Il profondo legame fra Navalny e l'opposizione politica in Russia

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  Redazione
  19 February 2024
  10 minutes, 50 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

L’annuncio di venerdì scorso della morte del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny in una remota e gelida colonia carceraria russa, situata oltre il circolo polare artico, ha lasciato sotto shock gli osservatori del paese e di tutto il mondo democratico. Per anni, il più indomito critico del presidente russo Vladimir Putin e della corruzione dilagante nella sua cerchia ristretta, Navalny ha scontato una condanna draconiana a 19 anni per “estremismo”.

In effetti, era altamente improbabile che sarebbe mai stato rilasciato finché Putin fosse rimasto al potere. Secondo i comunicati del sistema carcerario russo, Navalny è crollato dopo una breve passeggiata nel cortile della prigione, ha perso conoscenza ed è morto poco dopo. I dettagli della sua morte devono ancora emergere, ma in una conferenza stampa di venerdì, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha espresso l’opinione unanime degli osservatori in Russia e nel mondo: “Putin è il responsabile”.

Per quanto sfacciata e atroce possa essere, la decisione di Putin di eliminare Navalny non deve sorprendere. Per il presidente russo metterlo a tacere una volta per tutte ha perfettamente senso, anche se gli spin-doctor del Cremlino cercano di negarlo.

Dopotutto, Navalny è stato un maestro nell’utilizzo dei social media e spesso è riuscito a battere il Cremlino nel suo stesso gioco di plasmare l’informazione, denunciando i terribili abusi e misfatti del regime di Mosca e trasmetterli a milioni di persone su YouTube e altre piattaforme. Durante i quali il governo ha fatto tutto il possibile per metterlo a tacere. Nel dicembre 2020, è riuscito persino a ottenere una confessione dai suoi stessi aspiranti assassini del governo, che avevano tentato in modo imbarazzante di avvelenarlo durante il volo da Tomsk in Siberia a Mosca nell'agosto dello stesso anno.

Ancora più pericolosa era la straordinaria popolarità di Navalny, che sfidava i confini nazionali. A differenza di qualsiasi figura dell’opposizione russa da quando Putin è salito al potere quasi un quarto di secolo fa, Navalny è stato in grado di costruirsi un seguito che è andato ben oltre le élite urbane russe post sovietiche.

Ha raggiunto persone provenienti da ogni angolo del paese, compresi lavoratori e ingegneri informatici, nonché liberali e professionisti. I suoi sostenitori erano spesso ugualmente ferventi in patria e all'estero. Ed è stato particolarmente bravo a galvanizzare i giovani russi che altrimenti avrebbero potuto allontanarsi del tutto dalla politica.

Per la società russa, oggi confusa, depressa e costantemente assediata da un regime sempre più cinico e repressivo, Navalny era una figura solitaria e con un grande potere mediatico ed unificante. Sebbene le autorità russe lo abbiano isolato in livelli di confinamento sempre più restrittivi dal suo arresto al suo ritorno in Russia nel 2021, ha continuato ad avere quella statura fino al momento della sua morte.

La scomparsa di Navalny segna un nuovo passo oscuro nella spietata ricerca e mantenimento del potere di Putin, ma ciò rappresenta anche una dura sfida per l’opposizione russa, che deve ora capire come sostenere l’unità da lui creata e come impadronirsi del movimento che si è lasciato in eredità ai suoi successori.

Per cento e cento città

Navalny non era certo un profeta, ma negli ultimi dieci anni lui e un gruppo crescente di sostenitori hanno trovato un modo raro per superare gli ostacoli politici che l’opposizione liberale russa aveva a lungo ritenuto come insormontabili. Sin dagli anni ’90, i liberali russi erano stati apparentemente ostacolati dalla realtà che la loro spinta per le riforme democratiche poteva essere davvero ascoltata solamente nelle più grandi città della Russia, in popolosi capisaldi dei palazzi del potere, come Mosca e San Pietroburgo.

Solo in questi ambienti urbani c’erano popolazioni dalla giusta mentalità liberale che si preoccupavano di dare vita ad istituzioni libere insieme a controlli ed equilibri modulati in senso democratico. Mentre il resto del paese non capiva in realtà cosa fosse esattamente la democrazia. Putin, come quasi tutti i leader autocratici di Mosca prima di lui, dagli zar a Stalin, alimenta da sempre questa divisione.

