Crisi migratoria Angola - Repubblica Democratica del Congo: abusi e violazioni

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  31 maggio 2023
  17 minuti, 16 secondi

Abstract

Uno studio recente delle Nazioni Unite ha evidenziato che i lavoratori migranti congolesi in Angola sono stati soggetti a violenze e abusi durante una massiccia campagna di espulsione verso la Repubblica Democratica del Congo. Le testimonianze raccolte indicano maltrattamenti, torture, stupri di gruppo e detenzioni inumane. Le autorità angolane hanno negato le accuse, ma la situazione di violenza e abusi è un problema persistente che risale al 2003. Le organizzazioni per i diritti umani hanno sollecitato il governo angolano a sospendere le deportazioni illegali e ad indagare sugli abusi commessi dalle forze di sicurezza. Tuttavia, gli strumenti legali internazionali attualmente disponibili, come le convenzioni sull'immigrazione e il lavoro, non sono vincolanti per l'Angola e la RDC. L'assenza di un meccanismo di applicazione vincolante e le restrizioni nell'accesso alla Corte Africana dei Diritti Umani limitano le possibilità di ricorso legale. La situazione richiede una maggiore cooperazione bilaterale e un'azione internazionale per proteggere i diritti dei lavoratori migranti lungo il confine tra l'Angola e la RDC.


A cura di:

Giulia Pavan - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Sofia Manaresi - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Francisco Durán - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società


1. Introduzione

L'Angola e il Congo sono due paesi che condividono una lunga storia di relazioni economiche, politiche e sociali. La regione ha visto molti conflitti e instabilità, che hanno influenzato non solo la regione, ma l'intero continente africano.

I primi contatti tra Angola e Congo risalgono al XVI secolo, quando i portoghesi arrivarono nella regione e stabilirono insediamenti commerciali lungo la costa atlantica. Nel 1482 i colonizzatori costruirono alcuni fortini sulla costa settentrionale, inserendosi nel regno del Kongo, che iniziava dall'attuale Gabon e terminava alla foce del fiume Kwanza. A sud vi era il regno Ndongo (Ambasciata della Repubblica d’Angola in Italia, 2014). Nel corso degli anni, i due paesi hanno condiviso una storia di conflitti e alleanze. Durante la Guerra dell'Angola, che ha avuto luogo dal 1975 al 2002, il Congo ha sostenuto il Movimento Popolare di Liberazione dell'Angola (MPLA) nella lotta contro il Fronte Nazionale di Liberazione dell'Angola (FNLA) e l'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (UNITA). Nel corso degli anni, il Congo ha anche sostenuto varie fazioni ribelli in Angola.

Negli ultimi anni, i rapporti tra i due paesi sono stati tesi a causa della crisi migratoria. Nel 2016, l'Angola ha avviato una campagna di espulsione di migranti illegali, molti dei quali provenienti dalla RDC. La campagna ha portato a tensioni diplomatiche tra i due paesi e a molte critiche da parte della comunità internazionale.

Crisi migratoria nella RDC

La RDC ha affrontato una crisi migratoria a causa della presenza di milioni di rifugiati e sfollati interni. La maggior parte di questi rifugiati proviene dall'Angola, dove molti congolesi hanno cercato lavoro o sono fuggiti dalle violenze. Nel 2016, l'Angola ha avviato una campagna di espulsione di migranti illegali, che ha colpito molti congolesi. La campagna è stata criticata da molte organizzazioni per i diritti umani, che hanno affermato che i migranti erano stati espulsi senza un'adeguata protezione legale e senza l'accesso ai servizi di base (Human Rights Watch, 2022).

La crisi migratoria ha avuto un impatto negativo sulla RDC, che ha dovuto far fronte alla presenza di un gran numero di rifugiati e sfollati interni. Gli sfollati interni hanno dovuto affrontare la mancanza di cibo, acqua e cure mediche, e sono stati esposti a malattie come il colera e la malaria. Inoltre, molti rifugiati sono stati costretti a vivere in campi sovraffollati, dove le condizioni igieniche erano precarie.

Crisi democratica nella RDC

La RDC sta attraversando una crisi democratica che è stata caratterizzata dalla mancanza di elezioni libere e democratiche. Nel 2016, il presidente Joseph Kabila ha rinviato le elezioni presidenziali, che avrebbero dovuto tenersi alla fine del suo mandato, a causa di problemi di sicurezza e logistici. Questo ha portato a proteste e scontri violenti in tutto il paese, che hanno causato la morte di molte persone e la fuga di migliaia di persone dalle loro case.

