Moda Made in Italy in Giappone: potenziale inespresso?

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  Redazione
  23 October 2020
  5 minutes, 40 seconds

A cura di Filippo Schena

Come già anticipato un paio di settimane fa nel post “Made in Italy in Giappone: il Settore Tessile”, quello tessile non è soltanto il segmento più rilevante del nostro export in Giappone, ma manteniamo anche il primato nel contesto europeo. Allargando la prospettiva all’intero mondo della moda, come dichiara l’Ambasciatore d’Italia a Tokyo Giorgio Starace, “Tessile, abbigliamento, pelletteria, accessori moda hanno per noi un’assoluta portata strategica”, tanto da essere il quid del nostro export nel paese del Sol Levante. Tuttavia, nonostante il successo, rimangono delle criticità che, una volta risolte, potrebbero aiutare il settore a performare a più alti livelli. Andiamo quindi a vedere qual è l’attuale panorama economico-commerciale e quali sono gli aspetti da implementare.

Contesto Economico-Commerciale

Il sistema fieristico è uno dei metodi attraverso cui il Made In Italy riesce fisicamente a entrare in contatto con il mercato di destinazione dell’export. Grazie ad esso si possono prendere o ampliare contatti per stabilire o consolidare un presidio, così come fare un assessment e perfezionare il proprio posizionamento. Nello specifico, l’offerta fieristica annuale in Giappone a cui i prodotti Made in Italy possono presenziare (con riferimento al settore dell'abbigliamento, della pelletteria e delle scarpe) è il seguente: IFF MAGIC JAPAN, FASHION WORLD TOKYO, rooms EXPERIENCE, JUMBLE TOKYO. Entrando più nel dettaglio delle esportazioni, se prendiamo in considerazione i dati forniti da infomercatiesteri.it, l’export italiano in Giappone ha riscontrato diversi aumenti: nel settore delle merci si è passati da (mln. €) 186,9 nel 2017 a 209,07 nel 2019; per gli articoli di abbigliamento da 819,9 nel 2017 a 967,45 nel 2019; per gli articoli in pelle da 693,2 nel 2017 a 735,21 nel 2019. Come già anticipato nel post breve, le esportazioni del Made in Italy in Giappone hanno, in seguito, beneficiato di due diversi accordi: l’Accordo di Partenariato Economico UE-Giappone e il Patto per l’Export. Guardiamoli più attentamente. L’Accordo di Partenariato Economico UE-Giappone (APE) entra in vigore il 1º febbraio 2019. Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea, sottolinea come garantisca ''scelta più ampia e prezzi più convenienti, proteggerà i grandi prodotti europei in Giappone […] darà grande impulso agli attuali scambi commerciali tra le due part''. La Commissaria responsabile per il Commercio, Cecilia Malmström, aggiunge che ''ci sono le condizioni per un consistente incremento degli scambi commerciali tra le parti''. L’APE include anche elementi specifici di semplificazione per le piccole e medie imprese, una prerogativa di grande importanza per il tessuto imprenditoriale italiano della moda, estremamente ricco di PMI lungo l’intera filiera del fashion system. Il Patto per l’Export, firmato invece l’8 settembre 2020, si propone di supportare il paese durante questa fase di emergenza multilivello e cross-settoriale. Riportando le parole stesse del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, “In sinergia con Sace, Simest, Ice Agenzia e altre istituzioni […] ha messo a disposizione come punto d'inizio circa 2 miliardi di euro per il rilancio dell'export del made in Italy. […] (la moda) è […] un ambito privilegiato in cui convergono tradizione artigiana e innovazioni tecnologiche, identità locale e respiro internazionale. Le dedicheremo un asse promozionale specifico, in sinergia con le principali associazioni di categoria”. Nello specifico, il Patto per l’Export si fonda su sei precisi pilastri: comunicazione; promozione integrata; formazione ed informazione; e-commerce; sistema fieristico; finanza.

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I limiti: immagine e retail del Made in Italy nella società giapponese

Nonostante il successo dei prodotti Made in Italy in Giappone, non possiamo considerarli diffusi in modo omogeneo nella società giapponese. Le cause di questa eterogeneità sono identificabili in due aspetti che si influenzano vicendevolmente: la strategia di comunicazione e il retail. Partendo dalla prima. Il maggior appeal del prodotto Made in Italy lo possiamo infatti osservare nei confronti della generazione X, ossia consumatori senior, piuttosto tradizionalisti, che si affidano alla buona reputazione del brand e continuano ad essere clienti perché hanno sviluppato una solida loyalty (consumatori brand-oriented). Nonostante il buon posizionamento (fascia medio-alta), ciò ha meno effetto sui Millennials e generazione Z, ossia consumatori message-oriented. Ciò significa che l’affiliazione al prodotto non è il criterio principale che guida l’iter di acquisto, quanto lo è invece la filosofia che il prodotto stesso oggettifica. I trend che al momento più influenzano il mondo della moda sono sicurezza e sostenibilità: per sicurezza s’intenda per esempio quanto i materiali che compongono il prodotto siano antivirali, antimicrobici o antibatterici (un trend che ha avuto una particolare spinta da febbraio 2020 in poi); per sostenibilità s’intenda, invece, la tracciabilità del prodotto, i processi di riciclaggio da cui è creato e il grado di gender neutrality. La capacità di conquistare il cuore dei nuovi (e futuri) consumatori risiede nella strategia della comunicazione, nello storytelling e nei valori integrati nel messaggio. Tale messaggio deve stare al passo coi tempi e rispecchiare le esigenze di una generazione che deve fare i conti, molto più dei propri genitori, con la resilienza del pianeta. Il gusto che caratterizza una generazione incide sulla scelta dei luoghi di commercio/vendita frequentati. Infatti, passando alla questione retail, mentre i Millennials e la generazione Z, alla ricerca di pezzi unici e originali sono particolarmente inclini agli acquisti presso stores piccoli e di nicchia, la generazione precedente sembra, al contrario, rivolgere l’attenzione ai centri commerciali (department stores), che al momento stanno patendo pesantemente gli effetti dell’emergenza mondiale.

Le conclusioni che possiamo trarre dopo aver contestualizzato la moda Made in Italy in Giappone sono abbastanza evidenti: sebbene sul lato economico e commerciale godiamo di una solida competitività, ciò su cui è necessario insistere è la comunicazione del valore e del concetto di Made in Italy. Bisogna dare uno slancio qualitativo alla comunicazione, curare con particolare attenzione il messaggio che si intende trasmettere, tanto a livello contenutistico quanto a livello formale, adottando un focus particolare sull’unicità della manifattura italiana, sulla grande qualità dei prodotti e sulla storia che raccontano. Per fidelizzare i clienti in modo omogeneo verso i prodotti Made in Italy i giovani consumatori devono avere l’opportunità di conoscere da vicino e apprezzare il patrimonio culturale e tecnico italiano in tutte le sue sfaccettature. Una volta che si passerà dalla potenza all’atto, la performance dell’export non potrà che trarne beneficio.

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