Gli Stati cuscinetto in Geopolitica

  Focus - Allegati
  18 luglio 2023
  19 minuti, 21 secondi

Gli Stati cuscinetto sono un’entità politica e spaziale relativamente recente nel teatro delle Relazioni Internazionali, ma prima di analizzare la loro storia e le loro caratteristiche fisiche, è bene darne una definizione preliminare, per poter comprendere appieno la materia trattata in quest’analisi, ed individuare le differenze con altri concetti simili, ma che, con uno sguardo più attento, presentano differenziazioni sostanziali.


A cura di Iakov Nicoletti, Junior Researcher area Difesa&Sicurezza, M.I. GEO


Uno Stato cuscinetto è, quindi, per definizione uno Stato che si colloca fra due potenze ostili o potenzialmente rivali[1], e così facendo, almeno in linea teorica, non permette alle dette potenze di entrare in contatto ed eventualmente in conflitto. Questi Stati solitamente sono demilitarizzati, nel senso che non ospitano sul proprio territorio le truppe di nessuno dei paesi che li circondano, ma hanno una propria forza armata. In secondo luogo, se effettivamente indipendenti, sono sovente anche neutrali. Inoltre, sono stati meno estesi geograficamente, meno ricchi economicamente e meno forti militarmente delle potenze tra cui fungono come cuscinetti. Questo, storicamente, porta alla loro invasione da parte delle potenze confinanti, rendendo nullo lo scopo primario dello Stato cuscinetto, cioè, garantire la pace. Ma questo è un aspetto che verrà analizzato più avanti.

Una volta data la definizione generale di Stato cuscinetto, e aver elencato sommariamente alcune delle sue caratteristiche salienti, si può passare ad individuare quei concetti con cui quello di Stato cuscinetto viene spesso confuso. Il primo concetto è quello di Stato neutrale. La parola “neutro” deriva dal latino “ne uter”, cioè “nessuno dei due”. L’origine della parola in sé potrebbe essere sufficiente per dare una definizione del concetto, ma volendo essere più precisi, uno Stato neutrale è uno Stato che decide, in un particolare conflitto, di non prendere le parti di nessuno degli attori belligeranti[2], ed in generale di non unirsi a nessuna alleanza militare, come per esempio la NATO o il Patto di Varsavia durante la Guerra fredda. Il termine è anche da non confondere con “Stato non belligerante”, che è uno Stato che non partecipa attivamente ad una guerra, ma che può supportare una delle due parti con aiuti di tipo materiale o economico.[3]Sostanzialmente, la non belligeranza si può interpretare come una posizione mediana tra la neutralità assoluta e lo stato di guerra aperta.[4]

Quando si parla di Stati neutrali è impossibile non menzionare il Movimento dei paesi non allineati, cioè un movimento composto da quegli Stati che volevano tenersi fuori dalle dinamiche bipolari della guerra fredda, e che non volevano farsi influenzare da nessuna delle due superpotenze. Questo Movimento era capeggiato, fra gli altri, dal Maresciallo Josip Broz Tito, che malgrado fosse al comando di un paese comunista, si trovò spesso in contrasto con l’Unione Sovietica, ed in particolare con Stalin (famosissimo il messaggio in cui il leader iugoslavo intimava all’uomo d’acciaio di smettere di mandare sicari per assassinarlo, in quanto, se avesse continuato, il Maresciallo si sarebbe visto costretto a mandarne uno pure lui, e non gli sarebbe servito mandarne un secondo[5]). Il Movimento dei paesi non allineati esiste tuttora, anche se, con Stati osservatori come Cina e Russia, e membri come la Bielorussia, viene da chiedersi se possa ancora essere preso sul serio.

Sebbene prima si sia accennato al fatto che gli Stati cuscinetto siano anche neutrali, questa è condizione sicuramente necessaria, in quanto due o più potenze non potrebbero mai accettare un attore terzo con interessi contrastanti, ma non sufficiente, in quanto non si può parlare di cuscinetto senza una determinata collocazione spaziale. Una dimostrazione di quest’affermazione è l’Irlanda, che è neutrale ma non si può certo definire Stato cuscinetto, in quanto è circondata dall’oceano e confina solo con il Regno Unito. Ciò non toglie, però, che uno Stato che in precedenza ricopriva il ruolo di cuscinetto, il cui status di tale decada, non possa continuare a mantenere una politica di neutralità, come per esempio hanno fatto la Svizzera e l’Austria.

