L’information war nei Paesi Baltici - Obiettivi, modalità e contromisure adottate

  Focus - Allegati
  11 gennaio 2024
  15 minuti, 20 secondi


Abstract

Questa pubblicazione intende fornire una panoramica sulle campagne di disinformazione russa nei Paesi Baltici. Nei primi paragrafi verrà brevemente analizzato, dal punto di vista storico, il rapporto della Russia con la disinformazione e il suo utilizzo come arma. In seguito, verranno descritte nello specifico le modalità con le quali le influence campaign vengono svolte, gli attori ad esse preposti e gli obiettivi che mirano a conseguire nell’ottica della strategia complessiva della Federazione Russa in Europa Orientale. Nella parte finale verrà invece dato spazio a un’analisi delle contromisure adottate da Lituania, Lettonia ed Estonia, per fronteggiare il problema.

Autore

Alessandro Moretti – Junior Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politica

Introduzione

Negli ultimi anni, soprattutto dal 2014 in poi, la centralità dei Paesi Baltici nella contrapposizione tra Federazione Russa e NATO è tornata alla ribalta. Dal punto di vista strettamente militare, si teme che i territori baltici possano essere il primo campo di battaglia in cui NATO e Russia si affronterebbero nel caso di un conflitto.

Ma, in realtà, un conflitto è già in atto: da più di un decennio infatti Estonia, Lettonia e Lituania stanno conducendo una guerra silenziosa ma cruciale contro la disinformazione e i cyber attacchi provenienti dai loro confini orientali. Questa guerra non convenzionale pone i Paesi Baltici dinanzi a un nemico, ossia le numerose istituzioni della Federazione Russa che si occupano di disinformazione, che non è tenuto al rispetto delle numerose norme che una democrazia è tenuta ad osservare. Nei seguenti paragrafi si tratteranno gli obiettivi e le modalità delle campagne di disinformazione russe nel Baltico e le contromisure adottate dalle democrazie baltiche per fronteggiarle.

La dezinformatsiya e l’information war russa

La Russia ha, alle sue spalle, una lunga storia di utilizzo delle informazioni per fini offensivi. In epoca sovietica, il KGB aveva tra i suoi compiti principali proprio quello di condurre operazioni sovversive e di diffondere false informazioni. Queste mansioni rientravano nel più ampio spettro delle cosiddette “misure attive” (Aktivnye meropriyatiya), termine usato nell’URSS dagli anni ’50 per descrivere una più vasta gamma di operazioni segrete e negabili, finalizzate a influenzare e sovvertire entità avverse al regime.

La sovversione è sempre stata il cuore pulsante dell’intelligence sovietica. Come affermò il Maggior Generale del KGB Oleg Kalugin, le misure attive servono a indebolire l’Occidente, seminare la discordia tra gli alleati e indebolire l’immagine degli Stati Uniti agli occhi delle opinioni pubbliche mondiali. Tutto questo in vista della preparazione di un vero e proprio conflitto convenzionale.

D’altronde la definizione stessa di intelligence data nel 1982 dal capo del KGB Juri Andropov era quella di una forma segreta di lotta politica, avente il fine di acquisire informazioni segrete ed esercitare misure attive per influenzare il nemico e indebolirne le posizioni politiche, economiche, scientifiche, tecniche e militari.

A quarant’anni di distanza, l’approccio adottato dai servizi di informazione russi non sembra cambiato. Anzi, nel 2014 un “aggiornamento” della dottrina militare russa ha visto una preponderanza del concetto di “information warfare”, al punto da definirla un mezzo essenziale per ottenere il successo nella guerra moderna. Un’ulteriore dimostrazione dell’importanza che la strategia russa ha sempre attribuito alla disinformazione è data dal fatto che tutt’oggi la dottrina militare russa non consideri la cyber warfare come una categoria a sé stante, ma come una parte del più ampio insieme della information warfare.

Questo attaccamento russo alla dezinformatsiya viene ricondotto da alcuni analisti addirittura al periodo zarista ancor prima che sovietico ed è la conseguenza di un sentimento di guerra perenne e pericolo costante di invasione dall’esterno e sovversione dell’interno che, per certi versi, è il leit motiv della politica estera russa. In questo contesto, disinformare equivale a una forma di difesa che consiste nel confondere e dividere gli oppositori per indebolirli.

