Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti: un rapporto complesso

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  Michele Magistretti
  17 July 2021
  4 minutes, 44 seconds

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sono da anni i pesi massimi del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Nell’ultimo decennio hanno fatto fronte comune contro le due principali minacce alla propria sicurezza ed egemonia nella regione: il duopolio turco-qatarino e la repubblica islamica iraniana. Ma i differenti interessi nazionali e le ambizioni dei giovani leader dei due Paesi non hanno tardato a venire alla luce, provocando alcune divergenze che si protraggono e potrebbero accentuarsi dopo la svolta di Al-Ula. Con la fine dell’embargo nei confronti del Qatar, Riad e Abu Dhabi hanno iniziato un nuovo cammino strategico che non sempre sfocia in una cooperazione armoniosa tra i due big player della penisola arabica.

Vediamo quindi come si sono concretizzate le divergenze e quali sono le prospettive future.

Alleati ma con priorità e agende differenti

I due Paesi arabi hanno vissuto un periodo di particolare armonia e coordinamento strategico dallo scoppio delle primavere arabe. Entrambi i regimi autocratici vedevano come una delle minacce principali il proliferare di movimenti repubblicani islamisti, che minavano la legittimità politica su cui si fonda il potere delle famiglie regnanti. Per questo motivo, hanno assunto un approccio di tipo securitario e conservatore e hanno osteggiato in ogni modo le azioni di stampo revisionista di Doha e del suo alleato turco, principali promotori dell’islamismo politico.

Inoltre, entrambi i Paesi, con il deteriorarsi della stabilità in Medio Oriente, hanno intravisto una finestra di opportunità per aumentare il proprio peso politico in differenti contesti regionali e sono intervenuti, con varie modalità, nei molteplici scenari di conflitto emersi dalle rivoluzioni politiche di inizio decennio.

La cordiale intesa tra le due potenze arabe non è però durata a lungo. Gli Emirati, desiderosi di emanciparsi dall’ingombrante alleato saudita, hanno iniziato a perseguire una politica estera sempre più autonoma e assertiva. Abu Dhabi ha come priorità strategica il contenimento dell’Islam politico e dei suoi sostenitori lungo tutto il Medio Oriente. Riad invece ha come priorità il contenimento della potenza iraniana e la diversificazione economica. Per queste ragioni i due partner arabi, con il passare del tempo, hanno assunto differenti posizioni nel conflitto yemenita, nel quale sostengono fazioni diverse e a loro volta contrapposte. Gli emiratini sostengono i separatisti del Consiglio di Transizione del Sud mentre, i sauditi, il governo di Abdrabbuh Mansur Hadi riconosciuto dalla comunità internazionale.

Anche dopo la recente riconciliazione di Al-Ula, con la quale è stato tolto l’embargo al Qatar, i due potentati arabi hanno assunto atteggiamenti diversi nei confronti del piccolo emirato. A fronte delle proprie difficoltà interne e quelle reputazionali, Riad si mostra più aperta al dialogo e disposta a un onesto reset dei rapporti con Doha. Per gli emirati invece la riconciliazione è stata vissuta più come una scelta obbligata ma non desiderata, e la rivalità con il Qatar e Ankara persiste dal Mediterraneo orientale al Corno d’Africa.

Le recenti divergenze e le prospettive future

A differenza del partner saudita, gli emirati hanno ormai intrapreso la strada di una stretta collaborazione con Israele. Insieme al Bahrein, sono l’unico stato del Golfo ad aver normalizzato i rapporti con Tel Aviv, anche se informalmente Israele mantiene un certo grado di cooperazione con alcuni degli altri Paesi arabi del golfo. Inoltre, nelle ultime settimane hanno creato ulteriori frizioni i tentativi di riorganizzazione delle quote di produzione del petrolio mediate tra Riad e Mosca. La federazione emiratina non considera equo il nuovo ammontare di barili di greggio che gli è stato assegnato, vorrebbe produrne di più. Gli Emirati non hanno accettato l’accordo che considerano a loro sfavore e lamentano la mancanza di coordinamento in un rapporto che ormai considerano paritario.

Inoltre, il regno saudita ha cominciato a mettere in atto una serie di iniziative per sfidare il primato di hub commerciale della vicina federazione. Con una nuova legge, obbliga le aziende straniere desiderose di lavorare con le agenzie governative a trasferire la propria sede in territorio saudita. La monarchia saudita mira a sfilare lo scettro di polo economico e finanziario a Dubai e agli altri emirati.

I due Paesi, però, si trovano ancora costretti a coordinarsi nella gestione dei dossier strategici e politici oltre il Mar Rosso. Dall’Egitto alla Somalia, i due Paesi arabi lavorano per contenere la penetrazione politica ed economica turca e del Qatar. Infatti, durante l’inaugurazione della nuova base navale egiziana, di fianco al presidente al-Sisi era presente il principe ereditario e fautore della politica estera di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed Al Nahyan. Inoltre, i due Paesi arabi tentano di proporsi nel ruolo di mediatori delle dispute regionali per preservare i propri investimenti lungo le coste dei Paesi del Mar Rosso e del Corno d’Africa. È stato considerato un successo l’accordo di pacificazione raggiunto a Gedda da Etiopia ed Eritrea nel 2018. Risultano invece fallimentare i timidi tentativi portati avanti per incentivare gli attori regionali a raggiungere un compromesso riguardo la questione delle acque del Nilo e la delimitazione delle frontiere tra Khartoum e Addis Abeba. L’intransigenza di Etiopia da una parte e di Egitto e Sudan dall’altra ha come conseguenza l’aumento delle tensioni. I due Paesi arabi, a differenza dei rivali turchi e qatarioti, non possono permettersi un maldestro ed eccessivo sbilanciamento nei confronti di una delle parti, avendo numerosi investimenti in tutti i Paesi citati. Sempre per preservare la propria influenza economica e politica in Etiopia, cercando quindi di osteggiare quella di Doha e Ankara, gli Emirati hanno offerto sostegno militare ad Addis Abeba nel corso del conflitto del Tigray, tramite l’utilizzo dei propri droni provenienti dalla base eritrea di Assab.

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Michele Magistretti

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