Nella non città dell’Isis: Al-Hol

  Articoli (Articles)
  Giorgio Giardino
  21 marzo 2024
  4 minuti, 40 secondi

Una non città, un campo profughi, un carcere a cielo aperto. Sono diverse le definizioni che nel corso del tempo sono state date ad Al-Hol, un non luogo nel nordest della Siria al confine con l’Iraq. Nato nel 1991 per ospitare i profughi iracheni in fuga dalla prima guerra del Golfo, Al-Hol ha cambiato natura e fine, finendo per diventare quello che alcuni residenti, o meglio detenuti, hanno definito “come Guantanamo”. 

Per capire come sia cambiato il campo di Al-Hol è necessario fare un passo indietro, e tornare al 2014 quando il sedicente Stato Islamico (Isis) fonda nei territori di Iraq e Siria il proprio Califfato. Sono gli anni di massima espansione dell’organizzazione terroristica, che attrae migliaia di combattenti da tutto il mondo, compresi molti occidentali. È per questo motivo che viene formata la coalizione contro lo Stato Islamico a guida americana, che anni più tardi avrebbe portato alla caduta del Califfato, alla riconquista dei territori e alla cattura di molti dei combattenti dell’Isis e delle loro famiglie. 

È così che la popolazione di Al-Hol, composta prima per la maggior parte da siriani e iracheni in fuga dai conflitti, tra il 2018 ed il 2019 vede un aumento enorme: da circa 10 mila si è arrivati a oltre 70 mila. Ma soprattuto è in questi anni che Al-Hol cambia la propria natura: compare il filo spinato, le guardie armate e i veicoli blindati, e nessuno può più uscire. Da luogo nato per ospitare rifugiati di guerra, il campo diventava una prigione a cielo aperto.

Da allora, il controllo del campo è affidato alle Forze Democratiche Siriane (SDF), la coalizione composta da curdi e arabi per combattere l’Isis, mentre la sopravvivenza delle persone detenute all’interno di Al-Hol è nei fatti affidata ad alcune organizzazioni internazionali che si occupano di distribuire aiuti umanitari.

Attualmente all’interno del campo sono detenute circa 40 mila persone, provenienti da vari Paesi: in maggioranza sono siriani e iracheni, ma ci sono anche molti occidentali che avevano deciso di aderire all’Isis. La popolazione di Al-Hol ha però un’altra caratteristica fondamentale: più della metà dei residenti è composta da donne e bambini, molti dei quali sotto i dodici anni. Questa anomalia si spiega con il fatto che la maggior parte dei combattenti del gruppo terrorista, e dunque gli uomini, è stata uccisa o catturata, lasciando dietro le mogli e le ex mogli, il cui grado di adesione all’Isis dipende molto spesso dalla propria storia personale.

Esiste un nucleo di donne ad esempio ha deciso di ricoprire il ruolo di polizia morale all’interno del campo, punendo tutti coloro che violano le norme del Califfato, in alcuni casi aggredendo e uccidendo i “trasgressori”. Ma molte fra le donne presenti nel campo hanno una storia segnata dalla violenza: alcune ad esempio sono state costrette a sposare combattenti dello Stato Islamico dopo essere state violentate.

Sono diverse poi le testimonianze di persone che raccontano di essersi semplicemente trovate nel momento sbagliato nel posto sbagliato. Nel report di Medici Senza Frontiere “Between two fires”, pubblicato nel novembre del 2022 sono raccolte diverse testimonianze dei residenti di Al-Hol. C’è chi ad esempio racconta di essere stato arrestato dall’Isis e, con l’arrivo della coalizione e la perdita dei territori da parte del Califfato, di essere stato accusato di essere un combattente. Una donna invece racconta di come il marito sia fuggito per arruolarsi, portando con sè le figlie. Per lei non c’era altra scelta che seguirlo.

Le testimonianze raccolte e le visite all’interno del campo fatte da diverse ong mostrano come la vita all’interno del campo sia particolarmente dura, mettendo in particolare a rischio il futuro delle migliaia di bambini che vivono in un luogo in cui la violenza è all’ordine del giorno. Secondo infatti Human Rights Watch, che ha potuto visitare il campo l’ultima volta nel 2022, le esperienze che i minori stanno vivendo equivarrebbero a “tortura”. Inoltre esiste un rischio elevato di crescere una nuova generazione radicalizzata: non bisogna infatti dimenticare che, per quanto non tutti all’interno del campo abbiano aderito all’Isis, la propaganda dello Stato Islamico corre veloce lungo le vie di Al-Hol, insieme alla perenne insicurezza, gli omicidi e le violenze.

Anche per questi motivi, ed in particolare per il rischio di radicalizzazione, nel corso degli anni in molti hanno indicato come una delle poche soluzioni al problema del campo di Al-Hol il rimpatrio dei cittadini stranieri nei loro Paesi di origine. Le procedure però sono andate molto a rilento, sia per la riluttanza di diversi stati occidentali ad accettare il ritorno di persone ritenute simpatizzanti dell’Isis, ma anche per la paura di diversi detenuti di tornare. È soprattutto il caso dei cittadini iracheni, che una volta tornati subiscono discriminazioni e difficilmente riescono a reinserirsi all’interno della società, anche se non hanno avuto legami diretti con lo Stato Islamico.

Il campo di Al-Hol sembra quindi un non luogo in cui sono state dimenticate migliaia di persone, che senza aver subito un processo, scontano una condanna a vita. Un buco nero in cui rinchiudere il ricordo del terrore del Califfato, in cui i bambini, in alcuni casi definiti “figli dell’Isis”, sono segnati dalla nascita a non avere un futuro.

Mondo Internazionale APS - Riproduzione Riservata ® 2024

Condividi il post

L'Autore

Giorgio Giardino

Giorgio Giardino, classe 1998, ha di recente conseguito la laurea magistrale in Politiche europee ed internazionali presso l'Università cattolica del Sacro Cuore discutendo un tesi dal titolo "La libertà di espressione nel mondo online: stato dell'arte e prospettive". Da sempre interessato a tematiche riguardanti i diritti fondamentali e le relazioni internazionali, ricopre all'interno di MI la carica di caporedattore per la sezione Diritti Umani.

Giorgio Giardino, class 1998, recently obtained a master's degree in European and international policies at Università Cattolica del Sacro Cuore with a thesis entitled "Freedom of expression in the online world: state of the art and perspectives". Always interested in issues concerning fundamental rights and international relations, he holds the position of Editor-in-Chief of the Human Rights team.

Categorie

Diritti Umani

Tag

Siria Iraq ISIS foreign fighters Al-Hol rifugiati detenuti Donne bambini