Segregazione etnica nei contesti urbani

  Focus - Allegati
  30 ottobre 2023
  17 minuti, 21 secondi

Autori

  • Simona Chiesa - Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Matteo Restivo - Senior Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società
  • Francisco Duran - Head Researcher Mondo Internazionale G.E.O. Cultura & Società



Abstract

La segregazione etnico-spaziale nelle grandi città, nelle metropoli e, in generale, nei paesi più sviluppati, ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi nel tempo. Il motivo principale è sicuramente la ricerca di soluzioni che determinino il miglioramento delle condizioni di vita e di mobilità sociale per le fasce di popolazioni meno abbienti. Quest’ultime, sono spesso composte da persone di etnie minoritarie, da gruppi di immigrati che, di generazione in generazione, sembrano di non avere la possibilità di accedere alle stesse risorse dei gruppi maggioritari.

1. Introduzione

Il concetto di segregazione etnica nei contesti urbani, o più semplicemente la “segregazione spaziale”, si compone di diverse dimensioni e sfaccettature, che complicano la sua analisi e che negli anni hanno portato alla generazione di un dibattito molto fitto. Quest’ultimo, come discuteremo più avanti, ha coinvolto sociologi, economisti e politologi. Nelle sue accezioni positive o negative, nella natura delle sue cause e dei suoi effetti, la segregazione spaziale interessa trasversalmente ogni ambito delle nostre moderne società. Oggi più che mai, in relazione ai fenomeni migratori, regionali o globali, le culture si confrontano e le capacità economiche si scontrano, generando discrepanze, ma anche nuovi spazi per l’integrazione e per la mediazione inter-etnica.

Le politiche e i modelli di integrazione esistenti - che per loro ampiezza non approfondiremo nella presente trattazione - hanno generato diversi tipi di segregazione. Che ambiscano o meno alla separazione residenziale, prenderemo in esame anche altri tipi di conseguenze rispetto a quest’ultima: il caso della “concentrazione”, in ghetti o enclavi; il caso dei “sobborghi etnici”; o ancora, il caso della “convivenza interetnica” in spazi centrali delle città e delle grandi metropoli.

L’importanza di questa tematica si manifesta sostanzialmente su scala globale. La decisione di discutere i casi dell’Europa e degli Stati Uniti è dovuta alla più semplice rappresentazione del dualismo insito ai paesi più economicamente sviluppati e civilmente attivi. Se da un lato, nel corso del XX secolo, le politiche di welfare e di social housing hanno iniziato ad avere un impatto positivo per le fasce più povere e marginalizzate della popolazione, dall’altro lato le crisi economiche che si sono generate nel tempo - in particolare tra gli anni Novanta e fino al 2008, per arrivare ai tempi più recenti - si sono tradotte nei tagli a questo tipo di politiche, generando dinamiche di segregazione spaziale e di impossibilità di miglioramento delle condizioni di vita per i meno abbienti.

2. Segregazione Spaziale

La segregazione spaziale è un concetto che implica la concentrazione e la separazione di uno o più gruppi rispetto al resto della popolazione all'interno di un'area urbana. Questa concentrazione porta a una sovrarappresentazione del gruppo in questione. Questo concetto è di grande importanza per la geografia e le scienze sociali, in quanto fornisce un fondamento per analizzare le differenze all'interno di una città in termini di status sociale, famiglia o etnia (Mela, 1996).

Le cause della segregazione spaziale possono essere divise in due categorie: cause esterne ed interne. Le cause esterne includono pregiudizi razziali e discriminazione, mentre le cause interne possono derivare dalla solidarietà all'interno di un gruppo o dalla preservazione dell'identità culturale (Motta, 2006).

Le decisioni abitative degli stranieri, che siano immigrati di prima generazione o discendenti di immigrati, sono influenzate da molteplici fattori individuali e territoriali, ma possono anche essere influenzate da stereotipi e discriminazione da parte di altri cittadini (Cristaldi, 2012).

