NATO-Russia : perché parlare di “nuova Guerra Fredda” è una pericolosa illusione

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  Redazione
  10 April 2024
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Due anni di guerra in Ucraina hanno riesumato la vocazione della NATO, fondata il 4 aprile 1949, quasi 75 anni fa? Privata dal 1991 del suo nemico esistenziale, l’URSS, la più grande alleanza militare integrata del mondo, aveva attraversato due decenni di crisi vocazionale. Non solo, rompendo con il blocco sovietico, la nuova Federazione Russa era diventata un partner strategico all'interno del Consiglio NATO-Russia creato nel 2002.

Inoltre, diversi paesi dell’ex “blocco orientale”, tra cui tre ex repubbliche socialiste sovietiche (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno addirittura aderito alla medesima Alleanza tra il 1999 e il 2020. Dai 19 membri della fine della Guerra Fredda, si è passati a 28 membri nel 2009 (oggi sono 32). La sua ragion d'essere e finalità strategica era ed in parte è tuttora quella di contenere il blocco comunista in Europa e contrastare il Patto di Varsavia in campo militare.

Quindi, il dejà vu non è una novità

L’invasione militare e poi l’annessione della Crimea nel 2014, la guerra nel Donbass da allora e l’invasione su vasta scala del 2022 hanno posto fine a questa preoccupata introspezione.

L’impressione di assistere ad un “dejà vu” geopolitico è oggi molto forte al punto che l’idea si è imposta un po’ ovunque: l’Occidente è entrato in una “nuova guerra fredda” con una Federazione Russa che è l’erede in forma aggressiva della vecchia URSS. Solo la mappa dei blocchi si sarebbe per questo evoluta, con l’integrazione nell’Alleanza degli ex stati comunisti e di due paesi precedentemente e convintamente neutrali (Finlandia e Svezia).

Il “desiderio dell'uguale”, per quanto rassicurante possa essere, non deve offendere “la ricerca dell'altro”. Ovvero il ritorno della storia non dovrebbe avvenire a costo di dimenticare la geopolitica, specie se questa è mutata: se l’Europa si considera impegnata in questa nuova guerra fredda, rischia tuttavia di trascurare gravemente i nuovi rischi ai quali oggi viene esposta.

Le dichiarazioni (elettoralmente provocatorie) del candidato alla presidenza USA, Donald Trump, sulla NATO, gli annunci (isolati o contestati) del presidente Macron sull’invio di truppe in Ucraina e sull’ingresso della Finlandia e quello (a lungo ritardato dall’Ungheria) del Regno di Svezia nella NATO, dovrebbero allertare un p0’ tutti: il senso è quello del Vecchio Continente il quale si trova oggi ad affrontare rischi geopolitici di natura nettamente diversa da quelli che la Guerra Fredda del passato ha comportato e vissuto. Non a caso gli storici dicono che la storia raramente balbetta. E, in ogni caso, raramente viene loro da dire la stessa cosa.

Ritorno al futuro: Ucraina, guerra per procura tra NATO e Russia?

In geopolitica come altrove, ci sono molti adoratori dei cosiddetti “cicli storici”. Quanto spesso viene invocato oggi l'adagio di Marx sui colpi di stato di Bonaparte?

Secondo quest’ultimo, ogni evento accadrebbe solo due volte: una prima, in forma tragica e una seconda, sotto le sembianze di una farsa, a volte cruenta. Quest’ultimo sarebbe il caso della Guerra Fredda: il suo primo evento è emerso dalla Seconda Guerra Mondiale per mettere gli alleati occidentali e il blocco sovietico l’uno contro l’altro. Sempre per questi ultimi, saremmo entrati poi nella seconda Guerra Fredda dal 2022, e per i più convinti addirittura dal 2013.

Di fronte all’orrore della guerra in Ucraina e alla paura che la Russia suscita minacciosamente in Europa, si è tentati di ritornare a una griglia di analisi già collaudata.