La situazione politica della RDC è stata anche influenzata dalla presenza di gruppi armati, che hanno causato la morte di migliaia di persone e il rapimento di molte altre. Questi gruppi hanno attaccato villaggi, città e basi militari, e hanno causato la fuga di milioni di persone dalle loro case. La presenza di questi gruppi armati ha reso difficile per il governo garantire la sicurezza e lo stato di diritto in tutto il paese.

2. Situazione frontiera Angola -Congo: crisi migratoria dei lavoratori

La crisi migratoria tra Angola e Repubblica Democratica del Congo (RDC) è stata causata in gran parte dall'instabilità politica e dall'insicurezza nella regione. La RDC ha subito diversi conflitti armati e crisi politiche negli ultimi decenni, che hanno costretto molte persone a fuggire in Angola in cerca di lavoro e di una vita migliore.

Secondo l'OIM, la maggior parte dei migranti congolesi in Angola lavora nel settore informale, come venditori ambulanti, artigiani e lavoratori agricoli. Molti di loro sono senza documenti e vivono in condizioni precarie. Le espulsioni sono state effettuate in modo indiscriminato, senza distinguere tra migranti regolari e irregolari, e hanno colpito anche le persone che vivevano in Angola da molti anni e che avevano famiglie e proprietà nel paese (CISP, 2012).

La situazione dei rifugiati angolani nella RDC è altrettanto difficile. Molti di loro sono fuggiti dal paese a causa della guerra civile che ha devastato l'Angola dal 1975 al 2002. La maggior parte dei rifugiati vive in campi gestiti dalle organizzazioni umanitarie, ma le condizioni di vita sono precarie e non c'è abbastanza cibo, acqua e assistenza sanitaria per tutti.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) ha sottolineato che la crisi migratoria sta avendo un impatto negativo sulla sicurezza alimentare nella regione. La maggior parte dei migranti congolesi in Angola lavora nel settore agricolo e la loro espulsione ha causato una diminuzione della produzione alimentare. Inoltre, molti dei rifugiati angolani nella RDC erano agricoltori e la loro fuga ha causato la perdita di terreni e di mezzi di sussistenza, contribuendo alla diminuzione della produzione agricola.

La situazione umanitaria nella regione è stata aggravata anche dalla pandemia di COVID-19; con l’aumento di casi infatti le autorità angole hanno adottato misure severe per contenere la diffusione del virus, tra cui la chiusura delle frontiere. Queste misure hanno limitato la possibilità dei migranti congolesi di lavorare in Angola e hanno causato un aumento della povertà e della disoccupazione nella regione.

L'UNHCR ha chiesto ai paesi coinvolti di adottare un approccio umanitario per risolvere la crisi migratoria e la situazione dei rifugiati. L'organizzazione ha sottolineato l'importanza di garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati e di fornire loro assistenza umanitaria e protezione (UNHCR, 2020).

L'Angola e la RDC hanno adottato misure per risolvere la crisi migratoria, tra cui l'apertura di centri di accoglienza per i migranti e l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione sui diritti umani dei migranti. Tuttavia, la situazione rimane critica e molte persone continuano a vivere in condizioni precarie (Avelino Chico, S. J., 2020).

Tenendo in considerazione il precedentemente detto, la crisi migratoria tra Angola e RDC rappresenta una grave emergenza umanitaria che richiede l'attenzione della comunità internazionale. È necessario che le autorità dei due paesi collaborino per garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati e per fornire loro assistenza umanitaria e protezione. La crisi migratoria sta avendo un impatto negativo sulla sicurezza alimentare e sulla situazione economica e sociale della regione, e richiede una risposta urgente e coordinata da parte della comunità internazionale.

3. Abusi e violazioni dei diritti umani

Secondo uno studio condotto recentemente dalle Nazioni Unite sulla situazione umanitaria in Angola, uomini, donne e bambini congolesi sono stati oggetto di violenze e sottoposti ad altri abusi durante una massiccia campagna di espulsione di lavoratori migranti dall'Angola alla Repubblica Democratica del Congo (RDC). L’Angola e la RDC hanno una lunga storia di migrazioni alle spalle, in particolare la provincia angolana ricca di diamanti di Lunda Nord ha notoriamente attirato migliaia di lavoratori migranti dal sud del Congo, molti dei quali pervenuti illegalmente e senza permessi ufficiali. In particolare, nel corso degli anni la città di Kamako è diventata un "campo di accoglienza all'aperto" occupato da numerosi lavoratori migranti congolesi, e la stessa sorte è toccata ad interi villaggi in Angola. Le reazioni da parte della popolazione locale – condivise dalle autorità statali – sono di preoccupazione e frustrazione, con il timore di diventare una minoranza in quella che è da sempre la loro terra natia.

