LA RIMILITARIZZAZIONE DEL MARE ARTICO: STRATEGIE, INTERESSI E ASSETTI MILITARI A CONFRONTO PARTE 2: LA NATO E ALTRI ATTORI

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  31 luglio 2023
  25 minuti, 27 secondi

A cura di: Francesco Ancona - Junior Researcher - Mondo Internazionale G.E.O (Difesa e Sicurezza)

Abstract

Nella precedente pubblicazione abbiamo presentato una dettagliata analisi dell’evoluzione della politica economica e di difesa della Federazione Russa relativa alla sua area artica (AZRF) che, negli ultimi dieci anni, ha visto un’intensificazione della rimilitarizzazione e il dispiegamento nell’Artico russo di forze convenzionali specializzate, SSBN, e nuovi sistemi d’arma sia per la difesa territoriale, sia per la difesa del suo arsenale nucleare tattico e strategico, che garantirebbe alla Russia i due terzi della sua capacità di second strike. Si tenga presente che la Russia non è sola. Altri sette Stati “Artici”, sei dei quali sono membri della NATO, sono interessati a implementare le rispettive sfere politiche, economie, sociali, ambientali e di difesa. Questa seconda parte cercherà di esplorare e comprendere sia la strategia e l’approccio della NATO verso la regione, sia il livello di dispiegamento militare da parte dei singoli membri artici, analizzando le rispettive politiche di difesa e sicurezza nella zona, tentando inoltre di fornire un’ipotesi sulle prospettive future per un rinnovato impegno della NATO. Ultimo oggetto d’analisi sarà l’interesse strategico della Cina nella regione, e come tale coinvolgimento possa destabilizzare l’Artico.

Introduzione

La tensione reiterata tra l’Occidente e la Russia non permane all’interno dei suddetti confini poiché si manifesta anche su territori extraeuropei. A causa della pressione economica, militare, politica, la sua presenza militare nell’Artico è sensibilmente aumentata nel giro di un decennio. Come abbiamo visto nel precedente articolo, l’Artico è una regione estremamente strategica per la Russia che è uno degli otto Stati membri del Consiglio Artico, ossia un forum internazionale nato nel 1996 dalla volontà di collaborare e discutere congiuntamente dei problemi dei governi artici e della popolazione indigena dell'Artico. Gli altri sono Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Stati Uniti d'America e Svezia. Tutti hanno avvertito la necessità di dispiegare sia sistemi d’arma sia truppe specializzate andando così ad implementare la sicurezza e difesa delle proprie aree artiche e delle rotte commerciali che solcano il mare Artico attraverso il North West Passage punto di congiunzione tra l’arcipelago canadese da est a ovest e il mare di Bering. Inoltre, sono stati fatti altri sforzi per costruire infrastrutture logistiche dual purpose ed impiegare sensori e sistemi early warning più avanzati. Un altro organo presente nella regione, di cui fanno parte sei membri, è la NATO che manca di una linea strategica condivisa tra i suoi membri sul come dovrebbe impiegare le proprie forze per garantire la difesa e sicurezza della regione.

Artico: un’area di crescente importanza per i paesi NATO, mancante di una visione strategica unica.

La definizione di “Artico” o “regione artica”, e la sua importanza come posizione geografica, variano in base alle prospettive degli altri attori regionali. Il Canada ritiene che rientri nell'area amministrativa del Canada settentrionale, la quale, secondo una definizione generalmente condivisa, ascriverebbe ad esso tutti i territori a nord del 60° parallelo (The Arctic Institute, 2022); gli Stati Uniti sostengono che lo Stato dell’Alaska è la loro regione amministrativa nell'Artico (The White House, 2022). L’area artica della Norvegia sarebbe una parte della regione definita come "Alto Nord", la quale include una serie di isole e arcipelaghi (Ministero degli Affari Esteri della Norvegia, 2021). La zona di competenza artica della Danimarca comprenderebbe le totalità delle aree intorno agli autogoverni della Groenlandia e delle Isole Faroe (The Arctic Institute, 2022; Ministero degli Affari Esteri della Danimarca, 2022). Infine, la Finlandia considera come sua regione artica le province di Ostrobothnia del Nord, Kainuu, Karelia del Nord, e Lapponia (Governo della Finlandia, 2021), che interessa una superficie superiore al 50%.

