Dal regolamento di Dublino ad oggi

I passi avanti dell’Unione europea in materia d’asilo.

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  Lisa Pasolini
  29 aprile 2024
  4 minuti, 30 secondi

La crisi dei rifugiati del 2015 ha reso ancora più urgente la necessità di riformare il sistema d’accoglienza europeo per renderlo più efficacie e solidale. Dal 2016 diverse proposte sono state presentate e discusse al Parlamento europeo, ma solo lo scorso febbraio i rappresentanti degli Stati membri dell’Unione europea hanno approvato l’accordo provvisorio raggiunto il 20 dicembre 2023 tra il Parlamento europeo e la presidenza del Consiglio. L’accordo prevede cinque atti legislativi fondamentali in materia di asilo e di migrazione ed entrerà formalmente in vigore il prossimo maggio.

Gli atti legislativi guideranno gli Stati membri in tutte le fasi della gestione dell’asilo e della migrazione, in risposta alle richieste dei Paesi, tra i quali l’Italia, dove arrivano gran parte dei migranti. Il patto prevede un aggiornamento del regolamento Eurodac, dal 2000 database ufficiale europeo per la raccolta delle impronte digitali dei soggetti richiedenti asilo politico. L'Eurodac sarà ampliato con ulteriori dati biometrici rilevanti come le immagini del volto, oltre al nome della persona, la cittadinanza, la data di nascita e di presentazione della domanda di protezione internazionale. La raccolta dei dati biometrici diventerà obbligatoria per le persone di età non inferiore a sei anni, rispetto ai 14 anni previsti dalle norme attualmente vigenti.

Un altro pilastro del patto è il regolamento sugli accertamenti, il cui obiettivo è rafforzare i controlli sulle persone alle frontiere esterne. Tale regolamento garantirebbe una rapida individuazione della procedura corretta  come il rimpatrio nel Paese d’origine se il richiedente non dovesse soddisfare i giusti requisiti d’ingresso. Gli accertamenti comprendono l'identificazione, i controlli sanitari e di sicurezza e dovrebbero essere effettuati in prossimità delle frontiere esterne in un massimo di sette giorni. Il regolamento si applica alle persone fermate in caso di attraversamento non autorizzato della frontiera esterna per via terrestre, marittima o aerea, a quelle sbarcate a seguito di un'operazione di ricerca e soccorso in mare e a quelle che hanno presentato domanda di protezione internazionale presso i valichi di frontiera esterni o nelle zone di transito, ma non soddisfano le condizioni d'ingresso. Si applica, inoltre, anche alle persone fermate sul territorio dell'Ue che hanno eluso i controlli alle frontiere esterne.

Le persone sottoposte al processo di accertamento non sono autorizzate ad entrare nel territorio di uno Stato membro e devono rimanere a disposizione delle autorità nel luogo in cui sono effettuati gli accertamenti. Possono essere poste in stato di trattenimento conformemente alle condizioni e alle garanzie previste dalla legislazione vigente dell'Ue.

Il patto si sostituirà all’attuale Regolamento di Dublino, che da molti anni si trova al centro della discussione europarlamentare e suscita ancora molti dubbi e curiosità da parte dei cittadini dell’Unione. Si tratta di un regolamento che stabilisce i criteri per la valutazione e, per l’eventuale approvazione , di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo. In vigore ufficialmente dal 1997 , è stato revisionato nel 2013 con la sua ultima versione "Dublino III”. L’articolo 13 attribuisce la responsabilità d’asilo al Paese in cui si verifica il primo sbarco. Tuttavia, la situazione oggi è ben diversa da quella di 25 anni fa , il contesto mediterraneo è profondamente cambiato : milioni di persone bussano alla porta europea, in particolare a quella italiana e greca , in fuga da contesti di guerra e di povertà.

Italia, Grecia e Ungheria richiedono maggior solidarietà contestando l’obbligo, ormai insostenibile imposto dall’articolo 13. Per equilibrare l'attuale sistema in base al quale pochi Stati membri sono competenti per la maggior parte delle domande di asilo, verrà istituito un nuovo meccanismo di solidarietà. Le nuove norme combinano la solidarietà obbligatoria a sostegno degli Stati membri che non riescono a far fronte al numero di arrivi irregolari nel proprio territorio alla flessibilità per gli Stati membri nella scelta dei loro contributi. Tali contributi comprendono la ricollocazione dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione internazionale, contributi finanziari, anche in Paesi terzi, o misure di solidarietà alternative, come l'invio di personale o misure incentrate sullo sviluppo di capacità. Gli Stati membri hanno piena discrezionalità in merito al tipo di solidarietà con cui contribuiscono, nessuno Stato sarà quindi obbligato ad effettuare ricollocazioni.

A partire dal 2026 gli Stati membri dovranno adottare procedure uniformi alle frontiere estere. Si parla di un giorno storico e di vittoria, ma è prematuro e difficile cercare di prevedere gli esiti futuri : gli Stati avranno la capacità di attuare concretamente le nuove procedure? Il principio di solidarietà guiderà i Paesi europei ? Molti critici manifestano il loro timore per una riforma che potrebbe aggravare ulteriormente un sistema già alla deriva, causando gravissime conseguenze in tutta Europa.

Per ora il nuovo Patto europeo non è sicuramente passato in sordina, è stato accompagnato da numerose proteste provenienti da ONG e da alcuni partiti politici. Il governo ungherese afferma che la riforma non è sufficientemente dura per prevenire l’immigrazione clandestina in Europa. Altri partiti invece temono gravi conseguenze sui diritti umani, visto che il sentimento di solidarietà europeo non sembra valere per Paesi terzi.

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L'Autore

Lisa Pasolini

Lisa, 22 anni. Studentessa di scienze internazionali e diplomatiche presso l'università di Bologna.

Autrice in Framing in the World.

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UnionEuropea migrazione Diritti umani Patto Migrazioni e Asilo