Breve riflessione sulla Memoria e la costruzione dell’Identità Storica

  Focus - Allegati
  04 gennaio 2024
  21 minuti, 34 secondi

Autori

  • Simona Chiesa - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Sofia Manaresi - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Marco Rizzi - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Francisco Duran - Head Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società


Abstract

Il concetto di memoria collettiva rappresenta il legame essenziale tra il passato e il presente, plasmando l'identità sociale attraverso ricordi condivisi e luoghi simbolici. Tuttavia, non è statica ma soggetta a molteplici interpretazioni e tensioni politiche e sociali. Questa analisi esplora le sfide nella costruzione di una memoria condivisa, evidenziando il ruolo cruciale dei mass media nel plasmare e influenzare la percezione collettiva del passato e del futuro. Attraverso l'esame di contesti come la Russia, emerge il modo in cui i media negoziano la memoria, sollevando interrogativi sulla manipolazione della storia. L'analisi dei luoghi di memoria evidenzia il loro impatto nell'identità collettiva, tuttavia, nel mondo globalizzato, queste testimonianze possono generare molteplici versioni della storia.


I. Introduzione

Il concetto di memoria collettiva costituisce il tessuto connettivo che interseca il passato e il presente, dando forma all'identità di una società e si dipana attraverso intricate trame di ricordi condivisi e luoghi simbolici intrisi di significato. Tuttavia, essa non si presenta come un'entità statica e neutrale, bensì come un terreno suscettibile alla costruzione di narrazioni complesse, spesso soggette a molteplici prospettive e interpretazioni.

La ricerca di una memoria condivisa, in grado di accogliere le varie voci e prospettive che caratterizzano la storia di una comunità, si scontra con numerose difficoltà. Le tensioni politiche, culturali e sociali incidono profondamente sulla rappresentazione del passato, generando una rete intricata di interpretazioni divergenti. Nell'ambito del perseguire l'obiettivo di una memoria condivisa, emerge la necessità di esaminare in modo critico le sfide legate alla costruzione di un'identità collettiva che possa resistere alle divisioni e promuovere la comprensione reciproca.

Un ulteriore aspetto cruciale riguarda il ruolo dei mass media nella formazione della memoria collettiva. L'irrefrenabile avanzata dei mezzi di comunicazione ha amplificato la portata e l'influenza delle narrazioni memorialistiche, contribuendo a modellare la percezione collettiva del passato e, in certi casi, del futuro. Si analizza il modo in cui i mass media agiscono come veicoli per la trasmissione e la manipolazione della memoria, considerando il loro impatto sulla costruzione di una cosiddetta "memoria del futuro". Questa riflessione troverà esemplificazione nel contesto russo, dove la memoria si configura come un terreno di negoziazione tra passato, presente e prospettive future. Attraverso il prisma della Russia, è facile comprendere come i mass media influenzino la percezione collettiva del passato e come plasmino proiezioni future, contribuendo così a delineare una memoria del "futuro" intrinsecamente connessa agli eventi e alle dinamiche storiche.

In questo approfondimento, cercheremo di scrutare le dinamiche complesse che sottendono la costruzione della memoria collettiva e dei luoghi di memoria, esaminando le criticità che si manifestano nell'ambito di una memoria che cerca di abbracciare dimensioni transculturali e transnazionali.