Due sono i principali fattori principali che giustificano il maggiore interesse di Stati artici (facente parte della NATO) e NATO,: 1) lo sfruttamento dell’enorme potenziale economico che giace nei fondali inesplorati (risorse minerarie ed energetiche) e delle riserve di pesca; 2) più controllo del traffico navale e l’apertura di nuove vie marittime, di rilevanza strategica per trasporto, comunicazioni ed operazioni militari (U.S Army, 2021; Government of Canada, 2019; NATO Reflection Group, 2020; Governo della Svezia, 2020; Finnish Government, 2021). La difesa e deterrenza sono la risposta alla crescente rimilitarizzazione della Russia, citata come una delle principali fonti di instabilità nei documenti strategici della maggior parte dei paesi artici della NATO (U.S Army, 2021; The White House, 2022; Governo della Svezia, 2020; Governo della Finlandia, 2021; Ministero degli Affari Esteri della Danimarca, 2022; Ministero degli Affari Esteri della Norvegia, 2021; Danish Intelligence Service, 2022).

Diversi analisti affermano che la NATO necessiterà di “una strategia artica completa, incentrata sulla deterrenza nei confronti dei concorrenti e sulla difesa dei suoi Stati membri” (J. Danoy e M. Maddox, 2020; L. Mottola, 2023), poiché l’Artico risulta essere una delle zone più contese del XXI secolo. Nonostante il recentissimo NATO Strategic Concept identifichi l’Alto Nord come un’area in cui la Federazione Russa possiede la “capacità di ostacolare i rinforzi alleati e la libertà di navigazione attraverso l'Atlantico settentrionale” e che ciò “rappresenta una sfida strategica per l'Alleanza”, la documentazione attualmente disponibile non delinea alcun approccio comune finalizzato alla deterrenza e difesa della regione artica, tranne un generico impegno al “rafforzamento della propria postura di deterrenza e difesa” (NATO Strategic Concept, 2022).

Le recenti evoluzioni dell’impegno militare della NATO nell’Artico

Sebbene la presenza della NATO non sia stata coesa, completa e paragonabile a quella Russia ogni nazione artica ha finora portato avanti le proprie politiche militari, a cui si aggiungono Francia e Regno Unito, andando così a creare un divario di capacità per l'Alleanza nel suo complesso (Buchanan, 2022). I Paesi artici della NATO hanno adottato misure diverse per affrontare le future sfide relative alla sua sicurezza. Nel 2020 la Norvegia ha accresciuto le capacità di difesa artiche, oltre a vedere aumentato il rischio di conflitto (Ministero della Difesa di Norvegia, 2020). Oslo è considerata la pietra angolare della deterrenza dell'Alleanza nella regione, come dimostra l’aver ospitato regolarmente esercitazioni multi-dominio: l’esercitazione Trident Juncture del 2018 (NATO, 2018), la più grande esercitazione di risposta alle minacce della NATO dagli anni '80 (circa 50.000 uomini, 250 aerei, 65 navi, 10.000 veicoli); o la Cold Response del 2022 (NATO, 2022); la più recente Arctic Challenge Exercise, un addestramento internazionale multi-dominio non NATO organizzato ed ospitato a candenza regolare dai paesi scandinavi e che coinvolge anche contingenti dell’Alleanza Atlantica (Swedish Armed Forces, 2023). La Norvegia definisce essenziale la promozione della cooperazione militare ed il rafforzamento delle capacità di difesa e resistenza con i partner della NATO, attraverso esercitazioni congiunte in ambiente estremo, per la propria strategia artica in attesa dell’arrivo di rinforzi alleati in caso di conflitto armato (Ministero degli Affari Esteri della Norvegia, 2021). A causa della sua posizione strategica rispetto alla penisola di Kola, ha ricevuto cospicui investimenti infrastrutturali militari. Nel dicembre 2020, il Ministero della Difesa norvegese ha annunciato la riapertura del bunker Olavsvern: una base sottomarina vicino a Tromsø che dispone di banchine in grado di ospitare e riallestire sottomarini nucleari, regolarmente utilizzato come base operativa per l'addestramento artico della NATO (Sterkeby & Hole, 2022). In quanto a cpacità militari locali, la Norvegia dispone di un’unica Brigata meccanizzata sotto il comando della Brigade Nord, composta da due Battaglioni corazzati su carri armati Leopard 2A4, un Battaglione di fanteria mezzanizzata su CV90 Infantry Fighting Vehicle (IFV), uno di artiglieria, unità di livello Battaglione di genieri, intelligence, comunicazioni, supporto al combattimento e sanità militare, oltre ad una compagnia di polizia militare (Fosvaret, 2022; Fosvaret 2020).

