Uno sguardo al Venezuela: dalla prosperità del secolo scorso alla crisi attuale

Come il Venezuela è passato dall'essere l'economia trainante dell'America Latina ad uno stato in gravissima crisi economica sociale ed umanitaria

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  Elisa Modonutti
  10 February 2023
  5 minutes, 36 seconds

Il Venezuela: dalla prosperità alla crisi

Il Venezuela è uno degli Stati con maggiori riserve petrolifere al mondo. Queste riserve, scoperte dopo il secondo conflitto mondiale, hanno fatto si che negli anni Cinquanta del Novecento l’economia venezuelana decollasse, soprattutto dopo la stabilizzazione politica avvenuta alla fine del decennio.

Tra il 1968 e il 1978 si verifica un vero e proprio boom economico che porta il Venezuela a diventare la prima economia e il Paese più ricco dell’America Latina, attirando moltissimi immigrati da molte parti del mondo, Italia compresa.

Dopo lo shock petrolifero del 1973, verificatosi in seguito al quarto conflitto arabo israeliano, il Venezuela, forte delle sue risorse petrolifere nazionalizza l’industria petrolifera per massimizzare le entrate generate dalla vendita del greggio.

Tuttavia, le ricchezze derivanti del commercio dell’oro nero non vanno a beneficio della totalità della popolazione, ma solamente alle classi più ricche, andando a creare non poche disuguaglianze sociali.

Negli anni ‘80 inizia il declino del Venezuela, quando, in seguito a timori sull’esaurimento delle risorse del greggio, il Governo decide di diminuire la produzione di barili, in contemporanea ad una diminuzione del prezzo medio del petrolio dovuto all’elevata offerta mondiale, che vede contrapposti al Venezuela soprattutto gli stati dell’area del Golfo Persico.

L’economia venezuelana, quindi, dipendente per il 96% dalle entrate del greggio, barcolla, facendo calare, dal 1981 al 1987, il Pil del paese del 46%. La crisi economica ha conseguenze soprattutto sulle classi medie e sugli strati più poveri della popolazione, andando ad aumentare il divario tra i ricchi e i meno abbienti.

Tra la fine degli anni ‘80 e gli anni ‘90 il Venezuela viene sconvolto da proteste, con la richiesta di profonde riforme sociali. Si verificano in questo periodo anche due colpi di stato e un impeachment. La situazione cambia radicalmente nel 1998, quando viene eletto Presidente Hugo Chávez, che punta a fare del Venezuela uno Stato completamente socialista, con un’idea rivoluzionaria di redistribuzione delle ricchezze che avrà in seguito l’appellativo di Revoluciòn Bolivariana.

Le politiche promosse da Chavez, che manterrà la carica di Presidente fino alla morte, avvenuta nel 2013, hanno migliorato il welfare state venezuelano, sfruttando i proventi provenienti dalla vendita del greggio. Nel periodo della sua presidenza è stato dimezzato il tasso di disoccupazione, aumentato il reddito pro capite, diminuita la povertà e la mortalità infantile e migliorata l’istruzione. L’economia di Chavez, tuttavia, trova un limite invalicabile: il fatto di rimanere legata solamente alle sorti del petrolio, soprattutto dopo la fuga dei capitali esteri avvenuta con lo spostamento a sinistra del governo.

Ciò che ha permesso alla presidenza Chavez di sopravvivere e di contenere l’inflazione è stata la quotazione stabile del greggio per tutto il periodo dei primi anni Duemila.

Le cose cambiano radicalmente nel 2014, quando si verifica un crollo del prezzo medio del petrolio, che fa si che le politiche portate avanti dal successore di Chavez, Nicolas Maduro (eletto nel 2013, dopo la morte di Chavez) siano insostenibili, in quanto crollano i proventi provenienti dalla vendita del greggio. Maduro quindi, non può più contare sulle entrate del settore petrolifero per finanziare le politiche sociali.

È a questo punto che emergono tutti i problemi strutturali dell’economia venezuelana, primo tra tutti l’eccessiva dipendenza da un unico settore produttivo.