Altro concetto da differenziare è quello dello Stato satellite. Quest’espressione indica uno Stato che ha una libertà fortemente limitata per ciò che concerne la sua politica interna (o meglio, ce l’ha finché segue il paradigma ideologico impostogli, come nel caso del movimento Solidarność, nella Polonia comunista), ed ancor meno per quel che riguarda la propria politica estera. In generale, uno Stato satellite è completamente soggiogato al dominus dal punto di vista culturale, ideologico ed economico, pur mantenendo una sovranità di facciata[6]. L’esempio più lampante è, ovviamente, quello degli Stati satellite dell’Unione Sovietica nell’Europa centro-orientale. Se proprio si vuole applicare una logica di interposizione a questi paesi, si può parlare di zona cuscinetto, alla quale si applica la stessa definizione di Stato cuscinetto, ma la si slega dall’elemento statale. È però chiaro che, in un’ipotetica guerra tra i due blocchi, questa zona cuscinetto avrebbe preso le parti di quello orientale; questa rimane, quindi, una definizione comunque incompatibile con la natura di questi attori in quell’epoca.

Una volta data la definizione del concetto di Stato cuscinetto, e aver fatto i dovuti distinguo, si può passare a descrivere l’evoluzione storica del termine. Esso compare per la prima volta con buona probabilità nel 1883, e fu usato dai britannici per riferirsi all’Afghanistan, che al tempo separava le zone di interesse in Asia dei britannici da quelle russe.[7] Nella realtà dei fatti, è un concetto che è tanto antico quanto le prime comunità politiche create dagli esseri umani. Uno degli esempi più antichi è quello del Regno di Qadesh, creato nel XV secolo a.C. sulle rive del fiume Oronte, nella moderna Siria, dal re di Mitanni, un antico regno del Vicino Oriente, per tenere lontani gli egizi dal suo territorio. Un millennio e mezzo più tardi, Pompeo usò la Siria come cuscinetto fra i territori di Roma e quelli dell’Impero persiano[8].

I primi stati usavano delle zone di transizione o di confine, scarsamente popolate o totalmente deserte, per separarsi sul piano spaziale (Spykman darà a queste zone il nome di “waste borderd zones”). Col tempo, queste zone diventarono inefficaci come cuscinetti, a causa della pressione demografica all’interno di essi, quindi gli stati cominciarono a creare zone desertiche artificiali, e i pionieri di questa tecnica furono le città-stato greche.

Come molti elementi della cultura romana, quest’ultimi presero esempio dai greci e migliorarono il concetto, portandolo ad un altro livello. Ciò che ne conseguì furono i cosiddetti “march states”, cioè degli avamposti militari, il cui compito sarebbe stato quello di tenere al sicuro le frontiere dell’impero. Col tempo, questi insediamenti svilupparono le capacità pratiche e politiche per potersi mantenere da soli, e alcuni di questi diventarono in seguito le potenze europee odierne.

Un esempio tra i migliori per quel che riguarda gli Stati cuscinetto, è quello della Lotaringia. Essa si venne a creare quando si dovette smembrare l’impero carolingio. Il risultato fu quindi la creazione di tre entità: una culturalmente latina, che comprendeva gran parte del territorio francese, una piccola parte del Belgio e dei Pirenei; una culturalmente germanica che si estendeva sulla parte occidentale della Germania, la Svizzera tedesca, l’Austria e il nord dei Balcani; e tra di esse, a separarle, appunto la Lotaringia, che diventa un crogiuolo di culture e che nel corso dei secoli fu teatro di innumerevoli guerre.

Nello scorso secolo, il numero di stati cuscinetto, soprattutto in Europa, è aumentato di molto, soprattutto in Europa. Oltre ai “veterani” in materia, cioè i Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo, che sin dal tardo ‘500 separavano Francia, gli Stati tedeschi (poi diventati Germania) e i britannici, si aggiunsero una serie di Stati cuscinetto nati dalle perdite territoriali dell’Impero tedesco, russo e austroungarico, come per esempio la Finlandia, i paesi baltici, la Cecoslovacchia, l’Ungheria, e l’Austria, che servivano a separare la sconfitta, e possibilmente rancorosa, Germania dalla neonata Unione Sovietica. A questi, si aggiunsero Romania, Bulgaria, e Polonia che assunsero un nuovo ruolo nello scacchiere geopolitico dell’Europa del primo dopoguerra. È chiaro che questi Stati abbiano fallito nel loro intento, in quanto non solo non servirono a prevenire nuovi conflitti, ma i loro territori finirono prima in mano tedesca, con annessi i crimini atroci di cui si sono macchiati i nazisti, e poi sotto il gioco sovietico[9].