La Danimarca ha in programma di aumentare i propri investimenti nella difesa artica. Secondo l’ultimo documento strategico nazionale, inizio 2023 il governo ha lanciato un nuovo ‘Arctic capacity package’ del valore di circa 220 milioni di dollari, con lo scopo di rafforzare e potenziare le capacità di monitoraggio delle forze armate danesi tramite l’acquisto e impiego di nuovi sistemi satellitari, droni, radar, tutto in ottica dual use (Ministero degli Affari Esteri della Danimarca, 2022; L. Willet, 2023). Più recentemente, Copenaghen ha annunciato un piano di investimenti militari per un valore stimato di 21 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni (H.C Bye, 2023). Per quanto riguarda le attuali capacità militari, la Danimarca dispone di un Joint Arctic Comand (JAC), il quale include nella propria area di competenza la Groenlandia e le Isole Faroe. Il JAC è un comando di teatro interforze composto da personale di tutte le branche delle FF.AA. danesi: Marina, Aeronautica, Forze Speciali ed Esercito. In termini di equipaggiamento, la Danimarca dispone di Ocean Patrol Vessels classe Thetis e Offshore Patrol Vessels classe Knud, adibiti al pattugliamento della ZEE della Groenlandia, caccia-bombardieri F-16 Fighting Falcons, aerei da trasporto tattico C-130J, elicotteri da trasporto tattico MH-60 Sea Hawk, elicotteri da ricognizione Fennec AS550 C2, e pattuglie su slitte; infine, le FF.AA. dispongono della Arctic Response Force, un’unità di intervento rapido che entrerebbe in azione in caso di conflitto (J. Jørgensen, 2015; Danish Defence, 2020).

