Scacchiera mediorientale: tra mutamenti e criticità

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  Michele Magistretti
  04 July 2023
  4 minutes, 11 seconds

I tasselli del complesso puzzle politico-strategico mediorientale si stanno ricomponendo. Due sono gli eventi che stanno gradualmente modificando quello che era uno scenario frammentato e caotico. Due grandi storici rivali hanno intrapreso un percorso di riappacificazione. La monarchia assoluta saudita e la repubblica islamica iraniana hanno mosso i primi passi verso la riconciliazione, sotto l’egida di un nuovo attore esterno sempre più reattivo, la Cina. Contemporaneamente, Riad ha portato a compimento il processo di reintegrazione della Siria di Bashar al Assad all’interno della Lega Araba.

Vediamo quindi quali sono le principali novità e prospettive in una regione che vede gradualmente un cambiamento degli asseti e degli equilibri a livello diplomatico e strategico.

Un nuovo ordine (?)

La ricomposizione di alcune delle fratture che hanno comportato un vento di instabilità regionale durato circa una decade è iniziata con il summit di Al-Ula ad inizio 2021. I paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo hanno iniziato un cammino di riconciliazione. Il percorso di riavvicinamento diplomatico si è rilevato più rapido tra Riad e Doha, mentre Abu Dhabi e Manama hanno impiegato più tempo per reindirizzare il proprio rapporto con l’emiro del Qatar.

Un nuovo round di conciliazione diplomatico ha comportato una accelerazione degli sforzi dei vari attori per ritrovare la concordia o per lo meno smorzare le tensioni che attraversavano la regione da molti anni. È ormai evidente il tentativo da parte dei paesi del Golfo di sganciarsi da una stretta tutela americana per poter muoversi con maggiore indipendenza in un panorama internazionale in evoluzione. In particolare, Arabia Saudita e la federazione emiratina arrivano a non temere qualche frizione con l’alleato americano pur di promuovere quelli che considerano interessi strategici di vitale importanza. Riad prova a trovare un nuovo modus vivendi con la Repubblica iraniana per risolvere la matassa del conflitto yemenita. Abu Dhabi a sua volta si muove sempre più da free rider, non disdegnando accordi economici con i competitor di Washington. La federazione è diventata un hub finanziario per triangolare flussi di investimenti e risorse sia da parte di Mosca che Teheran, in particolare per evitare le sanzioni. Entrambi i paesi hanno abbandonato le considerazioni strategiche a somma zero riguardo i rapporti con la repubblica islamica ed anzi credono che una maggiora cooperazione ed interdipendenza sia una migliore garanzia riguardo le minacce securitarie poste da questa. Questa strategia potrebbe dare alcuni risultati nel breve periodo ma non mancano le incognite nel lungo periodo, non essendo garantita la buona fede della leadership iraniana, a sua volta preoccupata di migliorare i rapporti con i propri vicini per meglio affrontare i problemi interni.

Anche la riammissione della Siria nella Lega Araba deve essere letta secondo le medesime lenti analitiche. Gran parte delle dirigenze arabe hanno accettato lo status quo e non credono sia più conveniente un approccio massimalista nei confronti del regime di Assad. Anzi, i leader sauditi ed emiratini pensano che questa nuova strategia possa quantomeno alleggerire l’influenza iraniana sulla repubblica araba.

Due paesi in particolare osservano con attenzione e una leggera apprensione questo nuovo rimescolamento politico-strategico. Israele e Turchia potrebbero vedere ridimensionato il proprio ruolo qualora i paesi arabi riuscissero a ritrovare una piena armonia di azione e contemporaneamente trovare un nuovo modus vivendi con la repubblica islamica iraniana. Questi due attori sono sempre stati attenti a mantenere il bilanciamento tra le varie potenze regionali e i recenti sviluppi rischiano di minare lo status quo e di conseguenza il proprio posizionamento regionale. Con il miglioramento dei rapporti tra le monarchie del golfo e Teheran, Israele vede sfumare il proprio ambizioso progetto di coalizione anti egemonica ai danni della potenza persiana. Parallelamente, Ankara dovrà fare i conti con il presidente siriano ormai riabilitato dai partner arabi. Inoltre, entrambi i paesi vivono un momento di difficoltà a livello interno. La Turchia deve trovare nuovi mezzi per sostenere la propria disastrata economia. Alcuni di questi stanno conducendo il paese a una maggiore dipendenza dal sostegno economico finanziario delle stesse monarchie arabe del golfo, in un rapporto di interdipendenza sbilanciato a favore di quest’ultime. Israele vive invece il momento di tensione e frattura sociopolitica interna peggiore delle ultime due decadi. Il massimalismo ideologico di alcune frange dell’attuale maggioranza di governo potrebbe compromettere le relazioni con i nuovi alleati arabi, con i quali sono stati siglati i famosi Accordi di Abramo.

Fonti consultate per il presente articolo:

Mohammed Baharoon, The quantum politics of the Middle East, MEI, 1 maggio 2023

Dr. Hamoon Khelghat-Doost, The Saudi-Iranian Accord: Turkey Navigating a New Regional Landscape, Gulf International Forum, 17 maggio 2023

Leonardo Jacopo Maria Mazzucco, Amid Growing Naval Tensions, the UAE Charts Its Own Course, Gulf International Forum, 15 giugno 2023

Mohammed Baharoon, Alex Vatanka, Iran and the GCC connectivity agenda: Implication for Washington’s Iran policy, MEI, 21 giugno 2023

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Michele Magistretti

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