Il punto sul nesso tra migrazione e sicurezza

  Focus - Allegati
  30 giugno 2022
  14 minuti, 31 secondi

L'anno 2020, in Europa come altrove, ha determinato la necessità di un’azione coordinata condivisa in Europa come risposta alla situazione determinata dalla pandemia da Covid-19 e dal deterioramento della situazione geopolitica ai confini europei che ha portato ad una nuova attenzione verso gli aspetti securitari dei flussi migratori.

Il Covid-19 ha posto sfide senza precedenti per i governi e i parlamenti europei, e di tutto il mondo, in termini di garanzia di sicurezza sanitaria per i loro cittadini. La libertà di movimento all'interno dell'Unione Europea (UE) è stata temporaneamente sospesa a causa dei blocchi nazionali e dalla chiusura delle frontiere interne dell'UE. La stabilità e la prosperità socioeconomiche sono state pesantemente colpite, con danni ed effetti negativi sulle categorie di persone più vulnerabili, migranti compresi.

Ad oggi, l'impatto della pandemia e dei flussi migratori è sentito più acutamente in quei settori dove le disposizioni sanitarie in materia di distanziamento sociale hanno fondamentalmente influenzato le operazioni commerciali e la domanda dei consumatori, come l'ospitalità, il tempo libero e turismo.

Autore: Matteo Frigoli - Head Researcher, Mondo Internazionale G.E.O - Area Difesa&Sicurezza


1. Perché e come la migrazione può avere effetti sulla sicurezza europea?


Le questioni in materia di asilo e migrazione hanno dato luogo sempre più a intensi dibattiti politici in Europa, soprattutto all'indomani dell'11 settembre e delle crisi migratorie dal 2015/2016 (Lazaridis e Wadia 2015). Questi temi sono stati al centro di numerose campagne elettorali negli ultimi anni, in particolare in Germania, in quanto la Germania è la destinazione finale più popolare per richiedenti asilo e migranti nel contesto della crisi migratoria del 2015-2016.

Poiché la migrazione ha catturato l'agenda politica, gli accademici hanno discusso il collegamento tra migrazione e sicurezza, a volte indicato come il nesso "migrazione-sicurezza". (Bourbeau 2017; Faist 2004; Karyotis 2003).

Nel mondo interconnesso di oggi, la migrazione internazionale continua e continuerà a crescere. I migranti sono alla ricerca di una condizione di vita migliore per sè stessi e per la loro famiglie. Mentre molti migranti cercano di migliorare lo status sociale ed economico, altri arrivano in cerca di asilo a causa di conflitti armati, repressioni politiche o paura di persecuzioni nei loro confronti nel paese d'origine. Inoltre, i flussi migratori stanno diventando un'arma praticabile nell'arsenale di molti attori statali e non statali che perseguono con mezzi non convenzionali il fine di aumentare il proprio potere regionale.

Figura rappresentativa delle diverse categorie dell’utilizzo dei flussi migratori come metodo di destabilizzazione. Immagine adattata da “Greenhill, Strategic Engineered Migration as a Weapon of War”.



La migrazione di massa, una questione come già detto estremamente polarizzante, porta inevitabilmente a situazioni di malcontento dell’opinione pubblica arrivando a far emergere istanze che, molte volte, violerebbe il diritto internazionale.

A tal proposito, l’uso dei flussi migratori come arma si verifica quando un attore sfidante statale o non statale sfrutta la migrazione, volontaria o forzata, al fine di raggiungere obiettivi politici, militari, e/o obiettivi economici. In tutti i casi, l’attore che attua questa strategia utilizza la migrazione come arma sfruttandola opportunisticamente.

Il tipo di governo o regime gioca un ruolo importante nella valutazione potenziali costi ed impatti. Storicamente, i governi autoritari si sono dimostrati meno vulnerabili alla coercizione derivante dalle migrazioni perché sono più difficili da mettere sotto pressione dai cittadini nazionali. Al contrario, le nazioni democratiche, per esempio, devono considerare l'opinione popolare quando devono determinarsi ad accogliere o respingere le richieste di ingresso in occasione di copiosi flussi migratori. Un esempio storico dell’uso delle migrazioni come arma è dato dalla minaccia di rendere l'Europa "nera" rivolta all’UE dal dittatore libico Muammar Gheddafi se la stessa non avesse provveduto ad assistere finanziariamente la Libia.

