La Svezia, i vichinghi e gli "Hen". Una storia sull'uguaglianza di genere.

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  Redazione
  10 June 2018
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Non so voi, amici, ma se di Svezia mi si parla, ancor mi vengono in mente drakkar, draghi, vichinghi, valchirie, guerrieri d'ogni stirpe; e poi storie di Déi dai nomi altisonanti e dall'aura immensa, che compiono imprese ingenuamente eroiche ma umanamente appaganti. Certamente i vichinghi e le valchirie combatterono nelle sperdute lande del Nord; se ad osteggiarli vi fossero realmente Déi e draghi non è possibile verificarlo. Comunque, tra realtà e fantasia, vero è che nulla di fattuale, nell'odierna Svezia, rispecchia i prodotti della mia immaginazione.

Procedendo con i piedi un po' più ancorati a terra - soppiantando dunque perifrasi e stravaganze anacronistiche - possiamo in molti confermare come la Svezia non sia un paese di combattenti ma un'entità statuale avanguardista in materia di diritti civili, diritti umani e qualsivoglia diritto concernente la liberalizzazione di atteggiamenti e costumi che la società moderna considerava inadatti alla rigida moralità istituzionale. Forse la modernità (intesa come processo storico – culturale) in Svezia non ha mai realmente attecchito. Un'indagine retrospettiva sembrerebbe corroborare questa tesi: difatti, già nel '44 fu legalizzata l'attività sessuale tra persone dello stesso sesso; nel '79, l'omosessualità fu declassificata come malattia mentale; dal duemila tre, le coppie gay e lesbiche possono adottare bambini; dal duemila cinque, le coppie lesbiche hanno parità di accesso alla fecondazione in vitro e alla fecondazione assistita; nel duemila nove è stato legalizzato il matrimonio omosessuale.

Non è un caso che i punti da me elencati riguardino problematiche relative all'accettazione sociale di un orientamento sessuale differente dal tradizionale - o tradizionalista? - orientamento etero: è proprio la sessualità il perno argomentativo attorno al quale ruoterà l'intero articolo.

Viaggiando di nuovo a ritroso, precisamente fino al '98, si può notare come il Parlamento svedese approvò una legge volta a garantire le pari opportunità a maschi e femmine, più dettagliatamente a sfumare la distinzione tra i ruoli di genere che si è soliti effettuare fra gli individui appartenenti ad entrambi i sessi.

In questo senso, però, la Svezia potrebbe essersi spinta oltre le iniziali premesse: infatti, nel duemila dieci, tre insegnanti diedero vita ad Egalia - il cui nome va chiaramente a rimarcare il regime egualitario al quale la struttura deve essere sottoposta - una succursale del Nicolaigarden, scuola materna di Stoccolma fautrice del cosiddetto processo di "normalizzazione". Il criptico o innovativo – a seconda del punto di vista che si preferisce adottare - processo di "normalizzazione" è la traduzione fattiva della teoria della Norma Critica Propriamente, la teoria della norma critica trae origine da un ambito estrinseco a quello trattato in questo articolo; infatti, fu coniata da Hans Kelsen, giurista austiaco, principale esponente del normativismo. Secondo Kelsen, in natura sono presenti dei fatti – o, per meglio intenderci, delle connotazioni aprioristiche – che si prefigurano come reati o come comportamenti leciti solo grazie a un atto intellettuale dell’uomo. In poche parole: è l’uomo a stabilire quali comportamenti naturali sono giusti o sbagliati. In questo senso, in merito all’identità di genere, è forse corretto dire che la teoria della norma critica è chiamata in causa non tanto per essere applicata, ma per essere disapplicata, in quanto sarebbe d’ostacolo alla libertà di scelta dell’individuo.secondo la quale gli obsoleti retaggi culturali e financo le inflessibili leggi di natura devono essere smantellati, per favorire un rapporto tra i sessi più fluido ed eguale.

Se volessimo uno sguardo ancora più ampio sul fenomeno, questo metodo educativo va inquadrato come portato della Teoria QueerIl binomio “Teoria Queer” – il termine “queer” significa “eccentrico”, e il suo utilizzo si attiene all’identificazione delle persone omosessuali che ostentano il loro orientamento - fu utilizzato per la prima volta nel febbraio del 1990 dall’accademica italiana Teresa de Lauretis, per andare ad identificare la convergenza di studi gay, lesbici e femministici che si sono succeduti nel corso del XX secolo. La teoria è costruita in parte sugli studi di Michel Foucault – filosofo francese – sulle relazioni di potere. Secondo Foucault il potere è immanente ma allo stesso transitivo. Ciò significa che già di natura il potere è allocato in determinati individui ed è destinato a rimanervi se non si provvede a farlo circolare. In altre parole: il potere è in grado di transitare con i discorsi e con la distribuzione di una conoscenza oggettiva; se questa viene meno, si è di fronte ad un sistema sociale che ambisce a mantenere il potere solo nelle mani di pochi individui. Traslando il discorso all’identità sessuale, le distinzioni di genere non sarebbero altro che delle costruzioni sociali che instillano nelle singole persone una conoscenza imperfetta della natura e che le privano del potere di conoscere la realtà dei fatti.- più comunemente definita dalla vulgata "teoria gender", - che afferma come il genere sessuale non sia una configurazione aprioristica dell'individuo ma un dato convenzionale. Di più: il genere sessuale non sarebbe stabilito perentoriamente dall'individuo sulla base di una scelta personale, ma sarebbe costantemente incerto, giacché quest'ultimo sarebbe libero di potersi autodeterminare a piacimento in ogni istante della sua vita.

