A cura di: Francesco Ancona - Junior Researcher - Mondo Internazionale G.E.O (Difesa e Sicurezza)
Abstract
Nell’ultimo decennio, il governo russo ha portato avanti diversi programmi di ammodernamento e di nuova costruzione, aumentando così la sua presenza militare nell'Artico. Ciò è avvenuto alla luce di una profonda revisione della sua politica regionale, dovuta principalmente a considerazioni di natura economica e securitaria. Sebbene la presenza militare nell'Artico non sia una novità né per la NATO né per la Russia, è evidente che negli ultimi anni sia stata posta maggiore enfasi, da parte di entrambi gli attori, sul dispiegamento, e ammodernamento, di truppe specializzate, equipaggiamenti e sistemi d'arma, nonché sulla costruzione di nuove basi e la riattivazione di quelle più vecchie. Tra gli attori artici, di maggiore rilievo da questo punto di vista sono la Russia e gli Stati Uniti, che hanno aumentato il numero di personale militare e di attrezzature dispiegate nelle rispettive aree artiche. Con il continuo disgelo delle calotte causato dal riscaldamento globale, l’Artico sta diventando una regione sempre più complessa dal punto di vista della sicurezza. Allo stesso tempo, questo fenomeno ambientale, pur aprendo la strada verso la scoperta e il potenziale sfruttamento di nuove riserve di gas e petrolio, esso creerà inevitabilmente anche nuove incertezze e sfide. Questo articolo, diviso in due parti, cercherà di esplorare e comprendere il livello di dispiegamento e potenziale militare da parte della NATO e della Russia, le loro strategie ed interessi geopolitici nell’Artico, e di come essi siano mutati nel tempo, tentando inoltre di fornire un’ipotesi (tenendo anche conto degli sviluppi politici e militari in Ucraina) sulle prospettive future di un rinnovato impegno economico, sociale e militare nella regione.
Introduzione
Nell'ultimo decennio, sia gli stati artici della NATO che la Federazione Russa hanno aumentato considerevolmente la loro presenza militare nella regione artica. In tale periodo, si è infatti assistito a una maggiore enfasi sul dispiegamento di truppe specializzate, attrezzature e sistemi d'arma, in particolare da parte della Russia. Tale accumulo è stato ulteriormente esacerbato dall’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 (e più recentemente dal conflitto in corso in Ucraina), la quale ha portato a una maggiore richiesta di sicurezza da parte della Russia lungo il passaggio marittimo compreso tra il mare di Barents e il mare di Ciukci, comunemente definito come “Northern Sea Route” (NSR). Proprio lungo questa rotta marittima si concentrano primariamente gli sforzi della politica artica russa, strettamente incentrata sulla sua sicurezza militare ed economica, con l’obiettivo di mantenere un saldo controllo sui luoghi geografici chiave della regione, fondamentali per il futuro sviluppo energetico, industriale e commerciale del paese. L'approccio della Russia verso l’Artico può essere sintetizzato in tre pilastri fondamentali: 1) rafforzamento e ammodernamento delle proprie capacità di difesa su tutti i domini a protezione della popolazione lungo la costa affacciata verso l’Oceano Artico; 2) affermazione della propria giurisdizione marittima sulla NSR, al fine di garantire un ambiente sicuro per lo sviluppo infrastrutturale per il crescente traffico marittimo, particolarmente critici in previsione dello scioglimento della calotta polare; 3) sfruttamento delle risorse naturali dell'Artico, in particolare quelle presenti sui fondali delle piattaforme continentali artiche, alcune delle quali aspramente contese con altri stati artici come Norvegia e Danimarca.
La politica artica dell’URSS e il cambio di rotta di inizio millennio
Al fine di comprendere il rinnovato interesse della Russia verso l’Artico è opportuno fare un’analisi storica più approfondita delle principali caratteristiche della politica artica sovietica, e di come questa abbia influito sulle linee guida della Federazione Russa verso quella regione.