II.
Il concetto di memoria collettiva e di luogo di memoria

Spesso il concetto di memoria collettiva rimane confinato in interpretazioni politiche e mediatiche, ignorando la sua vastità e complessità geografica. Questa limitazione impedisce di comprendere appieno il conflitto memoriale globale innescato dalla modernità. L'arrivo della globalizzazione ha portato una sfida significativa nel rapporto attuale con il passato. Successivamente alla fine del secondo conflitto mondiale, specialmente dagli anni Sessanta in poi si è presentata la necessità di un nuovo impegno degli storici: democratizzare la memoria collettiva. Questo processo non solo arricchisce l'educazione civica ma diventa cruciale nel nostro approccio alla modernità. I conflitti memoriali locali diventano parte di una contesa più ampia legata ai tragici eventi del passato. Questa riflessione non è limitata al solo ambito nazionale ma coinvolge realtà globali, riflettendo la complessità e l'ampiezza di questa sfida memoriale. È fondamentale abbracciare questa complessità per comprendere appieno il significato della memoria collettiva e l'impatto della modernità su di essa. Questo approccio richiede una visione più ampia e globale offrendo così un'opportunità per una riflessione più profonda e inclusiva sul nostro rapporto con il passato.

Ciò che chiamiamo memoria collettiva oggi rappresenta un insieme di pratiche memoriali, tra cui monumenti e supporti, che facilitano la costruzione dell'identità di un gruppo. Il connubio tra società e storia ha generato nel corso dei secoli un intricato processo di formazione della memoria collettiva, un fenomeno di grande rilevanza sociale e politica che ancora oggi influenza il nostro modo di percepire il passato. Michael Kammen offre una interessante sintesi dei motivi che sottendono a questo processo, fornendo una chiave di lettura essenziale per comprendere l'ampiezza e la portata del fenomeno. L'interesse crescente verso il passato, la costruzione di una memoria selettiva del sapere storico, la mobilizzazione del passato a fini partigiani e commerciali, insieme alla centralità della storia nella definizione delle identità nazionali e di gruppo, sono i pilastri fondamentali che hanno plasmato la memoria collettiva nel corso dei secoli. Questo processo paradigmatico ha assistito recentemente all’ascesa del turismo storico, alla diffusione di movimenti identitaristi in Europa a partire dagli anni Settanta, e a un nuovo vocabolario dominato da concetti come eredità, radici e identità. Questo processo di formazione della memoria collettiva offre una panoramica chiara di come il nostro rapporto con il passato abbia modellato la nostra società e il modo in cui comprendiamo la storia e si conferma una sfida per la democratizzazione della memoria sociale che continua a influenzare il nostro presente e il nostro futuro (Gillis, 1994; Kammen, 1993).

È importante però anche sottolineare come il panorama delle memorie collettive, riflettendo sul rapporto tra comunità e il tentativo di definire una memoria condivisa, si scontri con un panorama globale, in cui ogni nazione cerca di plasmare la propria memoria, generando effetti dirompenti. Tale processo mira a definire territorialmente il passato, in un processo intrapreso in ambiti come i libri di testo, i programmi educativi e le discussioni politiche. Questa tendenza si traduce in rivendicazioni politiche e richieste di revisione di narrazioni storiche, coinvolgendo la politica internazionale e rendendo la storia un campo di scontro tra stati. Dunque, la memoria storica ha subito una trasformazione significativa, diventando un tema centrale nella vita sociale, sia a livello locale sia a livello globale. Essa è una questione socialmente viva che offre grandi opportunità per l'insegnamento della storia, dando occasione di discutere stereotipi, false conoscenze e l'uso sociale della storia, contribuendo alla costruzione di una consapevolezza storiografica insieme alla basilare conoscenza storica. L’obiettivo ultimo è quello di diffondere un gusto per la storia e una capacità di giudizio che rendano più difficile l'abuso e la manipolazione delle memorie, coinvolgendo non solo gli storici ma l'intera società. Il dibattito sull'abuso della memoria storica emerge come un tema cruciale nell'era moderna, in particolare nell'ambito della rielaborazione e della manipolazione della storia collettiva. L'uso commerciale della memoria attraverso i mezzi di comunicazione di massa pone delle gravi questioni riguardanti l'identità culturale nazionale. Questo fenomeno può essere considerato come un'evoluzione della teoria dell'invenzione della tradizione teorizzata da Hobsbawm e Ranger, che rileva il modo in cui la storia nazionale venga manipolata e plasmata per adattarsi alle esigenze del momento (Hobsbawm & Ranger, 2002). La didattica della storia, attraverso l'approccio laboratoriale, ha cercato di superare l'approccio tradizionale alle lezioni, coinvolgendo attivamente studenti e insegnanti nella comprensione storica, non solo per ricostruire il passato ma anche per comprendere il presente e progettare il futuro (Rossi, 1991).

