Analisi ed evoluzione della gestione dei flussi migratori: il caso europeo durante il conflitto Russo-Ucraino

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  29 settembre 2023
  17 minuti, 6 secondi

Abstract

La tematica riguardo i flussi migratori sta generando un intenso dibattito tra politici e cittadini. Con la presente trattazione si vuole approfondire tale questione, facendo riferimento al diritto internazionale ed europeo, approfondendo il ruolo che hanno gli stati membri nella questione dei flussi migratori e, nello specifico, come questi hanno agito di concerto durante il conflitto russo-ucraino in materia di accoglienza.

Autori

Giulia Pavan - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Serena Tripodi - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Sofia Manaresi - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Matteo Restivo - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società


Introduzione

Per comprendere al meglio la straordinarietà e immediatezza degli interventi dell’Unione e dei suoi Stati membri, saranno presi in considerazione diversi documenti fondamentali, come la Convenzione di Ginevra del 1951, che regola la questione dei rifugiati quindi i richiedenti d’asilo e sancisce delle norme inerenti alla responsabilità degli Stati nei loro confronti, o la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 che sancisce il diritto di cittadinanza. Sarà infine analizzata la Direttiva 2001/55 della Commissione europea alla luce della sua applicazione straordinaria, avvenuta solo nel 2022, tuttavia, ha mostrato delle criticità nell’individuazione dei profili adatti a ricevere la protezione internazionale e ha lasciato alcune perplessità sulla sua non-applicazione in passato.


Brevi nozioni di diritto internazionale ed europeo in materia di gestione dei flussi migratori

Il diritto internazionale e europeo in materia di accoglienza e gestione dei flussi migratori è complesso e in costante evoluzione.

L'Europa è stata storicamente una regione di grande attrattiva per i migranti provenienti da diverse parti del mondo. L'immigrazione e l'asilo sono diventati temi centrali nel dibattito politico ed economico del continente.


Diritto internazionale

La base fondamentale per la regolamentazione dell'immigrazione e dell'asilo a livello internazionale è rappresentata dalla Convenzione ONU di Ginevra del 1951 relativa allo Status dei Rifugiati. Questa convenzione definisce il concetto di rifugiato e stabilisce i diritti e le responsabilità degli Stati nei loro confronti. L’art. 1 definisce rifugiato “chiunque, per causa di avvenimenti anteriori al 1° gennaio 1951 e nel giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi”.

Altri principi cardine di questa convenzione sono inoltre il divieto di discriminazione (art. 3), il diritto di adire ai tribunali, che permette a ciascun rifugiato di fruire dello stesso trattamento concesso ai cittadini dello Stato contraente (art. 16), il diritto all’educazione pubblica e all’assistenza pubblica (art. 22 e 23) e il divieto di respingere o rimpatriare i rifugiati verso luoghi in cui potrebbero essere perseguitati (art. 33).

Altri due importanti documenti da citare sono la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, dove nello specifico nell’art. 14 si sancisce che “ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni” e nell’art. 15 si afferma il diritto per ogni cittadino ad avere una cittadinanza e che questa non potrà essergli arbitrariamente privata. A tale ultimo articolo si collega il secondo importante documento, che è la Convenzione sullo statuto degli apolidi del 1954, nella quale si rimarcano i generali divieti e diritti precedentemente citati.

Oltre alle convenzioni menzionate, ci sono numerosi altri strumenti internazionali e regionali che affrontano aspetti specifici della migrazione e dell'asilo. Ad esempio, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) svolge un ruolo importante nella gestione della migrazione, offrendo assistenza ai migranti e promuovendo una migrazione sicura e ordinata. Inoltre, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è incaricato di proteggere e assistere i rifugiati in tutto il mondo, lavorando in stretta collaborazione con gli Stati per garantire il rispetto dei diritti dei rifugiati.


Diritto europeo

Per quanto concerne, invece, il diritto dell'Unione Europea il tema è affrontato nel fondamentale Trattato di Lisbona del 2009, che ha conferito all'UE competenze più ampie in materia di politiche migratorie. Ruolo centrale in quest’ambito è svolto dal Consiglio Europeo che fissa le priorità strategiche, stabilendo linee d’azione e predisponendo negoziati con Paesi terzi. Il Consiglio adotta inoltre atti legislativi e definisce programmi specifici.