La segregazione etnica diventa evidente quando la presenza di immigrati in un determinato spazio urbano supera una certa soglia, portando a cambiamenti significativi nella mappa sociale di una città, con la creazione di aree residenziali densamente popolate da stranieri, a volte separate o integrate in aree degradate del centro o dei quartieri semicentrali. (Decimo in Sciortino, Colombo, 2003)

Sebbene il termine "segregazione" sia comunemente associato alla distribuzione spaziale non uniforme della popolazione, è importante considerare anche le restrizioni alla mobilità e le limitazioni legislative e amministrative che possono circoscrivere le possibilità di spostamento di un gruppo (Russo, 2017).

Le teorie sulla segregazione urbana sono state sviluppate in due diverse tradizioni: la Scuola ecologica di Chicago, che la interpreta come una funzione della condizione sociale, e le teorie che considerano la segregazione come una funzione dello status etnico (Motta, 2006).

La causa principale della segregazione etnica urbana può essere attribuita al pregiudizio razziale e al rifiuto generale del "altro", che può portare a conseguenze economiche, come la svalutazione di immobili e quartieri in cui vivono persone di gruppi etnici diversi. Allo stesso tempo, la segregazione può anche derivare dalla coesione interna e spaziale dei gruppi etnici per scopi come l'aiuto reciproco e la preservazione dell'identità culturale (Russo, 2017).

Le analisi e le teorie sulla segregazione variano notevolmente a seconda delle diverse situazioni in diverse città e paesi, tenendo conto dei gruppi etnici coinvolti, delle dinamiche coercitive o volontarie che ne determinano la formazione e delle situazioni di marginalità sociale ed esclusione. La comprensione della segregazione richiede quindi una valutazione del gruppo etnico, del contesto spazio-temporale e della scala di riferimento (Motta, 2006).

In alcune aree del paese, la coesistenza di diversi gruppi stranieri ha portato a una sorta di "specializzazione etnica" in cui alcune zone sono diventate note come Chinatown, Arabtown, Bangladeshitown o Little India, riflettendo la tendenza a creare concentrazioni etniche anziché spazi misti in cui diverse etnie vivono equamente (Motta, 2006).

3. Le conseguenze della segregazione

Come anticipato nel paragrafo precedente, la segregazione spaziale può avere esiti estremamente diversificati a seconda del contesto urbano e sociale preso in considerazione. Tale concetto, è stato spiegato sulla base di cause esogene, come risultato di un atteggiamento di rifiuto e di pregiudizio razziale, e di cause endogene, quali forme di solidarietà sociale, assistenza reciproca all’interno del gruppo e di preservazione dell’identità culturale. Di conseguenza, diverse prospettive di analisi ne hanno messo in rilievo sia gli aspetti negativi che quelli positivi, in relazione agli svantaggi ed ai benefici che la concentrazione spaziale può comportare.

Gli aspetti negativi della segregazione includono restrizioni nei contatti sociali con le istituzioni, discriminazioni e ostacoli nell’accesso alle risorse strategiche, soprattutto se la segregazione coinvolge una parte svantaggiata della popolazione. La segregazione può anche alimentare stereotipi spaziali che influenzano la percezione di una zona urbana. Inoltre, l'impronta di un gruppo etnico su uno spazio può subire processi di categorizzazione e generalizzazione che influiscono negativamente sulla rappresentazione di quel luogo e dei suoi abitanti.

Tra le conseguenze positive della preservazione della cultura di un gruppo, inizialmente emarginato, si può riscontrare la sua integrazione nella società e nel mondo del lavoro attraverso strategie come la mobilitazione delle risorse locali in una comunità relativamente omogenea. Ad esempio, la comunità cinese della diaspora è riuscita a costruire basi solide in diverse realtà urbane, adattandosi ai contesti locali e al contempo preservando la propria identità culturale.