In questo contesto storico, un altro teorico degli Stati cuscinetto fu Halford John Mackinder. L’ecclettico conservatore inglese è considerato uno dei fondatori della geopolitica classica, e il suo contributo più importante alla disciplina fu il concetto di “Heartland”, che è sostanzialmente l’entroterra del pianeta. Egli identifica questa porzione di spazio nell’Eurasia, e osservando le immagini che ne dà, e sovrapponendola su una cartina geografica, si nota facilmente che coincide con il territorio dell’Impero russo. Ebbene, il geografo, nel suo celebre “The Geographical Pivot of History”, dice che il controllo dell’Heartland avrebbe comportato il controllo del mondo[10]. Ciò sarebbe stato possibile se quei territori fossero stati conquistati (Mackinder ipotizzava dalla Germania), oppure se la Russia si fosse alleata con la Germania, unendo la potenza industriale e la crescente marina miliare di quest’ultima con le ricchezze naturali e l’inaccessibilità geografica della prima. Una volta finita la Prima guerra mondiale, che vide sfumare la possibilità di un asse russo-tedesco, Mackinder continuava a vedere la minaccia continentale proveniente, adesso, dall’Unione Sovietica. Per questo si dichiarò favorevole alla creazione, anche manu militari, di una serie di Stati cuscinetto, come Ucraina e Bielorussia, la cui indipendenza sarebbe stata garantita dal Regno Unito, e la cui presenza sarebbe servita a contenere l’URSS. Ma i britannici, stremati da una guerra devastante, decisero di non percorrere questa strada.[11]

Una volta delineata l’evoluzione storica di questo concetto geopolitico, è la volta di descrivere la situazione geografica ed etnolinguistica che si ritrova all’interno degli Stati cuscinetto. Come menzionato prima, spesso per creare delle zone cuscinetto si sono usate aree difficilmente percorribili, come paludi, deserti e montagne. Sebbene in queste zone i movimenti degli eserciti non siano completamente nullificati, essi sono certamente molto limitati da una serie di fattori logistico-geografici, anche se l’emergere di nuove tecnologie (prima fra tutte l’aviazione militare, ma anche la possibilità di attaccare il lato digitale delle infrastrutture) ha reso meno insormontabile questo ostacolo. Tutto ciò, almeno in teoria, dovrebbe servire a disincentivare azioni militari e promuovere la pace. Un altro elemento in comune a molti Stati cuscinetto è la presenza all’interno di essi di importanti rotte commerciali e strategiche, attorno alle quali essi sorgono in modo da impedirne l’utilizzo da parte di altre potenze.

Per comprendere la composizione interna degli stati cuscinetto bisogna ancora osservare la loro posizione spaziale assoluta. In quanto questi attori sorgono fra due o più potenze, la loro situazione etnolinguistica sarà influenzata da ciò. Gli Stati cuscinetto, infatti saranno al loro interno molto eterogenei da un punto di vista etnico, linguistico e religioso. Per capire meglio quest’affermazione, basta guardare a degli Stati che sono stati considerati, nel corso della loro storia, cuscinetti.[12] In particolare, si prenderanno come esempio il Belgio, l’Iran e l’ex Iugoslavia.

In Belgio, nel sud del paese, nella parte quindi più vicina alla Francia, si parla in maggioranza francese, mentre nella zona più a nord, più vicini ai Paesi Bassi, si parla, per l’appunto, prevalentemente olandese. Nella capitale, Bruxelles, si parlano entrambe, con prevalenza del Francese. Infine, nell’est del paese si hanno piccole sacche dove la lingua parlata dalla maggioranza è il tedesco.[13] Per quel che riguarda l’Iran, degli 87 milioni circa degli abitanti, tra il 51[14] e il 65[15] % sono persiani, il 24% azeri, l’8% gilaki e mazandarani e il 7% curdi[16]. Un discorso simile si può fare per l’ex Repubblica Socialista Federale di Iugoslavia, dove da una stima basata sull’ultimo censimento del 1981 risulta che fosse composta per il 36,2% da serbi, il 19,7% da croati, per l’7,8% da sloveni, per il 6% da macedoni, per l’8,9% da slavi musulmani (che in seguito verranno identificati per lo più come bosgnacchi[17]), per il 7,7% da albanesi e per il 2,6% da montenegrini.[18] Se per l’Iran non si possono fare discorsi di diversità religiosa ufficiale per ovvi motivi, per la Iugoslavia il discorso è diverso, in quanto cattolicesimo, ortodossia e islam convivevano.