Un importante atto legislativo è stato il regolamento di Dublino II del 2003 il quale ha sostituito la convenzione di Dublino del 1990, che rappresentava il primo accordo intergovernativo nel definire le regole europee sul diritto d’asilo. Tuttavia, tale regolamento attuava una variazione solamente formale, non modificando le previsioni originarie della precedente convenzione. Le novità più rilevanti vennero introdotte, invece, con il regolamento Dublino III del 2014, il quale propone l’utilizzo del database Eurodac, mediante il quale raccogliere e schedare i dati sensibili dei cittadini stranieri.

Le strategie europee in materia di accoglienza e gestione dei flussi migratori cercano un equilibrio tra il rispetto dei diritti umani e la gestione dei confini. Tuttavia, questo è spesso oggetto di dibattito e critiche, poiché l'UE deve affrontare sfide complesse come l'aumento dei flussi migratori, la distribuzione equa dei richiedenti asilo tra gli Stati membri e la creazione di canali sicuri per l'immigrazione legale. Di fronte a politiche che spesso sono di chiusura nei confronti di Paesi terzi la Corte di Giustizia dell’UE è intervenuta più volte allo scopo di contemperare il diritto degli Stati membri con la tutela dei diritti fondamentali del migrante. Ciò è stato possibile grazie all’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000. Emblematico è l’art. 19 che nel primo comma vieta le espulsioni collettive ed ogni respingimento alla frontiera e l’allontanamento coercitivo dal territorio senza prima aver effettuato un esame individuale del soggetto richiedente asilo; nel secondo comma, invece, vieta l’allontanamento, l’espulsione o l’estradizione verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposti alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

Le politiche europee in materia di migrazione e asilo sono in costante evoluzione per affrontare le sfide emergenti. Nel 2020 è stato presentato il "Patto sull'Immigrazione e l'Asilo dell'UE" con l'obiettivo di riformare le politiche migratorie. Questo accordo mira a creare canali sicuri per l'immigrazione legale, distribuire in modo più equo i richiedenti asilo tra gli Stati membri e collaborare con i Paesi terzi per affrontare le cause della migrazione. Nonostante l’aggiornamento e l’integrazione dei criteri di gestione del fenomeno, il disegno si presenta ancora incompleto e disorganico e le problematiche esistenti non hanno trovato concreta risoluzione.

La situazione di stallo nella trattazione parlamentare del Patto ha indotto la Commissione Europea a proporre “action plans” concernenti, rispettivamente, la rotta del Mediterraneo centrale e quella dei Paesi balcanici.

Il piano che interessa la prima area d’intervento è costituito da misure il cui obiettivo è quello di arginare soprattutto l’emergenza migratoria irregolare. Il piano d’azione prevede lo sviluppo di una collaborazione sinergica tra i Paesi dell’Unione, i Paesi partner e le ONG, il miglioramento del cosiddetto meccanismo di solidarietà volontaria e la promozione di una nuova politica di ricerca e soccorso.

Il piano d’azione previsto a sostegno degli Stati membri che si trovano a gestire la crescente pressione migratoria che interessa l’area dei Balcani occidentali, d’altro canto, mira ad incentivare la cooperazione tra gli stessi e i relativi partner extra-UE, accelerando le procedure di asilo e sostenendo la capacità di accoglienza nei confini.

Le nuove proposte non sembrano apportare alcun cambio sostanziale: gli interventi previsti riproducono le scelte e gli strumenti che erano alla base del regolamento di Dublino, tra cui i centri di prima accoglienza, la chiusura delle frontiere nonché un processo di esternalizzazione della responsabilità ai Paesi terzi, senza tener conto adeguatamente dello stato e della tutela dei diritti umani in tali Paesi. Resta in vigore il principio dello Stato di primo ingresso, contestato dai Paesi con frontiere esterne come l’Italia, la Grecia, la Spagna.

In sintesi, il quadro giuridico internazionale ed europeo è cruciale per la comprensione e la gestione dei flussi migratori in Europa. Tuttavia, la complessità e la dinamicità delle sfide legate all'immigrazione richiedono una costante revisione e adattamento delle politiche e delle leggi vigenti per affrontare in modo efficace questa importante questione.


La natura dei flussi migratori derivati dallo scoppio del conflitto russo-ucraino

La crisi migratoria derivante dall’invasione russa dell’Ucraina avvenuta a Febbraio del 2022 rappresenta un dramma umanitario che ha scosso il mondo nell’ultimo anno e mezzo, e continua tuttora ad essere fonte di grande preoccupazione. L’invasione armata e violenta da parte dell’esercito russo ha causato un flusso costante di persone in fuga dalle regioni dell’Ucraina colpite dai combattimenti, portando con sé una serie di sfide e difficoltà sia per i rifugiati che per le nazioni di destinazione.

