L’astensionismo elettorale e le sue determinanti

  Focus - Allegati
  03 agosto 2024
  32 minuti, 17 secondi

Autori:

  • Simona Chiesa - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Sofia Manaresi - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Margherita Gobbo - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Marco Rizzi - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società

Abstract

L'astensionismo elettorale, riflesso di dinamiche politiche, sociali ed economiche, rappresenta una sfida cruciale per le democrazie moderne. Questo fenomeno, caratterizzato da un calo della partecipazione alle urne, può essere influenzato da fattori come disuguaglianza economica, corruzione e percezione di inefficacia politica. In Europa, l'affluenza elettorale è diminuita significativamente in molti paesi, con tendenze variegate: mentre la Germania ha mantenuto livelli relativamente alti grazie a iniziative come il voto per corrispondenza, paesi come Italia e Francia hanno visto un declino preoccupante, accentuato da scandali e crisi politiche. Al contrario, eventi significativi come il referendum sulla Brexit nel Regno Unito hanno dimostrato che la percezione di importanza del voto può stimolare una maggiore partecipazione. Negli Stati Uniti, l'astensionismo è tradizionalmente alto, con disparità basate su razza, età e reddito. Questo studio analizza l'astensionismo elettorale attraverso esempi europei e globali, indagando le variabili che influenzano la partecipazione e proponendo strategie per migliorare l'engagement elettorale e rafforzare la rappresentanza democratica.



I. Introduzione

Negli ultimi anni, la relazione tra disuguaglianza economica e tendenze elettorali ha ricevuto crescente attenzione. Con l'aumento dei divari economici legati a reddito e ricchezza, il comportamento elettorale è profondamente influenzato, portando a una crescente insicurezza e frustrazione. Questo fenomeno ha un impatto significativo sull'astensionismo, poiché bassi tassi di partecipazione elettorale favoriscono gli interessi dei gruppi che votano, creando problemi di rappresentanza politica. Condizioni economiche avverse possono scoraggiare gli elettori, riducendo la fiducia nelle istituzioni politiche e portando a disaffezione politica. In Italia, disuguaglianza, povertà e precarietà economica sono strettamente legate ai modelli di cambiamento elettorale. Dagli anni '90, molte democrazie hanno visto una diminuzione della partecipazione elettorale, specialmente in Europa, dove scandali di corruzione e percezione di inefficacia del voto hanno contribuito a questo fenomeno. L'astensionismo riflette dinamiche politiche, sociali ed economiche complesse e può rappresentare una protesta contro un sistema politico percepito come inefficace o ingiusto. Avendo questo in considerazione, si propone un'analisi delle variabili menzionate e dell'astensionismo tramite esempi della situazione in Europa, includendo fenomeni importanti per comprendere le ragioni profonde dell'astensionismo.

II. Divari economici e astensionismo: il peso della disuguaglianza

Gli studi sulla connessione tra disuguaglianza economica e le tendenze elettorali sono aumentate negli ultimi anni in maniera esponenziale, integrando le ricerche su quello che è stato definito “voto di classe” che, a partire dagli anni ‘80, sembrava rappresentare un approccio in declino (Jansen et al. 2013). Mentre le identità di classe si sono progressivamente indebolite, perdendo parzialmente il loro ruolo nel plasmare il comportamento politico, i divari economici legati al reddito e alla ricchezza sono aumentati nella maggior parte dei paesi avanzati, con ampie conseguenze sociali e politiche (Bolise, Chironi, Pianta, 2019). Inoltre, il peggioramento delle condizioni lavorative e di reddito per una parte della popolazione ha prodotto un allargamento delle disuguaglianze economiche e territoriali aumentando la percezione di insicurezza e frustrazione nei confronti di processi incontrollabili dell’economia e della globalizzazione (Crouch, 2004).

All’interno di questo scenario, il tema dell’economia ha finito inevitabilmente per agire sulle aspettative degli elettori e questa tendenza, in particolare, spinge a riflettere sul fattore dell’astensionismo in quanto elemento capace di influenzare significativamente i risultati elettorali (Tuorto, 2018). Quando i tassi di partecipazione elettorale sono bassi, la rappresentanza politica diventa incompleta e possono emergere problemi di rappresentanza, con conseguenze distorsive sul sistema democratico, poiché non tutte le fasce della popolazione sono equamente rappresentate. Questo significa che coloro che non votano potrebbero non sentirsi rappresentati dai governanti eletti, oppure che i rappresentanti eletti potrebbero favorire gli interessi dei gruppi che hanno partecipato al voto, trascurando le esigenze di chi ha scelto di astenersi. È quindi cruciale esaminare l'influenza del benessere - sia oggettivo che soggettivo - e della disuguaglianza sulle scelte elettorali, senza dimenticare l'importanza degli astenuti, dato l'impatto significativo che l'astensionismo può avere sul sistema democratico (Di Cocco, Monechi, 2022).

