La crisi del Myanmar: tra onnipotenza militare e geopolitica regionale

  Articoli (Articles)
  Davide Shahhosseini
  26 February 2021
  8 minutes, 14 seconds

Quello verificatosi all’alba di lunedì 1 febbraio è il secondo colpo di stato, messo in atto dal Tatmadaw, (Esercito Nazionale birmano) da quando il Myanmar - allora Birmania - ha ottenuto l’indipendenza nel lontano 1948. Il giro di vite messo in atto dai militari, oltre all’arresto di centinaia di parlamentari e del Presidente Win Myint, ha portato alla detenzione - il terzo arresto dal suo rientro in patria alla fine degli anni ’80 - della leader del partito di maggioranza della NLD (Lega Nazionale per la Democrazia) e Consigliere di Stato, nonché Primo Ministro de facto del paese Aung San Suu Kyi.

Suu Kyi, alle elezioni parlamentari del novembre scorso, non solo ha preservato il numero dei seggi conquistati nel 2015 (390), ma è riuscita ad accrescere il consenso elettorale (396), ottenendo nuovamente più dell’80% del totale dei seggi, acquisendo così la maggioranza assoluta per formare il nuovo gabinetto.

L’esautorazione del nuovo Parlamento è avvenuta nel giorno in cui le Camere si sarebbero dovuto riunire per ufficializzare il risultato alle urne e approvare il nuovo esecutivo. Il colpo di stato, guidato dal generale a capo delle forze armate, Min Aung Hlaing, è da considerarsi in parte il risultato dell’escalation della tensione mai eliminata in questi anni di condominio di potere tra la giunta militare e il governo civile. A fronte della netta sconfitta elettorale subita dal loro referente partitico, l’ USDP, i generali si sono dimostrati da subito refrattari a riconoscerne il risultato e a concedere la formazione del nuovo governo, arrivando a denunciare una serie di fraudolenze nello spoglio delle schede. Tali accuse che sono state respinte dalla Commissione elettorale dello Stato.

Dunque, il sostegno della società civile a Suu Kyi, espressosi attraverso le urne, ha finito per riacutizzare le divergenze tra il partito locomotore della transizione democratica e i militari, dove questi ultimi hanno continuato ad esercitare un ruolo influente nella politica domestica.

Il Tatmadaw, difatti, se da un lato ha aperto alla metamorfosi politica del paese avviata nel 2011, dall’altro si è guardato bene dal rinunciare a quell’insieme di privilegi ad esso riconosciuti dalla Costituzione - riformata nel 2008 dalle stesse Forze Armate - i quali assicurano ai generali un ampio margine di manovra e di potere decisionale. La Carta, oltre a conferire ai militari il controllo di alcuni importanti ministeri - Sicurezza, Difesa, Affari interni - assegna il 25% dei seggi all’Esercito, stabilendo che tutte le riforme costituzionali debbano essere approvate dal 75% dei legislatori. Tale meccanismo si configura come un potere di veto, di cui le Forze Armate possono servirsi come scudo legale contro ogni tentativo di riforma della Carta.

Sul fronte esterno, tanto le dinamiche di carattere geopolitico quanto gli interessi economici hanno influito sulle reazioni degli attori regionali e globali, generando risposte dissonanti tra loro.

L’Occidente ha assunto una posizione di netta condanna unanime nei confronti dei vertici del Tatmadaw. Infatti, l'11 febbraio il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sollecitando le Forze Armate a ripristinare il governo civile, mettendo fine allo stato di emergenza. In una dichiarazione ufficiale, il presidente Usa Joe Biden ha definito la destituzione del legittimo governo di Naypyidaw come una grave violazione dello stato di diritto, minacciando il ripristino delle sanzioni contro i vertici dell’Esercito.

Per quanto concerne la reazione degli attori regionali, tra gli Stati membri dell’ASEAN (di cui il Myanmar è membro dal 1997) soltanto Indonesia, Malesia e Singapore, assumendo toni molto sobri, hanno espresso la loro preoccupazione riguardo la situazione interna al Myanmar. Al contrario, Filippine, Cambogia e Thailandia, hanno definito la crisi come una questione interna al Myanmar. Sebbene lo Statuto dell’associazione preveda, tra gli obiettivi principali, il consolidamento e la salvaguardia della democrazia e dello stato di diritto, nonché la tutela dei diritti e libertà fondamentali, storicamente, nel decision making relativo alla gestione delle crisi domestiche dei vari membri, è sempre prevalso un atteggiamento frugale da parte dell’ASEAN (golpe in Thailandia 2014) . Tale consuetudine a non interferire espressamente riflette il principio di non ingerenza contemplato nell’art.2 dello Statuto.

