Il regime di Putin: un insieme di fragilità nascoste

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  Redazione
  03 maggio 2024
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Dalla rappresentazione corrente, la presa sul potere statale del presidente russo Vladimir Putin appare più forte che mai. Il Paese si è ripreso dalle prime e prolungate sconfitte militari strategiche in Ucraina e dallo shock economico iniziale generato dalle sanzioni comminate da tutto l’Occidente. Il petrolio della steppa sta ugualmente fluendo tramite mediatori terzi verso nuovi mercati in Asia, tra cui Cina, India e Turchia, mentre il settore degli armamenti e, più in generale, della difesa del paese sta producendo una maggiore quantità di armi che in tutta l’Europa.

Osservando in patria, Putin ha schiacciato brutalmente quel minimo che restava dell’opposizione politica presente sia a destra che a sinistra. Ha eliminato il leader mercenario Yevgeny Prigozhin, la cui ribellione contro Mosca è fallita l’estate scorsa, mentre il leader dell’opposizione politica popolare, Alexei Navalny, è morto a febbraio in condizione di detenzione presso una gelida prigione siberiana. Non in ultimo ha vinto un quinto mandato, senza precedenti in questo campo, nelle elezioni presidenziali altamente coreografate di marzo scorso. Nel frattempo, la società russa, sostenuta da un aumento del 16% della spesa pubblica, si è adattata al sedicente e tanto propagandato “confronto esistenziale” di Mosca contro il “minaccioso” Occidente. Mandato che il Cremlino è pronto a perseguire “fino alla fine”.

Ma non è tutto qui.

La Russia di Putin rimane pur sempre fragile e pertanto vulnerabile e le sue vulnerabilità sono nascoste in bella vista. Ora più che mai, il Cremlino prende decisioni in modo sempre più personalizzato e arbitrario, senza nemmeno i controlli di base. Da quando Mosca ha lanciato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, l’élite politica russa, specie quella di Mosca, è diventata più docile nell’attuazione degli ordini di Putin e più ossequiosa nell’assecondare la sua paranoica visione del mondo.

Durante gli oltre due anni di guerra all’Ucraina i costi di queste carenze strutturali stanno aumentando. Tuttavia, nemmeno un terribile attacco terroristico da parte dello Stato Islamico (o ISIS-K) in una sala da concerto alla periferia di Mosca il 22 marzo, uccidendo 145 civili, è riuscito a indurre la leadership russa a riconsiderare (nemmeno in patria) il suo ruolo e le sue priorità politiche. Il regime di Putin, un sistema altamente personalizzato e gestito da un anziano autocrate, è oggi più fragile di quanto possa sembrare.

Spinta dai capricci e dalle delusioni di Putin, Mosca rischia di commettere errori ancora una volta imprevedibili e autodistruttivi: lo Stato russo esegue effettivamente gli ordini impartiti dall’alto, ma il problema sta nel fatto che non ha alcun controllo sulla resa e affidabilità di tali ordini. Per tale motivo corre il rischio permanente di crollare da un giorno all’altro, esattamente come accadde nel giro di pochi giorni al suo predecessore sovietico trent’anni fa.

Le inflessioni dell’autocrazia

Anche in passato accadde che l’Occidente non era in alcun modo riuscito a prevedere il crollo dell’Unione Sovietica, ma solo perché il paese semplicemente non stava crollando. Non si evidenziavano tendenze politiche a lungo termine che rendessero inevitabile la disgregazione sovietica, che in seguito si verificò per davvero.

Piuttosto, la realtà era quella di uno Stato relativamente stabile che veniva ribaltato da una serie di decisioni assunte ai vertici e implementate del tutto acriticamente da un sistema in tutta evidenza privo di controlli efficaci ed equilibri tecnicamente e politicamente percorribili. Anche se a prima vista il paragone può sembrare un po’ improbabile, la situazione odierna di Putin somiglia in qualche modo a quella affrontata dal leader sovietico del passato, Mikhail Gorbaciov, negli ultimi anni dell’Unione Sovietica.

Alla fine degli anni ’80, Gorbaciov diede istruzioni agli “apparatchik” conservatori di portare avanti la liberalizzazione politica ed economica del Paese. Abituati a eseguire ciecamente gli ordini provenienti dall'alto, i funzionari hanno opposto poca resistenza. Putin non ha nulla dell'umanesimo idealistico di Gorbaciov, ma somiglia tanto a Michail Gorbaciov sotto un aspetto che è fondamentale: la sua capacità di imporre la propria visione personale alle varie gerarchie dello Stato russo, nelle cui viscere ha militato per oltre vent’anni in seno agli apparati del KGB.

Putin ha usato la sua concentrazione di potere per gettare la Russia in una guerra brutale contro l’Ucraina.

La burocrazia statale russa dedica sempre più risorse per anticipare e soddisfare i desideri del presidente. Alcune delle conseguenze di questo sistema sempre più autocratico sono evidenti anche su Putin. Egli ha degradato la libertà politica, impoverito il panorama dei media e costretto all’esilio molti russi di talento.