Per chi ancora non vi credesse, consiglio la visione di "Raised Without Gender", un documentario realizzato da Vice, ove si assiste alla messa in atto della suddetta teoria nei confronti di Mika (chiaramente bambina), la quale si vede chiedere dal/la suo/a "mapa" - unione di "mama" e "papa" - se per la giornata preferisce essere chiamata "ragazza", "ragazzo" o "hen". "Hen" è un pronome neutro, entrato in voga in Svezia a partire dal duemila dodici e adottato in seguito da molti asili, tra i quali Egalia. Sempre in "Raised Without Gender" si nota come ad Egalia i bambini vengano fatti giocare con alcune bambole no-gender e come poi gli si leggano filastrocche con protagonisti supereroi multi personali e genitori single.

Come reagisce il popolo giovanile a questa filosofia? Si noti che dai 4 casi del duemila dodici di bambini sessualmente incerti che si sono rivolti all'Astrid Lindgren Children's Hospital (nella contea di Stoccolma) per un'assistenza medica, si è passati ai quasi duecento del duemilasedici. Louise Frisén, psichiatra infantile di stanza all'Astrid Lindgren, ha dichiarato che l'assenza di una terapia affermativa di genere, nei casi che manifestano una disforiaIl termine “disforia” è un termine psichiatrico utilizzato per definire un’alterazione dell’umore. Diviene “di genere” quando l’individuo è confuso riguardo al proprio orientamento sessuale., può anche condurre al suicidio. Il risultato sembra essere un paradosso: laddove l'educazione funge da propulsore per la disforia di genere, viene al tempo stesso affermato che la mancanza di una terapia affermativa, atta a consolidare l'esistenza di un genere nella singola persona, può condurre al gesto più estremo che un essere umano possa compiere verso sé stesso.

Passiamo ora ad un altro tema: la parità fra i sessi. Stando ai dati forniti da Actualix sulle denunce di stupro segnalate nei paesi europei, al duemila tredici, la Svezia risultava essere al primo posto, con un'incidenza di 58 segnalazioni ogni centomila abitanti. Un nuovo apparente paradosso, per il quale nella patria degli "hen" ancora così tanti uomini commettono violenze sulle donne. Mi spiego: non che vi sia per forza una relazione causale tra le due cose, ma risulta certamente strano che in un paese così determinato a creare un rapporto pacifico tra i due sessi emerga un dato tanto allarmante, che certamente sottende l’esistenza di un confronto ancora impari tra il genere femminile e il genere maschile.

Ritornando però alla classifica di Actualix, il dato risulta tuttavia controverso. Al di là della politica sulla gender equality, il popolo svedese - come del resto i compagni scandinavi - è rinomato per essere estremamente civile. Risulta quanto mai strano che la Svezia, nel duemila tredici, si trovasse in cima alla classifica, mentre la Serbia - nella quale, nel duemila dodici, secondo un'indagine condotta dal Commissario per l'uguaglianza, il 48% degli abitanti ancora riteneva l'omosessualità una malattia mentale - si trovasse nel basso della classifica con una incidenza inferiore a uno su centomila. In questo caso, forse le liberal policies giocano a favore della Svezia: in Stati meno liberalizzati è presumibile che la violenza sessuale sia ancora un argomento tabù e che quindi le donne abbiano più difficoltà a denunciare i colpevoli.

I dati relativi alla Svezia non sono comunque rassicuranti; dimostrano anzi di essere antitetici all'immagine che di questo paese, annoverato come "superpotenza umanitaria", si vuole trasmettere.

Mi avvio così a concludere. La Svezia sta certamente portando avanti un progetto in seno a un principio possibilistico: educare le future generazioni all’inesistenza del genere sessuale e a una completa autodeterminazione. Giusto o sbagliato, avveniristico o oscurantistico che sia il progetto, non spetta a me giudicare la sua liceità. Solo il tempo ci dimostrerà se gli svedesi avranno avuto ragione di modificare in maniera così radicale il sistema educativo, o se era meglio che continuassero a combattere i draghi in veste di gloriosi guerrieri.

A cura di Edoardo Pozzato

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