Iran, Hamas e Jihad islamica: un legame di convenienza?

  Articoli (Articles)
  Redazione
  11 January 2024
  9 minutes, 51 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

L’Iran potrebbe non essere direttamente dietro gli attacchi del 7 ottobre scorso contro Israele, ma Teheran ha lavorato a lungo per rafforzare gruppi come Hamas e la Jihad islamica palestinese. Le dinamiche più ampie all’interno del Medio Oriente hanno, a loro volta, limitato le scelte di questi gruppi, spingendoli a rivolgersi all’unico interlocutore disponibile, ovvero la Repubblica dell’Iran per avere, ottenendolo, un forte sostegno economico e politico, anche a livello internazionale.

Fin dal loro inizio, le relazioni iraniano-palestinesi hanno funzionato come un connubio basato fondamentalmente sulla duplice convenienza rappresentata da temi per loro cruciali come la ricerca della sicurezza da parte dell’Iran e sul bisogno da parte dei palestinesi di confidare su una affidabile e costante sponsorizzazione statale.

La situazione attuale

Oggi, Il regime degli Ayatollah fornisce sostegno a numerosi gruppi estremisti palestinesi, tra cui in particolare Hamas e la Jihad islamica palestinese (PIJ). Eppure, questi gruppi non si comportano come marionette rendendo il proprio rapporto con Teheran in continua quanto instabile evoluzione. Infatti, gli attacchi guidati da Hamas contro Israele il 7 ottobre riflettevano tali calcoli tutti all’insegna della indipendenza decisionale.

Anche se non avrebbero potuto verificarsi senza il sostegno iraniano a lungo termine, gli attacchi sono arrivati probabilmente ​​come una sorpresa sgradita per Teheran, che negli ultimi due mesi ha evitato pubblicamente di dare pieno sostegno ai gruppi palestinesi. Se Hamas e PIJ rimarranno strettamente allineati con l’Iran, tuttavia, dipenderà dall’esito della guerra a Gaza e dalle dinamiche più ampie nella fluttuante e complessa geopolitica mediorientale.

Perché l’Iran sostiene i palestinesi ?

Storicamente, il sostegno dell'Iran alla causa palestinese è sempre stato in buona parte ideologico, dato il significato religioso di Gerusalemme per i musulmani.

La Costituzione iraniana del 1979 affermava il suo dovere di esportare la rivoluzione iraniana per assistere “i diseredati” in tutto il mondo, ma gli interessi della realpolitik hanno largamente preso il sopravvento su questa posizione a partire dalla fine degli anni ‘80. L’Iran è gradualmente arrivato a sostenere apertamente i gruppi armati palestinesi come parte integrante della sua politica di sicurezza regionale al fine di contenere e preoccupare Israele che, insieme agli Stati Uniti, li ha a lungo percepito come la più grande minaccia alla propria sicurezza interna.

Da questo punto di vista, le credenziali islamiche di un gruppo (oppure la loro mancanza) contavano assai meno della propria volontà di affrontare Israele. Di conseguenza, per molti decenni l’Iran, sotto le vesti propagandistiche di una sedicente repubblica islamica sciita, ha sostenuto cospicuamente una pletora di gruppi islamici laici, di sinistra e sunniti. L'ingresso dell'Iran in Palestina avvenne inizialmente attraverso l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), di orientamento laico. Tale movimento nazionalista sostenne i rivoluzionari iraniani prima del rovesciamento al potere dello Scià nel 1979, fornendo persino guardie del corpo all’Ayatollah Ruhollah Khomeini mentre questi viveva in esilio a Parigi.

Molte delle personalità centrali del primo Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ricevettero addestramento anche nei campi dell'OLP in Libano. Con una mossa altamente simbolica, Arafat divenne il primo leader straniero a visitare l'Iran dopo la rivoluzione islamica.

La graduale moderazione delle posizioni dell’OLP nel corso degli anni ’80 – aprendo negoziati segreti con Israele, accettando la spartizione territoriale della Palestina storica e rinunciando alla violenza armata – fu uno dei fattori che contribuì alla rottura delle relazioni. Per proprio conto, Teheran ha continuato a fornire un certo sostegno ai membri dell’OLP, come ad esempio il FPLP marxista-leninista.

Tuttavia, al puro fine di mantenere integro il proprio paradigma dottrinale relativo alla sicurezza regionale, l’Iran ha spostato la maggior parte del suo appoggio a favore dei gruppi islamici palestinesi, data anche l’irrilevanza politica e militare dei gruppi marxisti-leninisti molto più piccoli, attivi nei territori occupati.

