Stati Uniti e Arabia Saudita: una partnership burrascosa

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  Michele Magistretti
  01 November 2022
  2 minutes, 59 seconds

Dall’insediamento della nuova amministrazione democratica, la relazione tra Washington e Riad ha sicuramente vissuto un cambiamento rispetto ai tempi di piena sintonia ed armonia che hanno caratterizzato il mandato di Donald Trump. Nonostante i primi tentativi di timido riavvicinamento i due partner continuano a vivere una relazione tesa, con posizioni differenti riguardo diversi dossier.

Vediamo quindi quali sono i principali temi di contrasto tra questi due attori e le possibili prospettive future.

Una relazione tormentata: tra agende contrastanti e scenari instabili

Il viaggio del POTUS di questa estate in Medio Oriente non ha sortito gli effetti sperati. I due alleati ancora non riescono a trovare un nuovo modus vivendi e non mancano le polemiche e gli scambi di accuse reciproci. Ad inizio ottobre l’OPEC+, di cui fa parte Mosca, ha deciso di ridurre di circa due milioni di barili al giorno la produzione di petrolio. Questa decisione ha destato non poche lamentele da parte statunitense. L’alleato americano contesta al partner saudita di aver deciso di sposare una linea troppo morbida nei confronti di Mosca e da più parti si sono alzate critiche riguardo tale decisione a ridosso delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Secondo alcuni analisti ed opinionisti, Riad cerca di indebolire l’attuale amministrazione a guida democratica provando ad avvantaggiare il partito repubblicano, storicamente più vicino alla casa reale saudita riguardo la gestione della politica estera regionale. Da parte loro, i sauditi hanno sottolineato che questa scelta non è da intendersi in senso politico ma economico. Riad e gli alleati arabi hanno messo al primo posto il proprio interesse economico di breve termine e parlato di un tentativo di stabilizzazione del mercato. I paesi del golfo in particolare hanno voluto premiare una strategia di incasso anticipato, nel caso alcuni partner come Iraq e la Russia stessa si trovassero in difficoltà in futuro non riuscendo a mantenere gli stessi livelli di produzione.

Pur avendo cooperato con Mosca riguardo il dossier petrolifero, Riad in sede ONU ha sostenuto la condanna dell’aggressione russa all’Ucraina e quella dei referendum illegali di annessione delle province meridionali e orientali sotto occupazione. Inoltre, il regno saudita si è fatto portavoce di un percorso di mediazione tra i belligeranti e la sua azione diplomatica, in cooperazione con Ankara, ha permesso uno scambio di prigionieri, tra i quali vi erano anche cittadini statunitensi. Lo stesso Mohammed bin Salman ha promesso al presidente ucraino di lavorare per l’invio di aiuti umanitari per un valore di circa mezzo miliardo di dollari.

Dunque, la relazione tra i due paesi non si è frantumata, essendo Washington ancora il principale pilastro della sicurezza saudita nella regione. I prossimi mesi mostreranno quali spinte prevarranno all’interno delle rispettive strutture politico-governative. Da una parte, il presidente Biden potrebbe essere costretto ad una maggiore intransigenza nei confronti dell’alleato sotto l’impulso dell’ala progressista del partito, che vorrebbe una maggiore incisività nella difesa dei diritti umani, e dell’ala liberal che mal tollera i recenti “valzer” sauditi con Pechino e Mosca. Dall’altra parte, sarà necessario comprendere fino a che punto la dirigenza saudita sia disposta a continuare un corso d’azione ambiguo, facendo prevalere l’interesse nazionale di breve e medio periodo a scapito della cooperazione con il suo migliore alleato regionale, di cui critica la mancata disponibilità a comprendere le proprie priorità strategiche. 

Fonti consultate per il presente articolo 

https://english.alaraby.co.uk/... 

https://gulfif.org/perspective... 

https://gulfif.org/adding-fuel...

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Michele Magistretti

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