La geopolitica dell'India e del Pakistan secondo Henry Kissinger (6)

Parte 6

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  Michele Pavan
  23 January 2019
  3 minutes, 40 seconds

L'India, oltre ai problemi d'occidente deve pensare ad est e a nord est, concentrandosi su ciò che sarà il futuro della regione.

Un altro elemento di frizione tra i due colossi asiatici è lo stato nord-orientale indiano dell’Arunachal Pradesh, che la Cina rivendica in quanto «Tibet meridionale». Più aumenta la fiducia della Cina in sé stessa, più si allarga il territorio che reclama.

La pretesa cinese è in parte geografica e in parte psicologica. L’Arunchal Pradesh confina con la Cina, con il Bhutan e con il Myanmar, il che lo rende strategicamente prezioso, ma la rivendicazione territoriale serve anche a ricordare al Tibet che l’indipendenza è fuori discussione.

Il mondo è così impressionato dalla stupefacente ascesa della Cina da trascurare spesso il suo grande vicino di casa; ma in questo secolo l’India potrebbe rivaleggiare con la Cina come potenza economica. Confina con sei paesi. Ha circa 15000 chilometri di acque interne navigabili, buone forniture d’acqua e immense terre coltivabili; è un grande produttore di carbone e ha grossi giacimenti di petrolio e gas naturale, anche se sarà sempre un importatore netto di tutte e tre le risorse, e il sovvenzionamento pubblico dei costi energetici pesa notevolmente sulle sue finanze.

Nonostante tutte le sue ricchezze naturali, l’India non ha eguagliato la crescita della Cina, e siccome quest’ultima si sta aprendo al mondo esterno, i due paesi potrebbero entrare in rotta di collisione non lungo il confine terrestre, ma sul mare.

Per migliaia di anni, le regioni corrispondenti alla Cina e all’India contemporanee si sono potute ignorare per via della configurazione geografica. L’espansione dell’una nel territorio dell’altra attraverso la catena dell’Himalaya era impossibile, e per giunta ognuna delle regioni aveva terre coltivabili più che sufficienti.

Proprio come i primi leader americani avevano sviluppato nella Dottrina Monroe una concezione del ruolo speciale degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale, così l’India si è assegnata in pratica una posizione particolare nella regione dell’Oceano Indiano compresa tra le Indie orientali e il Corno d’Africa.

Oggi, tuttavia, lo sviluppo tecnologico fa sì che entrambi i paesi abbiano bisogno di enormi risorse energetiche; la geografia non ha tramandato loro queste ricchezze, perciò sia l’India sia la Cina hanno dovuto espandere i propri orizzonti e avventurarsi negli oceani, ed è lì che si sono incontrate.

All’inizio degli anni Novanta, l’India ha adottato una politica «orientata a est», anche per bloccare quella che prevedeva essere l’imminente ascesa della Cina. Ha «fatto la sua parte» incrementando enormemente gli scambi commerciali con la Cina (in prevalenza importazioni) e sviluppando nel contempo relazioni strategiche con quello che la Cina considera il proprio retroterra.

Sebbene i punti di vista americani e indiani siano stati spesso in contrasto sulla condotta alla fine della guerra fredda, dopo il collasso dell’Unione Sovietica essi sono stati per lo più convergenti per quanto riguarda la regione dell’Oceano Indiano e le sue periferie.

L’India ha rafforzato i suoi legami con il Myanmar, le Filippine e la Thailandia; ma soprattutto, sta lavorando con il Vietnam e il Giappone per tenere a freno l’espansione della Cina nel Mar Cinese Meridionale. In questa strategia ha un nuovo alleato, che si tiene a distanza di sicurezza: gli Stati Uniti. L’India ha temuto per decenni che gli statunitensi fossero i nuovi inglesi. Nel XXI secolo un’India più sicura di sé, che opera in un mondo sempre più multipolare, ha scoperto una buona ragione per cooperare con gli USA.

L’India ha una grande marina militare ben equipaggiata che include una portaerei, ma non potrà competere con la marina oceanica che sta mettendo in cantiere la Cina. Perciò, l’India si sta associando ad altri paesi per sorvegliare, se non dominare, la marina cinese nella rotta che attraversa i mari della Cina e lo stretto di Malacca, per uscire nel Golfo del bengala e costeggiare l’India fino al Mare Arabico in direzione del grande porto che ha costruito a Gwadar, in Pakistan.

Fonti principali:
- Marshall Tim, (2017), Le 10 mappe che spiegano il mondo, Garzanti. Traduzione a cura di Roberto Merlini.
- Kissinger Henry, (2017), Ordine Mondiale, Mondadori. Traduzione a cura di Tullio Cannillo.
- Kissinger Henry, (2012), On China, The Penguin Press.
- Kissinger Henry, (1994), Diplomacy, Simon&Schuster Paperbacks, Rockefeller Center.

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Michele Pavan

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