Riforma del Patto di stabilità: prospettive e riflessioni di un percorso tortuoso ma necessario

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  Tiziano Sini
  13 November 2022
  3 minutes, 19 seconds

La Commissione europea dopo lunghissime trattative è arrivata alla definizione, il giorno 9 novembre, di una proposta di riforma del Patto di Stabilità e Crescita; lo strumento varato ormai 30 anni fa con gli Accordi di Maastricht e finalizzato a garantire coordinamento delle politiche fiscali e maggiore equilibrio delle finanze pubbliche all’interno dell’area europea[1].

Lo strumento, che nel tempo ha visto l’introduzione di alcune modifiche, non è stato esime da feroci critiche, relative, principalmente, alle rigidità dei vincoli imposti, rimasti per lo più disattesi nel tempo. A cui si è aggiunta la sospensione del medesimo fino al 2024, a causa dell’avvento della pandemia prima e della crisi energetica successivamente.

Una situazione congiunturale straordinaria, che ha reso per questo necessaria l’attuazione di misure emergenziali, finanziate, per lo più attraverso l’emissione di debito pubblico.

Di fronte ad uno scenario economicamente sfavorevole, come quello che si è presentato negli ultimi tre anni, i vecchi vincoli europei appaiono totalmente inadeguati ed obsoleti, oltre che al momento attuale assolutamente inapplicabili. Ragione per cui la proposta della Commissione risulta quanto mai necessaria per dare inizio ad un nuovo corso.

Prima di esaminarla è però necessario specificare che quanto avanzato dall’Istituzione non sono altro che linee guida; quindi, meri orientamenti in vista dei negoziati dei prossimi mesi, necessari per tramutare i suggerimenti in vere e proprie proposte legislative[2].

Tornando invece al progetto presentato dal Commissario Gentiloni, questa ricalca le indicazioni emerse negli scorsi mesi, introducendo alcuni elementi di particolare interesse, mantenendo allo stesso tempo i parametri cardine dell’architettura precedente, come il rapporto deficit/Pil sempre fissato al 3%.

La priorità dell’iniziativa è definire un nuovo strumento di coordinamento delle politiche fiscali più flessibile, ma allo stesso tempo più puntuale, che garantisca equilibrio nei conti ed un impegno sostanziale per la riduzione del debito pubblico[3].

La proposta stabilisce un approccio differente per la realizzazione di tali obiettivi, garantendo - come testimoniano le parole dello stesso Gentiloni - di “rafforzare la titolarità nazionale delle decisioni di politica economica”, attraverso una partecipazione a livello negoziale agli impegni sottoscritti per i prossimi anni.

Questa logica sottende che da un lato la Commissione definisca delle proposte puntuali, miranti alla riduzione del debito, per ogni singolo Paese; a cui dovranno far seguito delle contro-proposte che presentino gli impegni che i Paesi hanno intenzione di perseguire in relazione alle proprie priorità economiche ed agli interventi strutturali previsti.

Tali interventi dovrebbero dispiegarsi in un arco temporale previsto di 4 anni, con la possibilità di richiedere una deroga a sette anni, nel caso siano in programma particolari piani di riforme o investimenti “che supportino la sostenibilità dei debiti, e rispondano agli obiettivi e alle priorità comuni europee”.

Il superamento delle attuali regole, a discapito di interventi specifici inseriti in una struttura più flessibile, sarà accompagnato da un sistema di monitoraggio più funzionale e rigoroso e da una rinnovata regolamentazione dello strumento sanzionatorio. Dalle linee-guida, infatti, viene delineato un cambio di passo in caso di inadempimento degli impegni presi, attraverso il ricorso a sanzioni più facilmente applicabili e di carattere reputazionale. A tal proposito l’erogazione dei Fondi Strutturali e dei fondi relativi ai Piani di ripresa nazionali, potrebbero essere sottoposti a sospensioni in caso di mancato rispetto degli impegni pattuiti[4].

Le novità sono quindi numerose ed i prossimi mesi saranno essenziali per tradurre gli indirizzi in strumenti legislativi. Le prerogative sembrano poter conciliare le istanze differenti che ormai da anni si contrappongono in Europa, coniugando maggior duttilità, trasparenza e negoziabilità, all’obiettivo di riduzione del debito, pena l’introduzione di sanzioni. 

[1] file:///Users/tizianosini/Downloads/Building_an_economic_governance_framework_fit_for_the_challenges_ahead.pdf

[2] https://economy-finance.ec.europa.eu/system/files/2022-11/com_2022_583_1_en.pdf

[3] https://www.corriere.it/economia/finanza/22_novembre_09/patto-stabilita-rientro-debito-eccessivo-4-7-anni-ma-sanzioni-certe-3b48a212-600f-11ed-8bc9-4c51e1976893.shtml

[4] https://www.ilsole24ore.com/art/patto-stabilita-ecco-proposta-ue-4-7-anni-ridurre-debito-niente-fondi-chi-viola-regole-AEc9gWFC


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