Il 14 maggio il tanto discusso patto dell’Unione Europea su migrazione ed asilo ha ricevuto l’ultima approvazione formale del Consiglio dando avvio al periodo di implementazione durante il quale gli stati membri avranno tempo due anni per attuare la nuova legge. La Polonia (insieme all’Ungheria) aveva votato contro e dichiarato che non avrebbe pagato per il meccanismo di solidarietà, ne avrebbe ricevuto un ulteriore quota di richiedenti asilo sul proprio territorio anche considerando la quantità di richiedenti asilo provenienti dalla Bielorussia e i rifugiati ucraini già presenti sul territorio.
Il confine polacco bielorusso e la situazione umanitaria
Il nuovo governo liberale polacco è in carica da circa cinque mesi con la promessa di ristabilire un governo pro-Europa e lo stato di diritto dopo circa otto anni di estrema destra al governo del paese. Il vecchio governo è noto per avere inttaccato l’indipendenza dell’organo giudiziale, di aver monopolizzato il controllo della tv di stato e per aver messo in pericolo varie volte il diritto all’aborto.
Il governo precedente era anche noto per le numerose violazioni di diritti umani al confine polacco-bielorusso, dove a partire dal 2021 sono avvenuti respingimenti di richiedenti asilo che in circa 55 casi documentati da Human Rights Watch hanno causato la morte anche di bambini. Il respingimento molte volte significava abusi dalle autorità bielorusse e durante l’inverno la morte a causa delle temperature molto rigide. Il confine polacco bielorusso è una zona prevalentemente boschiva ed ultra sorvegliata con 180 km di recinzione alta 5,5 metri e un sistema di telecamere e sensori che monitorano la frontiera. Il governo precedente non permetteva l’accesso alla zona alle organizzazioni umanitarie, che molte volte venivano accusate di gestire organizzazioni criminali o di favoreggiare la permanenza di soggetti illegali sul territorio polacco.
Secondo le guardie di confine polacche, ci sono attualmente circa 300 tentativi al giorno di attraversare il confine. Il governo ha recentemente affermato che sono stati istituiti dei gruppi di soccorso insieme alle guardie, quando allo stesso tempo il viceministro degli Interni responsabile delle questioni migratorie ha ammesso che i respingimenti continueranno “finché questa rotta migratoria non sarà chiusa”.
Il non cambio di rotta del governo Tusk
Il primo ministro Tusk invece di distanziarsi dal governo precedente e garantire vie di accesso sicure al diritto di asilo ha dichiarato che investirà circa 2,5 miliardi di euro per rinforzare ulteriormente il confine ad est. Si parla di “un grande progetto per costruire un confine sicuro, che comprende un sistema di fortificazioni e decisioni paesaggistiche e ambientali che renderanno questo confine impossibile da superare per un potenziale nemico”. Durante la sua visita al villaggio di Karakule vicino al confine con la Bielorussia, Tusk ha confermato che “non ci saranno limiti di fondi quando si tratta della sicurezza della Polonia”. L’ulteriore rafforzamento dei muri al confine non farà altro che aumentare le persone bloccate sul lato orientale che, pur trovandosi già in territorio polacco (il muro si trova a pochi metri dalla linea di confine), sono di fatto bloccate in un limbo e sono a rischio di venire catturate dai bielorussi.
Nonostante importanti ONG polacche abbiano richiesto la fine dei respingimenti sistematici portati avanti ancora dalla crisi dichiarata del 2021, il governo attuale non pianifica nessun cambio di posizione senza considerare l’effettiva crisi umanitaria che si sta sviluppando nuovamente al confine. Tusk infatti sostiene che la Bielorussia stia portando avanti una guerra ibrida usando deliberatamente la migrazione come arma per destabilizzare il paese come già avvenne nel 2021, quando Minsk veniva accusata di trasportare al confine migranti provenienti dal Medio Oriente e di lasciarli deliberatamente attraversare il confine.
Il primo ministro polacco sembra orientarsi anche verso politiche di esternalizzazione. La Polonia, insieme ad altri 15 Stati membri, ha inviato una lettera al commissario europeo per gli affari interni, richiedendo di contrastare l'immigrazione illegale attraverso "partenariati globali, reciprocamente vantaggiosi e duraturi con i principali Paesi partner lungo le rotte migratorie". I firmatari hanno indicato come possibili modelli gli accordi di migrazione dell'UE con Tunisia e Turchia, nonché l'accordo tra Italia e Albania. Un’altra richiesta è quella di prendere in considerazione una potenziale modifica alla direttiva sui rimpatri, e di proporre "designazioni di Paesi terzi sicuri a livello UE".
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L'Autore
Veronica Grazzi
Veronica Grazzi è originaria di un piccolo paese vicino a Trento, Trentino Alto-Adige ed è nata il 10 dicembre 1999.
Si è laureata in scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna, ed è durante questo periodo che si è appassionata al mondo della scrittura grazie ad un tirocinio presso la testata giornalistica Il Post di Milano. Si è poi iscritta ad una Laurea Magistrale in inglese in Studi Europei ed Internazionali presso la scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.
Grazie al Progetto Erasmus+ ha vissuto sei mesi in Estonia, dove ha focalizzato i suoi studi sulla relazione tra diritti umani e tecnologia. Si è poi spostata in Ungheria per svolgere un tirocinio presso l’ambasciata d’Italia a Budapest nell’ambito del bando MAECI-CRUI, dove si è appassionata ulteriormente alla politica europea ed alle politiche di confine.
Veronica si trova ora a Vienna, dove sta svolgendo un tirocinio presso l’Agenzia specializzata ONU per lo Sviluppo Industriale Sostenibile. È in questo contesto che ha sviluppato il suo interesse per l’area di aiuti umanitari e diritti umani, prendendo poi parte a varie opportunità di formazione nell’ambito.
In Mondo Internazionale Post, Veronica è un'Autrice per l’area tematica di Diritti Umani.
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