I sintomi depressivi nei giovani europei sono aumentati

Secondo i dati del rapporto Ocse, i sintomi depressivi nei giovani europei sono aumentati a causa della pandemia

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  Wiam Kessab
  20 December 2022
  4 minutes, 14 seconds

Il REPORT DELL’OCSE

L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha pubblicato di recente un report "Health at a Glance: Europe 2022” che fotografa la situazione a livello europeo della diffusione e dell’aumento di sintomi depressivi e disagi psicologici, che sono stati una delle conseguenze più pesanti della pandemia che hanno colpito soprattutto le fasce più giovani. Quando si parla di sintomi depressivi si fa riferimento non solo alla depressione intesa come disturbo diagnosticato, ma anche a tutti quei disagi psicologici che, pur non raggiungendo le caratteristiche per una diagnosi di depressione, portano le persone a sentirsi un po’ più sole e tristi rispetto al mondo che le circonda. La depressione è un disturbo diffuso tra la popolazione generale e quindi ben conosciuto, sembra infatti, che ne soffra dal 10% al 15% della popolazione, con una frequenza maggiore tra le donne.

I SINTOMI DEPRESSIVI RADDOPPIANO DOPO LA PANDEMIA

L’Ocse, nel suo report, ha provato a mettere a confronto alcuni Paesi europei prendendo come riferimento la fascia di giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. In molti casi, la percentuale di giovani che presentano sintomi depressivi è più che raddoppiata rispetto a prima della pandemia. Non è facile tracciare un quadro dei sintomi depressivi tra i giovani a livello europeo, anche perché ogni Paese riferisce i dati in modo diverso, l’impresa dell’Ocse non è stata semplice. In Francia si è passati dal 10% del 2019 al 20% del 2021, in Islanda dal 9% al 37%. La Norvegia è il Paese che negli anni della pandemia ha registrato la più alta percentuale di giovani con sintomi depressivi: si è passati dal 9,5% del 2019 al 42,5% del 2021. I dati che arrivano dall’Italia sono invece relativi a una fascia di età che va dai 16 ai 24 anni; nel 2021, più del 24% dei giovani ha riportato sintomi della depressione, quasi uno ogni 4, mentre la percentuale tra gli adulti si ferma al 14,4%. Uno degli elementi che hanno contribuito alla diffusione dei sintomi depressivi tra i giovani è stata la chiusura delle scuole: mediamente in Europa le scuole sono rimaste chiuse per più di 200 giorni complessivi. In Italia siamo al di sopra di questa media, con quasi 300 giorni di chiusura totale. Dal report dell’Ocse, inoltre, emerge con chiarezza che la percentuale di giovani che presentano sintomi depressivi è aumentata, registrando dei picchi proprio in corrispondenza dei lockdown, mentre nei periodi in cui le restrizioni sono state allentate la percentuale è calata. La maggior parte dei governi europei ha provato a rispondere a questa problematica mettendo in atto una serie di misure di sostegno psicologico. Lo ha fatto anche l’Italia, ad esempio attraverso il bonus psicologico o con lo stanziamento di fondi per il sostegno psicologico nelle scuole.

GLI OPERATORI SANITARI AFFERMANO L’IMPATTO SULLA SALUTE MENTALE

L’impatto sulla salute mentale della pandemia è stato enorme, con una prevalenza di ansia e depressione più del doppio dei livelli osservati prima della crisi nella maggior parte dei paesi con dati disponibili, in particolare in Messico, Regno Unito e Stati Uniti. L’organizzazione nel suo rapporto ha affermato che l'impatto sulla salute mentale della pandemia è stato particolarmente duro per medici, infermieri, operatori di assistenza a lungo termine e altri operatori sanitari che lavorano in stretta vicinanza con i pazienti. Gli operatori sanitari hanno riportato la diffusione di alti tassi di ansia, depressione, burnout e turnover dall'inizio della pandemia. La salute mentale di tutti i cittadini è stata colpita durante la pandemia sia per la paura di contrarre il Covid sia a causa delle misure di confinamento imposte, dall’isolamento sociale e dall’incertezza economica, portando a una maggiore prevalenza di depressione e ansia nella popolazione in tutte le fasce d’età.

IL RICORSO ALLA TELEMEDICINA IN PERIODO PANDEMIA

Durante la pandemia, il ricorso alla telemedicina ha subito un’accelerazione senza precedenti anche in questo ambito. L’uso della telemedicina non si è limitato all’assistenza psichiatrica, ma ha coinvolto anche gli psicoterapeuti. A metà del 2020, in tutto il mondo, oltre l’80% dei paesi ad alto reddito ha riferito ad un sondaggio dell’OMS di aver utilizzato la telemedicina e la terapia online per sostituire le consultazioni e le sedute psicoterapiche di persona. Il passaggio a un maggiore utilizzo delle consultazioni a distanza ha contribuito a mantenere la continuità dell’assistenza durante la pandemia e tutt’oggi possiede un reale potenziale per aumentare l’accessibilità a questa tipologia di prestazioni. Tuttavia, come spesso accade, l’utilizzo del digitale può rappresentare una nuova barriera di accesso, in particolare per le persone con competenze digitali limitate.

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Fonti consultate per il presente articolo:

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L'Autore

Wiam Kessab

IT

Wiam Kessab, classe 2001, ha conseguito la laurea triennale presso la Fondazione UniverMantova in mediazione linguistica; lingue per le relazioni internazionali.

Attualmente sta frequentando il corso di laurea magistrale in relazioni internazionali e diplomazia, curriculum in diritto internazionale ed economia presso l’Università degli studi di Padova.

Durante i suoi studi ha sviluppato un forte interesse sia per le relazioni internazionali che per le lingue.

Attualmente è autrice di Mondo internazionale Post per "Società e Legge".

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Wiam Kessab, born in 2001, graduated from the Fondazione UniverMantova in language mediation; languages for international relations.

She is currently attending the Master's degree course in international relations and diplomacy, curriculum in international law and economy at the University of Padua.

During her studies, she developed a strong interest for the international relations and languages.

She is currently author of International World Post for 'Society and Law'.



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depressione sintomi giovani lockdown Pandemia Covid19 psicologia Salute mentale Ocse sanità Europa Italia