COSA CI ASPETTA? CLAUDIO BERTOLOTTI SUI RISCHI E LE IPOTESI EMERSE DALL’ATTUALE CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

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  Giusy Criscuolo
  26 October 2023
  7 minutes, 30 seconds

Visti gli stravolgimenti continui e i timori causati dall’attuale conflitto israelo-palestinese abbiamo intervistato il Direttore dell'Osservatorio sul radicalismo e il terrorismo ReaCT, già capo sezione contro intelligence della missione ISAF in Afghanistan, Claudio Bertolotti. La già difficile situazione creata dall’attacco terroristico di Hamas e la conseguente risposta di Israele stanno esacerbando gli animi nel Medioriente, creando timori su un possibile allargamento del conflitto. Ci si chiede che rischi possano correre l’Europa e l’Italia in questo specifico momento. Su questa domanda Bertolotti non ha dubbi, confermando che l'Europa e l'Italia stanno affrontano alcune sfide in termini di sicurezza, in relazione alla guerra tra Israele e il gruppo terrorista Hamas.

«Guardando all’Europa e agli effetti indiretti del riaccendersi della conflittualità in Medioriente - dice Bertolotti - è riemersa con una certa rilevanza la questione della radicalizzazione e del terrorismo associato all’ideologia jihadista. È sufficiente guardare ai numeri degli attacchi terroristici e delle azioni violente di matrice jihadista per vedere confermato un trend preoccupante di azioni dirette. Ma quel che maggiormente ci preoccupa è l’effetto emulativo, che potrebbe spingere, più di quanto già non avvenga, singoli attentatori improvvisati verso atti di violenza indiscriminata».

Riguardo ai rischi legati ad un aumento degli arrivi di rifugiati o di clandestini, non esclude un peggioramento della situazione. Difatti l’analista lo definisce un altro aspetto di rilievo che potrebbe degenerare se il conflitto si prolungasse oltremodo: «Il prolungarsi e l’intensificarsi del conflitto potrebbe incidere sul già importante flusso di rifugiati verso l'Europa, con possibili implicazioni sulla gestione delle frontiere e della sicurezza interna».

Purtroppo durante l’intervista emerge un altro dato allarmante che a causa di questi aspetti e sempre sul piano interno, fa rilevare la crescita dell'antisemitismo in Europa, portando a minacce e azioni violente contro le comunità ebraiche.

Sui rischi che corrono anche UE e Italia dal punto di vista economico/energetico Bertolotti conferma che sul piano internazionale e regionale, è indubbio che una maggiore criticità è rappresentata dall’instabilità geopolitica dell’intero Medioriente. «Una regione chiave per l'approvvigionamento energetico dell'Europa. La destabilizzazione regionale potrebbe avere impatti sull'approvvigionamento energetico e, dunque, sulla stabilità economica».

Per evitare dunque che il conflitto degeneri, emerge la necessità di operare con Diplomazia sul fronte internazionale, sempre per scongiurare ulteriore degenerazione della sicurezza a livello internazionale: «L'Europa e l'Italia, come attori internazionali, possono essere coinvolti negli sforzi diplomatici per risolvere il conflitto. La gestione dei rischi legati a una possibile escalation richiederà sforzi diplomatici e diplomazia preventiva.

L'Unione Europea è impegnata nella promozione di una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese. Gli sforzi diplomatici europei possono includere la promozione di colloqui di pace, il monitoraggio dei cessate il fuoco e il sostegno alle istituzioni palestinesi. L'Italia, come membro dell'UE, partecipa a tali iniziative e può contribuire alle negoziazioni, ma questo sul piano teorico.

Sul piano sostanziale, l’Europa è priva sia di un reale potere negoziale, sia di una capacità di deterrenza utile a limitare la violenza da una o entrambe le parti».

Così come ricorda che tra le altre cose, bisogna considerare le manifestazioni di protesta filo-palestinesi e anti-israeliane da parte di una porzione rumorosa dell’opinione pubblica europea. Manifestazioni che sempre più spesso sfociano in proteste di apologia al terrorismo e all’antisemitismo, come quelle più recenti di Milano e Bologna in Italia. Manifestazioni che hanno il potere di influenzare il dibattito politico.

«Guardando alla sicurezza internazionale - dice Bertolotti - l'Europa ha un interesse vitale nel prevenire una possibile escalation del conflitto, che potrebbe avere impatti negativi sulla sicurezza regionale e internazionale. L'Italia, come parte di questo contesto europeo, è coinvolta nella sorveglianza e nella prevenzione delle minacce che potrebbero emergere dalla situazione. In tale contesto è in essere, sebbene in maniera scoordinata e non sempre coerente, un timido approccio di diplomazia preventiva, fondamentale per evitare un ulteriore deterioramento della situazione».

Anche se a detta dell’analista siano marginali le possibilità che l'Europa e l'Italia possano svolgere un ruolo chiave nel promuovere il dialogo tra le parti coinvolte, offrendo la loro mediazione e facilitando il dialogo per una soluzione duratura. Sul fatto che questo conflitto abbia riacceso gli animi dei così detti lupi solitari in Europa, non vi è dubbio e ci si interroga su quali possano essere i rischi di emulazione, alla luce di quanto accaduto in Francia e Belgio.

