L'Ucraina un anno dopo: il conflitto che nessuno può perdere

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  Redazione
  24 February 2023
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Monaco. Di recente, sotto la guida della vicepresidente USA, Kamala Harris, si è tenuta la riunione dei maggiori rappresentanti politici, militari e delle sedi diplomatiche dell’Unione Europea e dell’alleanza atlantica.

L’obiettivo dichiarato era quello ambizioso di stabilire una linea di condotta della guerra russo-ucraina fino alla sconfitta di Mosca. Laddove per sconfitta si intende anche il recupero di questa grande nazione ai valori più umanitari e di sicurezza vigenti nelle democrazie del resto dell’Europa.

L’importante evento si è tenuto dopo un anno dall’inizio della guerra d’aggressione (24 febbraio 2022) scatenata dal governo di Vladimir Putin contro il paese sovrano dell’Ucraina.

Un conflitto che finora ha causato decine di migliaia di morti tra militari e civili. Si annovera anche il trasferimento di alcuni milioni di sfollati, la devastazione dei centri urbani e miliardi di dollari di danni arrecati ai beni materiali, alle abitazioni civili e alle infrastrutture urbane del rifornimento idrico, della rete elettrica e persino alle strutture di ricovero ospedaliero. Una guerra che si svolge nel cuore dell’Europa, iniziata mentre vigeva un momento di crisi della NATO, nata dal disaccordo, talvolta forte, fra gli alleati sull’organizzazione, gli armamenti e la dottrina stessa, fondante questa alleanza.

Gli effetti sulla NATO

Il conflitto ha determinato una sorta di effetto terapeutico, galvanizzando gli orizzonti geopolitici del vecchio continente, rinnovando gli umori e la concordia nei governi e nelle strategie operative della NATO. Inoltre, dopo anni di inutili discussioni, è stata trovata una rapida intesa anche sull’allargamento dell’alleanza atlantica ad altre nazioni limitrofe.

Il programma espresso da Kamala Harris è stato centrato sull’impegno degli USA nel duraturo sostegno alla difesa civile e militare dell’Ucraina. La posizione della Francia era già in gran parte nota nel perseguire l’aiuto all’Ucraina sino alla “sconfitta” della Russia.

Negli incontri preliminari tra i ministri della Difesa avvenuti nel corso della settimana precedente, il segretario alla Difesa USA, Lloid Austin, ha ipotizzato, sulla base dei dati forniti dall’intelligence, una dura controffensiva ucraina, da avverarsi nei primi tepori primaverili, capace nelle intenzioni dei russi di stabilire un netto cambio di passo e un significativo cambiamento nell’iniziativa e nella condotta bellica in generale.

Nei medesimi ambienti, la Russia viene sempre più vista come perdente sia sotto il profilo strategico, tattico e pure sulla condotta delle proprie operazioni militari.

Attualmente, gli analisti concordano sul disastro anche umanitario al quale è giunto il conflitto.

Le stime sono significative ed impietose: i morti - in parte ancora giacenti nella terra di nessuno tra i contendenti - sui campi di battaglia nell'arco di un anno hanno superato i duecentomila. Ora sembra che Mosca abbia mobilitato altri 300.000 militari. Le dimensioni sarebbero quelle di una mobilitazione di massa, già in maggioranza schierata sui vari campi di battaglia del Chersoneso e territori limitrofi.

Questo servirebbe a spiegare alcuni successi parziali delle truppe ucraine impegnate nel recupero del territorio invaso della Crimea. Chiarisce anche le ragioni delle numerose perdite, assai demoralizzanti, a carico all’esercito russo, per lo più rappresentate da giovani reclute addestrate sommariamente.

Qualora la propagandata offensiva russa si verificasse, le perdite misurate in invalidi e vite umane potrebbero rivelarsi di entità senza precedenti.

Gli effetti demoralizzanti sulle truppe russe in Ucraina determinerebbero un crollo della disciplina tale da limitare sensibilmente la sua capacità offensiva. Inoltre, l'esercito russo ha visto il suo arsenale pericolosamente esaurito. Al momento attuale ha perso quasi la metà delle sue truppe corazzate.

Secondo una stima pubblicata recentemente dall'Istituto internazionale per gli studi strategici le scorte di munizioni della Russia stanno rapidamente diminuendo già da ora.

L’esodo

La guerra e la mobilitazione popolare hanno innescato un sorprendente esodo di cittadini e di intere famiglie – forse fino a quasi un milione di emigrati – che cercano e continuano a tentare disperatamente di lasciare la Russia, quasi tutti giovani fra coloro ancora iscritti nei registri della leva militare. Attivisti e giornalisti indipendenti se ne sono già andati e con essi anche il 10% della forza lavoro della nazione.