Per come l’ha dipinta il Cremlino di Putin, la “vera Russia” – ovvero l’intero paese al di là delle grandi città – non comprendeva nel suo seno le libertà occidentali. Per questi russi “comuni”, il liberalismo significava anarchia e, per questo motivo, era ritenuto troppo precoce il tempo per concedere loro diritti di tipo occidentale. I liberali non avevano alcun contatto con il proprio paese. Tale propagandistica narrazione ufficiale – e il seguito relativamente ridotto dei riformatori liberali – è stata utilizzata come prova del fatto che, molto semplicemente, i russi erano immaturi e pertanto non erano pronti per l’adozione di un sistema nazionale di tipo democratico. E’ iniziata così la strategia di Putin e del suo gruppo di potere della “democrazia gestita”: secondo la posizione che soltanto un uomo forte posto al vertice del paese era in grado di attuare le riforme e badare al benessere dei cittadini.

Il passato

In una certa misura, l’esperienza reale della Russia dalla fine degli anni del comunismo sovietico fino agli anni intorno al 2010 sembrava supportare la storia propagandata ad hoc dal Cremlino. Durante gli anni della perestrojka, negli anni ’80, ad esempio, il movimento democratico era in gran parte concentrato nelle grandi città. E quando l’ Unione Sovietica alla fine crollò, solo il partito democratico “Yabloko” riuscì a costruire una rete organizzativa più ampia in altre parti della Russia. Ma anche Yabloko non è riuscito ad attirare più del 20% degli elettori nel momento del suo apice, negli anni ’90. Dopo che Putin è salito al potere, l’attività democratica regionale è rapidamente diminuita, sembrando fornire un’ulteriore conferma del fatto che i liberali russi, isolati nelle loro grandi città, erano disconnessi dai bisogni e dagli interessi del resto del vasto paese.

Navalny è stata la prima figura dell’opposizione che è riuscita a rompere questa narrazione rispetto al passato.

Combinando le sue abilità nell'utilizzo dei social media e con la bravura nel portare alla luce prove schiaccianti e processuali con doti innate come comunicatore e un acuto senso delle questioni alle quali il popolo russo tiene di più, Navalny è stato in grado di attaccare con efficacia il regime di Putin in modi e termini che erano sfuggiti sensibilmente ai liberali convenzionali più affermati. Valga per tutti la reazione al documentario pubblicato nel 2017 su “YouTube” di Navalny, che esponeva, in modo sistematico e meticoloso, la corruzione dilagante del primo ministro russo e stretto collaboratore di Putin, Dmitry Medvedev.

Grazie a questo film virale, Navalny ha potuto organizzare in quell’anno pubbliche proteste in circa 100 città e paesi in tutta la Russia, e nel 2023 aveva attirato più di 45 milioni di visualizzazioni solo su YouTube. Questa rete nazionale di sostenitori di Navalny, mai apprezzata da altre figure dell’opposizione, gli ha permesso di distruggere la presunzione del Cremlino di essere solo un altro liberale solitario, chiuso in una torre d’avorio a Mosca, bravo solo a sognare riforme non plausibili.

I giovani russi

Tuttavia, il potere mediatico-politico di Navalny è andato ben oltre il suo ordinario messaggio nazionale. Nel 2015, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia, si è diffuso un crescente consenso sul fatto che la propaganda di Putin avesse ampiamente avuto successo sui giovani russi, i quali erano troppo giovani per ricordare le fugaci e tumultuose riforme democratiche degli anni ’90 e non avevano mai veramente conosciuto la proficuità della democrazia. Attraverso anni di indottrinamento e di governo gestito dall’alto, si presumeva che il Cremlino di Putin avesse completamente escluso questa generazione emergente dalla politica.

Lasciate la politica a noi professionisti, si diceva interessatamente dalle stanze del potere, e vi permetteremo di godere dei benefici conseguenti agli alti prezzi del petrolio nazionale, degli stessi lussi occidentali e di un tenore di vita in crescita. L’organizzazione di Navalny, la FBK, o Fondazione Anticorruzione, ha sfatato con gran clamore mediatico questo mito: per la prima volta folle di adolescenti si sono unite alle proteste di Navalny e sono diventate una delle forze principali del movimento.

Nel 2017, la foto di un agente di polizia russo che cercava di tirare giù due ragazzi da un lampione in piazza Pushkin, nel centro di Mosca, ha assunto un forte valore iconico per i sostenitori di Navalny in tutto il paese. Per la prima volta nella storia post-sovietica della Russia, Navalny ha costruito un’organizzazione politica di opposizione nazionale, in possesso di una vasta presenza regionale e facesse appello a molteplici strati della società russa.