Altri effetti sono meno evidenti. I servizi di sicurezza russi hanno trascorso decenni a combattere senza grandi successi l’estremismo islamico sia in patria nel Caucaso settentrionale che all’estero in Siria. Ma la guerra di Putin in Ucraina ha reso obsoleta la conoscenza istituzionale delle forze di sicurezza, che ora respingono le informazioni condivise dalle agenzie di intelligence occidentali.

Due settimane prima dell'attacco al Crocus City Hall, gli Stati Uniti avevano identificato la sede del concerto come un possibile obiettivo del terrorismo. Putin incredibilmente ha descritto gli avvertimenti degli Stati Uniti come tentativi di “intimidire e destabilizzare la nostra società”. Indagare e arrestare gli estremisti religiosi violenti non è più una priorità, poiché il presidente incanala le risorse statali per ideare collegamenti cospirativi tra atti terroristici e Kiev.

Nemmeno un grave attacco terroristico vicino alla capitale stessa ha dato un campanello d’allarme. Ordinando ai funzionari di provare a stabilire il coinvolgimento ucraino nel massacro nell’arena del concerto, Putin sta di fatto ostacolando le indagini e distraendo l’apparato statale dalle misure più necessarie per la prevenzione dei futuri attacchi terroristici.

I Ministeri

Allo stesso modo, i ministeri russi maggiormente responsabili dell’economia nazionale hanno smesso di coordinarsi tra loro. Si concentrano invece sulla produzione di dati e cifre più graditi a Putin. Gli sforzi della banca centrale intesi a frenare l’inflazione con tassi di interesse elevati vanno di pari passo con i prestiti sovvenzionati dallo stato che tuttavia fanno lievitare la domanda interna.

Il governo ha imposto embarghi sulle esportazioni di prodotti petroliferi russi, li ha revocati e poi li ha reimposti, come parte di una guerra territoriale tra il Ministero dell’Energia, che cerca di abbassare i prezzi interni, e il Ministero delle Finanze, che vuole invece entrate sempre maggiori per il finanziamento oneroso e progressivo della guerra. Le onnipresenti burocrazie che gestiscono l’economia hanno reso permanenti quelle che dovevano essere ordinarie soluzioni amministrative temporanee ed intese ad evitare le soluzioni reali, che però potevano disgraziatamente dispiacere al presidente.

I politici dell’economia russi hanno ottenuto il plauso internazionale per aver mantenuto a galla l’economia del paese in mezzo a sanzioni occidentali pesanti e senza precedenti, ma sono sempre più ostacolati dal dispotismo del Cremlino, e non è chiaro per quanto tempo potrà essere sostenuta l’attuale stabilità.

Questi tecnocrati potrebbero anche essere completamente abbandonati se Putin decidesse che lo sforzo bellico richiede una presa più stretta.

Fatica da indecisione

L'indecisione di Putin tende ad essere altrettanto distruttiva delle decisioni concrete che egli assume, e qui le somiglianze con la defunta Unione Sovietica sono particolarmente diverse e sorprendenti.

Alla fine del 1989, Gorbaciov era diventato così sconcertato dalla portata dei cambiamenti da lui stesso messi in moto che cercò di fermare le riforme, lasciando l’apparato statale privo di una visione coerente e confuso su come procedere e affrontare un brillante futuro di riforme, comprese quelle democratiche.

Privo di una indispensabile guida di alto livello, il sistema sovietico andò alla deriva per un po’, prima di crollare rovinosamente disgregando così anche lo Stato.

La Russia moderna si trova ad affrontare un problema decisamente simile.

Avendo iniziato una guerra del tutto logorante, Putin raramente si preoccupa di spiegare agli attori statali e quasi-statali come sia più opportuno adattarsi alla nuova realtà. In assenza di ulteriori istruzioni, cadono tutti in uno stato di torpore oppure sono costretti a prendere in mano la situazione, a volte con conseguenze fallimentari e disastrose. Il passato ammutinamento del leader mercenario della “Wagner” Prigozhin è stato e rimane un esempio calzante.

Per anni, la compagnia Wagner di Prigozhin, milizia privata finanziata dal Cremlino, ha convissuto con frequenti e palesi difficoltà con il Ministero della Difesa, ma quando la guerra si è progressivamente impantanata nell’est nella tarda primavera del 2023, la loro reciproca ostilità ha raggiunto l’acme. Quando Putin si rifiutò di arbitrare tra loro, Prigozhin lanciò una specie di ribellione, portando migliaia di mercenari pesantemente armati alla periferia di Mosca. Sul momento, il gonfio apparato di sicurezza russo non ha opposto resistenza.

Putin è intervenuto all'ultimo momento, orchestrando la fine negoziata della crisi e poi (quasi certamente) ordinando l'abbattimento dell'aereo privato di Prigozhin, provocandone la morte. La crisi ha messo a nudo la sorprendente impotenza dello Stato russo, solo apparentemente potente, quando è rimasto in assenza delle istruzioni del leader. Ha anche spinto il paese sull’orlo di una guerra civile tra le forze governative e l’esercito mercenario di un signore privato della guerra.