«Il terrorismo jihadista, così come l’abbiamo conosciuto nel corso degli ultimi anni, ha avuto la sua massima espressione di violenza nel periodo 2015-2017, in concomitanza con l’espansione dello Stato Islamico in Siria e in Iraq. Anche grazie all’amplificazione massmediatica, lo Stato islamico riuscì ad attirare una serie di reclute, di adepti, ma anche semplicemente a ispirare soggetti che poi colpirono in suo nome, pur senza fare parte dell’organizzazione. Dal 2018, gli attacchi terroristici sono diminuiti e si sono stabilizzati su numeri comunque importanti per l’Europa. Parliamo di 18, 20 attentati all’anno, spesso fallimentari e con una bassa attenzione mediatica. Azioni che non hanno alimentato l’effetto emulativo».

Per Bertolotti, oggi ci troviamo di nuovo in una situazione simile a quella del 2015-2017, dove non c’è più lo Stato Islamico che si impone mediaticamente, ma c’è la guerra, la contrapposizione fra Israele e Hamas.

«La guerra tra Israele e Hamas è un grande evento che, purtroppo, alimenta la minaccia potenziale – sempre in attesa di essere attivata – di singoli soggetti emulatori, i quali aspirano a essere riconosciuti come mujaheddin ed eventualmente shahid (martiri) imponendo, attraverso la violenza, il messaggio jihadista del “noi contro voi».

Continua Bertolotti «La fabbrica dell’odio – se così possiamo chiamarla – è però sempre rimasta attiva, non si è mai fermata, con riferimento a ciò che avviene in un mondo parallelo, quello virtuale del Web dove la fabbrica dell’odio non soltanto esiste, ma si consolida lentamente. Un mondo parallelo, nel quale tutto viene inteso e interpretato in maniera assoluta e trasformato in una visione del mondo a senso unico. Chi entra in questa bolla virtuale, alla fine crede di essere portatore di un’istanza di massa contro l’Occidente, che inevitabilmente diventa il nemico da abbattere. Più dei luoghi fisici, cioè più delle moschee e più dei centri sociali di incontro dei radicalizzati, il Web è così diventato da molto tempo il terreno di confronto e di raccolta di informazioni degli estremisti».

Sulle dichiarazioni rilasciate dal Ministro degli affari Esteri Tajani, che ha sostenuto che per l’Italia non c’è un rischio imminente sul terrorismo interno, e che le misure di sicurezza e prevenzione sono già state attivate ed aumentate, nasce il dubbio su quanto ci sia da stare tranquilli, visto che il curriculum di molti terroristi che hanno operato stragi in Europa, erano precedentemente legati all’Italia.

«Il fenomeno della radicalizzazione in Italia è consolidato ed è in crescita. Naturalmente occorre distinguere tra fenomeni di radicalizzazione ideologica e terrorismo». Questo perché il primo (la radicalizzazione ideologica) equivarrebbe alla «Diffusione dello jihadismo e comprende un vasto numero di adepti che solo raramente si trasformano in persone che compiono attivamente violenze sul territorio nazionale».

Sul fenomeno terrorismo la situazione appare nettamente diversa, perché in questo caso vengono inquadrate persone che intraprendono diverse strade «C’è chi parte per la Siria, chi fa da amplificatore di ideologie stando qui, fino ad arrivare a chi si fa portavoce dello Stato Islamico nei Paesi Ue Una volta la radicalizzazione, quella legata ad Al Qaeda, era analogica: oggi passa tanto attraverso il web» sottolinea Bertolotti.

Ma a preoccupare oltremodo è il rischio di un ampliamento del conflitto, in cui Iran ed Hezbollah, nonostante siano distanti religiosamente da Hamas, poiché i primo sciiti e i secondo sunnita) sembra che in questo momento siano uniti sotto l’ombrello della Umma in una guerra non solo contro Israele, ma contro l’Occidente.

«Dal punto di vista emotivo c'è il rischio di dinamiche che possano trascinare l'Iran in una guerra che non vuole. - dice Bertolotti - L'obiettivo dell'Iran è l'indebolimento di Israele e la Repubblica Islamica (accusata di sostenere Hamas, così come gli Hezbollah libanesi e gli Houthi in Yemen) sta operando per aprire due eventuali fronti». Si parla di quello libanese, nella porzione di territorio controllato da Hezbollah da cui vengono lanciati attacchi contro il territorio israeliano: «L'esercito israeliano qui è già "impegnato" per "contenere la minaccia e prevenirla».

L'altro fronte, che potrebbe diventare un secondo fronte per Israele, è quello siriano, perché attraverso il Paese arabo l'Iran potrebbe spingere le milizie sciite o eventualmente anche unità dell'esercito di Bashar al-Assad ad agire direttamente nei confronti di Israele «Ragion per cui Israele attacca le infrastrutture logistiche in Siria. Tutto rientra perfettamente nella dottrina strategica del 2015 tuttora in vigore delle Forze Armate israeliane che prevedono come scenario peggiore quello di una escalation orizzontale. L'allargamento del conflitto a tutti gli attori regionali con l'apertura di tre, quattro fronti: Gaza con Hamas, Hezbollah in Libano, la Siria, e allo stesso livello, ancora lo scenario peggiore, l'Iran» conclude Bertolotti.

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Giusy Criscuolo

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