Secondo Peter Marcuse, maggiore è la “distanza culturale”, cioè il sentimento di prossimità o meno tra gli individui sulla base di tratti etnici, fra gli immigrati e la società di accoglienza, maggiori saranno gli impedimenti nel processo di integrazione. Infatti, nel caso in cui la distanza culturale sia elevata, la segregazione si traduce spazialmente in “enclave volontaria”, come risposta a una strategia difensiva dell’identità, o in “ghetto involontario”, come conseguenza di un rifiuto da parte della maggioranza della popolazione residente. Marcuse definisce un “ghetto” come un'area abitata da una popolazione che vive al di sotto degli standard di vita e spesso presenta alti livelli di criminalità, degrado e disagio sociale e abitativo. Questa definizione differisce dall'idea di “enclave”, creata volontariamente da membri di un gruppo specifico, che può essere sociale o etnico, ed è caratterizzata da una omogeneità sociale e topografica, con lo scopo di aumentare il proprio sviluppo economico, sociale, politico e culturale. Marcuse ha ulteriormente suddiviso la nozione in due categorie principali:

  • Il "classic ghetto" che separa e limita un gruppo specifico, spesso basato sulla razza, considerato inferiore dalla popolazione dominante.
  • L’ "outcast ghetto", che si riferisce a coloro che non hanno la possibilità di lasciare il luogo in cui vivono a causa dell'esclusione dalla società e della povertà estrema. La loro economia è separata dall'economia principale e spesso coinvolge attività illegali.

Data la multidimensionalità del concetto di segregazione, sono sorte ulteriori definizioni spaziali che tentano di inquadrare forme nuove di realtà. Un esempio è il termine “sobborgo etnico”, nato nel tentativo di definire una particolare forma di concentrazione spaziale localizzata nelle aree suburbane, un’area in cui i confini reali e simbolici risultano più sfumati, arbitrari e, rispetto al ghetto o all’enclave, in continua evoluzione.

La coabitazione plurietnica è “la risultante di una dinamica di forze concorrenti o divergenti e la sua analisi esige che non si isoli la dimensione etnica dalle altre dimensioni economiche sociali e politiche di questa interazione” (de Rudder, 1987). L’arrivo dei migranti infatti solleva la questione del grado di conformità sociale e culturale che può esistere all’interno delle moderne democrazie, obbligando a un processo di ridefinizione dei loro valori fondamentali. La segregazione influenza direttamente il modo in cui le persone creano e mantengono legami forti e, di conseguenza, i comportamenti collettivi e la polarizzazione dei gruppi dello spazio sociale emergente. In questo quadro è evidente il carattere ideologico del fenomeno e che la presenza di immigrati implichi qualche tipo particolare di reazione locale, portando al sorgere di tendenze nazionaliste.

La nozione di convivenza interetnica riguarda questioni essenzialmente urbane: “come la città costituisce, facilita oppure ostacola, la convivenza; come l’urbanità̀ permette a gruppi etnici che condividono uno stesso spazio urbano di gestire le differenze culturali e coabitare durevolmente o temporaneamente; quali forme assume la compresenza: competizione per l’imposizione di un modo di vita dominante” (Tosi, 1998).

4. Politiche di welfare e social housing: i modelli di Europa e Stati Uniti a confronto

Esaminate gli aspetti e le conseguenze culturali del fenomeno della segregazione urbana, risulta allo stesso modo rilevante fare qualche accenno alle questioni economico-sociali che derivano da tale fenomeno, in particolare per quanto concerne l’applicazione di politiche di welfare e social housing.

Il periodo successivo al 1945 ha visto lo sviluppo di diversi sistemi di welfare in tutti i Paesi d’Europa e del mondo. Ciò è avvenuto in base a diversi sistemi di stratificazione e a diversi principi di diritto. Esping-Andersen definisce tre diversi tipi di regimi di welfare: quello liberale, quello corporativo e quello universale (o socialdemocratico), ognuno dei quali ha sviluppato un proprio tipo di sistema di welfare. Questi sistemi si sono sviluppati in modo diverso a seconda del rapporto tra Stato, mercato e famiglia (Esping-Andersen, 1990).

