Summit di San Pietroburgo: un piccolo passo per evitare l'isolamento

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  Tiziano Sini
  03 August 2023
  2 minutes, 48 seconds

Il summit tenutosi a San Pietroburgo è stata un’occasione di confronto relativamente importante, in grado di far riflettere sulla postura internazionale assunta dalla Russia, ad un anno e mezzo dall’inizio del conflitto in Ucraina.

Per quanto, infatti, non sia la prima edizione del vertice, sta comunque assumendo un significato notevole, alla luce, soprattutto, degli sviluppi diplomatici e delle scelte politiche introdotte di recente dagli attori globali.

Se da un lato, infatti, è cosa piuttosto chiaro che l’apertura dei lavori del Summit dopo 4 anni non sia solamente occasione di confronto in ambito economico, ma acquisisca una natura soprattutto simbolica; funzionale a rompere, almeno parzialmente, l’isolamento internazionale in cui versa il Paese. Dall’altro è cosa assai nota, che per quanto gli investimenti diretti esteri in Africa rappresentino una cifra esigua, la Russia negli ultimi anni ha esercitato una notevole influenza politica in alcune zone del Continente[1].

Proprio quest’ultimo aspetto è stato dirimente per attrarre al Vertice molti Paesi, benché rispetto alla prima edizione, tenutosi nel 2019, i Capi di Stato presenti sono stati solamente 16. Una posizione resa più fredda anche dalla dipartita della Black Sea Grain Initiative, il fondamentale accordo sul grano che garantiva il trasporto sicuro nel Mar Nero, interrotto per ritorsione proprio dalla Russia, le cui conseguenze sono risultate da subito rilevanti, soprattutto nel continente africano.

Una condizione determinante che ha fatto propendere lo stesso Putin a promettere di inviare grano gratuitamente in Africa, ai Paesi più bisognosi, nell’arco dei prossimi 3-4 mesi[2].

Il Summit ha offerto anche l’opportunità di implementare un altro tipo di business. Seguendo il mantra anticoloniale che Putin ed i vertici russi hanno voluto imprimere all’iniziativa, questa è stata, infatti, l’occasione propizia per creare nuove sinergie e partnership con i Paesi africani anche nella vendita delle armi; una delle voci già attualmente più consistente per quanto riguarda l’interscambio commerciale fra Russia ed il Continente africano.

Questa non è stato però l’unico aspetto che ha destato interesse ed una certa dose di preoccupazione, quanto la presenza del capo della Wagner Prigozhin, il cui ruolo e le cui ambizioni sono state al centro del dibattito nell’ultimo periodo, dopo il tentato colpo di stato e l’avanzata verso Mosca, la cui presenza dimostra una certa rilevanza ed un ruolo ancora preminente in Russia, ma soprattutto nel continente africano[3].

Non è, infatti, una sorpresa l’apporto del gruppo paramilitare in diversi Paesi come Libia, Eritrea, Sudan, Algeria, Mali, Burkina Faso, Camerun, Sud Sudan, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Mozambico e Zimbabwe, in cambio di ricchi contratti e spesso anche l’accesso alle risorse naturali, come accade nella Repubblica Centrafricana.

Una situazione che non tiene tranquilli i Paesi europei, vista anche la capacità della Russia di esercitare una certa influenza nell’area, come dimostrano i recenti casi di Sudan e Niger.[4].



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[1] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/summit-russia-africa-relazioni-al-banco-di-prova-137691

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/07/27/putin-pronti-a-inviare-grano-gratuitamente-in-africa_33252094-dcfa-4636-9df3-c57ee1d6fb11.html

[3] https://www.analisidifesa.it/2023/07/al-summit-russia-africa-si-parla-anche-di-forniture-militari/

[4] https://www.agi.it/estero/news/2023-06-26/forziere-wagner-africa-21996639/#:~:text=Questo%20ha%20permesso%20a%20Prigojine,della%20Wagner%20%C3%A8%20in%20Africa.

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