Bisogna ora aprire una questione spinosa che riguarda gli Stati cuscinetto, e cioè quella che riguarda la loro sovranità e l’effettivo dominio sul territorio. La sovranità si può definire come «il diritto dello Stato di esercitare il potere sul proprio territorio e sulla propria popolazione», o anche «il potere dello Stato di agire senza essere subordinato all’autorità di un altro Stato».[19] Ancora una volta, la geopolitica viene in nostro aiuto per spiegare perché ci si può porre un problema a riguardo. Come detto prima, uno Stato cuscinetto si trova circondato da potenze più estese, più ricche e più potenti. Per motivi che verranno chiariti più avanti, entrambe le potenze hanno interesse nel controllare, direttamente o indirettamente, lo Stato cuscinetto. Questo problema è amplificato nel caso in cui le potenze confinanti vedano territori dello stato cuscinetto, o l’integrità dello stato stesso, come parte integrante della loro comunità internazionale. Un esempio storico è la Polonia, di cui porzioni sono state rivendicate da Austria, Prussia e Russia. Un altro, questa volta in America latina è l’Uruguay, creato grazie all’intermediazione del Regno Unito per separare Brasile e Argentina, e che entrambi considerano parte del loro territorio a cui danno anche un nome diverso, e lo stesso ragionamento si applica al Libano, visto dalla Siria come creazione francese.

Secondo Joseph Maïla, professore franco-libanese di Geopolitica, Sociologia politica e Relazioni Internazionali all’ESSEC di Cergy, si può misurare il livello di sovranità di uno stato cuscinetto in relazione alla sua integrità territoriale e alle alleanze militari che stringe. Quando uno Stato cuscinetto non ha stretto alleanze militari, ma possiede comunque la piena integrità territoriale, si trova in una posizione di sovranità neutralizzata (neutralized sovereignty). Quando uno Stato cuscinetto ha concluso un’alleanza militare si parla di sovranità controllata (controlled sovereignty), e infine, se uno Stato non ha stretto alleanze militari e non gode nemmeno dell’integrità territoriale si trova in uno stato di sovranità contesa (challenged sovereignty). [20]

Come menzionato prima, analizzando le vicende storiche riguardanti gli Stati cuscinetto, sorgono molti dubbi riguardanti il loro effettivo status di “garanti” della pace. Riprendendo la definizione di Stato cuscinetto, esso è uno Stato che si trova circondato da potenze più grandi, più potenti e più ricche. Ora, uno Stato cuscinetto non deve essere per forza piccolo in senso assoluto, ma dovrà certamente esserlo più delle potenze che separa. Sono stati individuati varie caratteristiche dei “piccoli Stati”, oppure definibili in modo più coerente con quest’analisi “potenze minori”. Innanzitutto, si è notato come una potenza minore non riesca a proteggersi dagli aggressori, e quindi debba affidarsi ad altri Stati o a organizzazioni internazionali per mantenere la propria sovranità.[21]
Ancora, tali attori sono più vulnerabili sia alla pressione esterna che interna, e hanno meno possibilità di scelta politica rispetto alle grandi potenze.[22] Tutti questi problemi, sicuramente validi per le potenze minori, sono ancora più importanti per ciò che concerne gli Stati cuscinetto. Essi, infatti sono mantenuti quasi artificialmente in una condizione di debolezza, sia per la conformazione geografica del terreno, che spesso non dispone di tutte le risorse necessarie al loro pieno sviluppo, sia perché le potenze che li circondano non permetterebbero mai a questi Stati di diventare una minaccia per loro.

