L'economia russa resiste a guerra e sanzioni: il PIL in crescita nel 2024

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  Beatrice Basone
  21 maggio 2024
  3 minuti, 44 secondi

Da quando l'Ucraina è stata invasa dalla Russia nel febbraio 2022, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno applicato vari pacchetti di sanzioni nei confronti dello stato russo.

Tali sanzioni avevano lo scopo principale di indebolire la capacità della Russia di finanziare la guerra, mirando quindi a mettere in difficoltà la sua élite politica, militare ed economica. Sono stati diversi i modi per tentare di ridurre le entrate del Paese derivanti dalla vendita di petrolio e gas, ma non solo. Le sanzioni hanno vietato anche l'esportazione di prodotti tecnologici sensibili, congelato le riserve estere della banca centrale russa ed escluso diverse banche russe dal sistema finanziario globale. Tuttavia, nonostante siano trascorsi due anni di guerra e siano state numerose le sanzioni imposte, l’economia russa sembra ad oggi non aver subìto grandi contraccolpi.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), le stime di crescita della Russia entro il 2025 si aggirano attorno all’1,8%. Nello specifico, il Prodotto Interno Lordo (PIL) russo nel 2024 è atteso crescere del 3,2%, ovvero 0,6 punti percentuali in più rispetto alle previsioni di gennaio. Sebbene, dunque, nel 2022 il PIL russo fosse calato del 2,1% rispetto all’anno precedente a seguito delle sanzioni occidentali, dal 2023 è nuovamente tornato a salire, raggiungendo stime complessive molto positive e facendo ricredere economisti ed esperti di politica internazionale.

Quindi, le sanzioni non hanno funzionato?

Le sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia erano state inizialmente pensate come strumento politico in grado di impedire alla stessa di entrare in possesso della tecnologia e delle risorse economiche necessarie alla guerra. Come? Cercando di sfruttare l’influenza dell’Occidente sul commercio e sul mercato finanziario globali con l’intento di modificarne l’assetto. Allo stesso tempo, però, le sanzioni sono state poi utilizzate dai governi occidentali per dimostrare il proprio appoggio all’Ucraina - anche quando è diventato difficile giustificare a livello politico gli assai costosi aiuti militari e umanitari, sia negli Stati Uniti che in Unione Europea.

Inoltre, l'Occidente - e in particolare gli Stati Uniti - ha spesso fatto un uso eccessivo delle sanzioni in passato e, sebbene quelle applicate alla Russia siano state molto incisive, è risultato difficile verificarne l'effettiva attuazione da parte di chi le ha imposte: ciò è accaduto perché non tutti i governi hanno la volontà politica e le risorse interne tali da rendere effettivamente attuativo un piano sanzionatorio rivolto a un Paese estero. Dunque, considerate da un punto di vista pratico, e non solo puramente teorico, le sanzioni come strumento di politica estera non risultano sempre efficaci.

L’influenza della Cina e di altri flussi commerciali

L'economia russa ha saputo resistere alle sanzioni occidentali anche grazie al significativo sostegno ricevuto dalla Cina e ai cambiamenti subiti negli ultimi anni da alcuni flussi commerciali. La Cina ha infatti ricoperto un ruolo cruciale nel mitigare l'impatto del ritiro delle merci e dei beni occidentali dal mercato russo dopo l'invasione. Inoltre, lo stato cinese è stato d’aiuto a rendere la Russia molto resiliente.

Malgrado i continui sforzi dei Paesi occidentali a limitare l'operato di alcune aziende e individui russi, aggiungendoli alle loro liste nere, alcuni sono riusciti a mantenere attive nel tempo le loro attività commerciali con l'Occidente attraverso intermediari in altri Paesi. Questo fenomeno è stato evidente anche con i divieti di esportazione di materiale sensibile. Nonostante le esportazioni dall'Unione Europea verso la Russia siano ufficialmente diminuite in una prima fase, ci sono stati - successivamente ai primi cali - degli interessanti sviluppi nei flussi commerciali con Paesi quali l'Armenia, il Kazakistan e il Kirghizistan, che sono diventati importanti canali di approvvigionamento per la Russia provenienti dall'Europa.

Ad oggi, non sappiamo a cosa porterà questo scenario di chiara resilienza dell’apparato economico russo. Tuttavia, la sua espansione economica potrebbe destabilizzare l’Unione Europea: le divergenze tra gli Stati membri su come affrontare le relazioni con la Russia potrebbero emergere, specialmente qualora alcuni Paesi dovessero individuare dei benefici economici nel ripensare l'approccio delle sanzioni e, di conseguenza, delle politiche commerciali verso la Russia. Di fronte a un futuro incerto e alle sfide geopolitiche in costante evoluzione, resta da vedere come si svilupperanno gli equilibri politici ed economici a livello internazionale e quali saranno le conseguenze a lungo termine per tutte le parti coinvolte.

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