Nella storia della Russia dell’ultimo secolo, non si contano le volte in cui i servizi d’intelligence sovietici prima e russi poi, abbiano condotto con successo operazioni di disinformazione di massa. Nel giugno del 1940, ad esempio, l’NKVD sovietico sparse la voce tra la popolazione lituana del rapimento (mai avvenuto) di alcuni militari sovietici. Questa falsa informazione fu, nel giro di qualche giorno, utilizzata come pretesto per l’imposizione di un ultimatum al Governo lituano, accusato dei rapimenti, a cui seguì l’occupazione militare della Lituania.

Negli anni ’80, invece, Stasi e KGB riuscirono a mettere in difficoltà l’establishment statunitense diffondendo la falsa notizia che HIV e AIDS fossero state sviluppate in un laboratorio militare del Maryland. L’operazione riuscì a diffondere malcontento e proteste anti-americane tra le opinioni pubbliche di numerosi Paesi in cui erano presenti basi militari statunitensi. Il successo dell’Operazione Infektion (come fu chiamata) è ben dimostrato dal fatto che, nel 2005, a più di 20 anni di distanza dalla diffusione della falsa notizia, uno studio rilevò che il 50 % degli afro-americani intervistati riteneva che l’AIDS fosse stato creato in laboratorio dal Governo degli Stati Uniti, e di questi ben il 15% era convinto che il virus fosse stato diffuso per perpetrare un genocidio nei confronti della comunità afro-americana.

Spostandoci in tempi più recenti, invece, sono celebri le operazioni di disinformazione condotte dai servizi di informazione russi per influenzare l’opinione pubblica inglese nel contesto della Brexit e l’opinione pubblica francese per minare il suo appoggio alla causa ucraina, per citarne solamente alcune.

L’information war russa verso i Paesi baltici

I Paesi baltici sono da sempre un obiettivo di primaria importanza strategica per la Russia. Le loro coste permetterebbero alla Russia di raggiungere in maniera più efficiente l’Occidente. Il controllo delle loro vaste pianure permetterebbe invece alla Federazione russa di tenere a maggior distanza dalla Russia europea (e dalle sue città più importanti, Mosca e San Pietroburgo) la NATO. Queste ambizioni territoriali hanno però subito importanti ridimensionamenti nel corso degli anni. In primis perché l’avversione dei popoli baltici nei confronti dell’establishment russo è andata ben delineandosi nel corso degli anni dell’occupazione sovietica. In secondo luogo, l’ingresso di questi Paesi nella NATO ha reso la possibilità di un’eventuale invasione militare decisamente più remota.

Dopo l’ingresso di Lituania, Lettonia ed Estonia nell’Alleanza Atlantica, nel 2004, l’obiettivo strategico russo è divenuto quello di neutralizzare il potenziale pericolo rappresentato da questi Paesi, cercando di renderli dei membri NATO non efficienti e affidabili, inducendo disordini entro i loro confini.

I mezzi principale utilizzato dalla Russia per raggiungere questo scopo sono le cosiddette “attività di influenza”, una serie di attività coordinate e negabili che mirano ad influenzare le decisioni e i comportamenti di popolazioni o particolari gruppi sociali, (nel caso dei Paesi baltici, soprattutto le minoranze russofone), disseminando informazioni false o ingannevoli.

I principali bersagli di queste operazioni di disinformazione sono le minoranze russe presenti nei tre Paesi, che rappresentano rispettivamente il 25% della popolazione estone, il 24,5% di quella lettone e il 5% di quella lituana.

Il lavoro della propaganda russa è facilitato dal fatto che spesso queste minoranze russofone fruiscono quasi esclusivamente di canali russi come fonte primaria di informazione. Tramite canali statali russi (Russia Today, Sputnik, Tass), bots, troll e influencer pro Cremlino, vengono diffuse le narrative tese a destabilizzare la società baltica. Tra queste, le più diffuse riguardano l’accusa nei confronti dei 3 Paesi di essere simpatizzanti nazisti e di condurre politiche di segregazione razziale nei confronti della minoranza russofona.

