Ungheria, Commissione europea e procedura d'infrazione

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  Redazione
  07 November 2020
  4 minutes, 51 seconds

A cura di Valeriana Savino

Spesso sentiamo nominare nei telegiornali, sui giornali “l’UE ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia, l’Ungheria” e così via. Ma che cos’è una procedura d’infrazione? E perché viene utilizzata?

La procedura d’infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e l’effettività del diritto dell’Unione. Tale procedimento è diretto ad accertare se vi è stata o meno una violazione degli obblighi previsti dall'Unione da parte di uno Stato membro. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire su denuncia di privati, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa.

La procedura d’infrazione è disciplinata dagli articoli 258 e 260 del TFUE. Quest’ultimo si divide in due fasi distinte:

  • Fase pre-contenziosa: quando la Commissione europea rileva la violazione di una norme UE, procede all’invio di una “lettera di messa in mora”, concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionale che risultano con essa incompatibili. La suddetta lettera costituisce il primo strumento a tutela dello Stato, anche per far in modo che quest’ultimo possa adempiere spontaneamente. Inoltre la lettera di messa in mora permette di circoscrivere l’oggetto del contendere e di fornire allo Stato membro gli elementi necessari per costruire la propria difesa. Qualora lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora entro il termine indicato oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest’ultima può emettere un parere motivato, con il quale cristallizza in fatto e in diritto l’inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine. Allo scadere del termine, nel caso in cui lo Stato non si fosse conformato al parere motivato, la Commissione può adire la Corte di Giustizia dell’UE. La fase precontenziosa termina e inizia il giudizio, il quale è diretto ad ottenere dalla Corte l’accertamento formale, mediante sentenza, sull'inadempimento dello Stato.
  • Fase contenziosa: se la Corte, a seguito del processo, giudica lo Stato responsabile delle imputazioni a lui contestate, essa emana una sentenza dichiarativa dell’inadempimento, ossia di accertamento della violazione e non di condanna all’adozione di specifici atti. Tale sentenza obbliga comunque lo Stato in questione ad adottare tutti i provvedimenti necessari per la sua esecuzione. Qualora lo Stato non dia esecuzione della sentenza resa nei suoi confronti, originariamente era possibile solamente un nuovo ricorso d’infrazione diretta a far contrastare la nuova violazione, dunque si parlava di doppia condanna. Questo meccanismo si rilevò di scarsa efficacia poiché mancavano strumenti sanzionatori nei confronti dello Stato inadempiente. Con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht del 1992 si è introdotta la possibilità che la Commissione possa richiedere che la Corte, a seguito della procedura d’infrazione, condanni lo Stato al pagamento di una sanzione pecuniaria; con il Trattato di Lisbona del 2007 il procedimento si è semplificato. Nei casi di cattiva applicazione del diritto dell'Unione, una delle novità introdotte è rappresentata dalla maggiore rapidità del procedimento d'infrazione ai sensi dell'art. 260, par. 2, TFUE rispetto a quanto disposto dal precedente art. 228, par. 2 e 3 del TCE. Infatti, se uno Stato membro non si conforma ad una sentenza d'inadempimento emessa ai sensi dell'art. 258 TFUE e non fornisce esaurienti giustificazioni in risposta alla "messa in mora", la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione senza dover intraprendere una nuova fase "precontenziosa". Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell'inadempimento.

La Commissione Europea, il 30 ottobre 2020, ha inviato una lettera di messa in mora all’Ungheria per violazione del diritto europeo, secondo quanto previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Con la lettera di messa in mora è stata avviata la procedura d’infrazione contro l’Ungheria per violazione della procedura d’asilo (direttiva 2013/ 32). La Commissione, nella lettera di messa in mora, riporta che quanto stabilito “ nella legge e nel decreto introdotti in risposta alla pandemia di Covid-19 in Ungheria violano il diritto dell’UE”. Secondo le nuove procedure, prima di poter presentare domanda di protezione internazionale in Ungheria, i cittadini di paesi terzi devono innanzitutto dichiarare l'intenzione di chiedere asilo presso un'ambasciata ungherese al di fuori dell'Unione europea e ottenere un permesso d'ingresso speciale a tal fine. La Commissione ritiene che tale norma costituisca una restrizione illegittima all'accesso alla procedura di asilo, contraria alla direttiva sulle procedure di asilo, letta alla luce della Carta dei diritti fondamentali, in quanto impedisce alle persone che si trovano sul territorio ungherese, anche alla frontiera, di presentare domanda di protezione internazionale nel paese.

Questa misura non costituirebbe solo una violazione del diritto dell’UE, ma anche della Convenzione sui rifugiati del 1951.

“Questa norma preclude alle persone che si trovano sul territorio ungherese, anche al confine, di richiedere lì la protezione internazionale, viene precisato nella lettera, come previsto appunto dalla direttiva UE 2013/32. In base agli accordi comunitari sottoscritti anche dall’Ungheria, quando viene presentata una domanda d’asilo alle proprie frontiere, uno Stato è tenuto a fornire l’ammissione almeno a titolo temporaneo, per poter esaminare la domanda. In caso contrario, come in Ungheria secondo l’UE, verrebbe meno il diritto di richiesta d’asilo e il principio di non respingimento: l’accesso effettivo al territorio è una condizione preliminare essenziale, e non arbitraria, per poter esercitare questo diritto. Il governo ungherese ha ora due mesi per rispondere, prima che venga inoltrato un parere motivato.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/inf_20_1687

http://www.politicheeuropee.gov.it/it/attivita/procedure-dinfrazione/cose-una-procedura-dinfrazione/

https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

https://www.lastampa.it/esteri/2020/10/30/news/procedura-di-infrazione-della-ue-contro-l-ungheria-sulla-nuova-legge-sul-diritto-d-asilo-1.39480466

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