Inceneritori si o no?

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  Valeria Fraquelli
  12 maggio 2023
  4 minuti, 16 secondi

Si parla tantissimo di rifiuti, di dove metterli, di ridurli, di come fare a trattare quella spazzatura che non può essere differenziata e ultimamente è tornato alla ribalta il caso dei termovalorizzatori o degli inceneritori.

L’opinione pubblica si è spaccata tra chi è favorevole e chi è contrario; i favorevoli mettono in evidenza il numero molto alto di rifiuti che potrebbero essere trattati in questo modo senza finire in discarica, i contrari invece mettono al primo posto le possibili conseguenze sulla salute a causa dei fumi dei termovalorizzatori.

Come sempre, si può dire che la verità sta nel mezzo: la spazzatura trattata è in effetti tanta e con questi metodi si evitano le discariche, ma i fumi e la loro composizione sono di fatto un problema; per questo esistono filtri e sistemi di controllo al fine di evitare emissioni oltre il limite previsto dalla legge. Ma cosa sono e come funzionano inceneritori e termovalorizzatori?

Inceneritori e termovalorizzatori sono due cose diverse e i due termini non possono essere usati come sinonimi. Gli inceneritori si limitano a bruciare i rifiuti, mentre i termovalorizzatori dopo la combustione usano il calore prodotto per creare energia elettrica e in qualche caso anche riscaldamento, il famoso teleriscaldamento che in alcune città tiene al caldo le case di migliaia di cittadini.

Bisogna dire che le scorie di combustione rappresentano il 20% circa del materiale inviato ad incenerimento e, dopo essere state raffreddate, vengono raccolte in una fossa di stoccaggio dedicata, dalla quale poi sono inviate ad appositi centri di trattamento. Alla fine del processo l'80% delle scorie viene usato per produrre cemento, il 10% è materiale ferroso e un altro 10% rappresenta una perdita d’acqua.

Da un lato, la parola termovalorizzazione può essere vista “come ammiccante al concetto di valorizzazione del rifiuto, quando in verità non si tratta di valorizzare il pattume perché se si fanno due conti si vede bene che il processo di incenerimento – dalla raccolta allo smaltimento delle ceneri – consuma molta più energia di quella necessaria per il processo di riuso – dalla raccolta differenziata al riciclo”.

Dall’altro, può essere vista in chiave di produzione di energia, quindi come valorizzazione del rifiuto in quanto fonte di energia e riscaldamento. Il calore prodotto dalla combustione dei rifiuti viene infatti usato per muovere una turbina che a sua volta crea energia elettrica illuminando le case di migliaia di cittadini. Inoltre, può anche essere usato per il riscaldamento: in questo caso si parla di teleriscaldamento perché molte abitazioni vengono riscaldate grazie ad un’unica grande caldaia.

È questo il caso della città di Torino che utilizza il proprio termovalorizzatore per energia e teleriscaldamento, riuscendo in questo modo ad usare i propri rifiuti per offrire servizi alla popolazione. Così facendo, si può restringere, e quasi chiudere, il ciclo dei rifiuti evitando discariche malsane e maleodoranti che rilasciano continuamente sostanze tossiche potenzialmente dannose per la salute.

In Europa ci sono anche Paesi "termovalorizzatore-free". Grecia, Cipro, Lettonia, Romania e Bulgaria non lo adoperano, mentre Slovenia, Malta, Lituania e Croazia molto poco. Al contrario, Paesi come Svezia, Svizzera, Danimarca e Germania fanno largo uso del termovalorizzatore. Uno dei più grandi d’Europa si trova nei Paesi Bassi, nazione che, però, mira alla massima prevenzione della produzione di rifiuti o al loro riciclo e riuso.

La sfida tra termovalorizzatore e riciclo o raccolta differenziata è più aperta che mai. Le persone contrarie al termovalorizzatore, infatti, sostengono che la combustione dei rifiuti disincentivi il riciclo e spinga a non impegnarsi nella differenziazione dei rifiuti, producendo molto indifferenziato dato che l’intero
sistema si basa proprio su questo. In più, anche i fumi vengono visti con sospetto, poiché chi è contrario si chiede se essi siano davvero puliti e controllati prima di essere catalogati come atossici.

I favorevoli ai termovalorizzatori fanno leva sulla minore quantità di rifiuti in discarica, sulla capacità di trasformare i nostri scarti in energia elettrica e riscaldamento per la popolazione e sottolineano la fuoriuscita di i fumi relativamente puliti da impianti del genere. In aggiunta, vengono nominati esempi virtuosi come il termovalorizzatore di Copenaghen, così pulito e sicuro da allestirvi una pista da sci proprio sopra.

In conclusione, il dibattito non è certo facile da risolvere: ovviamente non può ridursi tutto ad una chiara e netta dicotomia tra "bianco e nero" poiché nel mezzo vi sono delle sfumature di grigio che forse non sono state del tutto considerate. Non sarebbe corretto dirsi favorevoli o contrari a prescindere, dal momento che la questione andrebbe analizzata in modo serio e obiettivo.


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L'Autore

Valeria Fraquelli

Mi chiamo Valeria Fraquelli e sono nata ad Asti il 19 luglio 1986. Ho conseguito la Laurea triennale in Studi Internazionali e la Laurea Magistrale in Scienze del governo e dell’amministrazione presso l’Università degli Studi di Torino. Ho anche conseguito il Preliminary English Test e un Master sull’imprenditoria giovanile; inoltre ho frequentato con successo vari corsi post laurea.

Mi piace molto ascoltare musica in particolare jazz anni '20, leggere e viaggiare per conoscere posti nuovi ed entrare in contatto con persone di culture diverse; proprio per questo ho visitato Vienna, Berlino, Lisbona, Londra, Malta, Copenhagen, Helsinki, New York e Parigi.

La mia passione più grande è la scrittura; infatti, ho scritto e scrivo tuttora per varie testate online tra cui Mondo Internazionale. Ho anche un mio blog personale che tratta di arte e cultura, viaggi e natura.

La frase che più mi rappresenta è “Volere è potere”.

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