In questo senso, il concetto di luogo di memoria riflette l'evoluzione della società contemporanea e la sua relazione con la storia. La scelta della conservazione dei luoghi fisici della memoria diventa una decisione politica e culturale. La conservazione di tali luoghi fisici è cruciale per la trasmissione autentica della storia e per permettere alle future generazioni di comprendere le tragedie e gli errori del passato.

Nel tessuto delle nazioni occidentali si intrecciano ricordi, simboli e monumenti che plasmano una trama comune di memoria. Questi luoghi simbolici, che vanno dai monumenti ai musei storici, ai paesaggi commemorativi, fungono da punti di riferimento spazio-temporali cruciali per la società. Essi non solo commemorano eventi, persone e luoghi, ma spesso sono intrecciati a dolorosi episodi che hanno visto la perdita di numerose vite umane. L'evoluzione di questa pratica memorialistica è radicata nella storia, poiché ha contribuito alla costruzione delle identità nazionali e alla promozione di valori condivisi. L'epoca contemporanea ci offre una consapevolezza del relativismo della memoria. La crisi delle ideologie unitarie è enfatizzata dalla complessità etnica e culturale del mondo moderno, dalle interconnessioni globali e dalla pluralità delle memorie stesse, ora patrimonio non solo di intere comunità, ma anche di gruppi minori e singoli individui.

Questa diffusione è riflessa nell'interesse turistico sempre crescente verso luoghi di tragedie recenti e i relativi monumenti. La pratica della memorializzazione oggi abbraccia non solo forme d'arte tradizionali come pittura e scultura ma si estende anche a documentari, musei ed eventi nazionali. Essa si configura come un genere di progettazione che, attraverso espressioni materiali e immateriali, cerca di soddisfare le varie e complesse esigenze e aspettative della società. In questo contesto, l'architettura della memoria non mira solo a commemorare il passato ma cerca di coinvolgere attivamente il presente dei visitatori. La memoria non è più solamente un legame con il passato ma è anche una rappresentazione che appartiene al presente, in una continua riflessione sulla nostra identità collettiva (Augè, 2000).

Nei decenni recenti, monumenti e memoriali sono emersi come tessuti vivi della cultura della memoria nelle città di tutto il mondo, specialmente nel contesto dei drammatici eventi del secolo scorso. La parola "monumento", con le sue radici nel latino monumentum e monēre (ricordare), è stata spesso associata ai regimi autoritari che ne sfruttavano il potere politico celebrativo. Tuttavia, il Dopoguerra e le tragedie che hanno segnato quel periodo hanno gradualmente trasformato il concetto di monumento in quello di memoriale. Questo cambio di linguaggio riflette i mutamenti sociali e culturali, portando ad una nuova prospettiva nei confronti di questa forma artistica. La memoria, il raccoglimento e il ricordo costituiscono complessi meccanismi di conservazione delle esperienze passate. Tuttavia, i memoriali possono diventare veicoli di conflitto all'interno di una comunità, in quanto simboli di significati contrastanti. In contesti di cambiamento politico, il desiderio di manipolare o eliminare le vecchie memorie emerge come una realtà tangibile in tentativi di lotta per il controllo simbolico e storico. La memoria, dunque, è un terreno di conflitto e di costruzione identitaria, una sfida per la comprensione collettiva del passato, del presente e del futuro. La sua rappresentazione attraverso monumenti e memoriali, se da un lato è testimonianza di ricordi, dall'altro può diventare un campo di battaglia per interpretazioni e narrazioni differenti (Nora, 1984).