Il cambio dell’assetto strategico

Tutto è cambiato in peggio per Mosca dall’inizio del conflitto: un anno fa Putin aveva di fronte una NATO disunita e disposta ad accettare quasi ogni sua condizione. L’Europa era giudicata debole, fragile e priva di coesione.

La sottovalutazione della democrazia è un errore commesso più volte da tutti i dittatori nel corso della storia.

Inoltre, nei paesi della NATO agivano forze politiche che vedevano favorevolmente la resa dell’Ucraina. Sono partiti politici di estrema sinistra e di destra. Questi ultimi accondiscendevano paradossalmente al sostegno del dittatore Putin, comunista mai pentito e nostalgico dei confini territoriali dell’ex Unione Sovietica.

Oggi, ad un anno di distanza, ha perso totalmente ogni obiettivo strategico, segnando il passo su tutto il fronte dei combattimenti.

L’effetto delle sanzioni

Le sanzioni occidentali contro la Russia hanno causato una contrazione della sua economia, influenzato la capacità industriale del paese in alcuni settori e portato il processo d’integrazione russa in Europa a una battuta d'arresto.

Tuttavia, mentre le misure hanno richiesto un doloroso tributo alla Russia, non hanno costretto Putin a riconsiderare la sua guerra di revanscismo neo-imperialista.

Anzi, egli lo ha ribadito e rinforzato nel suo discorso alla Duma della settimana scorsa. Gli effetti economici si vedranno solo parzialmente ma nel lungo periodo diventeranno deleteri.

Parte della ragione di ciò si deve alla notevole quantità di entrate ancora generate dalle importazioni europee e nel mondo di gas e petrolio russi. Indipendentemente dal desiderio dichiarato di Bruxelles di liberarsi dalla dipendenza energetica russa, la maggior parte dei paesi europei non poteva tardare ulteriormente nelle decisioni strategiche sull'energia proveniente dalla Russia (v. l’Ungheria).

L’obiettivo della decarbonizzazione

Le nuove linee di faglia geopolitiche create dall'invasione stanno fortemente accelerando la transizione dell'Unione Europea verso economie decarbonizzate. L’ultima è la decisione concreta di passare totalmente il mercato dell’automobile alla sola trazione elettrica, diminuendo così drasticamente l'influenza della Russia - e dei produttori di petrolio - sul continente.

I risultati concreti parlano già da soli; per la prima volta in assoluto nell’intero 2022, la progettuale combinazione dell'energia eolica e solare salirà per una quota maggiore di generazione elettrica in Europa rispetto al petrolio e al gas.

Gli altri piani strategici per l’aumento dell’energia “verde” comprendono gli sforzi della UE verso i processi di decarbonizzazione, i sussidi per le pompe di calore, gli incentivi per i numerosi e innovativi progetti per la produzione di energia pulita insieme alla maggiore diffusione dei veicoli elettrici ovunque.

Quando finirà?

E’ la domanda che tutti si pongono, compreso il popolo russo che sta patendo un numero sempre meno accettabile di giovani vittime.

Per quanto concerne lo stato delle operazioni militari, nonostante la certezza del fallimento strategico russo, la guerra non sembra ancora vicina alla fine.

Gli analisti attribuiscono questo, almeno in parte, alla determinazione personale – e alle frustrazioni – dello stesso leader russo.

Fin dai primi giorni della guerra, Vladimir Putin è stato chiaro nella sua intenzione di creare una nuova versione dell'ex impero russo basata sulle sue nostalgie verso l'era sovietica – dalla quale egli proviene come esponente inquadrato nel KGB - e sulle sue originali interpretazioni che egli manifesta sulla storia moderna del secondo dopoguerra.

Tuttavia in molti dei protagonisti politici, anche internazionali, di fronte a un dittatore così riluttante al sorriso e implacabile negli estremi significati politici espressi, gli strateghi di Washington sono desiderosi di evitare una guerra prolungata. Quelli invece dotati di buon senso continuano ad asserire la necessità ed un invito al realismo da concretizzare per entrambe le parti in conflitto.

Infatti, sarà quasi impossibile anche per Putin ed i suoi sodali al Cremlino, raggiungere i loro obiettivi politici soltanto con l’utilizzo dello strumento militare.

Di contro, sarà molto difficile anche per l'Ucraina sloggiare le milizie russe ed ogni tipo di mercenario dal territorio dell'Ucraina occupata.

Mentre l'amministrazione Biden è irremovibile sul suo continuo sostegno a Kiev, sta anche chiarendo alle autorità ucraine che l'attuale livello di sicurezza e assistenza economica potrebbe risultare difficile da sostenere molto a lungo, specialmente con l'attuale Camera USA a maggioranza repubblicana.

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