La letteratura sull’economic voting ha mostrato chiaramente come, in presenza di condizioni economiche avverse o in condizioni individuali difficili gli elettori possono attivarsi per chiedere maggiore attenzione, modificando le loro preferenze e votando contro il governo in carica. Tuttavia, è possibile immaginare anche un risultato diverso. Le difficoltà economiche possono distogliere dall'andare a votare, diminuire la fiducia nelle capacità politiche individuali e nell'efficacia della loro azione, così come nelle risposte che gli elettori si aspettano dalle istituzioni. Questo avviene soprattutto quando il governo nazionale sembra avere meno controllo rispetto al passato sulle politiche e sulla protezione degli interessi rispetto alle istituzioni sovranazionali, che sono più distanti dai cittadini e meno controllabili. Questi processi possono avere un effetto potenzialmente dirompente, contribuendo a allontanare gli elettori e alimentando la disaffezione politica (Tuorto, 2018).

Già nel 1982, Rosenstone evidenzia come povertà e basso status socio-economico vadano di pari passo con ridotti livelli di partecipazione politica, specialmente in termini di affluenza alle urne (Rosenstone, 1982). Tuttavia, identificare ed isolare una singola causa specifica non è semplice, in quanto sono diversi i fattori socio-economici che si influenzano reciprocamente in diversa misura. Ad esempio, da una parte, si potrebbe pensare che i cittadini meno abbienti abbiano un minore interesse per la politica e che, di conseguenza, abbiano meno incentivi a partecipare. Dall’altra parte queste fasce di popolazione mostrano livelli di fiducia nel governo tendenzialmente più bassi rispetto a quelli manifestati dalle fasce a reddito più elevato e questo potrebbe essere un altro motivo alla base del loro astensionismo (Cain, 2020). Inoltre, è fondamentale considerare il contesto storico del Paese. Se si prende il caso italiano, disuguaglianza, povertà e precarietà economica potrebbero essere strettamente associate ai modelli regionali del cambiamento elettorale degli ultimi anni. Un ramo della letteratura ha evidenziato come in Italia i fenomeni di disuguaglianza e le condizioni economiche siano tra i principali fattori di influenza delle scelte elettorali e come la distribuzione geografica rivesta un ruolo rilevante (Bloise, Chironi, Pianta, 2019). Non è detto, però, che questo valga anche per altri paesi europei e non europei.

In generale, sembra che una maggiore disuguaglianza sembra essere correlata a una minore partecipazione elettorale (Horn 2011). Con l'aumentare della disuguaglianza, cresce anche il tasso di astensionismo. Questo fenomeno può essere principalmente attribuito a due fattori: a) nei paesi con alta disuguaglianza, i cittadini a basso reddito partecipano meno alle elezioni rispetto a quelli con redditi più alti; b) il welfare state, riducendo la disuguaglianza attraverso l'intervento del governo, può incentivare la partecipazione elettorale.

La disuguaglianza può inoltre influenzare il voto tramite meccanismi di partecipazione ineguale (Horn 2011). Nelle società con maggiori disuguaglianze, i cittadini con alti redditi hanno accesso a risorse superiori rispetto ai meno abbienti. Ad esempio, possono permettersi tecnologie migliori e, di conseguenza, avere accesso a una quantità maggiore e (forse) migliore di informazioni. Questo vantaggio economico si traduce in un maggiore interesse verso la politica da parte loro. Le fasce più ricche della popolazione risultano quindi essere le più attive e partecipative, non solo in termini di affluenza alle urne, ma anche di coinvolgimento nella vita politica in generale. Questa partecipazione elettorale ineguale, prevalentemente orientata verso i più abbienti, implica che questi ultimi possano influenzare la scelta delle questioni politiche in discussione, arrivando in casi estremi a escludere argomenti che non sono rilevanti per loro (Solt 2010).

Guardando al caso italiano, Francesco Bloise, Daniela Chironi e Mario Pianta propongono uno studio su Inequality and elections in Italian regions in cui viene analizzata a livello regionale l’associazione fra alcune variabili economiche – disuguaglianza, variazioni nei redditi, livelli di ricchezza, precarizzazione del lavoro, disoccupazione – e le scelte di voto nelle sette elezioni politiche tenutesi tra il 1994 e il 2018. All’interno è possibile osservare come la crescita dell’astensione si associ alla disuguaglianza di reddito, alla presenza di un’elevata quota di lavoratori dipendenti che si collocano nel 10% più ricco dei redditi nazionali e di un’elevata quota di lavoratori poveri (con redditi sotto il 60% della retribuzione mediana nazionale), la quale è viceversa correlata alla fuga dai partiti mainstream. L’astensione viene anche associata alla compressione verso il basso dei redditi medi. La precarizzazione del lavoro e la disoccupazione sono correlate sia all’aumento dell’astensione, sia alla diminuzione del voto per i partiti mainstream, confermandosi fattori che incidono sulla sfiducia nel sistema politico (Bolise, Chironi, Pianta, 2019).