La politica sovietica sull'Artico è di particolare rilievo, poiché ha visto sostanziali evoluzioni dalla metà della guerra fredda, fino ai primi decenni del 2000. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla fine degli anni 80’, la regione dell’Artico era considerata come una delle aree di massima tensione strategica tra i blocchi, la cui difesa per l’URSS era fondamentale al fine di prevenire incursioni all’interno dell’Oceano Artico. L’accesso alla regione artica sovietica (accessibile dall’Atlantico tramite il corridoio tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito) era soggetto ad un sistema di difesa stratificato, definito “Bastion Defence”, composto da corpose pattuglie di Ballistic Missile Submarines (SSBN) di classe Delta e Typhoon, e da infrastrutture di difesa come basi navali, aeroporti, depositi di munizioni, e sensori lungo la penisola di Kola (Tamnes, 2017; Hestvik, 2020). Dalla fine degli anni '80 fino al crollo dell'Unione Sovietica, la politica estera di Mosca relativa alla regione artica subì un cambiamento inverso. Riassunta nel discorso di Mikhail Gorbaciov a Murmansk dell'Ottobre 1987, la nuova linea sovietica considerava la regione come un'area in cui la pace, la cooperazione, l'istituzione di una zona denuclearizzata, lo sviluppo pacifico, lo sfruttamento e la navigazione della NSR, dovevano essere i principi guida per tutti gli Stati artici. Nei due decenni successivi al crollo dell'Unione Sovietica, l'Artico è stato largamente ignorato dalla neo-nata Federazione Russa, la quale considerava la regione come un’area di bassa tensione e di cooperazione internazionale su diverse tematiche (Rumer, Sokolski, Stronski, 2021). Nel 2008, la Russia rinnovò il suo interesse per la regione, attraverso una profonda rivisitazione della propria strategia artica, non soltanto riprendendo le tematiche di sicurezza della vecchia dottrina sovietica, ma sviluppandola parallelamente a diversi progetti economici di medio e lungo periodo che riflettevano le ambizioni di Mosca nello sfruttare le potenziali risorse energetiche li presenti, in particolare gli idrocarburi, al fine di assicurarsi una fonte sicura di profitti derivanti dalla loro esportazione (Rumer, Sokolski, Stronski, 2021). La premessa di tale politica si fondò sul documento, firmato nel settembre 2008 dal Presidente Medvedev, intitolato: "Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa per l'Artico fino al 2020 e oltre”. Considerato come il primo documento strategico russo per l'Artico, esso definì per la prima volta gli interessi nazionali della Russia nella regione: lo sfruttamento delle risorse naturali (gas, petrolio, metalli) e la trasformazione della NSR in un corridoio di trasporto nazionale supportato da infrastrutture civili. Tale documento è considerato come il pilastro della politica artica russa, e la base dei suoi successivi aggiornamenti (Mehdiyeva, 2018). Dal punto di vista di sicurezza e difesa, il documento aveva l’intenzione di promuovere il ruolo della Russia nel garantire la protezione delle coste e la difesa militare, oltre ad affermare la sua giurisdizione lungo la NSR. Gli obiettivi economici e di sicurezza delineati nel 2008 furono in seguito accompagnati da una serie di documenti strategici più dettagliati, tra il 2013 e il 2014, volti ad attuare la politica artica della Russia attraverso una serie di progetti di sviluppo (in particolare quelli attuati attraverso il "Programma di Stato della Federazione Russa - Sviluppo socioeconomico della zona artica russa fino al 2020" e il "Programma di Stato della Federazione Russa - Sviluppo socioeconomico della zona artica russa fino al 2025"), la maggior parte dei quali (soprattutto dopo il 2014) ha sofferto per la mancanza di know-how e di investimenti esteri (Mehdiyeva, 2018; Laurelle, 2020). La "Strategia per lo sviluppo della zona artica della Federazione Russa e per la sicurezza nazionale fino al 2020" (2013) è di particolare importanza. Rispetto al 2008, e a seguito del conflitto ucraino del 2014, esso ha posto particolare accento sulla componente della sicurezza. Infatti, al fine di garantire le prime due componenti della sua politica artica, il documento ha altresì accentuato il tema sull’espansione della sicurezza e difesa militare dei territori artici, importanza riflessa anche dalla creazione dell’“Arctic Joint Strategic Command” nel 2014 (Mehdiyeva, 2018). Infine, l'ultimo documento di attuazione della politica artica russa ("Strategia di sviluppo della zona artica della Federazione Russa e della sicurezza nazionale per il periodo fino al 2035") è stato pubblicato nell'ottobre 2020. Pur essendo molto simile - nelle intenzioni e negli obiettivi - al documento del 2008 (Klimenko, 2020), il documento menziona la “Arctic Zone of the Russian Federation” (AZRF) per la prima volta come un'area sempre più instabile per la sicurezza della Russia (accentuato dal rapido deterioramento delle relazioni con i paesi occidentali in seguito al conflitto in Crimea del 2014), sottolineando la "necessità di potenziare la struttura e la composizione delle forze armate nell'Artico, nonché di armare ed equipaggiare le forze regionali con i più moderni mezzi di guerra adatti al rigido clima artico" (Mehdiyeva, 2021).
