La sfida degli Houthi nel Mar Rosso: tra rischi e incognite

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  Michele Magistretti
  03 January 2024
  3 minutes, 50 seconds

Con lo scoppio del conflitto tra Israele e il gruppo terroristico islamista, Hamas, si sono aperti ulteriori scenari di crisi a bassa intensità in altri quadranti della regione. Mentre prosegue l’invasione di terra della Striscia di Gaza da parte delle forze di difesa israeliane, altri attori hanno deciso di innalzare il livello del conflitto nei confronti dello stato ebraico e dei suoi alleati. Tra questi vi sono i ribelli sciiti di Ansar Allah, che controllano parte dello Yemen e la sua capitale Sa’ana.

Vediamo quindi come si è deteriorato il panorama securitario nel Mar Rosso e quali sono le incognite a cui vanno incontro gli attori regionali e i loro alleati occidentali.

La sfida del Mar Rosso: tra rischi e incognite

Da metà ottobre il gruppo ribelle zaidita dello Yemen ha lanciato una serie di attacchi alle navi cargo commerciali che transitano lungo il Mar Rosso. Il gruppo terroristico, sicuramente anche grazie al know-how iraniano, ha utilizzato droni, missili antinave e missili balistici a corto raggio. Oltre a mirare alle navi in transito ha tentato di colpire il sud di Israele, senza successo. Ciononostante, i danni causati ad alcune navi e il sequestro della Galaxy Leader, di proprietà britannica con un azionista israeliano, ha costretto le maggiori compagnie di trasporto marittimo a compiere una scelta drastica: l’abbandono temporaneo della tratta marittima scegliendo come alternativa la rotta per il Sud Africa. Lungo il corridoio marittimo del Mar Rosso transita circa tra il 10% e il 15% del commercio globale e circa il 30% di quello dei container. Questa arteria risulta fondamentale per gli interessi strategici e gli scambi commerciali di molti paesi europei.

La risposta occidentale è stata avviata a rilento. Gli Stati Uniti e la Grand Bretagna sono gli attori che hanno reagito per primi. Gli USA hanno inviato nelle acque antistanti lo Yemen un carrier strike group come deterrente agli attacchi dei ribelli houthi. La forza navale statunitense ha bloccato numerosi attacchi missilistici, tramite droni e anche tentativi di aggressione tramite piccole unità navali da parte dei terroristi yemeniti. Ma la forza multinazionale che dovrebbe comporre la c.d. operazione “Guardiano della Prosperità” inizia già a scontare divisioni interne. Molti degli alleati europei sembrano per ora recalcitranti ad assumere ruoli rilevanti o a voler sottostare alle direttive forze navali di Washington. Tra le plausibili spiegazioni vi sono le pressioni delle diverse opinioni pubbliche e una atavica tendenza all’avversione al rischio e alla timidezza da parte di alcuni attori nell’utilizzo del hard power.

Inoltre, anche gli alleati arabi hanno mostrato di preferire un basso profilo e non voler essere eccessivamente coinvolti nelle operazioni di contrasto alle aggressioni degli Houthi. L’unico paese del Golfo ad avere preso parte all’operazione promossa dagli USA è il Bahrein, che ospita la base operativa della quinta flotta statunitense ed è conosciuto per la propria posizione ferocemente anti-iraniana. L’Arabia Saudita si trova in una posizione complessa, non potendo né volendo apparire troppo sbilanciata a favore dell’Occidente riguardo il conflitto a Gaza e avendo ormai avviato da più di un anno le trattative con gli stessi ribelli yemeniti per una risoluzione duratura del conflitto nel paese. Anche l’Egitto, nonostante sia un diretto interessato dall’interruzione del flusso di merci nel Mar Rosso ed essendo tra i principali attori coinvolti indirettamente nel conflitto tra Israele e Hamas, preferisce mantenere una posizione defilata.

Ripercorrendo a ritroso il processo di pacificazione degli ultimi anni portato avanti dalle Nazioni Unite e dall’ex ministro degli esteri britannico, Jeremy Hunt, alcuni analisti criticano la via dell’appeasement scelta da questi attori. Il tentativo di fermare le ostilità e l’offensiva saudita e dei suoi alleati yemeniti nel 2018 ha permesso ad Ansar Allah di fortificare le proprie posizioni e passare alla controffensiva, finendo per acquisire le capacità belliche determinanti per sabotare addirittura uno dei principali corridoi marittimi globali.

Indipendentemente dalle responsabilità passate, all’interno dell’establishment politico e militare di Washington è ormai evidente la necessità di ristabilire una concreta deterrenza nei confronti del gruppo terroristico, per salvaguardare la sicurezza dei mari e la libertà di navigazione in questo quadrante geografico. Infatti, potrebbero essere in preparazioni manovre offensive su larga scala per colpire e neutralizzare le basi houthi dalle quali il gruppo lancia i propri attacchi nel Mar Rosso.

 

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Michele Magistretti

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#Yemen #Houthi #Mar Rosso #Red Sea #Arabia Saudita