La memoria riveste un ruolo fondamentale non solo nella nostra esperienza individuale, ma è cruciale anche per la costruzione dell'identità personale e sociale. L’identità di un individuo o di un gruppo si basa sulla sensazione di continuità nel tempo e nello spazio, sostenuta dal ricordo. Il concetto di memoria collettiva evidenzia la soggettività della memoria e la necessità di una nozione condivisa di collettività nelle memorie. È bene evidenziare la distinzione fra memoria storica, appresa attraverso la storia scritta, e memoria individuale e autobiografica, basata su esperienze personali. La memoria individuale contribuisce alla formazione della sfera sociale e della memoria collettiva, sottolineando l'interconnessione tra memoria individuale e collettiva. Dunque, la percezione e la memoria sono intrecciate e fuse nel linguaggio, nelle immagini e nell'esperienza fisica condivisi nella nostra epoca e nel contesto sociale. I memoriali non sono semplici monumenti, ma luoghi intrisi di significato, spazi che elevano un oggetto o un concetto. La loro importanza può derivare dall'autenticità del sito o dall'attribuzione di un valore simbolico. L'esperienza sensoriale e la connessione con questi luoghi sono strumenti potenti per attivare la memoria. Coinvolgere il corpo e i sensi in un'esperienza rende più agevole ricordare e dare concretezza a un evento, superando le limitazioni degli oggetti tradizionali della memoria, come i libri. Uno spazio della memoria offre la possibilità di movimenti fisici e azioni, facilitando l'incorporazione di eventi. I memoriali all'Olocausto, ad esempio, costituiscono un esempio tangibile di questa dinamica. Molti visitatori hanno solo una conoscenza distante di questo passato attraverso film, fotografie, musei e libri e dunque il coinvolgimento dello spettatore diventa fondamentale nel percorso di memorizzazione nella modernità (Nora, 1984; Augè, 2000).

Da ultimo, il revisionismo storico, che tende a minimizzare o negare responsabilità storiche, richiede una risposta attraverso la documentazione esistente, le testimonianze e la conoscenza approfondita della realtà storica. La comprensione della storia e la sua trasmissione autentica sono fondamentali per contrastare la manipolazione della memoria. Attraverso un'analisi critica del Novecento, è essenziale coinvolgere le nuove generazioni nella riscrittura dei valori, evidenziando la necessità di affrontare i razzismi, difendere i diritti umani e promuovere la convivenza civile come elementi chiave per il futuro delle società.

III. Criticità nel costruire una memoria unica e transnazionale

Il riferimento alla "nostra memoria" implica la condivisione di tracce mnestiche comuni tra gli individui appartenenti al collettivo rappresentato dal "noi", relativo a specifici eventi. Tuttavia, concordare su una rappresentazione accurata di tali eventi costituisce un'impresa intrinsecamente problematica. La decisione su quali episodi includere o escludere, quali dettagli enfatizzare, come stabilire i legami di causa ed effetto, le interpretazioni sollecitate e i punti di vista da privilegiare solleva questioni cruciali. Chi detiene l'autorità finale quando le diverse versioni non coincidono? (Pisanty, 2020).

In una prospettiva diacronica, Gribaudi evidenzia come le memorie a lungo ignorate nell'ambito pubblico possano emergere durante mutamenti nei contesti politici e sociali. Tale fenomeno si verificò negli anni novanta del secolo scorso, quando molte memorie precedentemente represse o oscurate relative alla Seconda Guerra Mondiale trovarono spazio e visibilità dopo la fine della Guerra Fredda, la caduta del comunismo nell'Europa orientale (dove questo fenomeno fu particolarmente pronunciato) e il collasso dell'Unione Sovietica (Pisanty, 2020).