Difesa strategica e convenzionale dell’AZRF: la ri-militarizzazione come una crescente priorità
La militarizzazione dell'AZFR da parte della Federazione Russa ha visto una rapida evoluzione solo nel corso degli ultimi 15 anni, attraverso il dispiegamento di nuove capacità e sistemi, il varo di profonde riforme amministrative e militari, l'aggiornamento di infrastrutture già esistenti, e la costruzione di nuove. Come sottolineato da altri autori (Paul, Swistek, 2022), la mentalità e i recenti sforzi militari della Russia nell'Artico sono improntati su una postura prettamente difensiva, principalmente contro la NATO, identificata dal Cremlino in diversi documenti governativi come la principale minacce alla propria sicurezza regionale (Cooper, 2021). Da un punto di vista di sicurezza dei confini, tuttavia, è importante chiarire che, per quanto concerne la percezione della Russia di una minaccia da parte della NATO, la leadership di Mosca assegna alla regione lo stesso livello di attenzione rispetto al teatro europeo (Boulègue, 2019).
Dalla fine del 2007, la Russia ha costantemente aumentato e potenziato le proprie capacità militari nell'Artico. Nel 2008 ha ripreso per la prima volta il pattugliamento da parte di bombardieri strategici e sottomarini nucleari (SSN) vicino al confine con i Paesi artici della NATO (Leuprecht, Sokolsky & Hughes, 2018; Paul, Swistek, 2022). Inoltre, dal 2014 sono state riaperte 14 basi ex-sovietiche, il cui scopo è fornire supporto logistico alla flotta di SSBN russi (che costituiscono i 2/3 della capacità di secondo attacco della Russia) nella penisola di Kola, ove sono inoltre state costruiti sistemi di difesa missilistica (sistemi antiaerei S-300, S-400, missili a medio raggio P-800 Onik e Kalibr, e missili antinave K-300 Bastion-P) e siti radar Rezonans-N per l'allerta rapida (Mladenov, 2021; Conley & Melino, 2020; Kjellen, 2022). In particolare, basi aeree come Nagurskoye sulla Terra di Franz Joseph, Temp sull'isola di Kotenly, ed infine Rogatchevo in Novaya Zemlya, sono state potenziate, tra il 2015 e il 2019, al fine di supportare aerei da trasporto IL-76, intercettori pesanti come il Mig-31 e il Su-34, oltre a ricevere ulteriori sistemi antiaerei Pantsir-SA (a corto raggio), S-400 (a lungo raggio), e piattaforme Bastion-P per missili antinave (Bermudez, 2020; Conley & Melino, 2020; Mladenov, 2021; Staalesen, 2021; Kjellen, 2022). Diverse basi navali sono state inoltre potenziate, come ad esempio la base navale per SSBN di Gadzhiyevo, rinforzata da bunker e difese, e la base navale di Kandalaska, divenuta nel 2016 uno dei punti logistici principali per le basi aeree artiche (American Security Project, 2020). Lungo la parte occidentale della AZRF, è stato inoltre costruito un sistema di sensori idro-acustici, ed è stata inoltre potenziata la sorveglianza marittima anche tramite l’utilizzo di UAV da ricognizione (Kjellen, 2022).

Figura 1. Mappa delle basi militarti artiche della Russia. Source: American Security Project (2020)
La Flotta del Nord è la principale forza militare nella AZFR, il cui scopo è sia la difesa territoriale della regione tramite assetti convenzionali (navi, missili di crociera, difese aeree, e droni), sia la difesa del proprio deterrente nucleare strategico (Baev, 2019). Essa è localizzata nella penisola di Kola, dove sono presenti numerose basi navali, mentre il comando centrale della Flotta ha sede a Severomorsk. Nel 2014, la Flotta del Nord ha ricevuto lo status di nuovo Comando Strategico Congiunto, JSC (comandi operativi decentralizzati, al di sotto dei Distretti Militari (DM), adibiti al coordinamento di formazioni navali e di terra) della regione artica, basato nella penisola di Kola (Kjellen, 2022). Nel gennaio 2021, la Flotta del Nord ha ottenuto ufficialmente uno status pari ad un -DM Autonomo (Decreto del Presidente della Federazione Russa n. 803 del 21 Dicembre 2020), divenendo così il primo - ed unico- JSC avente competenze sia di carattere operativo, sia strategico-amministrativo (Kjellen, 2022, Boulègue, 2019).