Nel 2013, circa 1,3 milioni di migranti hanno chiesto lo status di asilo nei 28 europei Paesi membri dell'Unione (UE), oltre a Svizzera e Norvegia non membri dell'UE. L'aumento delle domande è stato attribuito principalmente a vari conflitti nell’area MENA e in Asia. Nel 2015, i richiedenti asilo siriani da soli apportavano quasi 700.000 domande (Léonard, Kaunert, 2019).

2. Minacce per gli stati membri UE derivanti dal fenomeno migratorio

Quando si studia la migrazione, le terminologie contano. Un termine importante è rifugiato, il quale fa riferimento a uno status preciso definito dal punto di vista politico-giuridico ai sensi della Convenzione sui rifugiati del 1951 e del relativo Protocollo del 1967 inquadrato nel diritto internazionale. La maggior parte dei recenti documenti istituzionali dell'UE tengono in considerazione questa definizione, ma dal momento che molti dei migranti forzati stanno ancora aspettando la definizione del loro status giuridico, vi è in UE un gran numero di richiedenti asilo dovuto a diversi vincoli burocratici che crea un contesto di incertezza nelle istituzioni e nelle popolazioni (Bello, 2017).

L'abolizione delle frontiere interne all'interno dell'UE ha favorito la diffusione di narrazioni che suggeriscono un deficit di sicurezza e di nuove sfide all'ordine pubblico derivanti dall'apertura delle frontiere interne, portando a una crescente politicizzazione e percezione di sicurezza delle questioni relative a migrazione e asilo (Huysmans, 2006; Guild, 2009; Bourbeau, 2011; Vietti & Scribner, 2013)

Non esiste una posizione europea comune su come trattare e come andare oltre la gestione della crisi umanitaria, ci si affida così ai diversi documenti strategici nazionali, i quali hanno diversi metodi e approcci sul tema e finiscono per imporre divergenti politiche di sicurezza e di difesa all'interno dell'UE.

Gli aspetti securitari delle migrazioni tendono a comprendere quattro diversi variabili: quella socioeconomica, dovuto alla disoccupazione e alla crisi del welfare state; quella securitaria, vista la perdita di controllo sui confini e una degradazione della sicurezza sia interna che esterna; quella identitaria, aspetto in cui i migranti sono considerati una minaccia per le società ospitanti identità nazionale; e, infine, quella politica, a seguito di discorsi anti-immigrati, razzisti e xenofobi (Ceyhan & Tsoukala 2002, p. 24).

Pertanto, poiché la migrazione è una tematica che comporta diverse riflessioni in materia di sicurezza nazionale degli stati membri(Adamson, 2006). Si pensi alla crescente mobilità urbana associata alla formazione di veri e propri cluster urbani di soli migranti (Rodrigues, 2015, pp. 45–46), alla capacità/incapacità degli stati membri di controllare gli ingressi (Mabee, 2009, pp. 123–124) e ai potenziali contrasti sociali in ambito etnico e religioso dati dalla diversa composizione della popolazione (Tragaki, 2007, p. 105). Se gli immigrati non sono integrati nelle comunità ospitanti, in particolare se provengono da una realtà culturale completamente diversa, vi è un potenziale rischio di conflitti religiosi ed etnici, richiedendo nuovi sforzi di integrazione governativa delle minoranze etniche nelle comunità nazionali (Savage, 2004).

In aggiunta, è impossibile ignorare l'impatto del terrorismo internazionale sul nesso migrazione-sicurezza. Dopo la crisi migratoria del 2015-2016, il tema terrorismo interno all'UE ha comportato una situazione simile a quella che si è verificata negli Stati Uniti dopo 9/11, con l'inserimento delle questioni dell'immigrazione nell'agenda antiterrorismo. (Burgess, 2011).

