l Foreign Fighters nel conflitto Ucraino: l’alba di un nuovo approccio o il sintomo di un doppio standard occidentale?

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  Laura Salvemini
  01 ottobre 2022
  6 minuti, 3 secondi

Nonostante la sua lunga storia, quella dei “foreign fighters” (FF) è una categoria che ha ricevuto, negli ultimi anni, crescente interesse da parte della letteratura circa le origini, le caratteristiche e le conseguenze di questo fenomeno, in particolare nelle dinamiche terroristiche di matrice Jihadista. Contrariamente a quanto spesso creduto, è possibile riscontare esempi di FF nella guerra civile Spagnola e nello scontro Arabo-Israeliano del 1948, delineando quindi un fenomeno che precede e trascende la dimensione islamica.[1] Tra i principali motori del rinnovato interesse nel fenomeno dei Foreign Fighters, vi sono certamente le risposte dei governi nello scorso decennio, mirate a mitigare il rischio che i combattenti di ritorno da zone di conflitto potessero diventare a loro volta responsabili di attacchi terroristici nei propri stati di appartenenza o trasferire le conoscenze acquisite.[2]

Così come per il fenomeno stesso del terrorismo, anche per i Foreign fighters non è presente una definizione unica e condivisa né a livello accademico né tantomeno a livello governativo. Questa assenza rende l’identificazione e la risposta a questo fenomeno frammentata a livello globale ed europeo, a seconda delle diverse interpretazioni delle azioni compiute da questi attori e ciò che esse rappresentano per la sicurezza nazionale degli stati coinvolti. L’assenza di criteri definiti per la categoria dei Foreign Fighters rende la stima della loro presenza sul suolo nazionale ed europeo inaccurata. Nonostante la difficoltà di questa operazione, nel 2016 l’International Centre for Counter-Terrorism (ICCT) ha stilato un report sul fenomeno dei Foreign Fighters all’interno dell’Unione Europea. Ciò che emerse dal lavoro fu che nel 2016 vi erano tra i 3.922 e i 4.294 FF sul suolo europeo, un numero stimato a partire da informazioni open-source e dalle risposte date da 9 stati membri ad un questionario realizzato dal centro di ricerca olandese. Lo stesso report individuò, nei paesi utilizzati come caso di studio, un’assenza di uniformità tra le caratteristiche dei FF europei, rimarcando la difficoltà dello studio di questo fenomeno.[3]

Rimane rilevante la definizione offerta nel 2014 dalla Risoluzione 2178 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che descrive i foreign fighters come “nazionali e individui che viaggiano, o tentano di viaggiare, verso uno stato che non sia il proprio di residenza o nazionalità con lo scopo di perpetrate, pianificare o preparare atti terroristici; o con lo scopo di offrire o ricevere training terroristico”.[4]

Le testimonianze raccolte negli ultimi mesi da diversi reporter ed esperti hanno rilevato la presenza dei foreign fighters nello scontro in Ucraina fin dalle prime fasi dell’invasione. Osservando i recenti sviluppi e le risposte al fenomeno dei combattenti stranieri in arrivo a Kyiv, è stato sottolineato un atteggiamento diametralmente opposto rispetto a quello adottato dagli stati europei nei confronti dei foreign fighters relativamente allo Stato Islamico (IS): sembrerebbe infatti che in questo caso siano stati gli stessi governi europei, riecheggiando la chiamata alle armi del presidente Zelensky[5], non solo ad accettare ma ad incoraggiare la presenza di combattenti stranieri sul suolo Ucraino.[6] L’esempio più evidente – ma non il solo - del sopracitato atteggiamento è stato riscontrato da parte del governo inglese nelle parole del segretario di stato per gli affari esteri e del Commonwealth Liz Truss, che ha espresso supporto nei confronti dei foreign fighters inglesi diretti verso l’Ucraina per combattere le truppe Russe.[7]

Lo stesso Zelensky ha offerto una stima, di cui rimangono ignote le fonti, del numero dei foreign fighters presenti sul suolo ucraino come parte della “legione internazionale”[8], che comprenderebbe circa 16.000 combattenti internazionali. Sembrerebbe che la maggioranza dei foreign fighters a supporto ucraino provengano da stati post-sovietici, come la Georgia e la Bielorussia, ma si registrano testimonianze di combattenti provenienti da tutto il mondo, tra essi statunitensi, indiani, giapponesi e italiani.[9]

Come sottolineato da diversi analisti (Byman 2022; Marone 2022; Taneja 2022), la guerra Ucraina potrebbe quindi diventare teatro di un nuovo approccio verso il fenomeno dei foreign fighters, un nuovo atteggiamento che, in quanto tale, necessita di un’attenta osservazione per monitorare in che modo questi combattenti stranieri, incoraggiati – per la prima volta- dai loro stessi governi, verranno giudicati qualora coinvolti in istanze di crimini di guerra o contestualmente alla loro reintegrazione nelle società di appartenenza.