Dando uno sguardo al processo di ridimensionamento prima (1980-2000), e successivamente di ammodernamento (dopo il 2000) della Flotta del Nord, si possono evidenziare due filoni: 1) una continuazione della linea di pensiero strategico navale sovietico, la quale prevedeva lo smantellamento dei vecchi vascelli specializzati in favore dello sviluppo di navi multiruolo e la standardizzazione dei sottomarini nucleari; 2) un’enfasi sullo sviluppo e utilizzo di sistemi di lancio e missili da crociera ad alta precisione al fine di ridurre i costi di costruzione di navi d’altura e, allo stesso tempo, sviluppare armi di precisione sia a supporto di operazioni in aree periferiche rispetto al territorio nazionale, sia come deterrente strategico (Bogdanov & Kramnik, 2018). Proprio sulla scia di questi filoni si sono sviluppati i documenti dottrinali della marina russa (Fondamenti della Politica Navale della Federazione Russa) ed i relativi programmi statali di riarmo: il GPV-2020 e il GPV-2027. La Flotta del Nord, sebbene obsoleta e non paragonabile - per numero di unità - alla Marina Sovietica (Baev, 2019), ha ricevuto diverse navi (seppur meno di quelle previste) e sistemi missilistici modernizzati, tra cui il nuovo UUV autonomo Poseidon (che secondo alcune fonti potrebbe essere posizionato in uno dei depositi di munizioni di missili recentemente espansi nella baia di Okolnaya entro la fine di quest’anno) (Nielsen, 2021) e missili ipersonici Tsirkon. Il programma di armamento GPV 2027 prevede, infatti, lo sviluppo e l’ulteriore aumento del numero di sistemi missilistici nell'Artico. Relativamente ai fondi previsti per R&D e costruzione, il budget per la marina previsto nel programma (minore rispetto al precedente GPV-2020), tuttavia, rimane insufficiente per coprire i costi di sviluppo e costruzione di nuovi vascelli, come lo sviluppo del Progetto 955B “Borei B” (escluso dal GPV 2027 a causa dell’elevato costo), la costruzione di nuovi SSBN classe “Borei A” e battelli elettrici “Improved Kilo” (Navy Recognition, 2022), l’ammodernamento dei vecchi “Yasen”, o semplicemente il mantenimento e la riparazione -degli obsoleti “Victor III”, “Akula”, “Sierra I”, “Oscar II” (Bogdanov, Kramnik, 2018). Proprio a quest’ultima appartiene il sottomarino K-329 “Belgorod” del Progetto 09852, un SSBN special-mission consegnato alla Flotta del Nord lo scorso luglio in seguito ad un completo re-design dello scafo (iniziato nel 2012) al fine di accomodare la torpedine nucleare autonoma Poseidon e un veicolo autonomo multiruolo per la ricerca sottomarina (Naval Today, 2022). Da un punto di vista operativo, anche le esercitazioni delle forze navali russe negli oceani Artici e nel Nord Atlantico sono aumentate di numero e frequenza negli ultimi anni. Nell'agosto 2020, ad esempio, l'esercitazione Ocean Shield, un'attività ricorrente della Marina russa nel Baltico, si è svolta per la prima volta coinvolgendo anche navi della Flotta del Nord (Sukhankin, 2020). Le capacità della più recente classe “Borei-A” sono state messe alla prova durante l’esercitazione Umka-21, dimostrando la capacità di colpire obiettivi in modo occulto emergendo attraverso il ghiaccio artico (Naval News, 2021). Nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 è aumentato anche il numero di esercitazioni delle unità aeree russe nell'Artico, sia composte da bombardieri tattici, come SU-24 e MIG-31B, sia da bombardieri strategici della tipologia Tu-95MS e TU-160 (Kjellen, 2022; Baev, 2019; Paul, Swistek, 2022). Ad esempio, nel gennaio 2019, le forze russe hanno simulato attacchi e strike contro installazioni e strutture della NATO (come quella di Vardo, in Norvegia), oltre a tenere importanti esercitazioni militari (come l'Ocean Shield del 2019 e la già citata Umka-2021) nel Mare di Barents (Nielsen, 2022).