Dall'OLP all'islamismo palestinese

La iniziale cooperazione dell'Iran con Hamas e l’JHAD Islamica (PIJ) è stata inavvertitamente facilitata dalle azioni di Israele: i funzionari iraniani entrarono in contatto per la prima volta con i leader del PIJ a Beirut nel 1987 dopo che Israele li espulse in Libano a seguito dei suoi sforzi per sopprimere la leadership politica nazionale palestinese attiva sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania, all’epoca occupate.

Le relazioni iraniano-palestinesi furono ulteriormente rafforzate quando Israele esiliò centinaia di altri membri di Hamas e PIJ a Marj al-Zuhur in Libano nel 1992.

A questo punto i gruppi islamici palestinesi giunsero alla conclusione, come l’OLP prima di loro, di aver necessità di un forte sponsor statale capace di dargli maggiori mezzi e opportunità di affermazione politica nella loro lotta contro Israele. Ciò si tradusse presto in sostegno finanziario e militare da parte dell’Iran, con militanti palestinesi che ricevevano addestramento militare nella valle della Beqaa in Libano, presso campi gestiti dal gruppo libanese Hezbollah, sostenuto dall’Iran. Appare dunque del tutto improbabile che gli attacchi sanguinari a massa del 7 ottobre avrebbero potuto concretizzarsi senza il sostegno decennale dell’Iran.

Da allora, questi gruppi palestinesi sono diventati più forti militarmente grazie alle armi iraniane contrabbandate attraverso lo Yemen e il Sudan, attraverso il deserto egiziano con l’aiuto dei contrabbandieri beduini, e infine a Gaza attraverso i tunnel transfrontalieri, appositamente costruiti da Hamas. Le strutture statali iraniane hanno anche formato ingegneri palestinesi per fabbricare armi localmente, che rappresentano oggi gran parte dell'arsenale totale di Hamas.

Anche altri gruppi sostenuti dall’Iran a Gaza hanno probabilmente beneficiato di questi accordi. È improbabile che gli attacchi del 7 ottobre sarebbero potuti accadere senza questo sostegno iraniano decennale.

Il matrimonio di convenienza iraniano-palestinese

Come già detto, il rapporto tra Hamas sunnita, PIJ e l'Iran sciita è sempre stato un’unione dettata dalla convenienza generata da interessi condivisi sul teatro conflittuale mediorientale piuttosto che da affinità ideologica con la ritenuta e presuntuosa interpretazione integrale in chiave politica dell'Islam da parte di Teheran.

Di conseguenza, i gruppi finiscono per adeguare costantemente le loro relazioni esterne secondo le proprie manipolazioni e calcoli strategici. Ciò è stato particolarmente evidente sulla scia delle rivolte arabe.

La Siria

La rivolta siriana illustra come sia l’Iran che Hamas hanno manovrato l’uno nei confronti dell’altro. I leader di Hamas con sede a Damasco hanno cercato di mediare tra il regime siriano e i ribelli sunniti, ma la leadership politica del gruppo ha respinto le richieste iraniane di fornire sostegno incondizionato al presidente siriano Bashar al-Assad, portando ad una rottura delle relazioni.

L’Iran ha risposto dimezzando il suo sostegno finanziario a Hamas da 150 milioni di dollari a meno di 75 milioni di dollari. Eppure Teheran manteneva ancora forti legami con i leader estremisti di Hamas con sede a Gaza.

Secondo quanto viene riferito, l’Iran ha reindirizzato parte dei suoi finanziamenti al PIJ, che aveva mantenuto una posizione neutrale ed evitato di esprimere critiche aperte al governo siriano. Tuttavia, alcuni anni dopo, anche il rapporto del PIJ con l’Iran ha incontrato difficoltà a causa della guerra civile yemenita nel 2014.

Come già accaduto con Hamas, il rifiuto del PIJ di appoggiare gli Houthi yemeniti sostenuti dall’Iran o di denunciare l’intervento militare dell’Arabia Saudita nel paese ha avuto come conseguenza cospicui tagli finanziari da parte dell’Iran nei loro confronti.

Questa volta il denaro è stato reindirizzato all’ormai defunto movimento al-Sabireen a Gaza, che l’Iran aveva sponsorizzato nel tentativo di sostituire Hamas e PIJ con un rappresentante più accondiscendente.

Durante questo periodo, sia Hamas che PIJ tentarono di orientarsi verso fonti alternative di sostegno. Dopo aver formalmente interrotto i rapporti con il governo siriano, Hamas ha cercato di allinearsi con il cosiddetto asse sunnita , ovvero l'Egitto e le monarchie del Golfo come il Qatar.

