Haiti in crisi, un nuovo intervento internazionale?

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  Gaia De Salvo
  26 January 2023
  5 minutes, 8 seconds

Da gennaio 2023, Haiti non ha più un governo, diventando un “failed state” in preda a una crisi multidimensionale: economica, sanitaria, e di sicurezza. Difatti, la carestia e l’epidemia di colera, insieme all’anarchia causata dall’assenza di governo e la violenza delle gang - che de facto controllano il paese - hanno dato il via a un vero e proprio collasso di Haiti, sia dal punto di vista economico che da quello istituzionale.

Per far fronte a questa tragica situazione si sta discutendo una soluzione esterna: il dispiegamento di forze internazionali da parte dei ricchi vicini nordamericani Canada e Stati Uniti. Ciò che è senza precedenti è che la richiesta di intervento straniero è provenuta dal governo di Haiti stesso, questo ottobre, dopo che le gang avevano bloccato il più grande terminal di benzina e gas. L’obiettivo dell’intervento sarebbe quello di stabilizzare il paese con un governo transizionale legittimo, indebolendo le gang e fornendo aiuti umanitari alla popolazione.


Haiti ha una lunga storia di interventi da parte di paesi stranieri, non sempre con esiti positivi, e appunto malvisti dalla popolazione. Dal 1915 al 1934, il paese fu occupato dagli USA, e successivamente a questo il paese entrò in un lungo periodo di dittatura – un governo funzionale era dunque un miraggio.

Gli USA occuparono di nuovo Haiti nel 1994 in reazione a un colpo di stato militare, insieme alle Nazioni Unite questi fondarono una nuova forza di polizia ma, una volta ritirate le truppe straniere, la neoformata forza era impreparata alla violenza e alla corruzione presente nel paese, nonostante il nuovo regime democratico.

Inoltre, la missione di Peacekeeping delle Nazioni Unite MINUSTAH, dispiegata dopo la fuga del presidente nel 2004 e finita solo cinque anni fa, non riuscì a ottenere i risultati sperati e i soldati furono perfino accusati di molestie sessuali e di aver dato inizio all’epidemia di colera (portata dal Nepal dai soldati ONU).


I terremoti del 2010 e del 2021 contribuirono ulteriormente agli shock sociali e politici del paese, con l’assassinio del Presidente Kovenel Moise avvenuto a luglio 2021, pochi mesi dopo il sisma, che rinforzò ulteriormente l’autorità delle gang. Appunto, la violenza politica è spesso reciprocata da un governo fragile e insicuro, contribuendo alla delegittimizzazione delle autorità istituzionali e politiche.

Nel 2022, le gang presero il controllo del Palazzo di Giustizia della capitale, Port-Au-Prince, e bloccarono per due mesi il terminal di Varreux, bloccando difatti l’accesso della popolazione a servizi essenziali come la sanificazione e distribuzione dell’acqua, la raccolta dei rifiuti, il circolo dell’elettricità, impedendo il pieno funzionamento degli ospedali.


In questo contesto vi è stata una crescita esponenziale del colera. Infatti, l’epidemia, iniziata nel 2010 – alcuni mesi dopo il terremoto – sembrava essere stata debellata nel 2019, solo per tornare, appunto, nel 2022, con quasi 14000 casi in tre mesi (ottobre-dicembre 2022) secondo il Ministero della Sanità Pubblica e della Popolazione di Haiti.

La malattia si diffonde attraverso acqua e cibo contaminato, a causa di sanificazione inadeguata e difficoltà di accesso ad acqua potabile. A Haiti, nonostante il colera sia facilmente curabile, la debolezza e l’inadeguatezza del sistema sanitario, la bassa disponibilità di benzina, e il pericolo nelle strade causano un tasso di morte insolitamente alto.


Data la storia del paese, è significativo che il governo stesso abbia chiesto un intervento da forze extra-nazionali, richiesta reiterata da Amina Mohammed – Vice Segretaria Generale delle Nazioni Unite - nel suo discorso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU:

“..c'è un urgente bisogno di sostegno e solidarietà internazionale. Non è certo questo il momento in cui il mondo si allontana da Haiti. È il momento di farsi avanti e di trasformare l'attuale crisi in un'opportunità per Haiti per riprendersi con maggior forza.

Esorto tutti i Paesi in grado di farlo a prendere in considerazione con urgenza la richiesta del governo haitiano di una squadra armata internazionale specializzata per contribuire a ripristinare la sicurezza e ad alleviare la crisi umanitaria”

Ora che il governo è de facto inesistente, l’intervento è non solo necessario, ma obbligatorio. Infatti, secondo la dottrina della Responsabilità di Proteggere (R2P) – approvata dalle Nazioni Unite al World Summit del 2005 – quando una popolazione civile è sottoposta a gravi sofferenze a causa, inter alia, del fallimento dello stato, e lo stato stesso non è capace di proteggerla, allora la responsabilità di fare ciò risiede nella comunità internazionale.

Nonostante ciò, e la richiesta dell’ex presidente, è difficile capire come la popolazione accoglierebbe una forza internazionale. Infatti, come già detto, gli abitanti del paese hanno già subito numerosi interventi internazionali con un bilancio negativo; inoltre, il presidente ‘uscente’ può difficilmente essere considerato come reale rappresentante della volontà del popolo considerando la situazione politica, e la sua richiesta è stata vista da alcuni come guidata dal desiderio di rimanere in potere, piuttosto che dal desiderio di fornire sollievo alla popolazione.

A ottobre 2022, è stata approvata dal Consiglio di Sicurezza ONU un regime di sanzioni contro i capi delle gang e i loro principali finanziatori, sotto proposta degli USA e del Messico. Per lo “step successivo” - una missione di sicurezza per ristabilire l’ordine nel paese e consentire ai cittadini più facile accesso agli aiuti umanitari – si sta ancora cercando un paese leader con abbastanza risorse, esperienza e interessi. Infatti, data la situazione critica e le complicate dinamiche interne, gli USA sono cauti a intervenire, il Segretario di Stato Anthony Blinken è dunque andato in Canada per convincere un cauto Justin Trudeau a prendere il timone di una possibile operazione.

Lottare contro bande criminali in baraccopoli labirintiche potrebbe causare più danni che vittorie, perciò, perché la missione abbia successo, serve un piano ragionato e il supporto di partner locali. I rischi sono alti, ma la crisi umanitaria non può che peggiorare in assenza di un intervento.

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L'Autore

Gaia De Salvo

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