Il ventunesimo secolo ha assistito a un imponente proliferazione delle memorie storiche. Indipendentemente dai casi specifici a livello locale, ciò è stato un effetto tangibile della globalizzazione (Inglis 2016). La diffusione della comunicazione a livello mondiale ha consentito a molteplici versioni della storia di trovare voce e ascolto. Pur essendo in larga parte positivo, questo fenomeno ha portato spesso a conflitti tra le diverse memorie stesse. Non si tratta solamente del riconoscimento delle storie e delle memorie precedentemente considerate locali o marginali, sebbene ciò rappresenti un aspetto significativo e da accogliere con soddisfazione. Altrettanto rilevante e problematico è il fatto che tali memorie possono veicolare rappresentazioni contrastanti di fatti condivisi. Ogni versione ufficiale della storia legittima certe memorie, mentre ne disqualifica altre; ogni conflitto dà origine a memorie conflittuali e antagoniste (Jedlowski, 2020)

Un'ulteriore complessità sorge quando si valuta l'efficacia delle politiche della memoria implementate per i vari attori della comunità globale, sia a livello statale che della società civile. È plausibile, come recentemente osservato da Henry Rousso, che in un'epoca in cui "tutte le politiche pubbliche, se non addirittura tutte le attività quotidiane, sono sempre più soggette a forme di valutazione o di benchmarking", solamente le politiche della memoria sfuggono a questo tipo di controllo?

IV. La comunicazione sociale della memoria: i mass media – la memoria del futuro

Il legame tra memoria e società rappresenta un connubio intricato che coinvolge diversi fattori: la narrazione storica e la ricostruzione del passato, la diffusione delle interpretazioni storiche attraverso la comunicazione sociale, gli individui che interpretano e comunicano la memoria, e infine, la relazione di tali soggetti con il potere derivante dal controllo e dalla diffusione della memoria sociale. In questo contesto, ci si propone di esaminare un aspetto della comunicazione sociale della memoria, considerando i mass media sia come strumenti sia come attori nei processi di comunicazione e diffusione sociale del ricordo e del suo significato simbolico (Moroni, 2018).

Per comprendere il ruolo della comunicazione nell'utilizzo che la società fa della memoria, risulta utile esaminare il pensiero di Luhmann. Egli concepisce la memoria come un processo sociale che consente al sistema di esercitare un certo controllo sugli eventi, rendendoli riconoscibili e anticipabili grazie alla loro memorizzazione. La ripetizione gioca un ruolo centrale, permettendo al sistema di riconoscere situazioni già conosciute e di coordinare gli eventi attraverso relazioni coerenti, proiettate poi sull'ambiente esterno.

Luhmann suggerisce che i mezzi di comunicazione di massa siano fondamentali per la proiezione di "coerenti relazioni tra eventi" sull'ambiente esterno e l'attivazione della memoria collettiva (Luhmann, 1983). La memoria individuale può strutturarsi, infatti, solo attraverso la memoria collettiva (Halbwachs) e d’altra parte la selezione e ricostruzione del passato dipende, oltre che dalle risorse individuali e dagli interessi del gruppo, dalla struttura di potere che caratterizza la società. Ci sono infatti avvenimenti che occupano, anche in maniera ridondante, la scena mediatica, e avvenimenti che ne restano completamente fuori e dunque i media come hanno effetti sulle nostre idee e opinioni, hanno effetti sulla nostra memoria, in quanto: contengono materiali che si offrono all’interpretazione e memorizzazione; suggeriscono categorie, interpretazioni e rappresentazioni del passato; invitano alla rielaborazione, individuale, collettiva e discorsiva di questi materiali e rappresentazioni, generando nuove memorie.

