L’America deve avvicinarsi maggiormente al Giappone per renderlo più potente

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  Redazione
  11 April 2023
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale Post

Il recente incontro di Stato del primo ministro giapponese, Fumio Kishida, con il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è stato un evento d’importanza fondamentale per cambiare radicalmente i rapporti reciproci dopo svariati decenni di storia, seguiti al termine della Seconda guerra mondiale.

La novità politica

Nei mesi precedenti la riunione, Kishida aveva comunicato più volte l’intenzione d’intraprendere una nuova strategia relativa sia alla sicurezza che alla difesa nazionale. Essa inizierebbe con alcuni mutamenti fondamentali ed innovativi nell’ambito dei rapporti reciproci del Giappone con gli Stati Uniti.

Per quanto è stato possibile dedurre dagli scarni comunicati stampa ufficiali, il piano è inteso a modificare l’assetto geostrategico del Giappone nella vasta area dell’oceano Pacifico settentrionale, e non solo.

Esso prevede che lo stato nipponico incrementi di quasi il 60% il capitolo della spesa statale destinato alla difesa nazionale, da distribuirsi nei futuri cinque anni, superando di gran lunga il tetto tradizionale ora vigente dell'uno per cento del prodotto interno lordo (PIL), in vigore dal 1970.

Il risultato

In questo modo, il Giappone potrà acquisire maggiore potenza e capacità di interferenza militare utilizzando la vasta dotazione dei sistemi d’arma più sofisticati oggi disponibili. Ai quali il Giappone, a dire il vero, aspirava da tempo.

Il piano di riarmo sottolinea in particolare i missili da "contrattacco" a lungo raggio e armamenti per il tiro sofisticato di alta precisione da montarsi su veicoli, aerei, navi e infine nei sottomarini.

Con ogni probabilità, saranno inclusi missili terrestri “Tomahawk” di fabbricazione statunitense. Il Giappone investirà notevolmente anche in sistemi ad alta ed elevatissima capacità informatica e di intelligence, sistemi senza pilota e satelliti in grado di supportare le operazioni di contrattacco.

Tokyo ha sottolineato che intende muoversi con la dovuta solerzia per la realizzazione di tale ambizioso progetto in tempi rapidi.

Tant’è che dopo pochi giorni dall’incontro, il governo Kishida ha presentato la richiesta di un imponente incremento di bilancio destinato alla difesa pari alla enorme cifra di 6,8 trilioni di yen (circa 51 miliardi di dollari) da stanziarsi fin dall’inizio del prossimo anno fiscale.

La sicurezza del Paese

Una volta attivata, la strategia del Giappone cambierà profondamente il ruolo del paese su tutti i grandi temi inerenti alla sicurezza dell’ordine internazionale. E più ancora nella vasta area dell’indo-pacifico.

La prospettiva più realistica vede un Giappone meglio dotato ed equipaggiato di armamenti tecnologicamente aggiornati, che complicherà non poco le valutazioni strategiche della Corea del Nord e della Cina.

Per massimizzare l'efficacia della nuova posizione del Giappone, l'alleanza del paese con gli Stati Uniti dovrà evolversi in maniera significativa.

Anche oggi questa è solida e forte. Ciò che manca è la realizzazione di una diversa partnership militare che sia in grado di organizzare operazioni integrate con breve preavviso.

Mentre il paese del sol levante persegue la sua nuova visione, i due stretti alleati hanno bisogno di approntare una innovativa architettura politico-militare di comando e controllo.

In primis, servirà il raggiungimento di livelli più profondi di condivisione delle informazioni e processi decisionali insieme ad una cooperazione più stretta tra i loro sistemi industriali relativi alla difesa.

È anche tempo di rivedere l'accordo di condivisione di tutti quei costi materiali e finanziari che hanno a lungo supportato la presenza militare statunitense in Giappone.

Il Giappone dall’autodifesa alla difesa attiva

Alla luce dei precedenti storici, relativi ai rapporti fra Tokyo e Washington, è necessario rivedere l’assetto e la consistenza geostrategica che riguarda l’operatività di comando e controllo dell'alleanza fra i due.

La nuova strategia di difesa che si prospetta del Giappone, richiede un significativo incremento delle operazioni militari bilaterali, comprese le esercitazioni congiunte, più grandi e complesse, in sinergia con le forze statunitensi, pattugliamenti congiunti e potenziati, in acque locali ma anche d’alto mare, manovre di ricognizione marina di profondità e una maggiore copertura ed efficacia della cooperazione nello spazio e nei domini cibernetici.

La capacità di contrattacco giapponese richiederà, almeno all’inizio, una collaborazione più integrata e ai due paesi di lavorare molto più strettamente.

Inizialmente, e forse a lungo termine, il Giappone dovrà dedicare maggiore attenzione alle sue capacità di intelligence, targeting e valutazione dei danni degli Stati Uniti per rispondere a un attacco con mezzi e strumenti propri. Oggi, il Giappone non possiede queste capacità.

Il “targeting” dovrà concentrarsi esattamente su:

- identificazione degli obiettivi da raggiungere;

- definizione degli effetti da generare;

- precisare l’impiego delle risorse più idonee a conseguirli;

- tutelare la popolazione civile da eventuali danni collaterali.

