Una nuova era politica in Israele

Analisi dei principali partiti che compongono l'esecutivo di Benjamin Netanyahu

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  Tiziano Sini
  11 gennaio 2023
  4 minuti, 5 secondi

Lo scacchiere internazionale nell’ultimo periodo, sembra quanto mai destabilizzato, come testimoniano i sanguinosi mesi di guerra in Ucraina, ma anche, le proteste che stanno attraversando l’Iran ed il peggioramento della situazione nei Balcani, con la contrapposizione fra Serbia e Kosovo. Le novità a livello internazionale però, non sono finite. Un esempio lampante è proprio la composizione di un nuovo Governo da parte di Benjamin Netanyahu in Israele.

Dopo la breve parentesi segnata dalla staffetta Bennett-Lapid[1], le elezioni del 1 novembre hanno nuovamente decretato la vittoria della coalizione di centro-destra. Questa tornata però, ha mostrato che oltre al Likud - partito più votato, con a capo il nuovo Presidente -, abbiano giocato un ruolo rilevante all’interno della coalizione anche partiti di estrema destra, alcuni dei quali fino a queste elezioni mai entrati in esecutivi di Governo. Stiamo parlando di Shas, Ebraismo della Torah Unito, Potere ebraico, Sionismo Religioso e Noam[2].

Lo scenario che emerge risulta, per molte ragioni, interessante ed inedito. Non solo perché per la prima volta dopo anni, sembra essersi consolidata una maggioranza parlamentare solida con 64 seggi su 120 nella Knesset ma, soprattutto, per i nuovi orientamenti che verranno assunti in politica interna ed estera nel Paese.

A stretto giro dall’insediamento del nuovo esecutivo avvenuto attraverso giuramento del nuovo Presidente lo scorso 29 dicembre, infatti, non si sono fatte attendere alcune novità. In primis fra tutte, la visita del Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, il giorno 3 gennaio, alla Spianata delle Moschee di Al Aqsa e alla Roccia considerata nell’Ebraismo il Monte del biblico Tempio distrutto duemila anni fa. Una scelta che oltrepassa la mera provocazione verso i leader palestinesi, come definito dallo stesso esponente politico israeliano, ma che rischia di innescare un domino estremamente pericoloso per l’intera area, che molto preoccupa gli alleati americani, vista la delicatezza ed il significato insito nel luogo[3].

Tuttavia, analizzando la figura di Ben-Gvir, non è nuovo ad episodi roboanti, sopra le righe e spesso con chiare connotazioni razziste; motivi che gli ha fruttato notorietà e successo politico, accrescendo il bacino di elettori del partito di estrema destra, con forti connotati religiosi, di cui fa parte Otzma Yehudit[4]. Sicuramente numerosi restano i timori sulle possibili scelte politiche intraprese da parte di un dicastero rilevante come quello guidato da Ben-Gvir, le cui conseguenze potrebbero riaccendere gli animi. Le posizioni che lo hanno contraddistinto politicamente, infatti, fino a questo momento sono state placate dallo stesso Netanyahu, che già tre anni fa intervenne confermando che non avrebbe permesso al leader di Otzma Yehudit di modificare lo status di Gerusalemme. Una scelta che avrebbe portato, ad una sollevazione dell’intero mondo mussulmano, come accadrebbe anche adesso.  Le carte in tavola sono però, al momento cambiate e Ben-Gvir è una pedina fondamentale dell’esecutivo, ragione che lo proietta, a dettare la propria Agenda agli alleati del Linkud, influenzando le politiche governative.

Una situazione analoga anche per quanto riguarda Bezalel Yoel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso, a cui non solo è stato affidato l’importante dicastero delle Finanze, ma anche l’agenzia del Ministero della Difesa che si occupa della gestione degli affari civili in Cisgiordania. Delega importante che permetterà di gestire la costruzione di nuovi insediamenti nell’area. A cui si aggiunge il nuovo Vice-Presidente, Maoz, altra figura rilevante e non meno ingombrante.

La nascita del nuovo Governo, sembra aver aperto Israele ad una nuova era, con le novità del caso che questo potrebbe portare sia attraverso le possibili riforme istituzionali proposte, sia con il rapporto con la stessa Palestina, con il rigetto della formula ormai da anni sostenuta a livello internazionale della “soluzione a due stati”.

Parallelamente, le scelte interne avranno ripercussioni anche a livello internazionale. Se da un lato infatti, il processo di normalizzazione dei rapporti con i Paesi del Golfo Persico che ha caratterizzato gli ultimi anni è avanzato positivamente, allo stesso tempo ne potrebbe seguire un peggioramento, qualora la situazione nell’area dovesse deteriorarsi.

Infine, sarà interessante monitorare i rapporti con la Russia, visto anche il precoce contatto telefonico avuto dal neo Ministro israeliano Cohen con Lavrov, chiaro segno di apertura e di volontà ad interloquire, soprattutto in vista dei prossimi mesi, rilevanti per il raggiungimento di una tregua in Ucraina. Uno scenario in cui Israele potrebbe giocare un ruolo centrale come possibile mediatore durante i negoziati[5].

[1] https://tg24.sky.it/mondo/2021/06/02/israele-governo-bennett-lapid

[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-di-nuovo-al-voto-36541

[3] https://www.ilpost.it/2022/12/30/nuovo-governo-netanyahu-israele/

[4] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2023/01/04/ben-gvir-spianata-moschee

[5] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2023/01/03/lavrov-a-ministro-israele-rafforzare-la-cooperazione_9f392851-fb21-49db-a3d9-e075f3f60f27.html

https://pixabay.com/it/photos/bandiera-israeliano-israele-simbolo-186476/

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