Nel momento in cui giornali e televisione diventano, oltre che strumenti di diffusione, “attivatori della memoria” svolgono una duplice funzione, sui piani cioè della costruzione e della diffusione simbolica di significati e simboli legati al rapporto tra memoria e società. Infatti, la tradizione degli studi sugli impatti dei media sul pubblico nel lungo periodo, al di là delle diverse prospettive sociologiche sul "costruttivismo", ha sviluppato teorie che evidenziano che i media, agendo come agenti sociali, condividono una capacità simile a quella degli individui nell'edificare la realtà. Parallelamente agli individui, l'azione "sociale" dei media può essere suddivisa in due dimensioni: riproduzione e produzione. La "riproduzione" è legata all'"intenzionalità" del soggetto e al costante richiamo al patrimonio di senso comune socialmente condiviso. La "produzione", più rara, rappresenta la costruzione attiva della realtà sociale, coinvolgendo un momento di "riflessione" sulla propria intenzionalità, riducendo l'automatismo legato al senso comune (Moroni, 2018).

I media agiscono e, allo stesso tempo, "costruiscono" la società, agendo sulla memoria comune, sociale, collettiva e pubblica, riproducendo rappresentazioni diffuse sia producendone di nuove, riflettendo sulle possibili interpretazioni della realtà. La possibilità di un pensiero riflessivo di innescare cambiamenti nel senso comune dipende dal "successo cognitivo", ovvero dall'accettazione progressiva della validità di un' elaborazione riflessiva da parte di più individui nel tempo. Il successo cognitivo, a sua volta, è legato al potere simbolico, che deriva dalle attività legate alla produzione, trasmissione e ricezione di simboli dotati di significato. I media agiscono attraverso il potere simbolico, intervenendo nella realtà e influenzando il senso comune diffuso nella società. La loro forza come costruttori della realtà risiede nella relativa mancanza di "convenienza" nell'utilizzare fonti alternative e nella percezione dei media come risorsa stabile e condivisibile. La loro capacità di imporre rappresentazioni sociali dipende dalla forza con cui competono con altri soggetti sociali nella definizione dei significati. I media, come costruttori di senso, trasformano gli eventi in qualcosa di comprensibile e accettabile, costruendo il senso in modo "intenzionale e soggettivo", trasformandolo in senso comune (Moroni, 2018).

Secondo l’illustre storico francese Pierre Nora: “sarebbe assurdo pretendere che l’uso politico del passato e i rapporti che legano storici e rappresentanti del potere siano problemi recenti”. La storia, infatti, è stata un’attività politica nel senso più ampio del termine e solo verso l’ultimo terzo del XIX secolo, con l’ambizione di diventare una scienza, si è costruita come attività autonoma e professionale (Nora, 2016). Uno degli ultimi e tragici esempi di una lunga tradizione di uso e abuso politico del passato e la sua manipolazione per legittimare decisioni politiche controverse si trova nei discorsi di Vladimir Vladimirovič Putin. I discorsi del Presidente della Federazione russa del 21 febbraio e del 23 febbraio 2022, nell’imminenza dell’invasione dell’Ucraina, hanno colpito per la negazione in essi contenuta della statualità ucraina come tale, per non parlare del tema della necessità di “denazificarla”. Inoltre, le stesse leggi che hanno investito con la censura l’informazione rappresentano lo strumento del progetto di revisione vero e proprio della storia della Russia moderna e dell’Unione Sovietica e hanno portato anche alla chiusura e alla requisizione di tutti i materiali storici (Lami, 2023).

Anche il Memorial, l'organizzazione fondata nel 1989 dal Nobel per la pace Sakharov e altri dissidenti sovietici per documentare l’orrore dei Gulag, è stata sciolta definitivamente dalla Corte Suprema della Federazione Russa, in quanto accusata di agire come "agente straniero" e di "creare una falsa immagine dell'Urss". Il progetto di ricerca e di archivio, nato durante la Perestrojka, aveva lo scopo di far emergere e conservare la storia della repressione durante il periodo sovietico, in particolare staliniano ed è stata insignita del Premio Nobel per la Pace nell'ottobre del 2022. L'uso politico della storia in Russia ha raggiunto livelli estremamente discutibili. Attualmente, l'obiettivo è la costruzione di una narrativa nazionale immune da contestazioni, mirando a servire gli interessi geopolitici di un regime dittatoriale, giustificando anche l'aggressione dell'Ucraina (Werth, 2022).