In un rapporto recentemente pubblicato da Human Rights Watch, sono state raccolte testimonianze di uomini e donne entrati illegalmente in Angola per lavorare. Molti sostengono di essere stati sottoposti a varie forme di tortura, percosse e stupri di gruppo durante la detenzione in Angola, prima di essere deportati nella RDC. I migranti intervistati hanno raccontato di essere stati sequestrati nelle miniere di diamanti, nei mercati e nei villaggi dalle forze di polizia di frontiera, funzionari dell'immigrazione e soldati, per poi essere legati, picchiati e frustati. Le donne, molte delle quali in stato di gravidanza o con bambini piccoli, hanno riportato di essere state gettate in celle di prigionia affollate e successivamente costrette ad avere rapporti sessuali con le guardie di sicurezza. Queste affermazioni non sorprendono e non rappresentano una novità, così come le deportazioni di massa. Difatti, le deportazioni da parte delle autorità angolane hanno avuto inizio nel 2003, subito dopo la fine della guerra dell'Angola (1961-2002), quando il paese ha iniziato ad adottare politiche per rafforzare i confini e la sicurezza nazionale. Da quel momento in poi, le deportazioni sono aumentate costantemente, solo nel 2018 è stata registrata l’espulsione forzata di oltre 330.000 lavoratori.

Il mese scorso, il personale delle Nazioni Unite ha visitato l'area e ha redatto un rapporto preliminare interno sulla situazione, nel quale viene riportata la condizione di ragazze e donne. Queste ultime sono vittime di arresti ingiustificati, detenzione senza le necessità di base, separazione dai loro figli e mariti, trattamenti disumani e degradanti, e talvolta violenze sessuali. Nonostante il rapporto delle Nazioni Unite non specifichi il numero di casi di abusi, secondo la testimonianza di un medico specializzato nel trattamento delle vittime di violenza sessuale presso un centro sanitario di Kamako, le cliniche locali hanno registrato 122 casi di stupro quest'anno, livelli senza precedenti per la città. Si tratta di donne o ragazze espulse dall'Angola, alcune delle quali sotto i 10 anni, senza alcun mezzo di sussistenza e molto vulnerabili a questo tipo di soprusi. Sulla base di testimonianze di pazienti trattati presso il centro sanitario di Kamako, è stato stimato che diversi stupri siano stati commessi dalle forze di sicurezza angolane e altrettanti da civili congolesi. Pertanto, il rapporto identifica come possibili i responsabili i civili e soprattutto le forze di sicurezza angolane. Sebbene non ci siano prove che gli ufficiali angolani in questione abbiano ricevuto ordini dai loro superiori per commettere tali crimini, le testimonianze delle vittime indicano un alto grado di complicità tra i diversi servizi di sicurezza coinvolti nelle operazioni di espulsione.

Le autorità angolane hanno prontamente negato le accuse, dichiarando un effettivo aumento delle espulsioni nelle ultime settimane, ma escludendo la possibilità che si siano verificati episodi di violenze sessuali o altri abusi, garantendo che non esiste alcun atteggiamento istituzionale che promuova la violenza contro i migranti. Tuttavia, l'Angola non fa mistero della sua campagna di espulsioni, riportando regolarmente operazioni speciali di deportazione nelle città di confine, difendendo il suo diritto di proteggere il territorio e le risorse, in particolare i diamanti, dai congolesi.

Nel 2018, Human Rights Watch aveva fatto appello al governo angolano, chiedendo di sospendere le deportazioni illegali dei migranti congolesi e di condurre un'indagine tempestiva e imparziale sugli abusi perpetrati dalle forze di sicurezza statali. Le massicce deportazioni sono state temporaneamente interrotte nello stesso anno, ma i risultati della presunta indagine non sono mai stati resi noti. Il fatto che gli abusi siano stati commessi continuamente per oltre un decennio, è un segno evidente dell’inadempienza del governo angolano nei confronti del proprio dovere di proteggere i migranti e i rifugiati, specialmente donne e ragazze. Oltre a sollecitare una maggiore cooperazione bilaterale tra l'Angola e la RDC per poter rispondere meglio ai problemi umanitari lungo il confine settentrionale comune, Human Rights Watch ha anche fatto appello diretto alle Nazioni Unite affinché forniscano una maggiore supervisione della situazione sul territorio.

4. Situazione dei lavoratori migranti: Strumenti legali e Corte Africana dei Diritti dell’uomo e dei popoli

Le circostanze precedentemente esposte pongono una serie di interrogativi al diritto internazionale e ai suoi strumenti: come può il diritto internazionale intervenire per cercare una soluzione? Gli strumenti attualmente disponibili sono sufficienti? Potrebbero esistere meccanismi più efficaci per affrontare la questione?