Infine, più in generale la storia recente del voto in Europa dimostra come questa dinamica si sia manifestata soprattutto nei Paesi in cui i principali partiti politici hanno adottato posizioni simili a favore delle politiche di austerità. Quando si formano governi di coalizione a larga intesa, composti spesso da due schieramenti opposti, la capacità degli elettori di individuare un responsabile chiaro per la difficile situazione del Paese tende a diminuire e l'assenza di alternative provoca incertezza, spesso sfociando nella disaffezione politica. In altre parole, per comprendere meglio le dinamiche della partecipazione elettorale odierna, è necessario considerare anche il ruolo crescente della spinta anti-establishment. Da un lato, il clima negativo verso la politica e i politici riflette un forte livello di delegittimazione della partecipazione elettorale. Dall'altro, l'emergere di nuovi attori di protesta ha reso sempre più plausibile, sia nel nostro Paese che altrove in Occidente, un'opzione di critica attraverso la contestazione che opera all'interno e contro il sistema politico (Tuorto, 2018).


III. Determinanti sociali dell’astensionismo

Questo paragrafo presenta una breve analisi dei principali fattori sociali che determinano l’astensionismo.

Livello di istruzione

Il livello di istruzione è una variabile cruciale nel determinare il tasso di partecipazione elettorale. Le persone con un'istruzione superiore tendono a votare di più rispetto a quelle con un livello di istruzione inferiore. Questo fenomeno può essere spiegato attraverso diverse dinamiche socio-psicologiche e strutturali.

In primo luogo, l'istruzione migliora le capacità cognitive, aumentando la consapevolezza politica e la comprensione delle questioni elettorali. Gli individui più istruiti hanno una maggiore probabilità di accedere e comprendere informazioni politiche complesse, il che li rende più capaci di valutare criticamente i candidati e le loro politiche. Inoltre, essi tendono a sentirsi più efficaci politicamente, credendo che il loro voto possa influenzare il risultato elettorale (Lahtinen et al., 2017)​. In secondo luogo, l'istruzione è associata a un maggiore senso di dovere civico. Le scuole e le università non solo forniscono conoscenze politiche, ma spesso promuovono valori democratici e il concetto di partecipazione civica come responsabilità morale. Questo senso di dovere può spingere gli individui a votare anche quando i costi associati alla partecipazione (come il tempo e lo sforzo) sono elevati (Lipset & Rokkan, 1967)​. Infine, gli individui più istruiti hanno una maggiore capacità di accedere e interpretare le informazioni politiche. Questo accesso a una gamma più ampia di fonti informative permette loro di fare scelte elettorali più informate e di sentire una maggiore responsabilità civica (Martikainen et al., 2005). Nonostante l'evidente correlazione tra livello di istruzione e partecipazione elettorale, è importante notare come l'istruzione non sia l'unico fattore determinante. Ad esempio, il contesto culturale e le norme sociali possono modulare l'impatto dell'istruzione sulla partecipazione elettorale. In alcuni contesti, anche gli individui altamente istruiti possono scegliere di astenersi se percepiscono il sistema politico come corrotto o inefficace (Pattie & Johnston, 2001).

Partecipazione civica

La partecipazione civica, intesa come l'impegno attivo nelle organizzazioni comunitarie e nelle attività di volontariato, è un’ altra determinante cruciale della partecipazione elettorale. L'impegno in organizzazioni comunitarie e attività civiche rafforza il senso di appartenenza e responsabilità verso la propria comunità. Le reti sociali create attraverso queste attività possono fungere da canali di mobilitazione politica, incentivando la partecipazione elettorale (Haspel & Knotts, 2005)​. Le organizzazioni civiche spesso fungono da piattaforme per discussioni politiche e scambi di informazioni, aumentando la consapevolezza e l'interesse per le elezioni. Questo fenomeno è supportato dalla teoria del capitale sociale, che suggerisce che le connessioni sociali e la fiducia reciproca all'interno delle comunità incentivano comportamenti cooperativi, inclusa la partecipazione elettorale (Putnam, 2000). Inoltre, le reti sociali possono esercitare pressioni affinché gli individui partecipino alle elezioni. In comunità dove la partecipazione elettorale è la norma, gli individui possono sentirsi spinti a conformarsi alle aspettative collettive per evitare la disapprovazione sociale (Geys, 2006)​​. Tuttavia, la partecipazione civica non è uniforme tra tutte le comunità, e le differenze nei livelli di impegno civico possono spiegare variazioni significative nei tassi di partecipazione elettorale.

Fattori socioeconomici

Le condizioni socioeconomiche influiscono profondamente sull'astensionismo elettorale. Ricerche hanno dimostrato che individui con redditi più alti e condizioni di vita migliori hanno una maggiore probabilità di votare rispetto a quelli che vivono in povertà (Martikainen et al., 2005). Le ragioni di questa disparità sono molteplici.

Innanzitutto, le persone con redditi più alti tendono a disporre di maggiori risorse (tempo, denaro, informazioni) per partecipare alle elezioni. Hanno meno probabilità di affrontare barriere pratiche, come difficoltà di trasporto o la necessità di lavorare durante le ore di voto (Lijphart, 1997). Inoltre, le disuguaglianze economiche possono influenzare la percezione di efficacia politica. Gli individui economicamente svantaggiati possono sentirsi alienati dal sistema politico, credendo che il loro voto non possa realmente cambiare la loro situazione. Questo sentimento di inefficacia può essere amplificato dalla mancanza di rappresentanza politica per le classi economicamente svantaggiate, che può ulteriormente scoraggiarli dal votare (Power & Roberts, 1995)​.