Il regime di welfare liberale - come in Australia, Canada, Inghilterra e approssimativamente in Danimarca – ha indirizzato la sua modesta assistenza solo alle famiglie a basso reddito e il mercato era incoraggiato a fornire schemi di welfare privato. Il regime di welfare aziendale, come in Germania, non ha mai messo in discussione i diritti sociali, nonostante la trascurabile ridistribuzione del reddito, dove la Chiesa e la famiglia hanno svolto un ruolo importante come rete di sicurezza, lasciando che uno Stato centrale forte interferisse solo quando le risorse della famiglia fossero esaurite. Il regime universale, o socialdemocratico, ha formato un sistema di welfare completo in cui la maggioranza dei cittadini riceveva i benefici del welfare: l'uguaglianza tra redditi bassi e alti era un obiettivo dichiarato, come in Svezia e Finlandia.

A partire dalla fine del XX secolo, ed in relazione alle numerose crisi che stiamo sperimentando anche in tempi più recenti, è possibile affermare che sono le persone già più svantaggiate ad essere colpite dai tagli al sistema di welfare, con il conseguente ampliamento del divario di reddito tra poveri e ricchi, ove la povertà dei redditi è aumentata in modo sostanziale (Abramsson & Borgegård, 1998; EPRS, 2022). I redditi nella fascia inferiore della distribuzione non hanno tenuto il passo con l’aumento del reddito medio (EPRS, 2022). Dunque, le disuguaglianze in Europa sono aumentate a partire dagli anni ‘80-’90 (EPRS, 2022) e si possono distinguere tre fattori che hanno avuto un effetto sul tasso di segregazione sociale:

  • il mantenimento della piena occupazione,
  • la fornitura di un'assicurazione universale contro la disoccupazione e la malattia, di pensioni di anzianità e di servizi sanitari,
  • lo sviluppo di politiche abitative e di pianificazione che mirano a fornire un numero sufficiente di alloggi con l'ausilio di sussidi governativi (Abramsson & Borgegård, 1998).

Quando i tassi di disoccupazione aumentano, vengono effettuati tagli ai sussidi e, inoltre, le politiche abitative e di pianificazione cambiano direzione. Il risultato può tradursi nel mercato immobiliare in un aumento della segregazione spaziale (Murie e Musterd, 1996).

Infatti, secondo studi più recenti di quelli già citati, è evidente che la scelta dello spazio abitativo è guidata da due principali fattori, già brevemente richiamati in precedenza: il reddito e l’etnia. In relazione al proprio reddito, le famiglie meno benestanti tendono a spostarsi in quartieri più degradati e le famiglie ad alto reddito si spostano in quartieri spesso centrali e più ricchi. Dunque, il potere d'acquisto delle famiglie determina quanto possono pagare per un alloggio e la possibilità di scelta sul mercato immobiliare: le famiglie ad alto reddito hanno più possibilità di scegliere dove vivere rispetto a quelle a basso reddito.

Ciò che preoccupa maggiormente i governi europei è la circostanza per cui i livelli di segregazione socio-economica aumentano, e si sovrappongono, in relazione alla segregazione etnica. Molti immigrati di prima e seconda generazione provenienti da paesi extracomunitari appartengono alle fasce di reddito più basse e vivono concentrati nei quartieri più poveri delle città. Le ricerche mostrano chiaramente che, soprattutto per le minoranze etniche non occidentali a basso reddito, esiste una forte trasmissione intergenerazionale del vivere in spazi al margine: i bambini che crescono in questo tipo di quartieri hanno molte probabilità di vivere negli stessi da adulti (Hedman et al., 2015; Van Ham et al., 2016).

Questo tipo di dinamica è ancora più evidente negli Stati Uniti, storicamente, rispetto alla qualità di vita e alla segregazione spaziale degli afroamericani, ma anche delle famiglie di origine ispanica negli spazi urbani più degradati e/o marginali delle città (National Academies of Sciences, 2020).

