La questione uigura: dietro le risposte della Comunità internazionale

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  Davide Shahhosseini
  24 March 2021
  6 minutes, 55 seconds


Da decenni la questione uigura si pone al centro di quelle che il Partito Comunista Cinese (PCC) inserisce nel quadro delle politiche di sicurezza nazionale, volte a contrastare il terrorismo separatista di matrice islamica [1] nello Xinjiang. L’attività dei movimenti secessionisti nella regione è andata intensificandosi sulla scia dell’implosione dell’Urss e dal conseguente costituirsi delle repubbliche autonome di Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan. Proprio la folta presenza di altre minoranze turcofone nei nuovo Stati confinanti ha portato ad un consolidamento dei rapporti tra le stesse e gli uiguri, sementando quell’ideale di panturchismo che ha finito per ravvivare le aspirazioni separatiste. Gli attentati dell’11 settembre 2001, rappresentarono per il PCC l’occasione per inasprire la politica repressiva nei confronti del separatismo uiguro. Inquadrando i movimenti secessionisti nella cornice della “guerra globale al terrorismo- ingaggiata dalle Nazioni Unite - le autorità cinesi legittimarono il progressivo irrigidimento delle misure, culminato in operazioni sempre più controverse, come detenzioni extragiudiziarie, programmi di “rieducazione” [2], controllo repressivo delle nascite (IUD).

Sebbene l’incompatibilità tra queste misure e le Convenzioni internazionali [3] sui diritti umani ratificate da Pechino sia stata documentata da più organizzazioni e reti di informazione indipendenti [4], la Comunità internazionale non sembra essere orientata verso una direzione univoca nell’indurre Pechino ad un imminente cambio di rotta.

L’Occidente sembra aver definitivamente intrapreso la via del rigore nei confronti della Cina. Con la dichiarazione del Segretario di Stato americano Mike Pompeo [5], in uno degli ultimi atti dell’amministrazione Trump, per la prima volta l’istituzione ufficiale di uno Stato ha fatto ricorso al termine “genocidio”, nel commentare le politiche di Pechino nei confronti della minoranza uigura. Dopo gli Stati Uniti è stata la volta di Canada e Regno Unito, i quali hanno reso noto il loro impegno comune – nel quadro del Commonwealth - a ricorrere ad ogni mezzo convenzionale [6] al fine di tutelare l’integrità degli uiguri: come ad esempio il divieto di importare beni provenienti dallo Xinjiang, laddove vi sia il sospetto dell’impiego di lavoro forzato [7]. L’impiego coatto degli uiguri nella filiera produttiva di diverse aziende straniere delocalizzate nella regione è stato oggetto di inchiesta da parte di diverse associazioni per i diritti umani [8] e lo stesso Parlamento Europeo si era pronunciato sulla questione lo scorso dicembre[9].

Dal lato della Umma islamica, sebbene sotto il profilo ideologico e culturale la causa la riguardi da vicino, quello che è prevalso tra gran parte dei Paesi a maggioranza musulmana è stato un approccio - sinora - ambiguo rispetto alla questione uigura. Nel luglio del 2019 trentasette Stati, tra i quali Arabia Saudita; Egitto; Pakistan, e diversi Stati del Golfo, hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta [10] - indirizzata all’Alto Commissario Onu per i diritti umani - nella quale hanno espresso elogi alla politica di Pechino per i risultati ottenuti nella lotta al terrorismo e nella stabilizzazione dello Xinjiang. Gli stessi hanno inoltre sottolineato, come la questione del rispetto dei diritti umani sia spesso oggetto di una politicizzazione con secondi fini. La stessa Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC), nel marzo del 2019, ha adottato una risoluzione parallela alla dichiarazione congiunta[11].

Il pragmatismo della Comunità islamica

La condotta ambigua della comunità musulmana rispetto alla questione uigura può essere in parte contestualizzata dando uno sguardo a quelle che sono le dinamiche interne di alcuni di quegli Stati che si sono espressi a favore delle politiche del PCC. Dinamiche che, in definitiva, portano gli stessi a prediligere una posizione di “non interferenza” se interpellati su questioni che riguardano i diritti umani.

Islamabad da decenni si trova ad affrontare una situazione parallela a quella di Pechino, dove l’acutizzarsi della lotta al movimento separatista del Balochistan [12] ha visto le forze militari regolari che presidiano la regione mettere in atto un giro di vite sempre più oppressivo nei confronti della popolazione locale [13]. In Egitto, dall’ascesa al potere di Al-Sisi, si è assistiti ad una progressiva messa in discussione del rispetto dei diritti umani nel Paese, oltre che ad un incremento degli episodi di intolleranza nei confronti della minoranza copta [14].

Tra i Paesi musulmani che sostengono le politiche della Repubblica Popolare in funzione anti-uigura, l’Arabia Saudita – “custode” dei luoghi sacri dell’Islam e uno dei fondatori dell’Organizzazione della cooperazione islamica – è quello che suscita maggiori perplessità. Riyad dal 2015 è a capo della coalizione militare impegnata nel conflitto yemenita contro i ribelli Huthi, dove i legami a sfondo religioso [15] tra quest’ultimi e la minoranza sciita delle province di Najran e Jizan - la stessa target di numerose campagne di stigmatizzazione a livello istituzionale [16] - rappresentano una delle ragioni alla base dell’intervento di Riyad. Inoltre, alla luce delle lacune [17], tanto nello stato di diritto, quanto di regolamentazione della manodopera straniera [18], un’azione di condanna di Riyad su questioni che implichino violazioni dei diritti umani sarebbe in definitiva poco credibile. Così come inverosimili apparirebbero dei moniti sulla medesima questione, da parte di Paesi che storicamente mettono al primo posto la stabilità sociale, anche a scapito dei diritti umani.

