ambito il Governo di Lula è riuscito a ridurre la deforestazione dell’Amazzonia del 60% (secondo i dati satellitari del sistema di sorveglianza dell’Amazzonia Deter), sancendo un importante cambio di rotta rispetto alla gestione del suo predecessore Jair Bolsonaro, forte negazionista del cambiamento climatico. Diverse sono le aree in cui il Brasile può rappresentare una potenza trainante, l’acume politico e strategico di Lula sarà fondamentale nel determinare gli ambiti in cui giocare le carte migliori. Certo è che la presidenza brasiliana del G20 che si terrà a luglio 2024 sarà il vero banco di prova per la politica estera del Presidente Lula.

Conclusioni

Tirando le somme, il ritorno di Lula al Palácio do Planalto ha confermato le posizioni assunte nelle sue precedenti esperienze di governo e sono coerenti con le promesse elettorali che, tuttavia, sembrano non tener conto del fatto che il mondo è cambiato: la guerra in Europa e la crescente divergenza tra Stati Uniti e Cina - rispettivamente i due maggiori partner commerciali del Brasile. A tratti può sembrare che il presidente brasiliano sia fermo sulle sue idee, peccando in realismo e lettura dei cambiamenti in atto.

Per quanto riguarda l’economia, sarà interessante vedere cosa succederà una volta che i trasferimenti fiscali rallentano: una spesa pubblica assistenzialista sostenuta alla lunga rischia di diventare un boomerang. Oltre a ciò, l’inquilino del Palácio do Planalto dovrà stare attento al debito pubblico, che potrebbe esporre il suo paese a dei rischi.

Certo è che Lula sta cercando, applicando la sua visione del mondo, di ritagliare uno spazio importante sul palcoscenico internazionale per il suo paese. Ne avrebbe le ragioni, viste le risorse naturali, la demografia, l’economia e la geografia. Solamente il tempo dirà se le politiche implementate pagheranno o meno. Il gioco a cui sta giocando lo espone a parecchi rischi e, alla luce delle sue ambiguità, non è facile prevedere se riuscirà a non restarne bruciato.

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Bibliografia:

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