In particolare, come evidenziato da Byman, i governi dovrebbero prestare attenzione alla presenza di ideologie di estrema destra tra i combattenti stranieri diretti in Ucraina, data la loro documentata crescita nel mondo occidentale negli ultimi anni.[10] Il rischio, in questo caso, è rappresentato dalla possibilità che la loro presenza durante il conflitto faciliti la formazione di un network più organizzato e di conseguenza più pericoloso. Tale rischio è stato evidenziato anche da Marone (2022), che ha definito il conflitto come una possibile “palestra dell’estremismo di destra transnazionale”.

È necessario dunque domandarsi se questo nuovo atteggiamento simboleggi un nuovo approccio alla questione dei foreign fighters o se, come messo in evidenza dal contrasto con le modalità di risposta allo stesso fenomeno negli anni precedenti, sia invece sintomo di un double-standard occidentale, influenzato forse dall’assenza della natura islamica nel fenomeno contemporaneo e dalla sua localizzazione europea.

[1] Kraehenmann S., (2014). “Foreign fighters under international law”, Geneva Academy of International Humanitarian Law and Human Rights, Academy Briefing No.7, p 5.

[2] Malet D. (2019). “Foreign fighters and terrorism”, p. 1.

[3] Ginkel V., Entenmann B. E., (2016). “The Foreign Fighters Phenomenon in the European Union. Profiles, Threats & Policies”, The International Centre for Counter-Terrorism – The Hague (ICCT), p.11.

[4] Risoluzione 2178/2014 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Traduzione propria, testo originale: “«individuals who travel to a State other than their States of residence or nationality for the purpose of the perpetration, planning, or preparation of, or participation in, Il mondo dell’intelligence – www.sicurezzanazionale.gov.it 2 I foreign fighters: soggetti di diritto internazionale? terrorist acts or the providing or receiving of terrorist training, including in connection with armed conflict».” Disponible al: https://www.un.org/securitycouncil/s/res/2178-%282014%29

[5] Risale agli inizi dello scontro la chiamata del presidente Ucraino Zelensky ai cittadini del mondo per unirsi allo scontro contro l’invasione russa, definendoli come “cittadini de mondo, amici dell’Ucraina, dell’Europa, della pace e della democrazia”, come riportato dalla CNN in data 27 febbraio 2022. Disponibile al: https://edition.cnn.com/europe/live-news/ukraine-russia-news-02-27-22/h_9ffa23d19f5bde298a75a3e2be13e13d

[6] Taneja K., (2022). “The risks and dangers of foreign fighters taking up arms to fight Ukraine”.

[7] Sparrow A., (28 febbraio 2022). “Liz Truss criticised for backing Britons who wish to fight in Ukraine”, The Guardian.

[8] Termine utilizzato dallo stesso Zelensky per descrivere il gruppo formato da combattenti di diverse nazionalità arrivate a supporto dell’Ucraina.

[9] Bella T., Timsit A. (3 marzo 2022). “Zelensky says 16,000 foreigners have volunteered to fight for Ukraine against Russian invasion”, The Wasghington Post; e Marone F., (25 febbraio 2022), “I foreign fighters in Ucraina: il caso italiano”, ISPI.

[10] La crescente presenza di ideologie di estrema destra ha raggiunto il suo culmine - agli occhi del pubblico generale - nello scorso 6 gennaio 2021, con l’assalto a Capital Hill.

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L'Autore

Laura Salvemini

Laura Salvemini, classe 1997, ha conseguito una laurea triennale in Mediazione Linguistica e Culturale presso l'Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Cinese e Spagnolo. Dopo aver vinto una borsa di studio per approfondire la conoscenza della lingua e della cultura Cinese presso la Liaoning Normal University, unisce alla passione per la Cina e il continente Asiatico quella per le relazioni internazionali. Al momento è una laureanda presso l'Università di Bologna nel corso International Relations con un curriculum dedicato alla sicurezza internazionale. Nell'ultimo anno ha svolto un tirocinio come analista presso il Global Governance Institute di Bruxelles, il tirocinio MAECI CRUI presso l'ambasciata italiana di Kuala Lumpur ed è stata selezionata come tirocinante presso il Commissariato Generale Italiano ad Expo 2020 Dubai. Da Gennaio 2022 è parte della redazione di Framing the World come autrice per la sezione Asia ed Estremo Oriente.

Laura Salvemini, class of 1997, graduated from the University of Milan with a BA in Linguistic and intercultural communication, studying Chinese and Spanish. After winning a scholarship to attend a chinese language and culture course at the Liaoning Normal University, in China, she added her passion for Asia and China to her interest for International Relations. She's now graduating from the University of Bologna with a MA degree in International Relations, with a curriculum dedicated to International Security. In the last year she worked as an analyst at the Global Governance Institute in Bruxelles, was selected as an intern at the Italian General Commissariat at Expo 2020 Dubai and worked at the Italian Embassy in Kuala Lumpur. Since January 2022 she has been an author for the Asia and the Far East section in the Framing the World team.

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