Il principio di non ingerenza tende a delinearsi come un “paracadute” per tutti quei membri che hanno più di un interesse a non lasciarsi politicamente coinvolgere in una crisi domestica che pone al centro del dibattito temi caldi come la democrazia e i diritti umani: la “war on drugs” di Duterte nelle Filippine; lo scioglimento del partito di opposizione del FFP in Thailandia; l’introduzione della lese-majeste in Cambogia, evidenziano come le dinamiche interne abbiano un peso rilevante nel condizionare l’approccio politico di ciascun membro nei confronti di una crisi domestica. In ultimo, questa apparente mancanza di coesione e multilateralismo all’interno dell’ASEAN riflette, inevitabilmente, quelli che sono i rapporti bilaterali dei singoli membri: Singapore è il primo investitore estero del Myanmar, Bangkok è il suo secondo partner commerciale dopo la Cina.

Non stupisce dunque la posizione, altrettanto contenuta, di India e Cina nel commentare gli avvenimenti. Nella corsa alla supremazia regionale tra i due “giganti asiatici”, il Myanmar rappresenta per entrambi una pedina geopolitica fondamentale, oltre che un partner commerciale.

La strategia di espansione commerciale cinese - Belt and Road Initiative (BRI) - promossa nel 2013, ha visto Pechino estendere la sua influenza in un’area di interesse vitale per Nuova Delhi - il corridoio economico tra la Cina e Pakistan (CPEC) - che consentirebbe alla prima di ottenere un accesso diretto sul Mar Arabico, include la realizzazione di un’importante autostrada - Karakorum Highway. Parte di quest'ultima dovrebbe attraversare l’area dell’Azad Jammu, ovvero quella porzione della regione del Kashmir amministrata dal Pakistan di cui l’India rivendica la sovranità.

La riposta di Nuova Delhi a tutto ciò si concretizza nel cosiddetto ”Act East: un programma volto a controbilanciare l’influenza cinese nel Sud-est asiatico, espandendo l’influenza culturale, offrendo supporto in materia di sicurezza e consolidando le relazioni economiche con i Paesi dell’area ASEAN. Tra questi, il Myanmar è quello su cui ricade una maggiore importanza strategica.

In chiave geopolitica il Myanmar è l’unico paese ASEAN con il quale l’India confina (1460 km). Proprio le aree in prossimità del confine indo-birmano (Manipur, Nagaland e Assam) sono da sempre una spina nel fianco per le autorità indiane: le azioni di guerriglia, compiute dai gruppi indipendentisti, minano gli interessi di Nuova Delhi, su tutti la realizzazione di importanti progetti infrastrutturali, come il collegamento marittimo “Kaladan Multi-Modal”. In funzione anti milizie, nell’estate del 2019 India e Myanmar hanno stretto un accordo di cooperazione militare che è stato rinnovato poco prima delle elezioni del novembre scorso.

Sul piano commerciale, pur non eguagliando i numeri dell’interscambio con Pechino, l’India si colloca tra i primi dieci partners del Myanmar.

Sul fronte dei rapporti sino-birmani, oltre all’interscambio e agli investimenti diretti, che vedono Pechino primo partner commerciale e secondo investitore estero di Naypyidaw, con il lancio del progetto BRI il paese ASEAN ha altresì assunto una considerevole valenza geostrategica.

La realizzazione del corridoio economico sino-birmano, inclusivo dell’istituzione di una zona economica speciale nell’area portuale dello Stato di Rakhine, costituisce per la Repubblica Popolare un tassello fondamentale, tanto in chiave commerciale quanto geopolitica. Il piano di collegamento autostradale e ferroviario che connetterebbe lo Yunnan con la città di Kyaukpyu (nel Rakhine) assicurerebbe a Pechino l’accesso all’Oceano Indiano attraverso il Golfo del Bengala, aggirando il “collo di bottiglia” dello Stretto di Malacca (presidiato dagli americani) e consentendogli così di potenziare le rotte commerciali verso il Medio Oriente e il Corno d’Africa. Inoltre, gli interessi cinesi intorno all’area portuale di Kyaukpyu riguardano anche lo sviluppo della rete di oleodotti e gasdotti, completata nel 2013, che provvede a soddisfare gran parte del fabbisogno energetico delle provincie della Cina sud-occidentale, ricorrendo ai giacimenti del Golfo del Bengala.