Ha anche affascinato i giovani russi in modi che il Cremlino non avrebbe potuto fare, ponendo una vera minaccia alla longevità a lungo termine dell’attuale regime autocratico. Tutto ciò è stato realizzato nonostante la repressione sempre più stringente, sia nascosta che palese, da parte delle autorità russe.

Forse gli elementi più cruciali nella presenza unificante di Navalny si sono evidenziati nei social media, che la sua organizzazione ha sfruttato continuamente anche dopo il suo arresto, avvenuto nel 2021. Il team di Navalny si è dimostrato sorprendentemente abile nel superare continuamente le sfide tecnologiche all’attività politica nella Russia di Putin.

L’inarrestabile presenza di Navalny sui social media è diventata particolarmente importante dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, quando il Cremlino ha adottato misure repressive per mettere a tacere o esiliare tutte le forze di opposizione interna. Gli arresti su larga scala da parte delle autorità russe all’inizio della guerra dimostrarono chiaramente che qualsiasi attività di opposizione politica nel paese sarebbe stata violentemente repressa.

Allo stesso tempo, tuttavia, i giornalisti russi andati in esilio hanno continuato a impegnarsi con i russi nel paese, nonostante la censura disposta online.

Si è comunque rivelato un successo sorprendente: milioni di russi continuano a fare affidamento sui giornalisti russi in esilio per ottenere informazioni accurate – e non truccate - sugli sviluppi più significativi della guerra in Ucraina o sugli sconvolgimenti interni come ad esempio l’ammutinamento di Yevgeny Prigozhin del 2023 e la sua tragica fine. Al centro di questo passaggio popolare al giornalismo online, tuttavia, c’era l’approccio che Navalny aveva perfezionato nel decennio precedente. All'inizio della guerra, gli attivisti dell'opposizione in esilio scoprirono e adottarono molte delle strategie dell'organizzazione Navalny.

Ben presto, tutti i gruppi di opposizione russi si sono spostati sui maggiori social network, dopo che la squadra di Navalny ha utilizzato con successo queste piattaforme, anche quando lo stesso Navalny era in esilio in Germania, dopo il suo avvelenamento.

Queste piattaforme sono diventate rapidamente la vera sede dell’opposizione russa, servendo i russi sia nel paese che nella sua ormai vasta diaspora con commenti, indagini e rivelazione di notizie quotidiane che ormai erano diventate completamente non disponibili nei media ufficiali russi.

UN MOVIMENTO SCOLLEGATO

Anche dopo il suo arresto, il nome di Navalny ha continuato a essere al centro dell’agenda dell’opposizione, non solo perché era la figura più riconoscibile dell’opposizione, ma anche perché godeva di un sostegno unificato, sia nel Paese che all’esterno. In effetti, molti dei suoi sostenitori si erano opposti alla sua decisione di tornare in Russia nel 2021, comprendendo che sarebbe sostanzialmente tornato in prigione. Essi avevano bisogno di un leader da ascoltare e lo volevano fuori. Sorprendentemente anche dal carcere Navalny trovò il modo di comunicare con loro, irritando fuori misura il Cremlino.

In un certo senso, la morte di Navalny segna il culmine di anni di sforzi da parte dello Stato russo per eliminare tutte le fonti di opposizione. Per più di due decenni, Putin ha fatto dell’assassinio politico una parte essenziale degli strumenti repressivi del Cremlino. È un metodo che Putin ha utilizzato in passato contro “piantagrane” come la giornalista Anna Politkovskaya e l'informatore Alexander Litvinenko. Lo ha usato contro i suoi avversari politici Boris Nemcov, ucciso a colpi di arma da fuoco vicino al Cremlino nel 2015, e Vladimir Kara-Murza, avvelenato due volte e ora in prigione. Navalny, sopravvissuto a precedenti tentativi di omicidio, era l’obiettivo ancora più grande e ambito, ma anche adesso, è improbabile che le forze scatenate da Navalny scompaiano. La sua morte è un colpo terribile per i russi anti-Putin.

Sarà difficile trovare un successore – anche perché non se ne vedono dello stesso livello e statura di leader all’orizzonte politico nazionale - che possa unificare l’opposizione allo stesso modo e compiutezza, anche se il compito è urgente, perché sarà determinante per l’opposizione russa avere voce in capitolo nel futuro post-Putin.

Tuttavia, Navalny ha lasciato la sua organizzazione e i suoi sostenitori, e questo è ciò che conta. Quelle persone non andranno da nessuna parte, e potrebbero essercene più ora che mai.

Ma il nocciolo della questione rimane il fatto che Putin ed il suo regime repressivo rimangono i veri responsabili dell’assassinio, indipendentemente da chi l’abbia ordito ed eseguito.

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