Una seconda “finestra di opportunità” per gli anziani non autosufficienti

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  Francesco Marchesetti
  23 March 2021
  4 minutes, 9 seconds

Crisi Covid: uno stress-test estremo

Quella degli anziani non autosufficienti è la categoria in cui il virus ha mietuto più vittime: ultraottantenni con due o tre patologie collaterali, spesso riuniti in strutture residenziali, rappresentano il 52% dei decessi tra gli uomini e il 73% tra le donne.
Il Network Non Autosufficienza (NNA), la rete di esperti che ogni due anni pubblica un report sulla condizione dei servizi offerti agli anziani non autosufficienti, ha scelto per il documento del biennio 2020/2021 un titolo emblematico: “Punto di non ritorno”.
"Le vicende legate al Covid – scrive Cristiano Gori, coordinatore del Network e docente di Politica Sociale all’Università di Trento – non sono da guardare come un evento eccezionale, ma come una lente d’ingrandimento puntata sulla realtà".
"Questo approccio – continua Gori – considera la crisi dovuta al Covid-19 uno stress-test estremo sull’abituale realtà dei servizi per gli anziani, che permette di coglierne aspetti positivi e criticità".
L’obiettivo del report è infatti quello di vedere nella crisi sanitaria in corso un’opportunità di crescita per il settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti.

Residenzialità e assistenza domiciliare

Il primo punto critico affrontato dal Network è quello del rapporto tra residenzialità e assistenza domiciliare. L’investimento nelle RSA (che nell’86% dei casi sono gestite da privati) rientra nel piano di Long Term Care (LTC) e vale 13 miliardi di euro di spesa pubblica, contro i 2,3 miliardi destinati all’assistenza domiciliare.

Questa grande disparità ha portato l’opinione pubblica a ritenere che l’eccessivo investimento sulla residenzialità, e la conseguente crescita del settore, siano stati alla base del rapido propagarsi del virus all’interno delle strutture e quindi anche del grande numero di vittime; tale ragionamento – scrive lo psichiatra Marco Trabucchi sul report NNA – sfocia nell’equazione “troppa residenzialità = troppi contagi”. Tuttavia gli anziani che si rivolgono alle strutture residenziali, lo fanno quando le condizioni di salute richiedono cure qualificate sul piano clinico e assistenziale, che non possono essere prestate in maniera adeguata a casa. "È certo quindi - continua Trabucchi - che occorra investire maggiormente in soluzioni domiciliari e intermedie, ma questo sforzo dev’essere aggiuntivo e non alternativo a quello per la residenzialità".

L’assistenza domiciliare non deve riguardare dunque solo gli interventi di natura medico-infermieristica, ma anche quelli di supporto alle attività di base della vita quotidiana.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il programma di investimenti che l'Italia deve presentare alla Commissione europea nell'ambito del pacchetto per la ripresa Next Generation EU, non permette l’aumento della spesa corrente; può tuttavia finanziare un investimento straordinario nella domiciliarità per favorirne la riforma e l'ampliamento dell’offerta, generando inoltre un gran numero di posti di lavoro nell’ambito dell’assistenza alla persona (i cosiddetti white jobs) su cui la Commissione europea insiste molto.

Un sistema frammentario

La seconda criticità che il report evidenzia è la frammentazione dei servizi di assistenza domiciliare: il Servizio di assistenza domiciliare (Sad) fornito dai comuni, l’Assistenza domiciliare integrata (Adi) erogata dall’ASL e il contributo Ida dell’Inps non sono infatti coordinati tra loro, e questo porta a sovrapposizioni di responsabilità o a lacune.

Il report suggerisce dunque di disporre i diversi servizi in un sistema di governance unitaria che regoli i diversi ruoli, in modo da gestire al meglio le risorse e coprire più efficientemente la fitta trama di necessità dei cittadini non autosufficienti.

La seconda finestra di opportunità

A partire dagli anni ‘90 il piano di Long Term Care è stato al centro della discussione parlamentare, dato che nella società e nella politica italiana è cresciuta la consapevolezza della necessità di rivedere il sistema di welfare, per adattarlo all’aumento del numero di anziani non autosufficienti.

Tuttavia la stagione che ha portato numerosi paesi – come Austria (1993), Germania (1995), Francia (2002) e Spagna (2006) – a introdurre robuste riforme nazionali, si è chiusa con la crisi del 2008, senza che l’Italia sia riuscita a raggiungere un risultato analogo. Si è conclusa dunque senza riuscita quella che i politologi chiamano “finestra di opportunità”: "un periodo temporalmente limitato nel quale si vengono a creare le condizioni per modificare assetti consolidati – in questo caso nelle politiche nazionali di protezione sociale – a patto che vi siano uno o più attori politici capaci di sfruttarle".

Tuttavia negli ultimi mesi la condizione degli anziani non autosufficienti ha suscitato un’attenzione eccezionale; essi, infatti, si sono drammaticamente trovati al centro dell’interesse collettivo da diversi punti di vista: come vittime della pandemia, come ospiti di RSA in difficoltà nel proteggerli dal contagio, come utenti dei ridotti servizi domiciliari disponibili.

Nell’evoluzione storica del welfare italiano si è dunque aperta una seconda “finestra di opportunità” nella stessa direzione. Si riuscirà, questa volta, a valorizzarla?

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L'Autore

Francesco Marchesetti

Studente di Lettere Moderne.
Aspirante giornalista, certo che l'informazione libera debba essere un diritto universale.

Student in Modern Literature.
Aspiring journalist, certain that freedom of information should be a universal right.

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