Età e Generazione

L'età e le generazioni sono determinanti importanti dell'astensionismo. I giovani tendono a votare meno rispetto agli anziani per diverse ragioni:

In primo luogo, i giovani sono spesso in una fase di transizione della loro vita, con cambiamenti frequenti di residenza e occupazione. Questa mobilità riduce la probabilità di stabilire un legame con una specifica comunità politica, diminuendo così l'incentivo a votare (Smets & van Ham, 2013; Geys, 2006). Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che i giovani hanno un minore interesse per la politica e una minore conoscenza delle questioni politiche rispetto agli adulti più anziani. Questo minore interesse può essere attribuito a una percezione di distanza tra le loro preoccupazioni e le politiche trattate dai politici (Wattenberg, 2012). I giovani spesso percepiscono una minore efficacia politica, credendo che il loro voto non farà una differenza significativa. Questa percezione può essere rafforzata da un sistema politico che non risponde adeguatamente alle loro esigenze e preoccupazioni (Dalton, 2008). Tuttavia, la partecipazione giovanile può essere incentivata attraverso campagne elettorali mirate che affrontano specificamente le loro preoccupazioni e interessi. Strategie di mobilitazione che utilizzano le piattaforme di social media, ad esempio, possono essere particolarmente efficaci nel raggiungere gli elettori più giovani (Blais, 2006)​.

Fiducia nelle Istituzioni Politiche

La fiducia nelle istituzioni politiche è essenziale per una partecipazione elettorale elevata. Un basso livello di fiducia nelle istituzioni e nei politici porta spesso a un maggiore astensionismo. Gli elettori che percepiscono le istituzioni come corrotte o inefficaci sono meno propensi a credere che il loro voto possa portare a un cambiamento significativo (Norris, 2011). Studi hanno dimostrato che la fiducia nelle istituzioni politiche è influenzata da vari fattori, tra cui la trasparenza del governo, la percezione della corruzione e l'efficacia delle politiche pubbliche. La mancanza di fiducia può portare a un senso di alienazione politica, dove gli individui si sentono disconnessi dal sistema politico e, di conseguenza, scelgono di astenersi dal votare (Hetherington, 1998; Power & Roberts, 1995).

Contesto Familiare e Sociale

Il contesto familiare e sociale gioca un ruolo significativo nella partecipazione elettorale. Le famiglie in cui i genitori votano regolarmente tendono a trasmettere questo comportamento ai loro figli, creando un ciclo di partecipazione politica intergenerazionale. Inoltre, vivere in una comunità dove la partecipazione elettorale è alta può aumentare la probabilità di votare a causa delle pressioni sociali e delle norme di comportamento collettivo (Plutzer, 2002). Le ricerche indicano che le discussioni politiche all'interno della famiglia e tra amici possono aumentare l'interesse per la politica e la probabilità di votare. Questo effetto è particolarmente forte nelle comunità dove la partecipazione politica è una norma sociale e dove esistono strutture che facilitano l'impegno politico (Rolfe, 2012; Lipset & Rokkan, 1967) .

IV. Astensionismo come Apatia Politica: un’analisi sociologica della Crisi dei Partiti

Alla luce delle considerazioni sui fattori sociali ed economici che influenzano l'astensionismo, il paragrafo che segue adotta una prospettiva sociologica per esaminare come la crisi dei partiti politici contribuisca all'aumento del disinteresse verso la partecipazione elettorale. In particolare, si esplorerà come il declino della fiducia nelle istituzioni partitiche abbia alimentato un crescente disimpegno generale rispetto alla partecipazione attiva nelle elezioni.

“I politici sono tutti uguali. Non voto perché tanto non cambia nulla. A loro interessa solo della poltrona”. Ognuno di noi, nella propria quotidianità, in un caffè, in posta o in una conversazione di convenienza aspettando il bus, avrà sicuramente sentito pronunciare una di queste frasi. Oggigiorno, infatti, il disinteresse verso la politica espressa tramite l’astensione elettorale, la sfiducia verso le istituzioni e una generale diffidenza verso i partiti politici, rappresentano sempre di più la norma piuttosto che l’eccezione per una grande percentuale di cittadini Europei.

Tale tesi trova conferma nei dati riportati da IDEA International, che ha raccolto i tassi di astensione in 31 paesi Europei (i 27 stati membri dell'UE assieme a Islanda, Norvegia e Svizzera e UK) a partire dal dopoguerra fino ad oggi. Secondo l’elaborazione di tali statistiche, aggregate e analizzate comparativamente da Barbieri et. al (2023, p. 19), risulta che un terzo dei cittadini nelle nazioni considerate non esercita il proprio diritto al voto. Specificamente, il tasso di astensione politica di questi paesi è aumentato del 72,1% o di 14,2 punti percentuali, passando dal 19,7% al 33,9% in media (p.19). L’astensionismo appare meno pronunciato nelle regioni Scandinave e più accentuato in società ex-comuniste dell’Europa Orientale, dove decenni di regime autoritario sembrano aver favorito l'emergere di una cultura di apatia politica e di cinismo tra i cittadini.

