Il punto sulla politica georgiana

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  14 marzo 2024
  5 minuti, 57 secondi

Abstract

Questa analisi si propone di esplorare due direttrici chiave della politica interna georgiana contemporanea: il ritorno sulla scena pubblica di Ivanishvili (e i suoi effetti sul panorama politico interno) e la gestione delle spinte europeistiche da parte del governo. Comprendere le dinamiche interne al Paese è fondamentale per capire in che direzione evolverà lo scenario caucasico nei prossimi anni.

Autore

Gabriele Junior Pedrazzoli - Junior Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politics

Lo scenario politico georgiano

Il rimpasto governativo seguito alle dimissioni del Primo Ministro Irakli Garibashvili, a febbraio, ha portato alla nomina di Irakli Kobakhidze, già leader del partito di maggioranza “Sogno Georgiano”. Ciò accade un mese dopo il ritorno in politica del potente oligarca Bidzina Ivanishvili, fondatore (e ora Presidente onorario) del partito.

Ivanishvili si era ritirato nel 2021, dopo aver ricoperto la carica di Primo Ministro tra il 2012 e il 2013 e aver guidato Sogno Georgiano per vari anni. Considerato l’eminenza grigia della politica georgiana, molti sostengono che abbia sempre diretto le vicende politiche del Paese e che il suo ritiro fosse solamente apparente. Detentore del 30% del PIL nazionale, è stato ripetutamente accusato di collusione con la Russia; addirittura, indagini di ONG indipendenti hanno evidenziato che i suoi legami economici e personali con Mosca sono continuati anche quando ricopriva incarichi istituzionali in Georgia (Transparency International, 2022).

Il suo partito è saldamente al potere. L’opposizione è frammentata e incapace di proporre alternative serie a Sogno Georgiano (nel Paese ci sono oltre 80 partiti attivi, molti dei quali non dispongono di strutture capillari sul territorio nazionale). Un suo ritorno in politica potrebbe quindi apparire non necessario, ma bisogna ricordare un dato importante: il 26 ottobre si terranno le elezioni presidenziali.

Gli ultimi due Presidenti della Repubblica appartenevano a Sogno Georgiano, con entrambi il partito arrivò “ai ferri corti” prima della fine del mandato. L'attuale presidente Salome Zourabichvili, eletta nel 2018, ha visto il suo rapporto con la leadership deteriorarsi al punto che gli stessi che l’avevano sostenuta ne chiedevano, anni dopo, l’impeachment. Anche con il predecessore di Zourabichvili, Giorgi Margvelashvili, si era arrivati a importanti frizioni, tanto che il partito non sostenne un suo secondo mandato.

È ragionevole prevedere un’altra vittoria per il partito di Ivanishvili alle prossime presidenziali, ma è imperativo per lo stesso esprimere un candidato in linea con la dirigenza. Ecco perché una candidatura del fondatore (e guida ideologica) appare tutt’altro che impensabile.

Spinte europeistiche

Il 14 dicembre scorso il Consiglio Europeo ha concesso alla Georgia lo status di “Paese candidato” all’ingresso nell’Unione Europea. Per molti, moltissimi, georgiani è un sogno che si realizza. Migliaia di persone hanno gremito Piazza della Libertà a Tbilisi dove l'ambasciatore dell’Unione Pawel Herczynski ha tenuto un discorso insieme all’allora Primo Ministro Garibashvili.

Dietro questo entusiasmo si cela un contesto geopolitico complesso: le politiche aggressive della Russia e il sostegno alle regioni separatiste (Abcasia e Ossezia meridionale) hanno contribuito a rafforzare il senso di vicinanza dell'opinione pubblica georgiana verso l'Occidente e l'Europa, viste come un baluardo contro le influenze esterne e una via verso la stabilità e la prosperità. L’identità europea della Georgia è il risultato delle tensioni regionali, non di un condiviso senso di appartenenza. É quindi un’identità fragile, soggetta ai mutamenti geopolitici del quadrante e non necessariamente considerata nei programmi di lungo periodo delle forze politiche del Paese.

Tutte le formazioni politiche georgiane rilevanti si proclamano anti-russe e nel dibattito pubblico, per screditarsi, si scambiano vicendevolmente accuse di connivenza con Mosca. Mentre l’Unione Europea indica come primo ambito d’intervento, per allinearsi ai criteri di Copenaghen, la diminuzione delle ingerenze degli oligarchi nel governo dello Stato, Ivanishvili, primo oligarca della Georgia, torna prepotentemente sulla scena. Il vero allineamento del Paese all’Europa e all’Occidente è dubbio e la concessione dello status di candidato da parte dell’Unione, più che sintomo di avvicinamento Georgia-UE, vuole essere un segnale al Cremlino nel più ampio contesto del conflitto in Ucraina.

Conclusioni

Il processo di consolidamento del potere di Sogno Georgiano appare difficile da alterare nel breve periodo, ma le sfide a cui il Paese sarà sottoposto potrebbero generare significativi cambiamenti nell’arco della prossima legislatura.

La Russia investe molto sul Caucaso settentrionale, economicamente e politicamente. L'obiettivo del Cremlino è trovare un’alternativa praticabile al “corridoio internazionale trans-caspico”, che collega il porto di Baku a quello di Batumi (nella Georgia meridionale). Il piano infrastrutturale di Mosca prevede l’ampliamento del porto di Makhačkala, in Daghestan, e la costruzione di una base navale a Očamčira, in Abcasia, a pochi chilometri dal confine georgiano. Tbilisi intende candidarsi a snodo di transito Est-Ovest, i governi del partito di Ivanishvili hanno puntato molto su questo aspetto, ma l’eventuale successo dell’iniziativa russa metterebbe a dura prova l’economia del Paese.

In ultima analisi, a prescindere dai risultati delle presidenziali di ottobre, il governo georgiano dovrà essere molto prudente. Il rischio a cui lo Stato va incontro è di essere schiacciato dall’esasperazione delle tensioni nel Caucaso. Se Sogno Georgiano vuole continuare a governare il Paese deve garantire stabilità: il caso dell’Ucraina evidenzia che la Russia non è disposta a cedere alle spinte occidentali, ma allinearsi al Cremlino per Tbilisi non è un’opzione.



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Bibliografia:

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