Per quanto riguarda le forze di terra presenti nell’artico, esse fungono da complemento alla missione della Flotta del Nord e, insieme alla marina, formano il così detto Strategic Bastion, una “fortezza” pluri-stratificata composta da difese aeree, missilistiche, navali e nucleari (Baev, 2019; Kjellen, 2022; Paul, Swistek, 2022; Hestvik, 2020; Boulègue, 2019). La composizione delle forze terrestri della Flotta del Nord è alquanto eterogenea e frammentata, avendo i JSC la facoltà di incorporare nelle proprie formazioni unità appartenenti ad altri JSC (Kjellen, 2022). La “Brigata Artica” è la principale forza terrestre nella regione. Essa comprende la 200° Brigata Separata Motorizzata e la 80° Brigata Separata Motorizzata, appartenenti al 14° Corpo d’Armata, unità appartenenti alle forze speciali della 61° Brigata Navale, e infine diverse unità appartenenti alla 536° Brigada da Difesa Missilistica Costiera (Harris, Kagan, 2018). La 200° Brigata funge principalmente da unità militare mobile e polivalente, dotata di equipaggiamento pesante, tra cui tre unità motorizzate e un'unità di carri armati (MBT) di tipologia T-80BVM, aventi scafi temprati per le condizioni artiche. Essa è inoltre dotata di droni (UAV) per le operazioni di base di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR) (Sutyagin, 2017). L'80° Brigata è una forza ad alta mobilità specificamente concepita per operare in condizioni artiche. Diversi sistemi sono stati progettati tenendo conto del clima rigido e sono stati dispiegati in loco, tra cui il veicolo corazzato per il trasporto di personale MT-LBV, con cingoli più larghi rispetto all’originale (Armyrecognition, 2019). La Brigata è equipaggiata con un battaglione di obici semoventi 2S1 Gvozdika da 122 mm, ed è supportata da sistemi di difesa aerea Tor-M2DT e Pantsir-SA (Armyrecognition, 2019). Il supporto aereo è assicurato da un piccolo numero di elicotteri d'attacco Mi-24 e da elicotteri da trasporto Mi-8. La Brigata è ulteriormente rafforzata da due reggimenti di sorveglianza aerea: il 331° e il 332° Reggimento Radiotecnico (Regehr, Jackett, 2018). Il contingente artico è inoltre supportato da truppe d'assalto aviotrasportate (VDV), aventi un ruolo importante da svolgere come punta di diamante della risposta rapida a sostegno della “Brigata Artica” (Boulègue, 2019).
Gli interessi economici e la sinergia tra il settore civile e militare
Un altro fattore altrettanto importante che spinge la Russia a porre sempre più attenzione all’artico è quello dello sfruttamento delle risorse minerarie presenti nei giacimenti della piattaforma continentale artica, in particolare petrolio, gas naturale liquefatto (LNG) e vari depositi di minerali (oro, argento, rame, ferro, zinco e diamanti). L’AZRF costituisce circa il 10% del PIL russo, e almeno il 22% sul totale delle sue esportazioni, principalmente petrolio greggio, gas e minerali preziosi (Laurelle, 2020; Boulègue, 2022). Si stima, infatti, che nell’area compresa fra il mare di Barents e quello di Laptev siano presenti circa 73 triliardi di barili di petrolio greggio e circa 10 triliardi di tonnellate di idrocarburi (Blank, 2011). Lo stesso documento “Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa per l'Artico fino al 2020” definisce l’Artico come una “base di risorse strategica capace di adempiere alle esigenze di crescita socio-economiche del paese”, e a tal fine sarebbe opportuno, “espandere lo sfruttamento delle risorse di idrocarburi”. Al fine di raggiungere tale obiettivo, diversi progetti infrastrutturali e per lo sfruttamento delle risorse naturali sono stati lanciati lungo l’AZRF negli ultimi 10 anni, quasi esclusivamente guidati da investimenti derivanti da compagnie strettamente legate al Cremlino, come Rosneft, Lukoil, ma anche direttamente provenienti dal Ministero della Difesa (Boulègue, 2022). I risultati di questi progetti, tuttavia, sono stati finora poco soddisfacenti. Gran parte di essi, infatti, soprattutto in seguito alle sanzioni imposte alla Russia successivamente all’annessione della Crimea nel 2014, sono rimasti incompiuti, o ancora hanno subito ingenti ritardi per via della carenza di finanziamenti diretti esteri, mancanza di know-how o semplicemente a causa di cambiamenti di priorità (Laurelle, 2020; Mehdiyeva, 2021; Paul, Swistek, 2022).