La Finlandia, ultimo membro NATO, pone particolare importanza alla sua area artica, poiché vi è la maggior parte del suo territorio. In termini di capacità militari, dispone di almeno cinque Brigate combinate supportate da Battaglioni di artiglieria, genio, difesa aerea e servizi medici, una corazzata su carri armati Leopard 2 e IFV tipo BMP-2 di produzione sovietica, e vari modelli di Patria XA Armored Peronnel Carrier (APC), di produzione locale, e due Reggimenti di forze speciali (Finnish Army, 2023). Le Brigate Jaeger e Kainuu sono le forze responsabili della difesa della zona artica del paese e, pertanto, sono fornite di equipaggiamento specifico, oltre ad essere addestrate ad operare in condizioni estreme (Finnish Army, 2023). Dal punto di vista organizzativo, la Finlandia è un caso particolare poiché ha mantenuto il proprio modello basato sulla coscrizione obbligatoria e il mantenimento di unità addestrate di riservisti. Parallelamente, negli ultimi anni ha ampliato il proprio arsenale militare con l’acquisto di caccia F/A-18, missili AGM-158, carri Leopard 2A6, semoventi K9, e caccia F-35. Con lo scoppio del conflitto in Ucraina, ha ulteriormente incrementato il proprio budget per la difesa (da 1,9% del PIL nel 2022 al 2,2% nel 2023), annunciando contemporaneamente un incremento di riservisti di 500 uomini all’anno a partire dal 2022 (H. Ossa, T. Koivula, 2022; Finnish Army, 2022). Gli Stati Uniti sono probabilmente il principale attore NATO nella regione. Negli ultimi anni hanno prestato maggiore attenzione alla regione, rispetto alle posizioni di Cina e Russia, anche se diversi analisti sostengono che la politica artica statunitense, e più in generale il loro impegno nella regione, sia rimasta indietro rispetto ai suoi competitors. Dal 2013, infatti, non ci sono stati aggiornamenti completi della strategia artica dopo la National Arctic Strategy (Sadat, 2022). Solo di recente la Casa Bianca ha pubblicato un nuovo documento che fornisce un’impostazione moderna e completa che, a differenza di quella del 2013, pone la difesa, il cambiamento climatico, lo sviluppo economico, e la cooperazione internazionale come pilastri fondamentali (The White House, 2022). Relativamente al primo pilastro, la strategia di sicurezza e di difesa artica statunitense si declina: 1) nell’investimento in sistemi di monitoraggio, sorveglianza, comunicazione e raccolta dati; 2) nell’incrementare la presenza militare nella regione, tramite regolari esercitazioni, l’acquisizione di nuove navi rompi-ghiaccio per la Guardia Costiera, l’investimento in infrastrutture critiche per la difesa; 3) nella cooperazione militare con gli alleati NATO attraverso esercitazioni e lo sviluppo di approcci comuni alle sfide regionali (The White House, 2022). È inoltre utile osservare che anche diversi rami e comandi delle Forze Armate hanno sviluppato, in modo del tutto indipendente rispetto alla National Arctic Strategy, una loro strategia artica, come risposta alla nuova tensione regionale. Di particolare rilievo è il documento pubblicato nel 2021 dal US Army che identifica, oltre alle rivalità geopolitiche con la Russia e la Cina, anche le sfide e criticità operative per le truppe; in particolare il pericoloso aumento dell’arsenale missilistico russo, delle sue pattuglie aeree e la carenza di flessibilità nel manovrare unità, dovuta principalmente alla carenza di infrastrutture che porta alla necessità di appoggiarsi quasi totalmente sul trasporto aereo (US Army, 2021). Infine, anche il US Northern Command (USNORTHCOM), in collaborazione con il North American Aerospace Defense Command (NORAD) ha esposto la propria strategia artica in materia di difesa aero-spaziale e digitale. Al fine di contrastare le minacce di tipo fisico (missili balistici e da crociera) e di tipo cyber, US NORTHCOMM sta sviluppando un sistema di rilevamento e monitoraggio denominato Homeland Defence Design (HDD), composto da: 1) una griglia di rilevamento stratificata per la consapevolezza del dominio; 2) un'architettura adattiva per il comando congiunto di tutto il dominio; 3) un comando e controllo congiunto (JADC2), e nuovi meccanismi contro minacce avanzate come missili da crociera, balistici, ipersonici e piccoli sistemi aerei senza pilota (O’Shaughnessi, 2020). Le forze dell’esercito statunitense nell’Artico sono sotto il comando della neonata 11° Divisione Aviotrasportata (11° Airborne Division, 2022), subordinata all’ USNORTHCOMM ed all’ US INDO PACIFIC COMMAND, consistente in due Brigade Combat Team e due battaglioni elicotteri, per un totale di circa 12,000 uomini. Vanno inoltre inclusi i 2000 uomini appartenenti alla Alaska Army National Guard, parte dei quali è incluso nella 100° Brigata di difesa aerea. Uno dei principali compiti del US Army Alaska è quello di addestrare le truppe al combattimento artico presso il Northern Warfare Training Center, situato nella sua area di operazioni (US Army, 2021). Riguardo all’Artico europeo, negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno intensificato la loro presenza militare, in particolare insieme alla Norvegia. Nel 2019 infatti, gli Stati Uniti hanno investito circa 28 milioni di dollari per l’ampliamento della pista di atterraggio della base aerea di Keflavik per poter ospitare aerei da rifornimento (P. McLeary, 2019). A maggio 2020, un gruppo di cacciatorpediniere a guida statunitense ha condotto manovre congiunte nel Mare di Barents per la prima volta dagli anni '80 (U.S Naval Forces Europe and Africa, 2020; P. McLeary, 2020), mentre nell'agosto 2020 è stato inviato un nuovo gruppo di Marines nelle isole norvegesi, che ha raggiunto il suo apice nel marzo 2021 con 1.000 unità (Marines, 2020). A marzo 2021, i bombardieri B-1 Lancers sono stati dislocati per la prima volta alla stazione aerea di Orland (B.W Everstine, 2021). Infine, anche il Canada ha posto maggiore enfasi sulla sua politica militare artica, incrementando la collaborazione con gli Stati Uniti. Le sue principali capacità di difesa risiedono principalmente nell'addestramento e nelle esercitazioni attraverso lo strumento dell'Operazione NANOOK, l'esercitazione artica del Canada iniziata nel 2007 con cadenza annuale, tra Yukon, Territori del Nord-Ovest, Nunavut e Labrador (Government of Canada, 2023). Dal 2018, NANOOK è stata rivista e suddivisa in quattro distinti dispiegamenti effettuati in diverse comunità settentrionali nel corso dell'anno, tutti finalizzati a testare la resilienza e le capacità di difesa lungo il Passaggio a Nord-Ovest (Government of Canada, 2023). Nel 2022 Canada e Stati Uniti hanno svolto esercitazioni congiunte in Alaska e nel Canada del nord: Arctic Edge, Arctic Eagle-Patriot, e ICEX (Government of Canada, 2023).