La destabilizzazione e la successiva invasione dell’Ucraina in nome di una fittizia “denazificazione” ricordano le sovversioni politiche e gli interventi militari dell’URSS in Germania nel 1953, in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968 o ancora in Afghanistan nel 1979? Come durante la prima Guerra Fredda, oggi osserviamo una divisione dell’Europa in due blocchi militari, politici, strategici e diplomatici. Oggi la cortina di ferro si sarebbe spostata ad est cadendo sulla linea del fronte in Ucraina e non al confine tra Germania e Repubblica Democratica Tedesca, ma lo stesso antico divario sta per consolidarsi ugualmente in tutti i settori.

I due modelli

Sul piano politico, i due schieramenti rivendicano modelli geopolitici radicalmente opposti: In tal guisa la Russia critica il liberalismo decadente delle società democratiche aperte per affermare assertivamente come migliore il proprio modello politico esplicitamente autoritario, conservatore e nazionalista. Sul piano strategico, ciascuno dei poli di potere si considera minacciato dall’altro e costretto a sviluppare su scala continentale, poi su scala globale, una strategia di lotta e repulsione dell’altro. Per la Russia, le ondate di allargamento della NATO continuerebbero quindi secondo quella sorta di “pactomania” seguita dagli Stati Uniti negli anni Quaranta e Cinquanta allo scopo di contenere e reprimere il “Pericolo Rosso”.

Per l’Occidente, invece, Mosca ha moltiplicato i formati di cooperazione antioccidentali (OTSC, EEU, SCO, ecc.) per contrastare queste estensioni della NATO, allo stesso modo con il quale aveva firmato numerosi accordi durante l’era sovietica, in particolare militari, con “stati fratelli” ai quattro angoli del pianeta.

Sul piano economico si sono succedute ondate di sanzioni europee e americane, alle quali hanno risposto le controsanzioni russe ; tanto che gli ex partner ora cercano di fare a meno delle reciproche forniture. Sul piano militare e industriale, la corsa agli armamenti e la (ri)militarizzazione sono in pieno svolgimento, come durante la fase stalinista della Guerra Fredda.

Lo sforzo di difesa degli Stati Nato è aumentato considerevolmente: nel 2024, 18 di 32 membri dedicheranno più del 2% del proprio PIL alle spese militari. Quanto alla Russia, ha un budget per la difesa che rappresenta il 6% del Pil per il 2024, in aumento del +70% rispetto al 2023, che era già un anno di guerra.

In questa polarizzazione del conflitto, la guerra ucraina avrebbe accelerato, accentuato e catalizzato la rinascita di un divario strutturalmente oramai incolmabile tra la NATO e il suo avversario radicale, la Russia, concepito come un evoluto avatar della vecchia URSS. Inoltre, l’Ucraina sarebbe vista da molti come una “guerra per procura”, tipica della Guerra Fredda, paragonabile a quelle che le due Coree, il Vietnam o anche l’Angola e il Mozambico avevano sperimentato durante la Guerra Fredda.

Nel Donbass, in Crimea e altrove in Ucraina, si dice che la NATO e la Russia stiano combattendo a distanza, all’ombra di una minaccia nucleare globale. Alcune delle aspettative di questa griglia di analisi sono perfettamente accurate. In particolare, tutti i meccanismi di dialogo, negoziazione e verifica sono bloccati nella NATO, nell'ONU e nell'OSCE. Mentre la comunicazione tra i due rivali è diventata impossibile, per non parlare di qualsiasi forma di cooperazione.

I rischi dell'illusione

Sebbene sia suggestiva, questa visione della missione NATO e della strategia della Russia appare tuttavia in gran parte fuorviante.

Oltre a giustificare la retorica ossessiva sviluppata dal presidente russo dopo il suo famoso discorso sulla NATO alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007, essa maschera i reali pericoli che si vivono e sono perseguiti nella situazione attuale.

Tre avvenimenti recenti dovrebbero convincere l’Occidente.