Altro aspetto non secondario è lo sviluppo infrastrutturale lungo la NSR, la rotta navale più breve che collega l’oceano Pacifico a quello Atlantico. È proprio sulla crescente accessibilità e navigabilità della NSR che Mosca starebbe puntando, in previsione di un crescente, e sempre meno interrotto, traffico marittimo artico. In tal senso, la Russia punta ad accrescere i propri export di LNG a circa 80 milioni di tonnellate all’anno entro il 2024, di cui la Cina sarebbe il principale destinatario (Rumer, Sokolsky, Stronski, 2021; Paul, Swistek, 2022; Boulègue, 2022). Al fine di migliorare le condizioni logistiche, la Russia ha investito ingenti somme per lo sviluppo infrastrutturale e industriale di porti e piattaforme per l’estrazione di LNG; in particolare, il complesso di Yamal è stato costruito anche grazie ad investimenti esteri diretti provenienti dalla compagnia China National Petroleum Corporation, la quale detiene il controllo del 20% della piattaforma (Laurelle, 2020, Rumer, Sokolsky, Stronski, 2021). Altro importante investimento russo relativo al miglioramento dell’accesso al mare Artico è stato nello sviluppo e costruzione di una imponente flotta di navi rompighiaccio, a propulsione nucleare e non, adibite sia al trasporto cargo, sia all’apertura di varchi marittimi tra il ghiaccio. La Russia, infatti, dispone della più grande flotta di navi di questo tipo, circa 40, e avrebbe in programma la costruzione di altre 4 unità a propulsione nucleare di classe Artika entro il 2024 (Paul, Swistek, 2022). Interessi economici e militari per la Russia nell’Artico sono così strettamente legati che spesso lo sviluppo di politiche rivolte a un settore va anche a beneficio dell’altro. Esiste infatti una forte sinergia e complementarità tra il settore civile e militare nella AZRF. Ad esempio, molte delle infrastrutture civili, come porti, piste di volo, depositi, radar civili, navi della guardia costiera e rompighiaccio, e personale di sicurezza sono spesso impiegate come strutture o attività “dual-use”, ovvero utilizzate sia per scopi civili, sia per scopi militari (Kjellen, 2022; Paul, Swistek, 2022; Boulègue, 2022; Gustafsson, 2021).
Prospettive future. Un ritorno alla “Bastion Strategy”, o un impegno troppo oneroso?
Diversi autori sono d’accordo sull’affermare che all’interno dell’artico russo è in corso una rivitalizzazione del concetto della “Bastion Strategy”. Derivante dalla strategia sovietica, il concetto di "bastione strategico” prevede la protezione della flotta di SSBN, considerati fondamentali al fine di garantire la capacità alla Russia di secondo strike, attraverso la stratificazione delle proprie difese a partire dall’area geografica adiacente all’AZRF (nello specifico tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito) e quella al suo interno (Paul, Swistek, 2022; Kjellen, 2022; Boulègue, 2022; Hestvik, 2020). Ancora oggi, su questo concetto si basa la linea guida principale per la sicurezza e la difesa dell’AZRF, e che gli investimenti per le infrastrutture (civili e militari), per la Flotta del Nord (SSBN in particolare) e forze di terra degli ultimi 15 anni siano indirizzati ad accrescere il potenziale e le capacità di deterrenza e difesa della Russia nella regione, ora anche attraverso il dispiegamento di nuovi sistemi d’arma autonomi e missili ipersonici (Hestvik, 2020; Kjellen, 2022). Tuttavia, è errato definire tale crescente impegno come una nuova militarizzazione; sarebbe infatti più sensato parlare di una “ri-militarizzazione”. Come spiegano diversi autori, già l’Unione Sovietica aveva una forza permanente, navale, terrestre, e nucleare schierata nell’artico; con le capacità militari russe severamente ridottesi in seguito crollo dell'Unione Sovietica, la ricostruzione delle forze artiche partiva già da un punto molto basso. Anche oggi, dopo diversi anni di modernizzazione, gli schieramenti sono inferiori agli equivalenti sovietici. In questo contesto, la Russia sta semplicemente ristabilendo una presenza militare che era la norma durante la Guerra Fredda. Questo modello non è di per sé specifico dell'Artico, ma è una tendenza osservata in altri DM e in una prospettiva più ampia (Boulègue, 2019). Il teatro artico, tuttavia, non è separato da ciò che accade