La Brexit al redde rationem

  Articoli (Articles)
  Redazione
  07 November 2022
  5 minutes, 37 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

In questi giorni il Regno Unito sta cercando di riprendersi dal suo ultimo fiasco politico e guazzabuglio economico: finora la cospirazione del silenzio fra un po’ tutte le forze presenti a Westminster ha coperto il doloroso fallimento della Brexit ed è giunta alla sua umiliante conclusione. Al n°10 di Downing street è giunto il nuovo inquilino a dirigere la politica britannica, Rishi Sunak.

Eppure era stato detto in tutte le formulazioni. Ci sono voluti sei anni di passione e delusioni non tanto per coloro che hanno votato a favore della Brexit, ma ancora di più per chi si era espresso accesamente contro la separazione del Regno Unito (UK) dalla Unione Europea (UE). A costoro spetta un riconoscimento ufficiale al merito della loro saggezza anche se il danno arrecato all’economia britannica (e non solo) derivato dalla brexit ha continuato ad aggravarsi.

Con le ultime quanto repentine dimissioni della premier precedente, Liz Truss, la politica britannica si è esibita in una tragicommedia ma qualcosa sta finalmente iniziando a cambiare.

Negli ultimi sei anni c’è stata una sorta di cospirazione intesa a nascondere persino la parola stessa della brexit specie da parte dei suoi più tenaci sostenitori, i conservatori (partito Tory). Il che non ha sorpreso nessuno in UK : in realtà, i Tory hanno ondeggiato in una politica sempre incerta mentre l’opposizione laburista si è dimostrata divisa e ondivaga tra il sostegno e l’opposizione.

La vulgata dei conservatori racconta ragioni pretestuose commentando la difficile situazione economica attribuendola come secondaria alla pandemia da coronavirus, al conflitto in Ucraina e all’inflazione diffusa a livello globale. Per loro gli unici problemi insorti con la brexit sono citati e scritti dai soliti catastrofisti che dileggiano la Gran Bretagna e i “malefici” cittadini del continente.

Tuttavia, i Tories tacciono sul fatto che le opportunità virtuose della brexit attendono ancora di essere pienamente applicate, dimostrate e sfruttate. In poche settimane, le velleità economiche del governo Truss sono andate letteralmente in fumo. Il folle esperimento neoliberista dell'ex primo ministro, Liz Truss, è esploso appena deposto sulla rampa di lancio, e con esso il sogno estremista “Brexiteer” di trasformare la Gran Bretagna in una seconda Singapore, ma sul Tamigi.

Oggi sono sempre più numerosi i commentatori e protagonisti della politica locale che forgiano la narrativa iniziando non più a silenziare accuratamente l’argomento ma, anzi, a posizionare le varie debacle economiche e politiche di questo autunno come conseguenze dirette “sine aliqua dubitatione” dei danni posti in essere in primo luogo dal distacco dalla Unione Europea.

Uno dei più accreditati opinionisti economici, forse il più acuto e sorprendente, è il noto finanziere, Guy Hands, storico conservatore incallito il quale ha rilasciato una dichiarazione che ha fatto scalpore, espressa in toni apocalittici, nella quale ha sostenuto che l'economia britannica è "condannata" ad un impoverimento progressivo sempre che il partito dei Tories non ammetta e corregga in profondità e velocemente gli errori commessi negli ultimi sei anni.

L'unica speranza per la Gran Bretagna, dice schiettamente Hands, è quella di “abbandonare l'attuale accordo sulla Brexit” e negoziare quam primum una relazione di nuovo stretta e proficua con l'UE. Sunak, il nuovo premier, si è già dimostrato possibilista in questo senso decidendo di evitare nella sua politica estera qualsiasi conflitto politico ed economico con Bruxelles (e con Washington).

Ma una rinegoziazione completa della Brexit in tribunale, non potrà avvenire in breve tempo in quanto mancano i tempi giuridici necessari alla laboriosa trattativa a ritroso per un rientro, anche parziale, nella UE.

Rishi Sunak, è un Brexiteer e sebbene non sia mai stato un estremista sull'argomento – dovrà “pro bono pacis” placare gli elementi più isolazionisti e rabbiosi tra i suoi colleghi di partito. Quindi, la vera domanda è se resisterà alle loro pressioni per alienare ulteriormente l'UE sul protocollo dell'Irlanda del Nord.

Dato il compito tortuoso e difficile che Sunak deve affrontare per stabilizzare l'economia britannica senza immiserire fasce ancora più ampie della popolazione, probabilmente deciderà che un conflitto non doveroso con Bruxelles (e Washington) è qualcosa che farebbe meglio a evitare.

Naturalmente, potrebbe anche non avere il tempo di prendere questa decisione. Tutti i partiti di opposizione chiedono a gran voce elezioni anticipate (che non sono legalmente richieste per altri due anni o giù di lì), e i sondaggi mostrano che la maggioranza dell'opinione pubblica sente anche che è tempo di avere voce in capitolo su chi li governa in maniera così approssimativa e pasticciata.

Resta da vedere se Sunak riuscirà a resistere a questo clamore partitico e mediatico nelle prossime settimane e mesi. Con l'arrivo dell'inverno, la devastante crisi economica a livello sociale è una prospettiva molto reale con altri milioni di persone ridotte in povertà, servizi pubblici in perenne deficit di bilancio che crollano e lavoratori in sciopero che sempre più numerosi inabilitano vari settori dell'economia.

In breve, le condizioni sono mature per quella tipologia di disordini sociali che esitano e impongono di fatto il ricorso alle urne. Eppure, anche supponendo l’appello alle elezioni anticipate e il ritorno di un governo laburista, non bisogna aspettarsi un immediato capovolgimento della politica britannica nelle relazioni con l'UE.

Il Labour

La voce ufficiale del Labour è che sotto un proprio governo, non ci sarà alcun tentativo di "invertire" la Brexit.

Piuttosto, il suo partito si concentrerà sul "far funzionare la Brexit" - in altre parole perseguire un riavvicinamento “silenzioso”, un po’ alla chetichella. L’immagine è quella di uscire dalla porta principale per poi rientrare in complice silenzio da quella sul retro. E’ dimostrabile che questa tattica economica potrebbe riparare un gran numero di danni economici senza creare alcuna anomalia del mercato finanziario e commerciale.

I laburisti potrebbero, tanto per cominciare, riallineare la Gran Bretagna agli standard dell'UE sulle condizioni igienico-sanitarie e merceologiche dei generi sia vegetali che animali. Insomma, è chiaro a tutti i protagonisti che non ci sarà alcuna petulante passeggiata col cappello in mano a Canossa, ovvero a Bruxelles, per lenire un minimo di misure sui danni della Brexit.

Conclusione

I britannici e i loro amici europei possono trarre conforto dal fatto che grazie ai fallimenti degli ultimi mesi la bolla di sei anni di costanti silenzi e bugie, oltre alle arroganti assurdità tessute da Boris Johnson e dai suoi outriders di “Vote Leave”, è stata finalmente è del tutto sbugiardata.

Possiamo sperare che la Gran Bretagna possa emergere dalla sua prova incombente più saggia, più giusta e meno divisa – anche se ancora più povera e triste.

Share the post

L'Autore

Redazione

Categories

Europe

Tag

Brexit RishiSunak Europa Economia