Un nuovo Bismarck sul Bosforo?

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  Redazione
  25 March 2024
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Il presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, si trova in una posizione complessa da gestire: egli deve affrontare un'opposizione interna sempre più rinvigorita e nel contempo sta cercando di dimostrare che può ancora vincere in ogni confronto elettorale.

Mentre in politica internazionale aspira a porsi come autorevole mediatore nel grande gioco geopolitico e geostrategico vigente tra la Federazione Russa, gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

Vale la pena ricordare che tali nazioni, che una volta erano grandi imperi, come la Turchia, la Russia, la Cina e il Regno Unito, ed altri ancora, risentono tuttora di un senso esaltato della loro passata epoca di massimo splendore nazionale.

Tuttavia, questa cultura mentale esaltata dal lontano passato comporta anche una fragilità di non poco conto, dimostrata diffusamente dalla Storia mondiale: una di queste è la facilità ad essere ispirati e conquistati ideologicamente, ovvero la vulnerabilità ad essere totalmente manipolati da abili politici, per lo più demagoghi e oratori di rara efficacia e perniciosa abilità, i quali sono in grado di incarnare profondamente questa intera narrazione.

La storia della Turchia

Comprendere l'importanza del passato imperiale della Turchia è una delle chiavi utili e ineludibili per poter comprendere la Turchia moderna.

Questo accade perché la visione romantica legata e mai sopita del crollo dell'Impero Ottomano, a seguito della sua sconfitta nella Prima guerra mondiale, continua a plasmare l’opinione pubblica e condizionare l’attività dei legislatori, sostenuta com’è dalla maggioranza dei cittadini turchi per quanto attiene alla propria posizione ed importanza nel mondo.

Nel 2003, le elezioni politiche hanno visto l’entrata in scena delle istituzioni di Recep Tayyip Erdogan. Da allora questi domina la scena politica del Paese, avendo prevalso in ben tredici elezioni nazionali, avendo quindi modo e tempo di consolidare il proprio potere personale nella nazione.

Dopo vent’anni di esercizio del potere, oggi è il leader più importante e potente del paese dai tempi di Mustafa Kemal Ataturk, che nel 1923 fondò la Turchia moderna sollevandola dalle ceneri dell'impero ottomano, dopo la fine della Prima guerra mondiale.

Kemal Ataturk

All’inizio del XX secolo, Ataturk, un generale dell'esercito ottomano, fondò la Turchia moderna, a immagine e somiglianza di uno stato laico ed europeo.

Dopo aver deposto sia il sultano che la secolare istituzione del Sultanato, ha rivolto la politica turca maggiormente verso l’ ovest europeo.

Alla stregua degli stati europei e delle grandi potenze globali nell'era storica disposta tra le due guerre mondiali, nella sua azione di governo mirava ad avviare la Turchia verso un percorso politico che l’avrebbe portata verso uno status di grande nazione.

Ispirato dalle tradizioni europee, il secolarismo politico e culturale personale di Ataturk - non è esagerato parlare di laicità - imponeva la libertà religiosa per i componenti del governo, nella politica e nel sistema educativo. Da buon politico e giacobino, Ataturk governò il paese con autorevolezza e decisionismo fino alla sua scomparsa nel 1938. Lasciandosi alle spalle un sistema di governo laicista basato sui principi da lui affermati, noto anche come kemalismo.

Dopo che la Turchia divenne una repubblica democratica basata sul multipartitismo nel 1950, la classe politica dei successori democraticamente eletti portò avanti per decenni tale cultura mentale laicista. I kemalisti affermavano che il sistema politico di Ataturk dovesse durare a lungo.

Fino a Erdogan.

Ataturk governò la Turchia per quindici anni. Meno di Erdogan che ha già governato Ankara per diciannove anni. Inoltre ha smantellato con successo, o ricalibrato, gran parte dell'eredità laica di Ataturk. Sotto il suo governo, il paese è tornato a un’impronta di governo tipicamente autocratico, ironicamente più simile all'era di Ataturk che alla Turchia del tardo ‘800.

Erdogan ha rivisto quasi tutto l’assetto istituzionale della Turchia rendendola più islamica e socialmente d’ispirazione conservatrice. Inoltre, la recente Turchia di Erdogan si rivolge politicamente e principalmente non all'Europa, o all'Occidente, ma verso il Medio Oriente.

Secondo le sue dirette espressioni, la massima ambizione di Erdogan è quella di rendere la Turchia una grande nazione , potente e rispettata, e sfruttare il peso dei cittadini di fede musulmana attraverso i residenti negli ex possedimenti ottomani della Turchia, in tutto il Medio Oriente e nei territori dei Balcani.Ignorando però che nessuna delle ex province ottomane è ansiosa di tornare ad esserlo dopo decenni di indipendenza ottenuta dall’Impero stesso.