Il 10 febbraio il candidato, ex presidente e possibile futuro presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ribadito il suo desiderio di prendere le distanze dalla NATO e ridurre così l'esposizione del suo Paese nei conflitti europei. Questa affermazione non dovrebbe essere accolta né come il consueto sfogo di un provocatore compulsivo, né come un argomento elettorale di un principiante in politica estera. Dà il tono all’attuale spirito culturale internazionale perché riassume diverse tendenze politiche, importanti ma incompatibili con la Guerra Fredda. L'impegno nei confronti della NATO non è più lo strumento d'intervento preferito di Washington per affermare l'equilibrio di potere con l'Altro. Sotto il profilo geopolitico, la bipolarizzazione americano-sovietica e la gigantomachia della NATO-Patto di Varsavia sono in buona parte scomparse in quanto sono emerse potenze “terze” di una certa rilevanza: la Repubblica Popolare Cinese, i BRICS e l'Unione Europea.

Il duopolio militare globale relativamente stabile NATO-Patto di Varsavia, incentrato sulla reciproca deterrenza nucleare, non esiste più. Aumentano i rischi di scivolamento verso situazioni di crisi internazionale. Le provocazioni di Donald Trump sulla NATO si moltiplicano perché gli squilibri strategici europei non sono più regolati dalla tensione strategica in forma controllata tra i due blocchi stabili e disciplinati del passato. Si tratta di un rischio caratteristico del nostro tempo che non deve essere trascurato in nome della teoria abbastanza mediocre e sbrigativa di una “nuova guerra fredda”.

Il fattore aggravante

Tutti gli spazi di neutralità, mediazione o regolamentazione stanno scomparendo tra la NATO e la Federazione Russa, sostenuta dalla sua “Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva” (CSTO) che riunisce diverse ex repubbliche sovietiche.

La fine della neutralità finlandese nel 2023 e poi della neutralità svedese quest’anno testimoniano questa tendenza.

La Guerra Fredda aveva lasciato degli spazi dichiaratamente o implicitamente neutrali: i due Stati nordici erano così sfuggiti al sistema comunista pur assicurando corretti rapporti con il vicino sovietico. Le zone cuscinetto e le zone grigie hanno ridotto con successo i contatti diretti tra la NATO e il Patto di Varsavia.

I rischi (reali) di attrito e slittamento sono stati ridotti.

Ormai lo spazio europeo è diventato una vasta zona di confronto diretto (Ucraina) o indiretto (Baltico, Mar Nero).

L’abbandono delle neutralità nordiche – e, in ultima analisi, forse della neutralità della Moldavia – rende la Federazione Russa il vicino diretto. È un pericolo che questa “nuova guerra fredda” rischia di oscurare.

In brevis, il confronto europeo non avviene più a distanza, al di là delle zone cuscinetto.

Infine, la controversa dichiarazione di Emmanuel Macron della sera del 26 febbraio ha sottolineato come i pericoli attuali siano distinti da quelli del secondo XX secolo.

Per la NATO, l’invio ufficiale di truppe di terra in un paese terzo, esterno all’Alleanza, cambierebbe la natura del conflitto attualmente in corso.

Per il momento si tratta soltanto di due Stati l'uno contro l'altro, uno aggressore e uno invaso. Ciascuno mobilita le proprie reti di alleanze per sostenere il proprio sforzo bellico. Ma il conflitto riguarda entrambi e questo punto non deve essere né minimizzato, né trascurato, né rifiutato scioccamente nella finzione.

Anche se la NATO nel suo insieme, e i suoi Stati membri come parti, sostengono l’Ucraina in molteplici modi, non sono comunque parti in conflitto perché la clausola di mutua assistenza di cui all’Articolo 5 non può essere attivata per l’Ucraina, non parte del Trattato del 1949.

Il rischio recentemente ricordato – a torto o a ragione – dal presidente francese Macron è che uno scontro armato NATO-Russia sia ormai tecnicamente possibile.

La regionalizzazione delle ostilità, l’entrata in guerra di altri Stati, la nuclearizzazione di alcune operazioni, ecc. : sono questi i rischi attuali.

E’ una guerra già calda

La NATO oggi non è impegnata in una “nuova Guerra Fredda” : la strategia americana non si basa più principalmente su di essa; sono emerse altre potenze militari diverse dall'Organizzazione; il suo “nemico esistenziale”, il Patto di Varsavia, disciplinato, regolato e quindi relativamente prevedibile, non esiste più e la guerra per procura non è più la regola.

I rischi sono quelli di una guerra già calda, anzi molto calda.

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