Qualsiasi scenario in cui stia lanciando attacchi a lungo raggio contro obiettivi in Corea del Nord oppure in Cina – o anche operazioni informatiche di "difesa attiva", che penetrano e interrompono le reti informatiche di un avversario – coinciderebbe quasi certamente con le azioni militari intraprese e condivise dagli stessi Stati Uniti.

Ciò sottolinea ancor di più l’esigenza di sviluppare uno stretto coordinamento fra i due basato su un’intesa comune sul genere e pericolosità della minaccia.

Agli effetti pratici, gli Stati Uniti e il Giappone, per la prima volta nella loro storia, dovranno essere in grado di coordinare l'uso della forza militare contro obiettivi al di fuori del Giappone.

La Corea del Sud

A differenza della coalizione politico-militare degli Stati Uniti con la Corea del Sud, l'alleanza USA-Giappone non è mai stata progettata per consentire operazioni militari integrate, tanto meno coprendo lunghe distanze ed in oceano aperto.

Quando questa l'alleanza venne firmata, il Giappone era essenzialmente concepito come una piattaforma ottima per posizione geografica al fine di proiettare il potere degli Stati Uniti. Una sorta di area di sosta adeguata alla operatività e proiezione del potere marittimo statunitensi nella vastissima regione dell’oceano Pacifico settentrionale.

La storia

Questo accordo derivò dalla condizione politica istituzionale post bellica nipponica e dalle relative, quanto forti, restrizioni imposte all’attività militare giapponese. Nei primi giorni della Guerra Fredda, il Giappone non è mai stato destinato a diventare un importante partner militare per gli Stati Uniti.

Fino ad oggi, le forze di autodifesa giapponesi (SDF) e i contingenti americani in Giappone hanno costituito strutture militari di comando separate ed in posizione parallela. Era un accordo condizionato essenzialmente dall’esito dell’ultima guerra mondiale, che rimane in vigore ancora oggi, anche se il Giappone, nel frattempo, ha gradualmente ampliato e rafforzato il proprio ruolo, le missioni e le capacità operative delle proprie SDF negli ultimi due decenni.

La politica estera giapponese

Le politiche e le riforme istituzionali di Shinzo Abe, recentemente scomparso ex primo ministro, hanno portato a una cooperazione molto più profonda ed efficace tra le forze armate statunitensi e giapponesi, incrementando sensibilmente il sostegno che il Giappone può fornire agli Stati Uniti in una eventuale crisi politico-militare internazionale.

La Marina militare degli Stati Uniti e quella giapponese hanno mantenuto a lungo una stretta relazione che include sia una profonda cooperazione nella sorveglianza oceanica e attività antisommergibile che nella difesa territoriale verso i missili balistici a lungo raggio.

Tuttavia, la struttura di comando e controllo strategico dell'alleanza è divenuta antiquata, essendo progettata secondo i canoni di alcuni decenni fa. Oggi, è superata tecnologicamente ed è di fatto inadeguata a sostenere un qualsiasi ruolo di difesa più attivo, come quello che Tokyo e Washington vogliono attualmente adottare.

Il cambiamento del quartier generale

Tra le prime riforme militari strutturali delle SDF, Tokyo intende formare e stabilire concretamente un quartier generale integrato, di segno più operativo e permanentemente congiunto.

Questo nuovo organismo, per la verità atteso da tempo, avrà la necessità di stabilire una controparte statunitense stabilmente residente in Giappone e di un meccanismo permanente destinato alla pianificazione e l'esecuzione di operazioni militari congiunte, oggi inesistente nel paese del sol levante. A suo completamento, ogni servizio avrà una linea di comando che farà capo direttamente alla base statunitense, competente per l’oceano Pacifico, con sede nelle isole Hawaii.

Una struttura più integrata sarà essenziale per impiegare efficacemente le nuove capacità del Giappone.

Ora, il Giappone è pronto ad assumere nuove responsabilità militari e diventare un alleato molto più capace in senso strategico e geopolitico.

La nuova fondazione e architettura di un comando congiunto avrà a sua volta necessità di un ufficio di pianificazione direttamente collegato al Comando delle forze combinate in Corea del Sud. Ciò consentirebbe il coordinamento con le forze americane e sudcoreane in caso di crisi internazionale nell’area. Quest’ultima è vista come l’unica capace di garantire un sinergismo credibile con le operazioni militari giapponesi nella penisola coreana.

Ci sono numerosi modelli che Washington e Tokyo potrebbero adattare per ottimizzare la linea di comando e controllo congiunti in Giappone.

Si potrebbe adottare il modello sudcoreano – una struttura combinata e collaudata con successo nelle esercitazioni tra i due – nel quale il comandante statunitense esercita autorità sulle forze statunitensi unitamente a quelle coreane in tempo di guerra.

Ma, è probabile che questo sistema non sia totalmente e politicamente sostenibile oggi in Giappone, dal momento che non esiste una base giuridica e istituzionale applicabile al personale delle forze armate giapponesi (SDF) per operare sotto un comando statunitense.

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