La guerra in Ucraina

Il 1° marzo 2022, poche settimane dopo l’esordio della guerra russo-ucraina, la Turchia ha chiuso il Bosforo alle navi militari di entrambi i contendenti. In ciò facendo seguito al dettato della Convenzione di Montreux del 1936, che attribuisce esclusivamente ad Ankara il governo del traffico navale in entrambi i sensi e secondo la quale la Turchia è il guardiano dell'unico sbocco del Mar Nero verso il mar Mediterraneo aperto.

La chiusura dello stretto è neutrale?

A prima vista, essa doveva essere del tutto neutrale nei suoi intenti e conseguenze con l’obbiettivo di consentire ai due rivali di passare indenni da e per il mar Nero in perfetta sicurezza e libertà.

Ma a ben vedere, la Russia ne subiva gli effetti peggiori: all'epoca, l'Ucraina possedeva solo una nave da guerra di piccolo tonnellaggio e alcune motovedette scarsamente armate in relazione ad un conflitto su larga scala, per altro già dislocate sul Mar Nero, mentre quasi il 50% dell’intera flotta russa, combinata tra Mediterraneo e Mar Nero (una cinquantina di navi) era per giunta schierata al di fuori del Dardanelli.

L’assetto risultante è coerente con la politica estera turca nell’area dello stretto che qualcuno qualifica sinteticamente come neutralità, ma per un po’ a favore dell’Ucraina.

Russia e Turchia sono sicuramente le potenze maggiormente prevalenti nell’area strategica del mar Nero. Ma tra le due la Russia è quella più grande e potente. E con una conflittualità che ricorre nella memoria storica in quanto già sofferta nei secoli scorsi contro l’Impero Turco.

Dunque non desta stupore che Ankara cerchi di legare a sé gli altri stati limitrofi da utilizzare come contrappeso verso le ambiziose mire e pretese di Mosca. In tale contesto geostrategico si inquadra e giustifica la vendita di numerosi droni all'Ucraina e l'applicazione del Trattato di Montreux in forma tecnica e dall’impronta ispirata ad una totale neutralità. Ma che tuttavia ha l'effetto concreto di indebolire la presenza navale russa in quest’area.

Erdogan sta facilitando investimenti russi più diretti.

E’ stato propizio l’incontro avuto con Putin il 5 agosto scorso dove Mosca ha comunicato la spesa di 5 miliardi di dollari per il finanziamento della centrale nucleare di Akkuyu, localizzata nel meridione turco.

E che a questi seguiranno ulteriori disponibilità finanziarie a cascata a vantaggio dell’economia turca i quali porteranno ulteriore beneficio alle esauste casse della banca nazionale e contribuire ad una marcata riduzione dell’inflazione corrente, gravemente aumentata negli ultimi anni.

Rimangono sempre più acute le tensioni con l’opposizione in relazione alla posizione assunta dalla Turchia sulla guerra russo-ucraina: finora Erdogan ha assunto una condotta di intermediazione tra i due contendenti, volendo conciliare, anche se con plausibile difficoltà, il sentimento antirusso con gli interessi inerenti alla sicurezza nazionale nel mar Nero e con le ben più ardue difficoltà economico-politiche di Ankara.

Non del tutto a torto, alcuni analisti hanno avvicinato la figura di Recep Erdogan a quella di Ottone von Bismark, celebre Cancelliere dell’Impero di Prussia nella seconda metà dell’800.

Ovvero, un personaggio politico dotato sicuramente di una forte personalità e abilità nell’esercizio della politica in patria e la tanta e ben nota abilità nel destreggiarsi in politica internazionale.

Proprio come per l’antico Bismark, il leader turco si ritrova a fronteggiare numerose aree conflittuali e di diverso interesse sia politico che geopolitico. Fino ad oggi c’è riuscito anche se con non poche difficoltà e giravolte verso l’Unione Europea e la NATO.

Guardando al futuro della Turchia e del suo leader, sarà possibile continuare a tenere Washington, Bruxelles e Mosca in attrito fra loro e in aggiunta superare positivamente tutti gli appuntamenti elettorali futuri ?

E’ chiaro a tutti i protagonisti che a deciderlo sarà principalmente la condizione di floridità dell’economia interna.

Qualora quest’ultima andasse in depressione e la Turchia trovasse un generoso contributore delle proprie casse, solo allora potrebbe risollevarsi. Il problema pratico è che in giro non se ne vedono poi così tanti. Il più probabile tra i prescelti è sicuramente il Fondo Monetario Internazionale (FMI), laddove però gli Stati Uniti detengono una posizione preminente e determinante sotto il profilo delle scelte discrezionali su a chi, quanto e come finanziare le economie degli Stati.

D'altra parte, se l'economia turca dovesse salvarsi grazie a nuove iniezioni di denaro dalla Russia e dai ricchi paesi del Golfo, con cui Erdogan sta cercando di ripristinare i legami di Ankara, potrebbe adottare ulteriori misure autocratiche al suo interno e, contemporaneamente, doppiare le sue politiche populiste, prendendo primieramente di mira la discriminazione femminile, la comunità LGBTQ, i nazionalisti curdi, i liberali, la sinistra e altri gruppi vulnerabili e di opposizione in tutta la società turca.

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