Nell’ambito di questo riorientamento, figure chiave di Hamas, compreso il suo allora leader Khaled Mashal, si trasferirono a Doha. Nel 2017 hanno presentato una piattaforma politica più flessibile, intesa a migliorare la posizione del gruppo nel mondo arabo e verso l’ Occidente.

In modo un po' inaspettato, nel maggio 2016 il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane si è impegnato a trasferire 70 milioni di dollari al PIJ. Ciò sembra essere stato determinato da un cambiamento nella posizione del gruppo in senso più favorevole allo Yemen.

Nell’ultimo anno anche Hamas ha cercato di ricucire maggiormente i suoi legami con l’Iran. Ciò è stato segnalato per la prima volta dalla visita di Khalil al-Hayya , un altro membro senior di Hamas, a Damasco nell’ottobre 2022.

Mentre ci sono state intense speculazioni sul fatto se l’Iran sapesse in anticipo degli attacchi guidati da Hamas contro le comunità israeliane il 7 ottobre, Teheran ha rapidamente eluso ogni responsabilità diretta e ha informato pubblicamente il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, della sua intenzione di fornire solo sostegno politico e giammai militare nel conflitto. Ciò riflette in parte il desiderio dell’Iran di evitare una guerra regionale su vasta scala che potrebbe minacciare i suoi interessi strategici nell’area.

Questa non è la prima volta che Hamas rimane delusa per la riluttanza dell'Iran a fornirgli sostegno durante un conflitto.

La decisione politica dell'Iran di prendere le distanze dagli attacchi del 7 ottobre è quindi in linea con la sua strategia di lunga data intesa a sostenere (senza però eccedere) i gruppi palestinesi per rafforzare la propria sicurezza.

Il fallimento della moderazione

Hamas ha ampiamente sbagliato i calcoli quando ha scommesso sull’asse sunnita, che ha visto l’ascesa del partito islamista Ennahda a Tunisi e dei Fratelli Musulmani in Egitto. Ma la situazione politica si è presto rivoltata contro l’Islam politico in seguito alla cacciata del presidente islamista egiziano, Muhammad Morsi.

La decisione del suo successore, il presidente Abdel Fattah al-Sisi, di rafforzare il blocco egiziano su Gaza a partire dal luglio 2013 ha reso questo riorientamento di breve durata politicamente e finanziariamente insostenibile per Hamas. Avendo ricevuto un sostegno insufficiente dalle capitali arabe, Hamas è stata costretta a tornare indietro verso Damasco e Teheran per preservare i propri interessi.

Il riavvicinamento all’Iran potrebbe anche riflettere in parte il fallimento dell’impegno occidentale nei confronti di Hamas in generale e della sua ala moderata in particolare. Hamas è sempre stato il prodotto delle discussioni interne tra la tesi del cambiamento sociale e quella della lotta armata, tra i moderati e gli estremisti, e tra coloro che danno priorità al lavoro politico e coloro che invece danno priorità alle azioni clamorose e violente.

Le decisioni di Hamas di partecipare al processo elettorale palestinese nel 2006 e di aprirsi a una soluzione a due Stati nella sua piattaforma del 2017 sono state tutte rese possibili dall’indebolimento dei sostenitori della linea dura in seguito alla fine della seconda intifada, che ha eroso il sostegno all’interno di Hamas per la violenza armata.

Il boicottaggio internazionale di Hamas seguito alla sua vittoria alle elezioni parlamentari del 2006 sembra essere riuscito solo a indebolire l’ala moderata, che cercava di stabilire legami diplomatici con tutte le capitali occidentali.

Sedici anni dopo la fine della seconda intifada, i moderati hanno poche, se non nessuna, vittorie da mostrare. Ciò ha rafforzato ancora una volta gli estremisti che spingono per legami più stretti con l’Iran e sostengono che la violenza armata è l’unica via da seguire. Gli attacchi guidati da Hamas contro Israele il 7 ottobre hanno rappresentato il culmine di queste mutevoli e fallimentari dinamiche.

Come dimostra il passato, tuttavia, il posizionamento di Hamas e PIJ è in costante cambiamento. Il loro orientamento futuro dipenderà in parte dalla capacità degli stati arabi e occidentali di rafforzare le voci moderate in questi gruppi che da tempo desiderano allontanarsi dall’orbita estremista ed egemonica dell’Iran presentando un percorso politico più realistico e pacifico, indirizzato verso l’indipendenza e la prosperità palestinese.

Riproduzione Riservata ®

Share the post

L'Autore

Redazione

Tag

Medio Oriente Jihadism Iran