Secondo il filosofo contemporaneo Slavoj Žižek, viviamo in una società “post-ideologica” nella quale, poiché la popolazione non pone più fiducia in proposizioni ideologiche e verità assolute, l’unica ideologia che di fatto prevale è quella del cinismo (Žižek, citato in Fisher, 2009, p. 13). Tale cinismo, nel contesto elettorale, si manifesta in un atteggiamento di disinteresse verso la politica da parte dei cittadini, sia tra i più giovani che tra gli anziani. A questo riguardo, un altro pensatore influente del nostro tempo, Mark Fisher, sostiene che la diminuzione della partecipazione politica giovanile rispetto agli anni '70 non sia da attribuirsi semplicemente all'apatia. Fisher argomenta che il comportamento passivo delle nuove generazioni verso la politica non deriva tanto dal cinismo, quanto da una “impotenza riflessiva” (p. 21, 2009). Questo termine descrive la consapevolezza dei giovani in merito alla loro incapacità effettiva di cambiare le cose, alla luce del cambiamento climatico e soprattutto e alle disuguaglianze perpetuate dal sistema capitalistico, che si impone come l’unico modello compatibile nella realtà di sviluppo contemporanea. Secondo l’autore, l’impotenza riflessiva dei giovani non risulta dunque da un’osservazione passiva, ma quanto “da una profezia che di fatto si autorealizza” (Fisher, 2009, p. 21).

Sulla base di queste premesse, senza dubbio, esistono diverse motivazioni e prospettive sociologiche tramite cui analizzare l’origine causale dell’aumento del fenomeno dell’astensionismo e non esiste di fatto una risposta unilaterale per comprendere in pieno questa crescente attitudine. Tuttavia, in “Astensionismo, Populismo e Crisi della Democrazia”, Barbieri et al. (2023) offrono una buona panoramica delle ragioni per cui stiamo assistendo a una crisi della democrazia tradizionale, intesa come partitica.

Gli autori, interrogandosi sulla crescente apatia politica nelle democrazie contemporanee, si concentrano sul ruolo dei partiti politici, che affermano aver perso la loro funzione originaria, ovvero quella da “ponte” fra la società civile e il potere politico. I partiti politici si trovano oggi in una situazione di profonda disconnessione dalla società e l’aumento dell’astensionismo riflette l’erosione del senso di identificazione con i partiti, con una conseguente caduta del numero di iscritti a questi ultimi. In sintesi, i partiti politici non riescono più a coinvolgere i cittadini nella vita politica dei loro paesi, indebolendo ulteriormente e “trasformando la politica (e la democrazia) in una sorta di realtà esterna per i cittadini, che finiscono per interagire con essa solo come spettatori” (Barbieri et al., 2023, p. 17).

Secondo l’analisi di Peter Mair (2013), riportata in Barbieri et. al (2023, p. 17), tuttavia, la crisi dei partiti politici, sintomatica di una crescente indifferenza verso la politica, è condivisa non solo dalla società civile, ma anche dalla classe politica. Questo reciproco disinteresse si manifesta in un ritiro nella sfera privata, sia per i cittadini, che per i partiti. Da una parte, gli interessi dei cittadini sono sempre più rappresentati da realtà esterne alla sfera pubblica, come associazioni di consumatori, agenzie non politiche o comunità varie (es. gruppi NIMBY o LGBTQI) (p.17). Dall'altra, come gli elettori, anche i leader politici si stanno allontanando dalla società civile, rifugiandosi nella loro "sfera privata" all'interno delle istituzioni governative. In altre parole, i partiti politici si concentrano maggiormente sul processo parlamentare e sull'occupazione di cariche pubbliche, piuttosto che sulla reale rappresentazione dei cittadini (p.18).

La conseguenza di questo disimpegno reciproco è la creazione di ciò che Mair (2023, citato in Barbieri et. al., p.18) definisce "vuoto democratico", il quale rappresenta un terreno fertile per l'emergere di partiti populisti. Il populismo, secondo Anselmi (2018, citato in Barbieri et al., 2023, p. 26) si nutre del divario tra cittadini e leader politici, percepiti come incapaci di rappresentare i bisogni della gente e interessati solo a mantenere la poltrona, poiché la sua retorica si basa di fatto sullo strumentalizzare l’ostilità nei confronti della classe politica dominante per presentarsi come un’alternativa realmente vicina agli elettori. L'aumento del populismo e dell'astensionismo sono dunque correlati, entrambi espressioni di ribellione contro la percepita ingiustizia e distanza tra elettori e politici (Anselmi, 2019, citato in Barbieri et al., 2023, p.26).

