Essere donna in Palestina: le violenze a Gaza e in Cisgiordania.

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  Lisa Pasolini
  31 marzo 2024
  4 minuti, 22 secondi

Un milione di donne e ragazze sfollate a Gaza. Si stima che ogni ora almeno due madri perdano la vita. Questi sono i dati sconvolgenti mostrati dallo studio ONU “Gender Alert”. Negli ultimi 15 anni, il 67% di tutti i civili uccisi nei Territori Palestinesi Occupati erano uomini. In questo conflitto, invece, la tendenza sembra essersi invertita: su oltre 25 mila vittime, il 70% sono donne e bambini. Le informazioni, in possesso dell’ONU, dichiarate “attendibili”, attestano un trattamento disumano riservato alle donne palestinesi: esecuzioni e detenzioni arbitrarie, ma non solo. Le donne, costrette a vivere in condizioni degradanti, subiscono anche pestaggi e violenze sessuali. In tutti i conflitti sono particolarmente colpite per la loro condizione sociale e di genere, costrette a subire brutalità di ogni natura: dalla separazione forzata dai propri figli, alla povertà, agli stupri, un'arma ricorrente utilizzata contro il proprio nemico.

L’attuale guerra tra Palestina e Israele ha reso evidente il fenomeno della violenza di genere. Le donne uccise appartengono a qualsiasi categoria sociale: sono madri, medici, giornaliste. Queste donne non sono al sicuro, devono combattere ogni giorno contro la fame, la mancanza di medicine e di assistenza sanitaria. Anche i rischi di carestia sono imminenti. Le donne in gravidanza, si stima almeno 5500, vivono il dramma peggiore: l’unico ospedale attrezzato per accoglierle e assisterle, infatti, si trova a Nord di Gaza.

Sima Bahous, direttrice esecutiva di UN Women, condanna le inconcepibili violenze sessuali perpetuate dall’esercito Israeliano durante gli attacchi. UN Women chiede responsabilità, giustizia e sostegno per tutte le persone colpite nel terribile conflitto israelo-palestinese, esploso lo scorso 7 ottobre. La condanna è inequivocabile, per qualsiasi atto di violenza sessuale e di genere, ovunque e in qualsiasi momento.

Gaza è una zona di conflitto incessante, una prigione a cielo aperto, dove gli attacchi terroristici, gli sfollamenti e la repressione poliziesca sono all’ordine del giorno. Il conflitto è così radicato nella storia palestinese che ha plasmato la difficile situazione psicologica delle donne, ancora più vulnerabili dopo gli attacchi dello scorso ottobre. Il cessate il fuoco e l’assistenza umanitaria sono, quindi, un imperativo urgente.

Gli esperti ONU si rivolgono direttamente al governo di Israele, ricordando il suo obbligo di “rispettare il diritto alla vita, alla sicurezza, alla salute e alla dignità delle donne e ragazze palestinesi”. Se le informazioni risultassero veritiere, il governo israeliano, ai sensi dello Statuto di Roma, potrebbe essere perseguibile. L’invito ufficiale è quello di avviare delle indagini indipendenti e imparziali, esortando la collaborazione israeliana.

Le forze di difesa israeliane negano le accuse ritenendole “spregevoli ed infondate” , sottolineando il loro rispetto al diritto internazionale e la loro impossibilità di indagare senza prove effettive.

L’unica indagine ufficiale resa disponibile dall’ONU è quella condotta da Pramila Pattern, a capo di un gruppo di nove esperti nel dialogo con le vittime e i testimoni di violenze sessuali. Tra il 29 gennaio e il 14 febbraio 2024, il governo di Israele ha autorizzato una visita sul territorio per l’accertamento di violenze sessuali perpetrate negli attacchi del 7 ottobre da parte dell’organizzazione terroristica Hamas. Gli esperti hanno effettuato dei sopralluoghi esaminando i corpi delle vittime e le oltre 5000 fotografie fornite da varie agenzie statali. Ex ostaggi, personale di soccorso e sopravvissuti agli attacchi si sono resi disponibili a offrire le proprie testimonianze. Importante sottolineare che la missione non ha incluso nessuna visita nella Striscia di Gaza, dove altri corpi delle Nazioni Unite risultano attivi e impegnati nel monitoraggio della situazione. È stata comunque effettuata una visita presso i Territori Palestinesi Occupati, dove il team di Pramila Pattern ha incontrato la Commissione Indipendente Palestinese per i Diritti Umani. Il rapporto conclude riconoscendo chiare forme di violenza sessuale fra cui perquisizioni corporali invasive, minacce di stupro e nudità forzata e prolungata, imputabili alle forze di sicurezza israeliane. Ci sono motivi fondati per pensare che anche gli ostaggi di Hamas abbiano subito violenze sessuali, sotto forma di stupri, anche di gruppo, e mutilazioni genitali.

Il report ritiene di non essere stato in grado di compiere un’analisi dettagliata e approfondita in sole due settimane, sostenendo la necessità di ampliare il raggio d’azione, soprattutto nei luoghi non visitati, e di instaurare un rapporto di fiducia con le vittime di violenza che non sono state disposte a collaborare con le autorità. Si esorta il governo israeliano a garantire l’accesso ai territori palestinesi alla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta per svolgere maggiori indagini sugli atti di violenza sessuale legati al conflitto, invitando Hamas e tutti gli altri gruppi coinvolti a rilasciare tutti gli ostaggi, ma anche ad assicurare loro una protezione da crimini di natura sessuale.

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L'Autore

Lisa Pasolini

Lisa, 22 anni. Studentessa di scienze internazionali e diplomatiche presso l'università di Bologna.

Autrice in Framing in the World.

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