Un altro modo in cui la posizione nello spazio degli Stati cuscinetto gioca a loro sfavore, è che la loro posizione potrebbe indurre una delle potenze che tiene separate a entrare in possesso del loro territorio. Lo Stato cuscinetto, in quest’ottica, diventa “a steady foothold for invasion”, in quanto condurre delle operazioni militari da esso, riduce il rischio di ritorsioni e attacchi sul territorio dell’aggressore. Si può affermare quindi che “from a great power’s perspective, to dominate (or to annex) the buffer state is a more reliable (and less risky) way to guarantee geostrategic advantage over the rival power”.[23]

Si può analizzare questa dinamica grazie al cosiddetto “dilemma del prigioniero”. Il dilemma del prigioniero è un problema di teoria dei giochi che è emerso negli anni '50 del XX secolo grazie a Albert Tucker. Questo problema, noto anche come paradosso, è stato ampiamente studiato nel contesto della teoria dei giochi e ha ottenuto una certa popolarità anche tra il pubblico non esperto. La situazione può essere descritta nel seguente modo: due criminali sono accusati di aver commesso un crimine e vengono arrestati dagli investigatori, che li separano in due celle diverse impedendo loro di comunicare. Ad entrambi i prigionieri vengono offerte due opzioni: collaborare o non collaborare. Supponiamo che i due si siano precedentemente promessi reciprocamente di non collaborare se venissero arrestati. Ora, rinchiusi in celle separate, si interrogano se l'altro manterrà la promessa. Se uno dei prigionieri non rispetta la promessa mentre l'altro la rispetta, il primo viene rilasciato. Si pone quindi un dilemma: collaborare o non collaborare.

Questo dilemma, oltre che essere stato applicato alla guerra fredda, si può applicare anche al comportamento che una grande potenza può tenere nei confronti degli Stati cuscinetto, cercando di prevedere come si comporteranno le altre potenze. In questo caso, lo scenario più auspicabile è quello in cui le due potenze decidono di collaborare, decidendo di rinunciare ai propri obbiettivi di espansione senza peggiorare la situazione del loro rivale. Ciò, però, è possibile solo se entrambi gli attori si fidano l’uno dell’altro. È quindi molto probabile che, a causa della sfiducia reciproca che caratterizza i rapporti tra potenze rivali, entrambe le potenze tenteranno di controllare lo Stato cuscinetto, trovandosi infine a dover condividere un confine, fattore che aumenta le probabilità di uno scontro.[24] È proprio questo il lato paradossale del dilemma: quando ciascuna potenza cerca di massimizzare il proprio vantaggio personale, entrambe si trovano in una condizione di svantaggio rispetto a quella che avrebbero ottenuto se avessero deciso di cooperare.

È chiaro che questo tipo di ragionamento funziona meglio in un contesto in cui le potenze più grandi hanno come unico obbiettivo quello di espandersi territorialmente, ed è anche vero che spesso, soprattutto dalla nascita dell’ONU ad oggi, le grandi potenze preferiscono cooperare, per una serie di vantaggi economici dati dalla pacifica coesistenza, e anche per il danno d’immagine che comporta il muovere guerra nel sistema onusiano moderno, ma ciò vuol dire semplicemente che la sopravvivenza di uno Stato cuscinetto è legata alla “benevolenza” delle potenze che lo circondano.

Cosa può fare uno Stato cuscinetto, quindi, per mettersi al sicuro? Le strade percorribili sono tre, che però presentano molte problematiche. La prima, è quella in cui uno Stato cuscinetto proclama la propria neutralità, dichiarando di volersi tenere fuori da qualsiasi alleanza militare, nella speranza di rendersi innocuo agli occhi delle potenze circostanti. Ma siccome una neutralità non supportata da difese efficaci significa esporsi ad una possibile aggressione, lo Stato cuscinetto dovrà investire pesantemente nella propria difesa e, poiché spesso questi Stati raramente posseggono le risorse e la forza economica adatta a questo sforzo, vorrà dire che dovrà divergere risorse da altri settori, come la sanità o l’istruzione, peggiorando la vita dei propri cittadini.

Un’altra strada da intraprendere è quella diametralmente opposta, in cui lo Stato cuscinetto, conscio della situazione in cui si trova, decide di entrare in un’alleanza militare o richiedere la protezione di una potenza terza, magari geograficamente distante ma in grado di garantirne la difesa. Il problema principale di quest’opzione è che lo Stato cuscinetto da semplice barriera, o al massimo ostacolo ai disegni espansionistici, diventa improvvisamente un pericolo immediato al proprio confine. Ciò renderebbe le potenze che lo circondando estremamente guardinghe nei confronti del cuscinetto, sempre che si possa ancora definire tale un paese che compie questa scelta, se non direttamente ostili. Tutto ciò aumenterebbe di molto la tensione internazionale, soprattutto in alcune zone già “calde”, e la conseguenza più pericolosa di questo scenario è l’inizio di una guerra.