Alla luce di ciò il drastico calo della partecipazione elettorale in Europa dagli anni '90 in poi può essere spiegato attraverso i cambiamenti economici, sociali e politici che hanno portato, negli ultimi decenni, a un aumento del numero di cittadini scontenti verso la classe politica (Barbieri et al., 2023, p. 29). Gli autori, sviluppando ulteriormente questa argomentazione – che l’astensionismo deriva parzialmente dall'aumento dello scontento popolare – si concentrano sui cambiamenti avvenuti sia da parte dei cittadini, intesi come “domanda” nel sistema democratico partitico, sia da parte dei leader politici, considerati come “offerta”.

Lato della Domanda: I Cittadini

Dalla metà degli anni Settanta, l'Occidente ha sperimentato un calo dei sistemi produttivi fordisti, segnando un cambiamento importante nella struttura economica. L'epoca fordista, caratterizzata dalla produzione su vasta scala di beni standardizzati e dal lavoro manuale non specializzato, ha ceduto il passo a un paradigma post-fordista, incentrato su una maggiore diversificazione dei prodotti, resa possibile dai progressi nelle tecnologie informatiche e dalle reti di approvvigionamento globali (Barbieri et al., 2023, p.29). In questo nuovo scenario economico, il lavoratore tipo non è più l'operaio non qualificato, ma il professionista "in giacca e cravatta", altamente specializzato, flessibile e occupato in mansioni amministrative.

Questo cambiamento economico, caratterizzato dall’avvento della società post-fordista, ha creato una netta divisione tra i "vincitori" e i "perdenti" della globalizzazione, come descritto da Barbieri et al (2023). I vincitori sono rappresentati dalla parte della popolazione più istruita, che vive in relativa sicurezza materiale e in aree urbane esposte a influenze cosmopolite. Questi individui, a loro agio con le conseguenze economiche e culturali della globalizzazione post-fordista, continuano a votare prevalentemente per i partiti mainstream di sinistra, i cui obiettivi di uguaglianza non sono più prevalentemente di natura economico-lavorativa, quanto orientati verso questioni sociali, come i diritti delle donne e della comunità LGBTQI+ (p.29).

Dall'altra parte, i “perdenti” – ossia operai e lavoratori semi-qualificati che si trovano a fronteggiare disoccupazione e diminuzione dei redditi a causa della ristrutturazione industriale – si trovano in una situazione di difficoltà. Da una parte, non possiedono qualifiche sufficienti o in linea con l’offerta del mercato del lavoro attuale, e dall’altra, i lavori alternativi disponibili si trovano spesso lontano dalle loro abitazioni.

L'astensione dal voto tra i poveri e i meno privilegiati, secondo l’analisi offerta da Barbieri et al. (2023) può dunque essere attribuita a diverse motivazioni:

a. Mancanza di Tempo

Le difficoltà economiche e l’aumento del tasso di disoccupazione costringono queste persone a ritirarsi dalla politica per soddisfare i bisogni primari che il nuovo modello economico ha messo a rischio.

b. Alienazione

L’elettorato si sente alienato dai leader politici e non si sente rappresentato da essi. Storicamente, la sinistra era il partito dei lavoratori, ma con l'eliminazione progressiva del concetto di classe, i partiti di sinistra ora sembrano più focalizzati su questioni sociali legate ai diritti civili, lontane dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza di questa parte dell’elettorato.

c. Rabbia

L'astensione può essere vista come un'espressione di rabbia e risentimento contro le ingiustizie percepite, il senso di alienazione e l’emarginazione dai processi politici tradizionali. Assieme all’astensione, il populismo emerge come forma di ribellione contro queste ingiustizie percepite.

Lato dell’Offerta: I Partiti Politici

Dal lato dell'offerta, l'aumento dell'astensionismo elettorale può essere spiegato da due sviluppi chiave che hanno trasformato il panorama politico contemporaneo e favorito l'ascesa del populismo.

Innanzitutto, si è assistito a un declino delle tradizionali divisioni sociali, come quelle basate su religione e classe, che ha indebolito i grandi partiti storici che una volta rappresentavano ampi settori della società e fungevano da mediatori tra la società civile e lo stato (Barbieri et. al, 2023, p.30). Questi partiti sono stati gradualmente sostituiti da partiti di tipo cartello e personali, concentrati su campagne mediatiche centralizzate e professionali, spesso privilegiando l'apparenza rispetto alla sostanza. Di conseguenza, hanno ridotto il loro ruolo di rappresentanti delle richieste popolari, trasformandosi in manipolatori dell'opinione pubblica attraverso una comunicazione dall'alto verso il basso (p.30).