Interessi divergenti e dispute tra membri dell’alleanza

Nonostante i paesi artici della NATO siano, in linea di principio, d’accordo nella difesa e deterrenza reciproca delle aree confinanti il mare Artico, da un punto di vista economico e geostrategico vi sono diverse divergenze.

Come menzionato nella precedente analisi, il potenziale economico nell’artico è di notevole portata. Secondo diversi studi, infatti, i fondali inesplorati del mare Artico conterrebbero circa il 22% delle riserve di oil & gas (US Geological Survey, 2008; WWF, 2023) del pianeta, oltre ad essere un’area con riserve minerarie probabilmente altrettanto estese (Geologica Survey of Norway, 2016). Con il continuo scioglimento dei ghiacci, l’accesso a queste risorse diventerà più semplice per gli Stati al loro confine. Il potenziale economico del loro sfruttamento ha generato non poche dispute. Particolarmente ostica è la disputa tra Canada, Danimarca e Russia relativa alla piattaforma continentale di Lomonosov. Iniziata nel 2001 da parte della Russia tramite richiesta formale alla Commissione UNLCOS sui limiti della piattaforma continentale (Commission on the Limits of Continental Shelf, 2009), consiste nella rivendicazione dei tre stati di diverse aree sovrapposte lungo i 1800 km della piattaforma. Tutti e tre gli Stati hanno dichiarato l’appartenenza della piattaforma alla propria giurisdizione economia, la quale secondo l’Articolo 76 dell’UNCLOS, estenderebbe il diritto di uno Stato costiero allo sfruttamento delle risorse nel fondale lungo tutto il prolungamento naturale del suo territorio terrestre fino al margine esterno del margine continentale, o fino a una distanza di 200 miglia nautiche dalle linee di base (UNCLOS, Part VI, Art 76, 1982). L’area contesa da Canada e Danimarca interessa una superficie di 1,3 km, l’isola di Hans, equidistante tra l'isola canadese di Ellesmere e il territorio danese della Groenlandia. Entrambe le parti hanno espresso la volontà di dividere l'isola a metà nell'aprile 2012 e, solo recentemente hanno firmato un accordo dopo 49 anni di contenzioso (P. Beaumont, 2022).

Un’ulteriore controversia tra Stati Uniti e Canada riguarda invece la libertà di navigazione attraverso il cosiddetto Northwest Passage. Dal 1969 sono in disaccordo su chi di loro abbia il diritto di controllare le imbarcazioni che possono entrare nel Passaggio a Nord-Ovest. Secondo la posizione degli Stati Uniti, il passaggio dovrebbe essere riconosciuto come facente parte di acque internazionali, anche se tecnicamente attraversa le acque canadesi. Il Canada, invece, vorrebbe regolare il passaggio delle imbarcazioni che possono accedere al tratto di mare nell' interesse del cambiamento climatico (D. R. Rothwell, 1993). Dal 2004, Canada e Stati Uniti sono inoltre coinvolti in una disputa inerente la sovranità sul tratto di mare tra lo Yukon e l’Alaska, nel mare di Beaufort, il quale, secondo alcuni studi e rilevamenti, sarebbe ricco di riserve di idrocarburi e risorse ittiche (S. L. Koskinen, 2010).