Per rispondere al primo quesito, è necessario analizzare gli strumenti esistenti. Nell'ambito della regolamentazione dello status giuridico e dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, sono in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e la Convenzione numero 97 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

La Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie rappresenta uno strumento inserito nel quadro dell'ONU. La sua formulazione è stata motivata, come affermato nel preambolo del testo, dalla convinzione che sia necessario promuovere la protezione internazionale dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, stabilendo norme fondamentali in una convenzione globale applicabile universalmente.

Da un lato, la Convenzione impone obblighi che coprono l'intero percorso migratorio, come indicato nell'articolo 1, paragrafo 2, che si estende dalla fase di preparazione all'emigrazione fino al ritorno nello Stato di origine o nello Stato di residenza abituale. Di conseguenza, in teoria, i lavoratori congolesi che cercano di rientrare nel loro paese sarebbero tutelati dal quadro normativo sancito dalla Convenzione. Tuttavia, i fatti che sono stati oggetto di indagine da parte delle Nazioni Unite sembrano violare le disposizioni contenute negli articoli 10 e 22 della Convenzione. Tali articoli sanciscono un divieto generale al uso di tortura, trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, nonché il divieto di espulsioni collettive.

Né l'Angola né la Repubblica Democratica del Congo hanno ratificato questa Convenzione, rendendo lo strumento non vincolante per entrambi i paesi.

La Convenzione numero 97 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, anch'essa inserita nel quadro dell'ONU, ha come obiettivo la protezione degli interessi dei lavoratori impiegati in paesi diversi dal proprio, come affermato nello statuto dell'organizzazione. Tuttavia, né l'Angola né la Repubblica Democratica del Congo hanno ratificato questa Convenzione nonostante facciano parte dell'OIL.

La seconda domanda solleva una problematica comune nel contesto del diritto internazionale generale, che è la mancanza di un sistema di applicazione vincolante (enforcement). Nonostante l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) disponga di un sistema di controllo rafforzato per la normativa internazionale nel settore del lavoro, tale sistema è vincolato alle Convenzioni ratificate dai singoli Stati. Di conseguenza, il meccanismo di controllo periodico e le procedure speciali, come i reclami e le denunce, si applicano a violazioni da parte degli Stati su convenzioni a cui fanno parte.

Un'alternativa alla mancanza di enforcement e alla tutela da parte della Corte Africana dei Diritti Umani consiste nell'intraprendere azioni presso l'organo giudiziario competente per l'applicazione e l'interpretazione della Carta Africana dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli. Gli articoli 5 e 15 della Carta sanciscono rispettivamente il divieto di tortura e trattamenti degradanti, nonché il diritto a lavorare in condizioni dignitose e nel pieno rispetto dei diritti umani. Tuttavia, la questione critica in questa sede risiede nella mancanza di legittimazione attiva, poiché solo la Commissione Africana dei Diritti Umani e dei Popoli, gli Stati Parte, le organizzazioni intergovernative africane e, se del caso, le ONG pertinenti con lo status di osservatori presso la Commissione, sono autorizzati a presentare casi per la decisione della Corte. Pertanto, le vittime di violazioni dei diritti umani non hanno la facoltà di presentare direttamente denunce alla Corte Africana dei Diritti Umani e dei Popoli. Tuttora, possono avanzare le proprie denunce (purché soddisfino i requisiti stabiliti nell'articolo 56 del Protocollo della Corte) alla Commissione Africana dei Diritti Umani e dei Popoli. La Commissione ha la facoltà, a sua discrezione, di sottoporre il caso denunciato alla Corte. È importante sottolineare che i criteri richiesti costituiscono parametri particolarmente rigorosi, che includono limitazioni temporali e l'esaurimento di tutti i ricorsi interni, circostanze che rendono il meccanismo inefficace nel contesto attuale.

L'analisi della situazione permette di giungere alla conclusione che il quadro giuridico attualmente in vigore non è idoneo ad affrontare adeguatamente la questione. La normativa generale non presenta carattere vincolante, mentre quella che risulta vincolante è soggetta a restrizioni nell'accesso, con requisiti molto rigorosi. Inoltre, è importante sottolineare che i tempi richiesti per ottenere un rimedio legale sono notevolmente prolungati. Pertanto, è auspicabile promuovere una maggiore cooperazione bilaterale e adottare un'azione internazionale per garantire una protezione efficace dei diritti dei lavoratori migranti lungo il confine tra l'Angola e la Repubblica Democratica del Congo.

Fonti

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