Zamora, Neri Marcorè e il valore sociale del fòlber

Nella Milano degli anni '60 un giovane contabile cerca la sua stabilità

  Articoli (Articles)
  Jacopo Cantoni
  12 aprile 2024
  3 minuti, 21 secondi

Dal 4 aprile scorso le sale cinematografiche ospitano Zamorala prima esperienza del brillante Neri Marcorè dietro alla macchina da presa. Non è l'unico italiano a essersi paracadutato nella professione più famosa dell'industria cinematografica nell'ultimo periodo. Prima di lui, infatti, a fine novembre scorso, la talentuosa Paola Cortellesi portava sullo schermo la lotta e la tenacia delle donne italiane nel secondo dopoguerra con la pellicola “C’è ancora domaniimperdibile.

Marcorè dimostra la sua preparazione artistica e il suo gusto in questo film su Milano e i lombardi, sull’epopea dei giovani che, dalla campagna o dai paesi limitrofi, si trasferivano, e ancora oggi lo fanno, nelle città alla ricerca di un lavoro o spinti dalle circostanze. Spaventati, ma allo stesso tempo elettrizzati, di lasciare il caldo nido familiare per doversi riversare in un mondo di competizione e lavoro completamente diverso da quello a cui erano abituati.

Marcoré decide di dare l’importanza meritata a un elemento che ormai è parte integrante della cultura italiana: il calcio, nel film il fòlber. Scelta non casuale, il termine fòlber. La parola infatti fu un neologismo creato all’inizio degli anni ’70 dal giornalista e scrittore Gianni Brera, colui che per primo portò il calcio nella letteratura. Scriveva, ormai tre anni fa, in un articolo Tony Damascelli su ilgiornale.it:

Sofisti prese a leggere, scuotendo il capo di bianchi capelli e arrossendo ancor di più, occhiello, titolo e sommario dettati da Gianni Brera per la morte di Giuseppe Meazza: «Sbocciato in Lombardia dal confuso (e piuttosto malconcio) etnos dei poveri».

«Peppìn Meazza era il fòlber».

«Aveva le spalle cadenti e le ginocchia vaccine, ma gli dormicchiava dentro la felina arguzia del giocoliere che improvvisamente schiattava lasciando di stucco avversari e pubblico - Con lui, il calcio italiano ha superato la fase della rozzezza provinciale per salire a livello europeo - Ai mondiali 1938, rivinti dall'Italia, è stato definito un grand peintre du football».

E la genialità del film sta nel comprendere quanto il fòlber abbia plasmato e cambiato la vita della maggior parte del popolo italiano. La nostra nazione ha avuto gli Agnelli, i primi a capire le potenzialità del mercato calcistico, investendo sui giocatori italiani ma soprattutto andando a cercarli all’estero. Ha avuto Berlusconi, che con una squadra, il Milan, ha convinto milioni di elettori a votare per lui. Ha avuto la serie A, che è sicuramente nella top 5 dei campionati più importanti al mondo.

Man mano che procede, il film ci regala volti dello spettacolo italiano che non mi sarei mai aspettato di vedere insieme (al di là delle coppie comiche): Giovanni Storti, Ale & Franz, Giacomo Poretti, Giovanni Esposito, Antonio Catania e altri ancora. Vederli fuori da personaggi iconici, Giovanni e Giacomo nel trio insieme ad Aldo, Ale & Franz su La panchina di Zelig Circus, Antonio Catania che ci ha fatto ridere e appassionare insieme a René Ferretti al “becero” cinema italiano in Boris, e potrei continuare, mi ha stupito positivamente.

La scelta degli attori protagonisti, che il cinema italiano sbaglia di continuo, qui invece è puntuale; la chimica che si crea nel quadro è forte e armoniosa anche quando le scene sono tese o violente. Alberto Paradossi, Marta Gastini Anna Ferraioli Ravel si incontrano e si scontrano sullo schermo riuscendo a dimostrare quanto il cambiamento nella vita degli italiani sia poco comune ma molto utile.

Tutti gli attori coinvolti raccontano come è stata la Milano degli anni ’60, l’ambientazione, la costante nebbia e la pioggia della Pianura Padana, parlano allo spettatore autenticamente. Il gruppo di anziani seduti al bar con il giornale e “il bianchino” a parlare di calcio: un calcio tutto loro, senza bisogno di essere “competenti” ma con la pretesa che “vince, il confronto, chi urla di più”.

Bisogna riconoscere molto a Roberto Perrone che nel 2003 scrisse Zamorail romanzo omonimo da cui questo film è tratto. Una sceneggiatura, quindi, non originale ma che per il suo essere insolito diventa originale.

Zamora è ancora nelle sale e il consiglio è, sicuramente, quello di andare a vederlo.

Mondo Internazionale APS - Riproduzione Riservata ® 2024

Condividi il post

L'Autore

Jacopo Cantoni

Laureato in Cinema presso l'Alma mater Studiorum di Bologna, mi cimento nella scrittura di articoli inerenti a questo bellissimo campo, la Settima Arte. Attualmente frequento il corso Methods and Topics in Arts Management offerto dall'università Cattolica del Sacro Cuore.

Categorie

Europa Cultura Società

Tag

Neri Marcorè Giovanni Storti Giacomo Poretti Zamora calcio fòlber Milano Lombardia