Sebbene l’impulso dato dalla NLD e da Sum Kyi alla pacificazione e stabilizzazione del Paese abbia avuto un ruolo chiave nel favorire una “nuova stagione” nelle relazioni tra Myanmar e Cina, a Pechino sembra non interessare chi eserciti ufficialmente il potere a Naypyidaw – sia esso un governo civile o militare. Proprio al fine di tutelare i molteplici investimenti avviati nel paese negli anni della transizione, ciò che sembra contare per la Repubblica Popolare è che chi si trovi al vertice di comando, in definitiva, sia un’autorità solida in grado di preservare ordine e stabilità. Pertanto, il veto posto contro la risoluzione di condanna dell’ONU ai generali birmani, si spiega alla luce del pragmatismo cinese nel voler mantenere il dialogo aperto con il Tatmadaw, salvaguardando gli interessi vitali nella regione.

Fonti consultate nel presente articolo:

https://www.bbc.com/news/world-asia-pacific-11685977
https://www.bbc.com/news/world-asia-33547036
https://www.mmtimes.com/news/nld-wins-396-parliament-seats.html
https://edition.cnn.com/2020/11/09/asia/myanmar-election-results-nld-intl-hnk/index.html
https://myanmar.gov.mm/en/news-media/announcements
https://www.constituteproject.org/constitution/Myanmar_2008.pdf?lang=en
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0054_EN.html
https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/02/01/statement-by-president-joseph-r-biden-jr-on-the-situation-in-burma/
https://thediplomat.com/2021/02/indonesia-leading-asean-push-on-myanmar-coup/
https://www.rappler.com/world/asia-pacific/asean-states-split-over-myanmar-military-takeover
https://asean.org/storage/November-2020-The-ASEAN-Charter-28th-Reprint.pdf
https://www.hrw.org/news/2020/09/28/another-spike-philippines-drug-war-deaths
https://time.com/5788470/thailand-future-forward-party-disbanded/
https://www.reuters.com/article/us-cambodia-king-idUSKCN1FY0RV
https://www.dica.gov.mm/sites/dica.gov.mm/files/document-files/by_country_5.pdf
https://www.trademap.org/Country_SelProductCountry_TS.aspx?nvpm=1%7c104%7c%7c%7c%7cTOTAL%7c%7c%7c2%7c1%7c1%7c3%7c2%7c1%7c2%7c1%7c1%7c1
https://www.mea.gov.in/press-releases.htm?dtl/33434/Press_Statement_on_developments_in_Myanmar
https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/xwfw_665399/s2510_665401/t1850326.shtml
https://www.reuters.com/article/us-china-silkroad-india-idUSKCN18H01L
https://www.orfonline.org/expert-speak/indias-act-east-policy-and-regional-cooperation-61375/
https://indianexpress.com/article/india/india-myanmar-joint-operation-destroys-militant-camps-eastern-border-5629147/
https://pib.gov.in/PressReleasePage.aspx?PRID=1580637
https://www.mea.gov.in/press-releases.htm?dtl/33092/Visit+of+Chief+of+Army+Staff+and+Foreign+Secretary+to+Myanmar+October+45+2020
https://www.trademap.org/Country_SelProductCountry_TS.aspx?nvpm=1%7c104%7c%7c%7c%7cTOTAL%7c%7c%7c2%7c1%7c1%7c1%7c2%7c1%7c2%7c1%7c1%7c1
https://www.dica.gov.mm/sites/dica.gov.mm/files/document-files/by_country_5.pdf
https://www.reuters.com/article/uk-myanmar-china-idUKKBN1ZH052
https://www.argusmedia.com/en/news/2176004-china-plans-rail-link-to-burma-oil-and-gas-port
https://www.bbc.com/news/world-asia-55913947

https://unsplash.com/it/foto/a...

Share the post

L'Autore

Davide Shahhosseini

Categories

Tag

Potrebbero interessarti