In secondo luogo, la globalizzazione neoliberista ha complicato ulteriormente il contesto politico. Ha aumentato la mobilità del lavoro oltre i confini nazionali e ridotto la capacità degli stati di garantire i tradizionali diritti di cittadinanza sociale ed economica. Gli stati, un tempo sovrani, sono diventati sempre più negoziatori con multinazionali e istituzioni sovranazionali. Di conseguenza, l'efficacia percepita del singolo voto è diminuita, portando i cittadini a sentirsi sempre più alienati dal processo politico. Una conferma di questa ipotesi, citata da Barbieri et al. (2023), viene dalla ricerca datata 2017 di Lisa McKenzie (Reconsidering «anger» and «apathy» in the Brexit vote among an invisible working class […]) basata su interviste condotte durante il referendum Brexit. Gli intervistati di McKenzie, appartenenti a quella che Barbieri et al. (2023) chiama "i perdenti della globalizzazione", non votano alle elezioni del governo poiché non vedono alcuna connessione tra loro, la loro posizione sociale, e le elezioni. Tuttavia, questi intervistati erano molto più inclini a partecipare al referendum Brexit, vedendolo come un'opportunità, per una volta, di avere un impatto reale a livello governativo (McKenzie, citata in Barbieri et al., 2023, p.28). Secondo i dati della ricerca, la decisione della maggioranza di questo elettorato di votare "Leave" derivava dalla loro volontà di opporsi dai politici e media mainstream e del più ampio elettorato della classe media, che invece sosteneva il "Remain" (p.28).

Questi cambiamenti, esemplificati dal caso del Referendum Brexit, hanno avuto diverse conseguenze, tra cui l'aumento dei partiti populisti. I partiti mainstream, specialmente quelli di sinistra, hanno perso la capacità di distinguersi dai loro concorrenti di destra, accelerando il loro declino elettorale e rendendo difficile per i loro sostenitori tradizionali vedere la loro rilevanza.

D'altra parte, la crescente insoddisfazione verso i governi ha spinto i partiti al potere a adottare discorsi populisti, sfruttando temi come la sicurezza. Questo contesto ha creato un terreno fertile per nuovi partiti populisti xenofobi, che hanno utilizzato gli immigrati come bersaglio della rabbia e del risentimento. La narrazione politica si è così spostata dai problemi strutturali della globalizzazione a capri espiatori facilmente identificabili, alimentando divisioni e intolleranza.

Si potrebbe argomentare che la retorica populista, con la contrapposizione fra il Noi e il Loro (i.e. europei vs extracomunitari, eterosessuali vs LGBTQI+), abbia successo poiché riempie il vuoto democratico descritto da Mair (2013), ricreando un senso di comunità, appartenenza e coesione sociale, elementi un tempo caratteristici dei partiti politici ma oggi carenti in una società globalizzata, tecnologica e interconnessa, ma anche molto individualistica.

In sintesi, questo paragrafo ha tentato di offrire una panoramica generale sull’ astensionismo politico, riportando la tesi elaborata dallo studio realizzato da Barbieri et al. (2023). Secondo gli autori, l’astensionismo politico e il crescente disinteresse per le elezioni sono fenomeni complessi originati da fattori economici, sociali e storici. L’analisi di Barbieri et al. (2023) evidenzia come il passaggio a un sistema di produzione post-fordista e l'impatto della globalizzazione abbiano trasformato la società e i partiti politici, aumentando il distacco tra cittadini e classe politica. Questi sviluppi hanno portato a un aumento dell'astensionismo, poiché molti cittadini si sentono sempre più distanti e disillusi dal sistema politico attuale. In questo contesto, i partiti tradizionali hanno perso la capacità di rappresentare efficacemente i cittadini, mentre i partiti populisti hanno capitalizzato su questo vuoto, offrendo soluzioni semplicistiche e spesso divisive a problemi complessi.



V. Casi studio

L'astensionismo elettorale è un fenomeno complesso che riflette dinamiche politiche, sociali ed economiche. La partecipazione elettorale è spesso vista come un indicatore della salute democratica di un paese, mentre l'astensionismo può segnalare disillusione, disinteresse o sfiducia nel sistema politico. Dagli anni '90, il numero di paesi che tengono elezioni parlamentari dirette è aumentato significativamente, principalmente a causa della fine della Guerra Fredda, che ha stimolato l'adozione di processi democratici nelle regioni precedentemente sotto l'influenza sovietica e ha favorito l'emergere di elezioni multipartitiche in Africa. Di conseguenza, la popolazione globale avente diritto di voto è più che raddoppiata nei quattro decenni fino al 2010. Tuttavia, molte democrazie hanno visto una diminuzione della partecipazione elettorale (Solijonov, 2016).

In Europa, infatti, l'affluenza elettorale è scesa notevolmente, specialmente nei paesi post-comunisti. Anche in alcune democrazie europee consolidate l'affluenza è diminuita. In paesi come Italia e Francia, scandali di corruzione e la percezione di inefficacia del proprio voto hanno contribuito a una crescente disillusione verso la politica tradizionale, portando a tassi di partecipazione sempre più bassi. In Italia, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la partecipazione alle elezioni era storicamente elevata, superando spesso l'80%. Tuttavia, a partire dagli anni '90, il tasso di partecipazione ha iniziato a diminuire drasticamente (Solijonov, 2016). Le elezioni politiche europee del 2024 hanno segnato uno dei punti più bassi della storia repubblicana, con un'affluenza del 48,3% (Parlamento europeo, 2024). La Francia, similmente all'Italia, ha visto una diminuzione costante della partecipazione elettorale. Se negli anni '70 e '80 l'affluenza alle elezioni presidenziali e legislative superava l'80%, negli ultimi anni è scesa a livelli storicamente bassi (Solijonov, 2016). Le elezioni legislative del 2017 hanno registrato un'affluenza di appena il 42,6%, mentre le elezioni europee del 2024 hanno visto una partecipazione pari al 51,5% (IFES database).