Inoltre, non è da ignorare come il trattamento dei migranti nei paesi ospitanti abbia una certa ripercussione sul nesso migrazione-terrorismo. Infatti, è probabile che i campi profughi rappresentino un terreno fertile per la radicalizzazione, quest’ultima definita come “l’insieme dei processi sociali attraverso i quali le persone sono portate a legittimare, sostenere o compiere atti di violenza per motivi politici o religiosi obiettivi” (Ladbury 2009). Si è osservato che sono diversi i fattori che possono portare alla radicalizzazione, tra cui l'educazione religiosa, la mancanza di occupazione, mancanza di capacità di movimento e mancanza di accesso alla formazione scolastica. Molte di queste condizioni derivano dalle situazioni riscontrate nell’esperienza media dei rifugiati nei campi profughi.

È utile analizzare gli effetti delle tematiche appena descritte sui sistemi di sicurezza nazionale degli stati membri.

La valutazione delle strategie di sicurezza nazionale degli stati europei in materia di immigrazione si basa su documenti strategici i quali sono essenziali per comprendere le direttive strategiche degli Stati membri a proposito degli aspetti securitari della migrazione.

Vi è una notevole presenza degli aspetti securitari collegati alle migrazioni potrebbe dalle più recenti strategie nazionali successive la crisi migratoria del 2015, soprattutto in Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Romania, Svezia e Regno Unito.

Tuttavia, ci sono Stati membri come Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Lettonia, Malta e Svezia che non danno importanza alle questioni migratorie nella loro strategia di sicurezza nazionale. Ciò porta alla conclusione che la migrazione è un aspetto securitario meno trattato in questi paesi e che non vi è una strategia unitaria sul tema in Europa, nonostante ciò, le situazione politicamente destabilizzante nell’area MENA e nell’est-europa suggeriscono che, al contrario, la migrazione rimarrà un elemento persistente.

3. Ai confini dell’Europa: stati falliti e il nesso migrazione-terrorismo?

In un’ottica di predisposizione degli strumenti di gestione di crisi future ai flussi migratori ed al nesso migrazione-terrorismo è utile sviluppare alcune riflessioni che partono dalla considerazione che gli stati fragili, deboli o in crisi sono da tempo associati al terrorismo (Rand, 2007). Gli Stati in crisi generalmente non possono fornire sicurezza e servizi essenziali ai propri cittadini, il che, a sua volta, tende a favorire l'emigrazione ed un terreno per l’insediamento di gruppi terroristici.

L'assenza di un'autorità centrale forte che goda di un alto grado di legittimità e un governo che non è in grado di mantenere la legge e l'ordine consente alle organizzazioni terroristiche di controllare territori non governati o sotto governati e creare le proprie strutture in un determinato territorio.

Nei contesti di generale declino del monopolio della forza dello stato vi è la tendenza anche a dare spazio al controllo del territorio da parte di milizie armate private, spesso, gruppi che cercano di imporre l'ordine senza necessariamente avere un collegamento con lo stato, oppure in contrapposizione con lo stesso. Tali politiche di vigilanza spesso ricorrono a tattiche terroristiche, le quali possono portare a sfollamenti di individui ed a favorire l’emigrazione.

Al confine sud dell’Europa, il numero di stati che hanno subito un collasso della propria governance per ragioni economiche, politiche o di altro tipo è stato piuttosto ampio e comprende, ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo (RDC), il Libano, la Sierra Leone, il Sudan e il Sud Sudan, Zimbabwe, Libia, Yemen e Repubblica Centrafricana (RCA) e, più recentemente (Mills, 2017). A volte, è solo una parte di un paese che diviene ingovernabile poiché il controllo del governo centrale si è indebolito o è diventato totalmente assente. Un esempio rilevante è l'Uganda, dove il Lord's Resistance Army (LRA) ha terrorizzato per decenni il nord della regione e le regioni vicine. Contando, in tempi diversi, tra 300 e 3.000 "combattenti", è comunque riuscito a sfollare durante la sua esistenza centinaia di migliaia di persone in tutto il Sud Sudan, la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana (Oxfam, 2011). Al culmine della sua campagna di atrocità, nel 2006, circa 1.700.000 persone nel nord dell'Uganda hanno cercato rifugio nei campi per sfollati interni. Un altro caso noto, nel continente asiatico, è il Pakistan con le sue aree tribali FATA dove Al-Qaeda e i talebani afgani trovarono o ottennero rifugio in Waziristan.