La terza strada è quella più efficace, ma anche quella più difficile da attuare, in quanto richiede che tutti i pezzi del puzzle si incastrino perfettamente e al momento giusto. Seguendo questa strada, uno Stato cuscinetto si adatta costantemente alla situazione contingente, cambiando la propria tattica a seconda del momento. Si può definire come un sincretismo tra le due prime strade, oppure come un alternarsi delle stesse. Il problema maggiore è che questo tipo di opzione è più instabile delle altre, in quanto non traccia una via precisa da seguire, cosa che le altre fanno, malgrado i lati negativi non trascuarabili, e per essere adottata in modo efficace dev’esserci una leadership politica competente e capace, fatto che, nella politica internazionale è cosa più unica che rara. [25]

Storicamente, ci sono molti casi che vedono al centro del conflitto degli Stati cuscinetto. L’esempio più famoso ed esplicativo è quello della Polonia negli anni ’30, che avrebbe dovuto fungere da cuscinetto tra Germania ed Unione Sovietica, e fu invece invasa da entrambe e poi spartita. Ciò avrebbe portato le due potenze a toccarsi, azione che poi porterà all’apertura del fronte orientale, uno dei più cruenti della Seconda Guerra mondiale. Un altro esempio già citato è quello del Libano, che nei decenni fu teatro dello scontro fra Israele e Siria, e tutt’ora risente delle conseguenze della guerra interna al suo vicino arabo. Infine, per tornare ai giorni nostri, una delle visioni che si è data all’invasione russa dell’Ucraina è quella di uno Stato cuscinetto che ha deciso di sottrarsi alla sfera d’influenza nella quale precedentemente orbitava.


Contenuto dell’Informazione

1

Confermata

Confermato da altre fonti indipendenti; logico in sé; coerente con altre informazioni sull’argomento

2

Presumibilmente Vera

Non confermato; logico in sé; consistente con altre informazioni sull’argomento.

3

Forse Vera

Non confermato; ragionevolmente logico in sé; concorda con alcune altre informazioni sull’argomento

4

Incerta

Non confermato; possibile ma non logico in sé; non ci sono altre informazioni sull’argomento

5

Improbabile

Non confermato; non logico in sé; contraddetto da altre informazioni sul soggetto.

6

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare la validità dell’informazione.

Affidabilità della fonte

A

Affidabile

Nessun dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; ha una storia di completa affidabilità.

B

Normalmente Affidabile

Piccoli dubbi di autenticità, affidabilità, o competenza, tuttavia ha una storia di informazioni valide nella maggior parte dei casi.

C

Abbastanza Affidabile

Dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; tuttavia, in passato ha fornito informazioni valide.

D

Normalmente non Affidabile

Dubbio significativo sull'autenticità, affidabilità o competenza, tuttavia in passato ha fornito informazioni valide.

E

Inaffidabile

Mancanza di autenticità, affidabilità e competenza; storia di informazioni non valide.

F

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare l’affidabilità della fonte.

Bibliografia

[1] https://www.merriam-webster.com/dictionary/buffer%20state A-2

[2] https://encyclopedia.pub/entry/37541 A1

[3] Ibidem A1

[4] https://www.treccani.it/enciclopedia/non-belligeranza_(Enciclopedia-Italiana)/ A1

[5] (Service, 2005) A1

[6] https://dizionario.internazionale.it/parola/stato-satelliteA1

[7] (Chay & Ross, 1986) A1

[8] Ivi, p. 16 A1

[9] Ivi, pp 17-20 A1

[10] (Mackinder, 1904) A1

[11] (Scalea, 2022) A2

[12] (Chay & Ross, 1986) pp 22-24 A1

[13] (Commissione Europea, 2012) A1

[14] (Central Intelligence Agency , 2007) A1

[15] (Houtsma, 1913-1938) A1

[16] (Central Intelligence Agency , 2007) A1

[17] (Dimitrova, 2001) A1

[18] (Lane, 2017) A1

[19] (Chay & Ross, 1986) p. 31 A1

[20] Ivi, pp 31-33 A1

[21] (Vandenbosch, 1964) A1

[22] (Vital, 1969) p. 87 A1

[23] (Efremova, 2019) p. 108-109 A1

[24] Ivi pp. 111-112 A

[25] (Efremova, 2019) pp. 112-114 A1

Condividi il post