Le decisioni politiche di “de-segregazione” sono ostacolate da una crescente ignoranza della storia etnica della nazione. È diventato convenzionale per i politici affermare che l'isolamento residenziale dei bambini neri a basso reddito è ora de facto, frutto di circostanze economiche, tendenze demografiche, preferenze personali e discriminazione privata. Ma i dati storici dimostrano che spesso la segregazione residenziale è de jure, cioè frutto di politiche pubbliche esplicite e motivate da ragioni razziali (Rothstein, 2014).

Tali affermazioni dimostrano l’esistenza di un crescente problema generazionale e l’accrescersi di un importante divario nell’educazione che ricevono le persone nei quartieri a basso reddito e quella che ricevono gli abitanti delle zone a reddito medio-alto. In generale, “quando la percentuale di studenti a rischio di insuccesso in una scuola aumenta, le conseguenze dello svantaggio si aggravano” (Rothstein, 2014).

Questo ha implicato, ed implica tutt’oggi, l’impossibilità per la maggior parte delle persone che vivono in uno spazio segregato di migliorare le proprie condizioni di vita. Se è possibile pensare che l’integrazione oggi, negli Stati Uniti, non sia causata da scelte politiche, ma dal fatto che gli afroamericani non possono permettersi di vivere nei quartieri borghesi, sembra allo stesso modo evidente che tale impenetrabilità possa essere stata creata anche da politiche federali, statali e locali che hanno impedito agli afroamericani, a metà del XX secolo, di accumulare il capitale necessario per investire nella proprietà di una casa nei quartieri della classe media, e poi di beneficiare dell'apprezzamento del capitale, seguito nei decenni successivi (Rothstein, 2014; National Academies of Sciences, 2020).


5. Conclusioni

La segregazione spaziale ha profonde implicazioni per le dinamiche urbane e sociali. Questo fenomeno può derivare da una combinazione di fattori esterni, come pregiudizi razziali e discriminazione, e fattori interni, come la coesione all'interno dei gruppi etnici o la preservazione dell'identità culturale.

L'analisi delle dinamiche sottese alla segregazione, compresa la comprensione dei suoi meccanismi, delle circostanze in cui si manifesta e delle ragioni che la determinano, costituisce un ambito di ricerca di primaria importanza. Questo campo di studio assume rilevanza fondamentale per due motivazioni principali. In primo luogo, attraverso la limitazione dell'accesso a risorse valorizzate da parte di specifici gruppi sociali, la segregazione contribuisce in modo significativo a perpetuare le disuguaglianze sociali in istituzioni cruciali come quelle legate alla sanità, all'edilizia, all'istruzione e all'occupazione. In secondo luogo, la segregazione, limitando l'interazione tra membri di differenti gruppi sociali, promuove lo sviluppo e il radicamento di atteggiamenti pregiudiziali, creando così le condizioni favorevoli all'insorgere di conflitti e discriminazioni, sia a livello collettivo che individuale.

Le dinamiche della segregazione variano notevolmente a seconda dei contesti urbani e delle politiche di welfare adottate. Ad esempio, in Europa e negli Stati Uniti, le crisi hanno influenzato e accresciuto gli effetti della segregazione spaziale, comportando politiche di taglio al sistema di welfare che hanno colpito in particolare le fasce già più svantaggiate della popolazione.

Inoltre, ricerche dimostrano che i modelli locali di segregazione possono emergere anche in contesti che superficialmente sembrano inclusivi, poiché differenti gruppi condividono lo stesso spazio, rivelando come la segregazione informale possa persistere nonostante la co-presenza fisica . Studi sulle interazioni etniche hanno evidenziato che la fine formale di un regime di segregazione istituzionale potrebbe non essere sufficiente a dissolvere i comportamenti di segregazione informale negli spazi di svago (Bettencourt, Dixon, Castro, 2019).

In sintesi, la comprensione di un concetto come quello della “segregazione spaziale” richiede un'analisi attenta dei fattori economici, sociali e politici che ne sono alla base e delle politiche adottate per affrontarla. La promozione dell'integrazione e dell'uguaglianza rimangono sfide importanti per le società moderne.

Fonti

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