Water grabbing: si può rubare l'acqua?

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  Filippo del Monte Alia
  30 June 2023
  3 minutes, 51 seconds

Il water grabbing è un fenomeno tutt’altro che nuovo, che però ha iniziato a ricevere attenzione solo in seguito a un maggiore studio di un fenomeno ad esso collegato: il land grabbing. Si tratta infatti di un fenomeno molto simile al land grabbing: un attore potente, si impadronisce o fa uso di importanti risorse idriche, privandone in tal modo la popolazione locale, che di conseguenza deve interagire con tale attore per aver accesso a un bene essenziale a cui avrebbero diritto. Come nel caso del land grabbing, gli attori che privano le popolazioni locali di queste risorse idriche, sono svariati ed eterogenei e possono essere locali anch’essi o provenire da altri stati come nel caso di multinazionali o altri stati. I due fenomeni di land e water grabbing hanno come denominatore comune la parola “grabbing” che denota il carattere negativo dell’acquisizione di queste due risorse. Al contrario del land grabbing, tuttavia, non esiste una definizione accettata universalmente e che delinei esattamente i confini del water grabbing.

Un fenomeno tutt’altro che chiaro e uniforme

La mancanza di una definizione universale del fenomeno è parzialmente data dal fatto che il water grabbing si può manifestare in diverse forme. Infatti, i modi in cui le risorse di acqua vengono sottratte alle popolazioni locali possono variare molto: che si devii il corso di un fiume impedendo l’arrivo di acqua in altre terre, si prenda possesso di terreni dove sono presenti falde acquifere oppure si sfrutti troppo una risorsa idrica fino al suo esaurimento, il risultato è lo stesso, il nome del fenomeno anche, ma il modus operandi varia di molto. Altrettanto eterogenei sono gli scopi per cui viene sottratta l’acqua: per uso industriale, agricolo, minerario o anche politico in certe occasioni.

Le conseguenze del water grabbing naturalmente variano da zona a zona e possono essere più o meno gravi. Le più immediate sono conseguenze ambientali come siccità e impoverimento del terreno. Queste prime conseguenze, tuttavia, spesso iniziano reazioni a catena e causano fenomeni migratori su vasta scala, marginalizzazione delle popolazioni indigene (prevalentemente in Africa e Sud America) e in certi casi anche conflitti locali

La mancanza di accessibilità a fonti di acqua pulita, di cui il water grabbing, insieme ad altri eventi come ad esempio le siccità, è una causa tutt’altro che trascurabile, affligge quasi due miliardi di persone e le malattie causate da questo fenomeno mietono milioni di vittime annualmente. Il water grabbing è all’origine di numerose diatribe legali che più vanno avanti, più costano alla gente comune. Nel 2017, infatti erano 20 le dispute legali tra stati e multinazionali per l’incorretta

gestione delle fonti d’acqua da parte di queste ultime e 600 i contenziosi simili non ancora giunti in tribunale.

Una pratica legata a doppio filo al land grabbing

Non si può parlare di water grabbing senza parlare di land grabbing. Infatti, insieme alle terre, vengono spesso sottratte alle popolazioni le fonti d’acqua presenti in tali territori. Le due pratiche, come scritto sopra, vengono accomunate a tal punto da essere spesso studiate insieme, come due facce della stessa medaglia.

Inoltre, se di land grabbing si parla ormai da tempo, il water grabbing ha iniziato a essere studiato approfonditamente soltanto intorno al 2010, poco dopo il picco di land grabs iniziato attorno al 2007. Spesso, data la stretta correlazione tra i due fenomeni, lo studio del water grabbing viene incluso in quello del land grabbing. Questa pratica da una parte ha senso quando un fenomeno scaturisce dall’altro, dall’altra parte però può portare chi legge uno studio di questo tipo a sottovalutare l’importanza del water grabbing come fenomeno a sé stante.

L’accesso all’acqua come diritto umano

Impedire l’accesso all’acqua rappresenta, secondo l’ONU, una grave violazione dei diritti umani. Una decisiva presa di posizione è stata, infatti, la risoluzione 64/292 dell’Assemblea Generale che, pur non essendo legalmente vincolante, rappresenta un importante fonte di diritto internazionale, che può potenzialmente portare alla formazione di una consuetudine internazionale, e una presa di posizione decisa da parte delle Nazioni Unite. Attualmente, tuttavia, non esiste un documento legale vincolante che qualifichi il diritto all’acqua come un diritto umano universale in modo esplicito.

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Fonti utilizzate nell’articolo

https://www.pexels.com/it-it/foto/pugno-sinistro-della-persona-che-perfora-l-acqua-821037/

https://digitallibrary.un.org/record/687002#record-files-collapse-header

http://www.diva-portal.org/smash/get/diva2:1206102/FULLTEXT01.pdf

https://www.watergrabbing.com/acqua-bene-comune/

https://www.watergrabbing.com/chi-siamo/

https://www.water-alternatives.org/index.php/alldoc/articles/vol5/v5issue2/165-a5-2-1/file

https://www.theguardian.com/global-development/poverty-matters/2011/nov/24/africa-water-grab-land-rights

https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.1213163110

https://www.tandfonline.com/doi/epdf/10.1080/01436597.2013.843852?needAccess=true&role=button

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921800916307121

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Filippo del Monte Alia

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risorse naturali diritti fondamentali diritto ambientale