I legami tra Cina e Mondo arabo

A far pendere l’ago della bilancia verso Pechino - oltre alle questioni endogene – vi è quello che, negli ultimi decenni, si è evoluto in un rapporto di quasi interdipendenza tra MENA e Dragone. Nell’ultimo forum della Cooperazione Cina-Stati arabi [19] - canale ufficiale di dialogo tra Pechino e Lega Araba il Presidente cinese Xi Jinping ha rimarcato l’importanza di inquadrare le relazioni sino-arabe nella cornice di una strategia di mutuo supporto, volta al perseguimento di obiettivi comuni.

Sul piano della cooperazione tra Pechino e Stati MENA, la Belt and Road Initiative[20] (BRI) esemplifica le parole del Presidente cinese sull’importanza del sostegno reciproco. Il progetto, difatti, funge da collante combinando da un lato gli interessi della Cina - tanto in funzione di sicurezza energetica, quanto in chiave di espansione commerciale - e, dall’altro, viene incontro alle esigenze dei suoi partners in prospettiva di sviluppo economico ed infrastrutturale [21].

Dall’avvio della BRI nel 2013, l’export di idrocarburi dall’area MENA verso la Cina ha registrato un incremento costante: oggi Pechino è il più grande importatore di petrolio e derivati dell’OIC [22] e primo partner commerciale di Riyad [23]. Dall’altro lato, l’inclusione di Pakistan ed Egitto nella BRI è funzionale alla Cina sia ai fini dell’espansione commerciale verso ovest, sia sotto l’aspetto geopolitico: da una parte il corridoio economico sino-pakistano [24] garantisce a Pechino un accesso diretto al Mar Arabico, dall’altra il canale di Suez è un punto nevralgico per il collegamento delle rotte della Maritime Silk Road [25] ai porti del Mediterraneo.

Gli investimenti diretti cinesi nell’area MENA – dal 2013 al 2020 – sono aumentati del 650% [26]. Un dato che - sommato al peso di Pechino nell’export energetico - è sufficiente a fornire una percezione abbastanza chiara del significato che assume, per degli attori regionali con un'economia incerta e un fronte interno instabile, la scelta di allinearsi o meno alle posizioni della Cina. Soprattutto dal momento che quest'ultima, anche durante una crisi pandemica globale [27], si è rivelata un partner affidabile, riuscendo in definitiva a mantenere i suoi impegni nel quadro della strategia di mutuo supporto.

    [1] https://www.globaltimes.cn/content/1115247.shtml

    [2] https://apnews.com/article/269b3de1af34e17c1941a514f78d764c

    [3] https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1987/1307_1307_1307/it

    [4] https://newlinesinstitute.org/wp-content/uploads/Chinas-Breaches-of-the-GC.pdf

    [5] https://2017-2021.state.gov/determination-of-the-secretary-of-state-on-atrocities-in-xinjiang/index.html

    [6] https://www.canada.ca/en/global-affairs/news/2021/01/canada-announces-new-measures-to-address-human-rights-abuses-in-xinjiang-china.html

    [7] https://www.hrw.org/report/2018/09/09/eradicating-ideological-viruses/chinas-campaign-repression-against-xinjiangs

    [8] https://www.bbc.com/news/world-asia-china-51697800

    [9] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2020-0434_EN.html

    [10] https://www.hrw.org/sites/default/files/supporting_resources/190712_joint_counterstatement_xinjiang.pdf

    [11] https://www.oic-oci.org/docdown/?docID=4447&refID=1250

    [12] https://cisac.fsi.stanford.edu/mappingmilitants/profiles/balochistan-liberation-army

    [13] https://www.hrw.org/news/2011/07/28/pakistan-security-forces-disappear-opponents-balochistan

    [14] https://www.refworld.org/docid/49749d2b2d.html

    [15] https://jamestown.org/program/saudi-arabias-yemen-intervention-a-high-risk-gamble/

    [16] https://www.hrw.org/news/2017/09/26/saudi-arabia-official-hate-speech-targets-minorities#

    [17] https://www.hrw.org/world-report/2021/country-chapters/saudi-arabia#

    [18] https://www.dw.com/en/saudi-kafala-labor-reforms-leave-devil-in-the-detail/a-55511689

    [19] https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/zxxx_662805/t1795754.shtml

    [20] https://www.cfr.org/backgrounder/chinas-massive-belt-and-road-initiative

    [21] https://news.cgtn.com/news/2019-09-07/Deals-worth-26-bln-signed-at-2019-China-Arab-States-Expo-JNw2Cvz9SM/index.html

    [22]https://www.trademap.org/Country_SelProductCountry_TS.aspx?nvpm=1%7c%7c6%7c%7c%7c27%7c%7c%7c2%7c1%7c2%7c2%7c2%7c1%7c4%7c1%7c1%7c1

    [23] https://wits.worldbank.org/CountryProfile/en/Country/SAU/Year/2018/TradeFlow/Export/Partner/by-country

    [24] https://merics.org/en/analysis/bri-pakistan-chinas-flagship-economic-corridor

    [25] https://www.unwto.org/marimime-silk-road

    [26] https://www.aei.org/china-global-investment-tracker/

    [27] https://www.kas.de/documents/2...

    https://unsplash.com/it/foto/y...

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    Davide Shahhosseini

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