Infine, la Norvegia è coinvolta in una disputa con l’UE, la Russia, e gli Stati Uniti relativamente al limite di pesca di sgombro e granchio permesso agli Stati intorno all’arcipelago Svalbard, nel mare di Barents, come previsto da un accordo (risalente al 1977) tra le parti relativo alla quota di pesca ammesse dall’UE (V. Herrmann, 2021); secondo la Norvegia, il Regolamento 2021/92 dell’UE avrebbe unilateralmente fissato le quote di pesca dei singoli paesi nell’arcipelago, contravvenendo così alla sovranità norvegese (Ministero degli Affari Esteri di Norvegia, 2021).

Nuovi attori e crescente incertezza: la Cina come “near-Arctic State”

In questo contesto economico e securitario, un ulteriore fattore di complessitá è dato dall’entrata in campo della Repubblica Popolare Cinese dentro la regione artica. Negli ultimi anni, Pechino ha posto un crescente interesse per la regione. Pur non costeggiando il mare Artico, la Cina si definisce come un “near-Arctic State”, come espresso nella sua unica Arctic Strategy (Repubblica Popolare Cinese, 2018). Tra la fine del secolo scorso e oggi, la Cina ha lanciato diverse spedizioni scientifiche verso il circolo polare artico, la più famosa avvenuta nel 2004 con la costruzione della stazione artica Yellow River sull’arcipelago Spitsbergen (Repubblica Popolare Cinese, 2018). Nel 2013 è entrata a far parte come osservatore permanente del Consiglio Artico (Arctic Council, 2023). È importante inoltre osservare che la Cina é l’unico attore del Sud Est Asiatico a possedere navi rompighiaccio (US Coast Guard, 2017).

L’Artic Strategy della Repubblica Popolare Cinese è di particolare importanza, delineando gli obiettivi strategici cinesi di medio e lungo periodo; obiettivi che sono di natura puramente economica, commerciale e di ricerca. (Repubblica Popolare Cinese, 2018; D. Auerswald, 2019). Dal punto di vista economico, mediante i principali strumenti internazionali (UNCLOS, Consiglio Artico) l’ambizione della Cina consisterebbe sia nella partecipazione allo sfruttamento delle risorse naturali attraverso compagnie di estrazione nazionali, con l’avvio di progetti infrastrutturali joint ventures, sia nello sviluppo di infrastrutture logistiche in supporto alla creazione di un corridoio commerciale attraverso il mare Artico (definito come la “Via della Seta Polare”) (Repubblica Popolare Cinese, 2018). Un esempio importante di questi progetti infrastrutturali è la piattaforma di estrazione di GNL di Yamal, costruita dalla compagnia russa Novatek, con una partecipazione per il 30% provenienti dalla società cinese China National Petroleum e dal Silk Road Fund (N. Filimonova, S. Krivokhizh, 2018). Un esempio più recente è l’apertura del condotto GNL “Power of Siberia” tra la Siberia e la Cina nord-occidentale nel 2019: lungo 3.000 chilometri con una capacità di trasporto pari a 38 miliardi di metri cubi entro il 2025 (G. Shao, 2019).

Secondo l’opinione di alcuni analisti, la Cina, al fine di perseguire la propria strategia di espansione economica nell’artico, utilizzerebbe un approccio di natura ambigua. Da un lato il governo vorrebbe mostrarsi come un attore credibile e aperto alla cooperazione attraverso le principali istituzioni internazionali facendo leva sul proprio apparato diplomatico; dall’altro è stato sovente accusato di sfruttare la propria influenza economica in maniera ‘predatoria’ (D. Auerswald, 2019; M. Green, 2019). Nel contesto artico, tale approccio finalizzato alla rapida espansione di infrastrutture estrattive offshore, ha generato forte resistenza da parte del governo danese, in quanto diverse società di estrazione cinesi hanno da tempo espresso interesse ad ampliare le loro attività in Groenlandia, sede di un importante bacino minerario di uranio (M. Lanteigne, M. Shi, 2019).