Il conflitto armato tra le forze governative ucraine e i separatisti filorussi ha provocato la distruzione di intere comunità, lasciando molte persone senza casa e senza mezzi di sussistenza. La violenza e l'insicurezza del momento hanno spinto molte famiglie a cercare rifugio altrove, mentre il blocco economico e l’interruzione dei servizi essenziali hanno reso la vita nelle zone in guerra estremamente difficile. Le condizioni in cui molti rifugiati ucraini si sono trovati, e si trovano tutt’ora, sono estremamente difficili, dovute alla mancanza di alloggi adeguati, assistenza medica e accesso. Inoltre, la lingua e le differenze culturali hanno reso difficile l'integrazione nei paesi di destinazione, generando tensioni e conflitti civili in alcune comunità ospitanti.

Secondo una delle ultime stime dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), sono più di 8 milioni i profughi ucraini che attualmente si trovano in Europa. Migliaia di ucraini hanno cercato asilo in paesi vicini ai confini dell’Ucraina come la Polonia, la Slovacchia, la Romania e l'Ungheria, i quali sono diventati importanti punti di destinazione per i rifugiati ucraini. Altri hanno intrapreso viaggi più lunghi, cercando rifugio in paesi più lontani, come la Germania o il Regno Unito. In questo caso, la geografia gioca un ruolo cruciale nell'analisi di questa crisi migratoria, contribuendo a comprendere i modelli di spostamento, le rotte migratorie e le sfide logistiche associate. Nello specifico, la geografia dell’Ucraina stessa ha influenzato notevolmente le rotte migratorie seguite dai rifugiati ucraini. Molti hanno attraversato i confini terrestri per raggiungere paesi europei vicini, mentre altri hanno cercato rifugio nelle città ucraine più a ovest o nelle regioni limitrofe dove il conflitto era meno intenso. Inoltre, la geografia fisica della regione, con ampie aree rurali e le stagioni climatiche rigide dell'Europa orientale, ha rappresentato una sfida per i rifugiati che hanno dovuto affrontare le condizioni ambientali avverse durante la loro fuga. L'inverno rigido, in particolare, ha posto ulteriori difficoltà per coloro che si sono trovati senza un alloggio adeguato. Anche le città hanno svolto un ruolo significativo nella crisi migratoria, in quanto spesso sono state mete predilette di rifugiati in cerca di sicurezza e opportunità. Città come Kiev, la capitale ucraina, e città europee vicine ai confini, come Varsavia e Bucarest, sono diventate centri chiave per i rifugiati, offrendo non solo un rifugio sicuro ma anche accesso a servizi e opportunità di lavoro.

Nonostante questo improvviso e significativo flusso migratorio abbia posto una notevole pressione sulle risorse e sul sistema di asilo di molti paesi europei coinvolti, la risposta dell'Unione Europea (UE) a questa crisi è stata sorprendente e tempestiva. L’approccio dell’UE ha combinato elementi di solidarietà, gestione dei confini e aiuto umanitario. Molti Stati membri hanno espresso solidarietà verso l'Ucraina e hanno aperto le porte per accogliere i rifugiati provenienti dalle regioni maggiormente colpite dalla guerra, lavorando in stretta collaborazione con organismi internazionali come l’UNHCR per coordinare le attività di accoglienza e garantire il benessere dei rifugiati. Nel quadro di queste azioni congiunte sono stati sviluppati accordi bilaterali e multilaterali per facilitare il trasferimento e l'accoglienza dei rifugiati.

Inoltre, l’UE ha destinato risorse considerevoli all'aiuto umanitario per sostenere sia i rifugiati che le comunità ospitanti nelle aree colpite dalla crisi. Questo sostegno ha incluso non solo forniture mediche, alloggi temporanei e assistenza alimentare, ma anche programmi per l'integrazione dei rifugiati nelle società di accoglienza. Le istituzioni europee hanno posto l'accento sulla sostenibilità e sull'integrazione a lungo termine dei rifugiati, includendo programmi di formazione linguistica, assistenza all'occupazione e accesso ai servizi sociali per aiutare i rifugiati a integrarsi nelle società di accoglienza e contribuire alle economie locali. Tuttavia, oltre alla dichiarata solidarietà e ai cospicui aiuti umanitari, la crescente affluenza di rifugiati ha sollevato questioni sulla gestione dei confini dell'UE. Alcuni paesi hanno implementato misure di controllo più rigorose per gestire il flusso migratorio e garantire la sicurezza interna, creando tensioni tra gli Stati membri ed evidenziando la necessità di una politica migratoria comune più coordinata.