Due mesi dopo, l’incapacità di Putin di tenere a freno l’estremismo ha posto le basi per un tentativo di pogrom nella regione a maggioranza musulmana del Daghestan, nel sud della Russia, quando una folla ha preso d’assalto un aeroporto alla ricerca di ebrei in arrivo da Tel Aviv. Tali rivolte sarebbero state inimmaginabili prima dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina, ma la Russia ha intensificato la sua cooperazione con l’Iran dall’inizio della guerra, e l’antisionismo influenzato dall’Iran si è insinuato nella retorica antioccidentale di Mosca. Le autorità locali non sapevano se sostenere o reprimere questi “attivisti anti-israeliani”. Alla fine, è stato necessario l’intervento diretto di Mosca per disperdere la folla.

Il terrorismo

Il terribile costo umano dell’attacco dell’ISIS-K alla periferia di Mosca è stato anche il risultato di comunicazioni ambigue e persino contraddittorie provenienti dal Cremlino. Da un lato, i servizi segreti russi hanno il compito di combattere il terrorismo. Dall’altro, hanno una pratica istituzionalizzata la quale richiede da tempo di considerare con sospetto tutte le informazioni che provengono dalle potenze occidentali. L’attacco del 22 marzo probabilmente non sarebbe costato così tante vite, e avrebbe potuto essere evitato del tutto, se la Russia avesse mantenuto canali funzionali di condivisione della propria intelligence con quella occidentale. Invece, Putin ha respinto gli avvertimenti degli Stati Uniti, definendoli un “ricatto”, e le agenzie di intelligence russe hanno rifiutato di prendere sul serio le informazioni fondate che sono state loro presentate.

Il caso di carta di Putin

L'inflessibilità e l'ostinazione di Putin sono state rafforzate dai molti anni trascorsi circondato da succubi cortigiani e yes men. Protetto da feedback negativi e consigli oggettivi, è suscettibile alla visione ristretta, alle priorità confuse e agli scoppi emotivi, che vengono tutti incanalati nelle sue decisioni. Di conseguenza, la politica estera, la sicurezza interna e le prospettive economiche della Russia ne hanno risentito.

Molti dittatori sono ossessionati dalla storia del proprio Paese e dalla loro eredità politica personale. Putin non fa eccezione. È al potere da più tempo di qualsiasi altro leader russo dai tempi di Stalin. A 71 anni si sta avvicinando al punto in cui morirono la maggior parte dei suoi predecessori del XX secolo. La consapevolezza della propria mortalità incide sicuramente sul suo processo decisionale. La crescente sensazione di avere poco tempo a disposizione ha senza dubbio contribuito alla fatale decisione di invadere l’Ucraina nel 2022. Ciò potrebbe manifestarsi compiendo errori ancora più grandi e fatali per lui.

In apparenza, il regime di Putin appare stabile.

La docilità delle élite, la persistenza di riserve finanziarie ancora vaste e abbastanza rendite petrolifere, nonché l’abilità dello Stato nel plasmare l’opinione pubblica, sulle prime fanno sembrare Putin invincibile. Ma il suo sistema “non sta crollando” nello stesso modo in cui “non stava crollando” la passata e defunta Unione Sovietica sino alla sua caduta del 26 dicembre 1991. E come nel caso dell’Unione Sovietica, la struttura del regime di Putin la rende molto più fragile di quanto sembri.

E’ sufficiente considerare che, solo un anno fa, nessuno avrebbe potuto immaginare i mercenari di Prigozhin marciare armati per centinaia di chilometri della via maestra verso Mosca e incontrare pochissima o nessuna resistenza lungo la strada, o una folla antisemita che prendeva indisturbata d’assalto un aeroporto internazionale russo. Un simile quanto grave livello d’imprevedibilità segnerà probabilmente le future crisi e forse la rapida caduta dell’attuale regime dispotico russo.

Può essere anche un piccolo incidente, che si tratti di una battuta d’arresto in Ucraina, di lotte intestine tra le varie élite che attualmente sostengono Putin oppure di nuovi e violenti disordini interni, che potrebbero innescare un’inarrestabile valanga politica accelerata dall’inerzia delle autorità apicali o da politiche basate sulle drammatiche delusioni di Putin.

Conclusioni

Non è la gravità dei problemi della Russia, ma il modo con il quale il Cremlino li affronta a posizionare l’attuale autocrazia permanentemente sull’orlo del collasso. E’ chiaro a tutti gli analisti che un collasso potrebbe richiedere anche qualche anno di tempo per concretizzarsi. Oppure potrebbe accadere tutto nel giro di poche settimane o addirittura in qualche giorno. E l’Occidente dovrebbe essere consapevole che in qualsiasi momento gli eventi in Russia potrebbero sfuggire al controllo repressivo del Cremlino, innescando la rapida fine del suo regime apparentemente imperituro.

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