Da un punto di vista securitario, la Cina non ha alcuna presenza militare fissa nel mare artico. Tuttavia, diversi autori e agenzie governative hanno evidenziato il fatto che lo sviluppo di nuove tecnologie di ricerca, combinato alle numerose missioni scientifiche cinesi adibite al sondaggio del territorio e alla costruzione di capacità operative, possano essere lette in ottica bellica, ovvero come strumenti di monitoraggio e di studio in vista di un possibile impegno. Parallelamente, secondo gli stessi autori, l’interesse di Pechino nell’investimento in infrastrutture logistiche, similmente al caso russo, avrebbe risvolti di sicurezza nel loro utilizzo come infrastrutture dual use (Reuters, 2019; S. Lean, C. Koh, 2020; Danish Intelligence Service, 2022).

L’ingresso della Cina in un contesto di tensioni geopolitiche tra i vari attori artici creerebbe ulteriori considerazioni di natura militare, economica, e politica, incrementando ancor più il clima di incertezza iniziato diversi anni fa. A causa dell’isolamento politico-economico della Russia, il ruolo della Cina come partner commerciale diventerà sempre di più una necessità per il Cremlino, non escludendo che la dipendenza economica dalla Cina possa diventare tale da costringere la Russia a cedere parte della propria influenza politica e potenzialmente militare nella regione (Danish Intelligence Service, 2022).

Prospettive future: un allineamento strategico o ognuno per sé?

In sostituzione della cooperazione internazionale del Disgelo, sembra aver ripreso piede il concetto di gioco tra grandi potenze, non dissimile dal periodo della Guerra Fredda, con due nuove varianti: 1) l’entrata in campo della Cina; 2) l’isolamento della Russia sempre maggiore nello scenario internazionale, combinata al suo asservimento nel garantire e difendere il proprio spazio artico. Qual è stato l’effetto? Ha acuito il lento ma inesorabile sgretolamento degli strumenti internazionali, in particolar modo quelli adibiti al controllo degli armamenti strategici (N. Teeple, 2021), tra i più recenti dei quali la sospensione della partecipazione Russia al “New START” (Reuters, 2023) e, inoltre, ha portato all’interruzione dei lavori presso il Consiglio Artico da parte dei membri occidentali (U.S Department of State, 2022), accrescendo il clima di incertezza ed instabilità che porta all’esasperazione della competizione strategica tra i paesi NATO, Russia e Cina, intaccando la reciproca fiducia.

In tale contesto, la NATO e i suoi membri artici, pur condividendo obiettivi e minacce, a livello strategico ed operativo non sembrano avere un sviluppato una strategia comune di difesa e deterrenza nella regione è essenziale per rispondere alle vecchie e nuove sfide (NATO Reflecion Group, 2020; J. Grady, 2023; J. Danoy, M. Maddox, 2020) per contrastare sia l’attività russa sia l’ingresso della Cina nel panorama artico. A tal fine, e proprio per la natura univoca dell’area, diversi analisti hanno proposto come possibile soluzione la formazione di un nuovo comando strategico NATO per l’Artico (J. Danoy, M. Maddox, 2020; L. Mottola, 2023).

In conclusione, negli ultimi anni la NATO e i suoi membri artici hanno visto un più numeroso dispiegamento di mezzi e personale nell’Alto Nord. La direzione sembra essere quella di una maggiore collaborazione e cooperazione in ambito multi-dominio, in particolare di monitoraggio e intelligence. In termini di strategia, la linea di principio che guida gli Stati costieri sembra rimanere quella di un approccio puramente nazionale, alimentato da considerazioni politiche e/o interessi economici spesso in contrasto con quelle degli altri partner atlantici. Se risolte tramite i rispettivi strumenti (UNCLOS, Consiglio Artico e Consiglio del Nord Atlantico), è auspicabile aspettarsi, da parte di tutti gli Stati (sia artici sia non) della NATO, una maggiore convergenza verso una strategia artica condivisa.

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