Nonostante la complessità di questa crisi abbia evidenziato la necessità di una maggiore coerenza e coordinamento nelle politiche migratorie dell'UE, l’approccio adottato dagli Stati membri è stato straordinario ed immediato, ne è un esempio concreto la prima applicazione nella storia della Direttiva Europea 2001/55 per la gestione dei massicci flussi migratori in ingresso nell'Unione.


L’applicazione straordinaria della Direttiva Europea 2001/55 per i flussi migratori dall’Ucraina

In funzione dell’evoluzione del conflitto russo-ucraino, l’Unione europea ha dovuto fronteggiare l’arrivo di massicci flussi di sfollati, dei quali in milioni hanno richiesto protezione internazionale in uno degli Stati Membri (Scissa, 2022). Per tale ragione, il Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione, ha ritenuto che ci fossero gli estremi per attivare, per la prima volta dalla sua adozione 21 anni fa, la direttiva 2001/55/CE sulla Protezione Temporanea (Art. 5). La Decisione del Consiglio 2022/382 è entrata in vigore il 4 marzo 2022, giorno di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale UE.

In breve, la Direttiva sulla Protezione Temporanea presenta il duplice obiettivo di evitare il malfunzionamento, o nel peggiore dei casi il collasso, dei sistemi d’asilo nazionali a fronte di flussi massicci di stranieri e di fornire immediata protezione agli sfollati nel rispetto del principio di non-respingimento e del diritto internazionale dei rifugiati.

Secondo la Direttiva, la protezione temporanea ha durata di un anno, a decorrere dal 24 febbraio 2022. Può essere rinnovata di sei mesi e, successivamente, di altri sei e, in via straordinaria, di un ulteriore anno, su richiesta della Commissione, per un totale di tre anni (Art. 4). Durante questo frangente temporale, ai beneficiari della protezione temporanea devono essere garantiti un titolo di soggiorno e, all’occorrenza, i visti necessari nel più breve tempo possibile e a costo ridotto al minimo (Art. 8); il diritto ad essere informati in una lingua a loro comprensibile delle norme inerenti la protezione temporanea (Art. 9); il diritto di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, nonché di istruzione per adulti, inclusa la formazione professionale (Art. 12); il diritto a ricevere alloggio o, se necessario, i mezzi per ottenere una abitazione (Art. 13, c. 1); il diritto all’assistenza socio-sanitaria e contributi per cure mediche e per il sostentamento, qualora non si disponga di risorse sufficienti (Art. 13, c. 2); il diritto al ricongiungimento familiare (Art. 15); per i minori, il diritto di accedere al sistema educativo, a parità di condizioni con i cittadini dello Stato membro interessato (Art. 13, c. 4).

Nonostante queste norme minime previste dalla regolamentazione europea, e nonostante l’applicazione di questa Direttiva debba essere accolta con favore, restano alcuni dubbi e punti critici sulla sua applicazione:

  1. L’Art. 2, comma 4, fornisce una definizione flessibile ma al tempo stesso ristretta di "familiari" e risulta evidente che la definizione non comprende i figli/e minorenni del/la partner né qualsiasi altro membro della famiglia che non vivesse con il beneficiario di protezione temporanea e che non ne fosse almeno parzialmente dipendente;
  2. per quanto riguarda i cittadini terzi o apolidi che soggiornavano in Ucraina da prima dello scoppio del conflitto, ad essi potrebbe essere conferita una “protezione adeguata” sulla base del diritto interno dello Stato membro, che, come noto, varia notevolmente in UE e si caratterizza per differenti procedure di valutazione, differente durata e accesso a diritti e servizi per i beneficiari. Elementi di diversità di trattamento e accesso alla protezione sembrano quindi profilarsi già all’interno della categoria a cui vengono offerte maggiori garanzie di protezione. Nonostante le ragioni della fuga dall’Ucraina siano le stesse, come altresì richiesto dalla Direttiva 2001/55, il conferimento della protezione è interamente lasciato alla discrezionalità dei singoli Stati membri che, pertanto, potranno decidere autonomamente se fornir loro protezione e, nel caso, quale status accordare;
  3. i cittadini di Stato terzo o apolidi irregolarmente presenti in Ucraina e i richiedenti protezione internazionale in Ucraina non compaiono nel testo della Decisione 2022/382, la protezione non è pertanto né incoraggiata né menzionata dal Consiglio. A tal proposito, risulta essenziale ricordare che, secondo gli ultimi dati disponibili, il numero di irregolari presenti in Ucraina al 2019 oscillava tra i 30 e i 61mila, provenienti soprattutto da Paesi ex sovietici, mentre i richiedenti protezione internazionale erano circa 2.300 (IOM, 2021).