Inizia quindi un grave periodo di crisi e di recessione economica che trascina il Venezuela verso il baratro, provocando anche una crisi umanitaria, con migliaia di Venezuelani che cercano di fuggire dal Paese.

La crisi economica, sociale ed umanitaria del Venezuela dell’ultimo decennio

A partire dal 2014 è iniziata una profonda crisi economica, sociale ed umanitaria. Date le scelte di Maduro di proseguire con le politiche di assistenza chavista, in mancanza di proventi derivati dalla vendita del greggio destinati al fragile sistema di supporto sociale venezuelano, il governo ha dovuto chiedere prestiti per 45 miliardi di dollari dalla Cina e ha iniziato a stampare tonnellate di banconote, facendo si che l’inflazione aumentasse in modo vertiginoso.

Già l’anno successivo allo scoppio della crisi, infatti l’inflazione si è attestata tra il 150% e il 390% – la più alta al mondo, e non è mai scesa, tanto che il dato relativo al 2022 si assesta al 234%.

Naturalmente anche il Pil è crollato, tanto che tra il 2014 e il 2018, esso è calato di più del 40%.

Ma ancora più drammatica è la mancanza di prodotti di prima necessità, dagli alimenti ai farmaci. L’economia venezuelana, infatti, essendo strettamente legata al petrolio è da sempre stata dipendente dalle importazioni, che dopo il 2014, a causa dell’inflazione e quindi di un tasso di cambio sfavorevole, hanno subito un brusco arresto, lasciando il paese a corto di moltissimi beni di prima necessità e facendo aumentare i prezzi di quelli disponibili.

Per cercare di arginare il problema, che colpiva soprattutto le classi meno abbienti, Maduro ha provato a congelare i prezzi dei beni, provocando però una corsa all’acquisto che ha lasciato gli scaffali dei supermercati completamente vuoti.

Attualmente, la crisi economica è ancora forte e perdura la mancanza di beni di prima necessità, dagli alimenti, alle medicine e ai beni necessari alla produzione. Questa scarsità di beni ha avuto come conseguenza il dilagare del mercato nero, del contrabbando e della corruzione, aumentando i livelli di violenza e di insicurezza, facendo di Caracas la città più violenta al mondo.

Questo deterioramento delle condizioni economiche e di vita ha provocato conseguentemente anche un esodo migratorio elevato. Le Nazioni Unite stimano che sono circa 7 milioni i venezuelani che sono fuggiti dal Paese a partire dal 2014, emigrando soprattutto in altri Paesi dell’America Latina in cerca di condizioni di vita migliori. Tuttavia, anche in questi Paesi le condizioni di vita non sono migliorate in quanto la metà dei migranti non solo non ha accesso a soluzioni abitative dignitose, ma deve perfino ricorrere a forme di prostituzione e di accattonaggio per poter sopravvivere.

Anche nel caso di inserimento nel mondo del lavoro locale, i salari percepiti rimangono molto bassi e i bambini sperimentano difficoltà ad inserirsi nei sistemi scolastici locali, riducendosi ad abbandonare il percorso di studi.

La crisi venezuelana quindi, da crisi economica è collassata in crisi sociale e umanitaria, rappresentando uno degli scenari più complessi e di più difficile soluzione del mondo attuale.

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Fonti utilizzate per il seguente articolo:

https://www.orizzontipolitici.it/venezuela-storia-di-uno-stato-ricco-gestito-male/

https://www.lavoce.info/archives/57472/venezuela-una-crisi-che-parte-da-lontano/

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/venezuela-al-collasso-tra-crisi-economica-e-conflitto-istituzionale-14599

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/27/venezuela-la-crisi-infinita-servizi-collassati-e-sette-milioni-di-profughi-ma-cina-e-russia-difendono-maduro/6850730/

https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/L-inflazione-del-Venezuela-rallenta-al-234-nel-2022-dice-il-vicepresidente--42793816/

https://unsplash.com/it/foto/c... (fonte immagine)

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L'Autore

Elisa Modonutti

Studentessa di Scienze internazionali e diplomatiche, amante della lettura, dei viaggi e con una curiosità innata di scoprire il mondo che ci circonda

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