In effetti, il fallimento dello stato è spesso un fattore importante nella migrazione, ma non necessariamente collegato alla generazione di fenomeni terroristici. Anche i terroristi hanno bisogno di infrastrutture funzionanti per operare. Se non possono creare un’infrastrutturale statale propria (come è riuscito a fare il Califfato islamico in alcune parti della Siria e dell'Iraq), preferiscono uno stato che sia favorevole alla loro causa, come è avvenuto con i talebani afgani (1996-2001) e Al Qaeda. A volte uno stato potrebbe non essere favorevole alle cause dei gruppi terroristici ma tollerare la loro presenza per la debolezza intrinseca delle proprie istituzioni, come è il caso in Libano con Hezbollah (1982-2016) o, in Libia, dove sia Al-Qaeda che IS sono presenti dopo il rovesciamento del colonnello Gheddafi in 2011.

Il problema che si è posto in Europa ha riguardato gli attacchi terroristici negli stati membri e la correlazione tra terrorismo e migrazione. Per esempio, il Europol Information System ha registrato più di 3.700 foreign fighters provenienti da 24 Stati membri dell'UE che si sono recati in Siria o in Iraq dal 2011 per unirsi alle organizzazioni terroristiche. I combattenti delle nazioni dell'Europa occidentale hanno costituito circa il 20% di tutti gli stranieri combattenti in Siria e Iraq. Nell'estate del 2014 si è assistito a un forte aumento in seguito alla proclamazione del califfato in Iraq da parte di al-Baghdadi e alla sua acquisizione di territorio. Dopo l'arrivo in Siria e Iraq, i combattenti stranieri europei si sono uniti prevalentemente a due terroristi gruppi: Daesh e Jabhat al-Nusra. Altri gruppi terroristici hanno attirato combattenti su a misura minore (Europol, 2017). Si stima che almeno il 30% dei foreign fighters partiti per unirsi ai gruppi terroristi siano ritornati in Europa (European Parliament Research Service, 2018).

Il rischio determinato dal crescente nesso tra migrazione e terrorismo in Europa deve spingere ad alcune riflessioni e ad una gestione migliore dei flussi migratori attraverso un set minimo di azioni e conetti da sviluppare, sottoelencato, che chi scrive ritiene essere meritevoli, con l’obiettivo di scoraggiare l’immigrazione irregolare ed incrementare la sicurezza europea:

- sviluppare un’operazione di sicurezza comune europea nel mediterraneo con l’obiettivo di smantellare il traffico di esseri umani e la struttura di business dei trafficanti.

- incrementare i fondi emergenziali a supporto degli stati di primo contatto.

- incrementare le capacità di sorveglianza e ricognizione nei confini marittimi degli stati membri, soprattutto nel mediterraneo.

- supportare agli stati di primo contatto di Europol, Frontex e Eurojust nei processi di identificazione, registrazione dei richiedenti asilo.

Contenuto dell’Informazione

1

Confermata

Confermato da altre fonti indipendenti; logico in sé; coerente con altre informazioni sull’argomento

2

Presumibilmente Vera

Non confermato; logico in sé; consistente con altre informazioni sull’argomento.

3

Forse Vera

Non confermato; ragionevolmente logico in sé; concorda con alcune altre informazioni sull’argomento

4

Incerta

Non confermato; possibile ma non logico in sé; non ci sono altre informazioni sull’argomento

5

Improbabile

Non confermato; non logico in sé; contraddetto da altre informazioni sul soggetto.

6

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare la validità dell’informazione.

Affidabilità della fonte

A

Affidabile

Nessun dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; ha una storia di completa affidabilità.