Nonostante il successo apparente di queste operazioni, secondo alcuni analisti, tra cui Andrew Radin, non sussiste un reale rischio di sommosse popolari operate da parte delle minoranze russofone. Gran parte della popolazione di origine russa sarebbe infatti maggiormente fedele alla patria d’adozione piuttosto che alla Federazione Russa e quindi poco incline a creare disordini nei Paesi Baltici. Questa tesi è però indebolita dall’esito di uno studio condotto dal U.S. Agency for Global Media, il quale ha rilevato come i russi etnici che vivono nei Paesi Baltici considerano affidabili i canali di informazione russi e si dimostrano favorevoli nei confronti del Presidente Putin.

La disinformazione russa nell’area si concentra soprattutto nel colpire la NATO, cercando di rendere la sua presenza nei Paesi Baltici inutile e dannosa agli occhi della popolazione. In tal senso è da menzionare la diffusione di una mail contenente un falso report in cui si accusavano tre militari tedeschi dello stupro di una ragazza lituana. Anche il contingente canadese di stanza in Lettonia è stato oggetto di attacchi per mezzo di account social in cui si affermava che i militari alloggiavano in appartamenti di lusso pagati dai contribuenti lettoni e che il contingente canadese era dedito all’abuso di alcolici.

Altre tecniche utilizzate dai canali di informazione russi consistono nell’utilizzare a proprio vantaggio avvenimenti storici, talvolta manipolandone la reale portata o ignorando il diverso contesto storico e omettendo altri avvenimenti intercorsi nel frattempo. Così si sottolinea il fatto che la città di Klaipeda non sia mai storicamente appartenuta alla Lituania e che Vilnius sia stata per lungo tempo una città polacca. Queste informazioni, seppur in parte vere, vengono utilizzate al duplice scopo di convincere le minoranze russe di essere un popolo straniero in casa propria e di seminare discordia tra alcuni Paesi membri della NATO, le cui dispute territoriali del passato non sono di certo mistero. Invece l’effetto che mirano a sortire nelle popolazioni baltiche è quello di instaurare un senso di paura e di incombenza di un’occupazione militare russa. Questa tecnica si accompagna infatti a una narrativa che tende a descrivere la NATO come un’istituzione debole e lontana dai Paesi Baltici sia geograficamente che politicamente. Le esercitazioni militari russe nella zona e la costruzione di maggiori capacità militari offensive, sia nell’enclave di Kaliningrad che ai confini occidentali della Federazione, servono invece a dare l’impressione che un’invasione russa dei Baltici sia sempre meno remota.

Le contromisure adottate

Le operazioni di information war descritte nei paragrafi precedenti hanno portato Lituania, Lettonia ed Estonia ad adottare varie contromisure.

La prima è stata la sospensione periodica dei canali (anche ufficiali) di informazione russa. La Commissione della Radio e della Televisione lituana, ad esempio, dal 2014 ha più volte censurato e bannato 32 canali russi, di proprietà della società russa Gazprom, per aver riportato false informazioni e per aver incitato alla violenza e all’odio. Una peculiarità delle “influence campaign” russe in Lituania è il fatto che non si rivolgano solo alla minoranza russa ma anche a quella polacca, spesso anche russofona.

Un’indagine della stessa Commissione ha rivelato nel 2023 l’esistenza di numerosi gruppi Facebook che diffondevano contenuti incitanti all’odio e accusavano il governo lituano di segregazione razziale nei confronti della minoranza russofona. Gran parte degli account attivi sulla pagina erano però account falsi, creati in Paesi africani e asiatici.

Misure analoghe sono state adottate anche dalla Lettonia, che nel luglio del 2020 ha impedito di trasmettere i suoi programmi a Russia Today, allegando il fatto che era controllata da Dmitry Kiselev, soggetto vicino a Putin e presente nella lista di personalità soggette a sanzioni dell’Unione Europea. Queste misure sono naturalmente state descritte dalla stampa russa come contrarie al pluralismo dell’informazione e alla libertà di stampa.