presso altri DM; esso, infatti, costituisce una continuazione dei teatri contigui del DM occidentale, e del mar Baltico, e possibili escalation militari all’interno di queste aree possono avere effetti (spill over), o comunque avere un impatto, anche sull’AZRF. Il conflitto attualmente in corso in Ucraina, infatti, sta già avendo un considerevole impatto sulle capacità militari russe nell’artico. In un rapporto OSINT, infatti, si stima che almeno 2 Gruppi Tattici di Battaglione (BTG), un'organizzazione tattica modulare russa creata a partire da una Brigata dell'esercito russo (Fiore, 2017), composti da forze appartenenti alla sopracitata 200° Brigata Motorizzata, sotto il comando della Flotta del Nord, siano state quasi completamente distrutte tra febbraio e settembre 2022 in Ucraina (Battle Order, 2022). In questo senso, quindi, il teatro ucraino starebbe avendo sia l’effetto di privare la Flotta del Nord di mezzi e personale specializzato nel combattimento nell’artico, sia di ridurre l’efficacia e la forza deterrente della “Bastion Strategy”. Nonostante la crescente domanda di uomini e materiali da impegnare nel teatro ucraino, la Russia non ha alcun dubbio sull’importanza strategica dell’AZRF. Nell'aprile 2022, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, durante una conferenza stampa sulle operazioni in corso in Ucraina, ha elencato gli investimenti militari nella Penisola di Kola e per la Flotta del Nord come una delle priorità chiave per Mosca (probabilmente a seguito dell'annuncio della Finlandia e della Svezia sulla loro volontà di aderire alla NATO), dichiarando che saranno consegnati ulteriori sistemi d'arma alle basi artiche e alla Flotta del Nord, e che saranno costruiti altri 28 edifici militari nel corso del 2022 (Nielsen, 2022).
In conclusione, Mosca sembra determinata a continuare la propria linea guida di potenziamento del suo “bastione” difensivo artico, attraverso il varo di nuovi sottomarini nucleari, sistemi d’arma di precisione e la costruzione di nuove basi, porti e infrastrutture “dual use”. Il lungo impegno di mezzi, materiali e risorse in Ucraina, combinato con l’effetto derivante dalle sanzioni, tuttavia, sta avendo il duplice effetto di rendere l’AZRF più sguarnita, soprattutto con l’ingresso di Finlandia e Svezia presso la NATO ormai prossimo (NATO PA, 2022), e allo stesso tempo quello di ridurre l’efficacia dell’insieme degli elementi componenti il deterrente difensivo multi-stratificato, così come concepito dalla “Bastion Strategy”.
Contenuto dell’Informazione |
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1 |
Confermata |
Confermato da altre fonti indipendenti; logico in sé; coerente con altre informazioni sull’argomento |
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Presumibilmente Vera |
Non confermato; logico in sé; consistente con altre informazioni sull’argomento. |
3 |
Forse Vera |
Non confermato; ragionevolmente logico in sé; concorda con alcune altre informazioni sull’argomento |
4 |
Incerta |
Non confermato; possibile ma non logico in sé; non ci sono altre informazioni sull’argomento |
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Improbabile |
Non confermato; non logico in sé; contraddetto da altre informazioni sul soggetto. |
6 |
Non giudicabile |
Non esiste alcuna base per valutare la validità dell’informazione. |
Affidabilità della fonte |
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A |
Affidabile |
Nessun dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; ha una storia di completa affidabilità. |
B |
Normalmente Affidabile |
Piccoli dubbi di autenticità, affidabilità, o competenza, tuttavia ha una storia di informazioni valide nella maggior parte dei casi. |
C |
Abbastanza Affidabile |
Dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; tuttavia, in passato ha fornito informazioni valide. |
D |
Normalmente non Affidabile |
Dubbio significativo sull'autenticità, affidabilità o competenza, tuttavia in passato ha fornito informazioni valide. |
E |
Inaffidabile |
Mancanza di autenticità, affidabilità e competenza; storia di informazioni non valide. |
F |
Non giudicabile |
Non esiste alcuna base per valutare l’affidabilità della fonte. |
Bibliografia
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