L'associazione Memorial è stata sciolta perché ha sempre promosso un approccio scientifico alla storia, supportando la ricerca sul passato e opponendosi all'annessione della Crimea e a parte del Donbass dal 2014. Memorial ha combinato lo studio del passato sovietico con la salvaguardia della memoria delle repressioni di massa e la difesa dei diritti umani nel presente. L'associazione ha svolto un ruolo chiave nella promulgazione di leggi fondamentali che hanno ampliato la conoscenza della storia sovietica, ma è stata soggetta a crescenti pressioni dalle autorità, culminate nell'arresto di alcuni dei suoi membri. Inoltre, la propaganda russa ha distorto la storia degli estremisti nazionalisti ucraini degli anni '30 e '40, utilizzandoli come pretesto per giustificare l'aggressione contro l'Ucraina. La falsificazione della storia ha preparato il terreno per l'aggressione del regime di Putin contro l'Ucraina (Werth, 2022).

V. Conclusioni

Alla luce dell'analisi approfondita svolta su varie dimensioni del concetto di memoria collettiva, comprese le connessioni con i luoghi di memoria, le sfide intrinseche nella costruzione di una memoria collettiva e transnazionale, e il ruolo dei mass media nella definizione della memoria futura, emerge una complessità intrinseca a questo processo di riflessione storica e identitaria.

L'esplorazione di tali tematiche ha permesso di mettere in evidenza il ruolo cruciale dei mezzi di comunicazione nella trasmissione e interpretazione degli eventi storici, sottolineando tuttavia il rischio di parzialità e selettività informativa che può minare la formazione di una memoria collettiva autentica e completa. La presenza di narrazioni distorte, spesso permeate da interessi politici o ideologici, costituisce una minaccia alla ricerca della verità storica e all'obiettività della memoria.

Un elemento di particolare rilevanza in questo contesto è la necessità di affrontare la questione della parzialità dei mezzi di comunicazione, che possono contribuire alla creazione di una memoria storica distorta, fornendo interpretazioni tendenziose degli avvenimenti passati. Questo aspetto richiede un approccio critico e consapevole da parte della società nel suo complesso, al fine di discernere e contestualizzare le informazioni proposte dai mass media e promuovere una comprensione equilibrata e oggettiva della storia.

Inoltre, la riflessione sulla "Cancel Culture" emerge come un elemento cruciale nel contesto della costruzione della memoria collettiva. La tendenza a cancellare o rimuovere sculture storiche e monumenti legati a episodi ritenuti negativi nella storia suscita interrogativi profondi sulla gestione del patrimonio storico. Mentre è comprensibile l'impulso di condannare aspetti nefasti del passato, la cancellazione di simboli storici rischia di privare le generazioni future di opportunità cruciali di apprendimento e riflessione.

In conclusione, la complessità intrinseca alla costruzione di una memoria collettiva richiede un impegno costante nella promozione di una narrazione storica autentica e completa. È imperativo incoraggiare un approccio ponderato e bilanciato da parte dei mezzi di comunicazione, favorendo un dialogo aperto e inclusivo sulla gestione dei luoghi di memoria e sulla valutazione critica della "Cancel Culture". Solo attraverso un impegno collettivo per una memoria storica condivisa e consapevole sarà possibile affrontare le sfide attuali e costruire un futuro che abbracci appieno la complessità della nostra storia.

«Se il partito poteva ficcare le mani nel passato e dire di questo o quell’avvenimento che non era mai accaduto, ciò non era forse ancora più terribile della tortura o della morte? […] E se tutti quanti accettavano la menzogna imposta dal partito, se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera. “Chi controlla il passato” diceva lo slogan del Partito “controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”»

George Orwell, “1984”.

Fonti

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Luhmann, N (1983). Struttura della società e semantica. Laterza, Roma-Bari. p. 19. (1-B);

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