Per quanto riguarda l’Estonia, l’approccio alla cybersicurezza e alla lotta alla disinformazione è stato sicuramente plasmato dall’attacco cyber che il Paese ha subito da parte della Russia nel 2007, come rappresaglia per la decisione estone di spostare un monumento dell’epoca sovietica.

L’Estonia Defence League, una forza volontaria che opera sotto l’ombrello del Ministero della Difesa, è una delle più attive forze europee che si occupano di cybersicurezza e lotta alla disinformazione.

Una misura peculiare adottata dall’establishment estone è stata la creazione, nel 2015, di un canale della televisione estone in lingua russa. Questa decisione mira da una parte a dimostrare interessamento e vicinanza da parte del Governo estone alla minoranza russa, dall’altro a impedire che la popolazione russofona abbia come uniche fonti di informazione i canali russi vicini al Cremlino.

Conclusioni

Alla luce di quanto riportato nei paragrafi precedenti risulta chiaro che la lotta alla disinformazione russa sia una guerra complessa e articolata, che richiede un approccio flessibile, originale e la cooperazione di numerosi Attori. La dezinformatsiya russa, d’altronde, vanta una storia quasi centenaria e si basa un insieme di tecniche e strategie ben collaudate. Va inoltre sottolineato il fatto che combattere la disinformazione in maniera efficace è tanto più difficile quanto lo stato che la combatte è democratico. Il confine tra libertà d’espressione e di informazione e disinformazione è infatti alquanto labile. E questo concetto è ben chiaro a coloro che si occupano di dezinformatsiya. Una qualsiasi misura avversa a canali d’informazione russi viene infatti subito abilmente descritta come liberticida e le società occidentali vengono così implicitamente fatte sembrare ipocrite o “democratiche a giorni alterni” agli occhi dell’opinione pubblica.

Queste considerazioni sono ancora più delicate nel caso specifico dei Paesi Baltici. Le minoranze russe che risiedono entro i loro confini e che spesso hanno la cittadinanza dei 3 Paesi devono essere monitorate con attenzione ma non emarginate. Decenni di propaganda, prima sovietica e poi russa, hanno infatti reso questa popolazione talvolta diffidente nei confronti dei Paesi d’adozione e un approccio nei loro confronti colpevolizzante e diffidente può andare ad acuire la problematica.

Considerando il fatto che il leit motiv della politica russa nei confronti dei Paesi baltici è stato per decenni quello di indebolirne la coesione nazionale, un approccio di totale emarginazione delle minoranze russofone da parte dei governi baltici rischierebbe di andare nella stessa direzione e per questo va evitato.

Contenuto dell’Informazione

1

Confermata

Confermato da altre fonti indipendenti; logico in sé; coerente con altre informazioni sull’argomento

2

Presumibilmente Vera

Non confermato; logico in sé; consistente con altre informazioni sull’argomento.

3

Forse Vera

Non confermato; ragionevolmente logico in sé; concorda con alcune altre informazioni sull’argomento

4

Incerta

Non confermato; possibile ma non logico in sé; non ci sono altre informazioni sull’argomento

5

Improbabile

Non confermato; non logico in sé; contraddetto da altre informazioni sul soggetto.

6

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare la validità dell’informazione.



Affidabilità della fonte

A

Affidabile

Nessun dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; ha una storia di completa affidabilità.

B

Normalmente

Affidabile

Piccoli dubbi di autenticità, affidabilità, o competenza, tuttavia ha una storia di informazioni valide nella maggior parte dei casi.

C

Abbastanza

Affidabile

Dubbio di autenticità, affidabilità o competenza; tuttavia, in passato ha fornito informazioni valide.

D

Normalmente non Affidabile

Dubbio significativo sull’autenticità affidabilità o competenza, tuttavia in passato ha fornito informazioni valide.

E

Inaffidabile

Mancanza di autenticità, affidabilità e competenza; storia di informazioni non valide.

F

Non giudicabile

Non esiste alcuna base per valutare l’affidabilità della fonte.


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