Al contrario, la Germania, con il suo sistema elettorale proporzionale misto e una tradizione consolidata di partecipazione civica, ha storicamente mantenuto livelli relativamente alti di affluenza alle urne. Tuttavia, negli ultimi decenni, anche qui si è osservato un graduale declino della partecipazione elettorale. Per contrastare l'astensionismo, la Germania ha implementato diverse iniziative volte a facilitare la partecipazione elettorale. Tra queste, il voto per corrispondenza e le campagne di sensibilizzazione mirate a educare i cittadini sull'importanza del voto (Solijonov, 2016). Le elezioni europee del 2024 hanno registrato un'affluenza del 64,7% (Parlamento europeo, 2024).

Nel Regno Unito, la partecipazione elettorale ha subito fluttuazioni significative, con un picco di affluenza negli anni '50 seguito da un declino graduale. Il suo sistema maggioritario può dissuadere la partecipazione in aree dove l'outcome elettorale è percepito come scontato. Tuttavia, eventi politicamente significativi come il referendum sulla Brexit hanno dimostrato che quando gli elettori percepiscono che il loro voto può davvero fare la differenza, la partecipazione aumenta notevolmente. Inoltre, iniziative per aumentare l'accessibilità al voto, come il voto per corrispondenza e l'estensione degli orari di apertura dei seggi, hanno avuto un impatto positivo sull'affluenza (Solijonov, 2016). In Spagna, la partecipazione è diminuita durante la crisi economica del 2008, ma ha mostrato segnali di ripresa con l'emergere di nuovi partiti politici, che hanno mobilitato gli elettori. Questi partiti hanno introdotto nuove idee e approcci, cercando di ridare voce a segmenti della popolazione che si sentivano trascurati. Questo ha portato a un rinnovato interesse per la politica tra alcuni elettori, ma non è stato sufficiente a invertire la tendenza generale all'astensionismo. Le elezioni generali del 2019 hanno visto un'affluenza del 75,7%, un dato relativamente alto rispetto alla media europea, ma comunque inferiore rispetto ai picchi storici degli anni '80 e '90 (Solijonov, 2016). Alle elezioni europee 2024 la Spagna ha registrato un'affluenza alle urne del 49,2%, ben sotto la media nazionale (Parlamento europeo, 2024).

A livello globale, anche le potenze come gli Stati Uniti hanno affrontato sfide simili. L'affluenza elettorale negli Stati Uniti è tradizionalmente più bassa rispetto ad altre democrazie occidentali, con significative disparità basate su razza, età e reddito. L'astensionismo elettorale negli Stati Uniti d'America è un fenomeno che riflette complesse dinamiche politiche, sociali ed economiche. Diverse elezioni recenti hanno evidenziato tassi di partecipazione elettorale che si aggirano intorno al 60% per le elezioni presidenziali e ancora meno per quelle di medio termine, solitamente sotto il 50% (Solijonov, 2016).

L'analisi dell'astensionismo elettorale nei vari contesti europei e globali rivela un quadro complesso e multifattoriale. Ogni paese presenta peculiarità che influenzano la partecipazione elettorale in modi unici. L'astensionismo non è sempre un segno di apatia o disinteresse, ma può rappresentare una forma di protesta silenziosa contro un sistema politico percepito come inefficace o ingiusto. Riconoscere e comprendere le ragioni profonde dietro l'astensionismo è cruciale per rafforzare le democrazie e promuovere una partecipazione più ampia e consapevole.


VI. Conclusione

In conclusione, l'astensionismo elettorale emerge come un fenomeno complesso e multidimensionale che riflette le sfide affrontate dalle democrazie moderne. I fattori economici, sociali e politici giocano un ruolo cruciale nel determinare la partecipazione elettorale, con evidenti differenze tra i vari contesti nazionali. In Europa, il calo dell'affluenza elettorale in molti paesi, amplificato da crisi economiche e scandali politici, evidenzia una crescente disillusione verso il sistema politico tradizionale. Tuttavia, esempi come la Germania mostrano che iniziative mirate e una gestione efficace delle elezioni possono mantenere livelli relativamente alti di partecipazione. Gli eventi di grande rilevanza politica, come il referendum sulla Brexit, dimostrano che quando gli elettori percepiscono l'importanza del loro voto, la partecipazione può aumentare significativamente.

Negli Stati Uniti, l'astensionismo rimane un problema persistente, aggravato da disparità socio-economiche e barriere sistemiche. La crescente astensione non è solo un segnale di disinteresse, ma può anche rappresentare una forma di protesta contro un sistema percepito come inadeguato o ingiusto. Per affrontare efficacemente l'astensionismo, è essenziale comprendere le sue cause profonde e adottare misure che promuovano un'inclusione più ampia e consapevole nella vita politica.

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