I migranti che provengono da Paesi con gravi limitazioni e violazioni di diritti umani, Paesi dilaniati da conflitti latenti e dalla stessa Russia, in assenza di documenti o di una posizione regolare o stabile in Ucraina, rischiano di essere abbandonati e dimenticati dalle istituzioni, esponendoli gravemente a rischio di sfruttamento, tratta e traffico, trattamenti inumani e degradanti (Scissa, 2022).

Infine, seppur ai sensi del diritto internazionale dei rifugiati, la protezione dev’essere accordata senza alcun tipo di discriminazione o distinzione su base etnica, nazionale o di status giuridico, la Decisione del Consiglio Europeo sembra creare una pericolosa stratificazione tra persone che, seppur accomunate dagli orrori della guerra, sono destinate a ricevere un trattamento diverso a seconda della loro posizione (in)stabile e (ir)regolare sul territorio ucraino (Scissa, 2022).


Conclusioni

L’elaborato fornisce un’analisi generalizzata dell’andamento dei flussi migratori verso l’Unione Europea, ma si concentra in particolare sui flussi migratori provocati dalla guerra tra la Russia e L’Ucraina.

Considerate le norme principali del diritto internazionale ed europeo in materia di accoglienza e gestione dei flussi migratori, è evidenziata l’importanza della tutela dei diritti migranti, e il trattamento a cui dovrebbero essere sempre sottoposti, alla luce delle strategie e delle politiche che sono adottate dall’UE.

In seguito all’analisi dei tre documenti fondamentali in materia d’immigrazione - la Convenzione ONU di Ginevra del 1951, la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e il Trattato di Lisbona del 2009 - è preso in considerazione l’impatto sociale che hanno questi documenti sulle persone che vivevano in Ucraina e che hanno dovuto affrontare questa crisi umanitaria, nonché la percezione degli Stati di essa, soprattutto di fronte al cambiamento geografico delle rotte intraprese dai rifugiati.

Esaminato il più recente "Patto sull'Immigrazione e l'Asilo dell'UE” nel 2020, che ha l'obiettivo di riformare le politiche migratorie europee, ci si collega infine alla politica di accoglienza straordinaria europea in relazione all’applicazione della Direttiva Europea 2001/55, la quale ha l’obiettivo di prevenire il malfunzionamento dei sistemi di asilo a fronte dei massicci flussi migratori verificatisi, ma che ha dimostrato le lacune insite al sistema di accoglienza europeo e come in alcuni casi sia gli organi sovranazionali, sia quelli nazionali, mettano in risalto le differenze etniche, geografiche e di status sociale e giuridico dei rifugiati e richiedenti asilo.



Fonti:

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Nizza 2000. (1-A)

Consiglio Europeo e Consiglio dell’Unione europea, Politica dell'UE in materia di migrazione e asilo. https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-migration-policy/ (1-A);

Convenzione sullo statuto degli apolidi, New York 1954. (1-A);

Convenzione sullo statuto dei rifugiati, Ginevra 1951. (1-A);

C. Scissa (2022). La protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina in UE e in Italia: alcuni profili critici. Asgi. https://www.asgi.it/notizie/la-protezione-temporanea-per-le-persone-in-fuga-dallucraina-in-ue-e-in-italia-alcuni-profili-critici/ (2-B);

Dichiarazione universale dei diritti umani, Parigi 1948. (1-A)

Direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati che subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi (1-A);

Decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE e che ha come effetto l'introduzione di una protezione temporanea (1-A);

F. Roberti (2022). Gli accordi europei in tema di immigrazione. Giustizia Insieme. https://www.giustiziainsieme.it/it/diritti-umani/2588-gli-accordi-europei-in-tema-di-immigrazione?hitcount=0 (2-B);

IOM (2021). Irregular Migrants in Ukraine, 2021, https://iom.org.ua/sites/default/files/irregular_migrants_in_ukraine_e (1-A);

Trattato sull’Unione Europea, Lisbona 2009. (1-A);

UNHCR, https://www.unhcr.org/it/ (1-A).

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