B

Normalmente Affidabile

Piccoli dubbi di autenticità, affidabilità, o competenza, tuttavia ha una storia di informazioni valide nella maggior parte dei casi.

C

Abbastanza Affidabile

Dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; tuttavia, in passato ha fornito informazioni valide.

D

Normalmente non Affidabile

Dubbio significativo sull'autenticità, affidabilità o competenza, tuttavia in passato ha fornito informazioni valide.

E

Inaffidabile

Mancanza di autenticità, affidabilità e competenza; storia di informazioni non valide.

F

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare l’affidabilità della fonte.

Bibliografia:

Adamson, F. B. (2006). Crossing borders: International migration and national security. International Security, 31(1), 165– 199. A-1.

Bello, V. (2017) International Migration and International Security: Why Prejudice is a Global Security Threat. London: Routledge. A-1.

Bourbeau, P. (ed.) (2017a) Handbook on Migration and Security. Cheltenham: Edward Elgar. A-1.

Burgess, J. P. (2011). Introduction: Security, migration and integration. In J. P. Burgess, & S. Gutwirth (Eds.), A threat against Europe? Security, migration and integration, (pp. 13–15). Brussels: Institute for European Studies. A-1.

Ceyhan, A. and Tsoukala, A. (2002) ‘The Securitization of Migration in Western Societies: Ambivalent Discourses and Policies’, Alternatives, 27(Special Issue), pp. 21–39. A-1.

European Parliamentary Research Service, The return of foreign fighters to EU soil: ex-post evaluation, 2018, Bruxelles. A-1.


Faist, T. (2004) ‘The Migration-Security Nexus. International Migration and Security Before and After 9/11’, Willy Brandt Series of Working Papers in International Migration and Ethnic Relations 4/03. Malmö: Malmö University. A-1.

Greenhill Kelly M., “Strategic Engineered Migration as a Weapon of War.” Civil Wars 10 no. 1 (July, 2008): 6–21. A-2.

Guild, E. (2009) Security and Migration in the 21st Century. Cambridge. A-1.

Huysmans, J. (2006) The Politics of Insecurity: Fear, Migration and Asylum in the EU. Abingdon: Routledge. A-1.

Karyotis, G. (2003) ‘European Migration Policy in the Aftermath of September 11: The Security-Migration Nexus’, Paper prepared for presentation at the second workshop of the UACES Study Group ‘The Evolving European Migration Law and Policy’, Manchester, 11–12 April 2003. B-1.

Kaunert, C. and Léonard, S. (2019) ‘The Collective Securitization of Terrorism in the European Union’ , West European Politics, 42 (2), pp. 261–277. A-1.

Ladbury, Sarah. (2009) Why Do Men Join the Taliban and Hizb-i Islami? How Much Do Local Communities Support Them? Independent Report for the Department of International Development, August 14. London: Department of International Development. B-1.

Lazaridis, G. and Wadia, K. (eds) (2015) The Securitisation of Migration in the EU: Debates since 9/11. Basingstoke: Palgrave Macmillan. A-1.

Mabee, B. (2009). The globalization of security: State power, security provision and legitimacy. New York: Palgrave Macmillan. A-1.

Mills G., Why States Recover, London, 2014. B-1.

Rabasa, A., Boraz, P. C. Cragin, Karasik, K., Theodore W. J., Monroney, D.P., O’Brien K., A. and Peters, J. E. Ungoverned Territories. Understanding and Reducing Terrorism Risks, St. Monica: RAND, 2007. A-1.

Rodrigues, T. F. (2015). Population dynamics: Demography matters. In T. Rodrigues, R. G. Pérez, & S. S. Ferreira (Eds.), Globalization and international security. An overview, (pp. 33–49). New York: Nova Science Publishers. A-1.

Savage, T. M. (2004). Europe and Islam: Crescent waxing, cultures clashing. Washington Quarterly, 27(3), 25–5. B-1.

Tragaki, A. (2007). Demography and migration as human security factors: The case of South Eastern Europe. Migration Letters, 4(2), 103–118. B-1.

Condividi il post