L’accordo sul clima della COP28 rappresenta un passo indietro sui combustibili fossili

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  Redazione
  04 January 2024
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Il recente vertice sul clima COP28 di Dubai è stato negativamente aggiornato. Il risultato è stato qualificato, forse sarcasticamente, come “Il consenso degli Emirati Arabi Uniti” sui combustibili fossili.

Il testo conclusivo, concordato dai delegati di quasi 200 paesi, chiede al mondo di “abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo”.

In sintesi, le richieste più sentite e forti, ovvero quelle di “eliminare gradualmente” l’utilizzo dei combustibili fossili, alla fine non hanno avuto alcun successo, neanche parziale.

Il testo dell’accordo riconosce la necessità di eliminare gradualmente la combustione “senza sosta” dei combustibili carboniosi e di passare quam primum verso sistemi energetici coerenti con le emissioni atmosferiche nette pari a zero entro il 2050, accelerando nel contempo l’azione nel “decennio critico” di questi anni 2020-30.

Gli ingegneri e scienziati che ricercano i cambiamenti necessari per portare a termine questa futuribile e radicale transizione del sistema energetico, ritengono che questo accordo non sia in alcun modo accettabile in quanto insufficiente a porre l’uso dei combustibili fossili al centro della crisi climatica.

Infatti, un simile approccio non è giudicato coerente con le argomentazioni ed il consenso scientifico sull’urgenza di ridurre drasticamente il consumo di combustibili fossili al fine di ridurre il riscaldamento globale di 1,5°C.

La combustione di carbone, petrolio e gas rappresenta il 75% di tutto il riscaldamento globale raggiunto fino ad oggi e il 90% delle emissioni globali di CO₂.

Quindi, cosa chiede effettivamente il testo ai paesi di fare con questi combustibili e quali scappatoie potrebbero sfruttare per continuare a consumarli anche in futuro?

Quei paesi che sostengono l’uso continuo dei combustibili fossili hanno fatto ogni sforzo per aggiungere il termine “senza sosta” ogni volta che durante i negoziati è stata proposta una riduzione o un’eliminazione graduale dei combustibili fossili.

L’ “abbattimento” in questo contesto significa nella vulgata versio l’utilizzo della tecnologia adatta per la cattura e stoccaggio per impedire che le emissioni di CO₂ provenienti dai motori a scoppio e dai forni industriali raggiungano l’atmosfera.

Tuttavia, nel testo non esiste alcuna definizione chiara di ciò che tale riduzione comporterebbe. Questa carenza e ambiguità consentono, come sta già trapelando, un’interpretazione troppo ampia e facilmente abusata da parte di chiunque su ciò che costituirebbe un uso “ridotto” dei combustibili fossili.

Ad esempio, sarà sufficiente “catturare” il 30% o il 60% delle emissioni di CO₂ derivanti dalla combustione di una certa quantità di carbone, petrolio oppure di gas?

Ovvero, l’uso di combustibili fossili sarà considerato “abbattuto” solo se il 90% o più di queste emissioni verranno catturate e immagazzinate in modo permanente insieme a una bassa perdita di emissioni “fuggitive” del potente gas serra metano che può fuoriuscire dalle infrastrutture industriali del petrolio e del gas?

Questa definizione è sicuramente importante e dirimente nonostante l’accordo COP28 che presumibilmente onora “la scienza” sul cambiamento climatico: bassi tassi di cattura con elevate emissioni residue e fuggitive non sono coerenti con ciò che la ricerca scientifica ha dimostrato essere necessario per limitare il riscaldamento globale entro i limiti concordati a livello internazionale di 1,5°Celsius.

In un rapporto del 2022, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ha indicato che quasi tutte le emissioni di carbone fossile e il 33%-66% delle emissioni di gas naturale devono essere annullate per essere compatibili con l’accordo di Parigi del 2015.

Ciò presuppone che il mondo disponga di mezzi sostanziali - che ancora non ha - per assorbire carbonio-CO2 (pari ad almeno alcuni miliardi di tonnellate all'anno) dall'aria atmosferica nei decenni futuri.

Se questi apparati industriali non riuscissero a concretizzarsi, la ricerca specifica in questo campo indica che la cattura del carbonio-CO2 dovrebbe essere quasi totale ed intesa verso tutti i combustibili.

Il fatto che la distinzione tra combustibili fossili “abbattuti” e “non abbattuti” non sia stata minimamente chiarita è un’occasione gravemente mancata per poter garantire l’efficacia dell’accordo di Dubai. Questa mancanza di chiarezza non potrà che prolungare la dipendenza energetica un po’ da tutti dai combustibili fossili con il pretesto ridicolo di un utilizzo eufemisticamente definito come “ridotto”.

Ancora più ampio sarà il danno causato a questa transizione energetica consentendo continui investimenti nelle infrastrutture per i combustibili fossili – nuove centrali a carbone, ad esempio, a patto che parte del carbonio emesso venga poi catturato (abbattuto) – dirottando così preziose risorse da fonti energetiche più ecologiche e sostenibili.

Tali forti contraddizioni potrebbero ostacolare fino a renderlo utopico l’ulteriore obiettivo della COP28 di “triplicare” la capacità di energia rinnovabile entro il 2030.

Non definendo esplicitamente questi termini, la COP28 ha perso l’occasione di stabilire un punto di riferimento solido e scientificamente supportato per il futuro e ridotto utilizzo dei combustibili fossili.

Una fattoria ad energia solare contro un cielo azzurro.

E’ stato dimostrato che per triplicare la capacità produttiva di energia rinnovabile entro il 2030 sarebbe richiesto un tasso di crescita economico-industriale annuo del 17%.

Come sarà la prossima era della rimozione carbonica ?

Poiché è sempre più tecnicamente probabile che il mondo riesca a superare gli obiettivi sulla temperatura atmosferica definito dall’accordo di Parigi, non resta che rimuovere attivamente più CO₂ dall’atmosfera – con la riforestazione e la cattura diretta dell’aria (CDA), oltre agli altri metodi – di quanta ne verrà emessa in futuro.

Alcune tecnologie per la rimozione del carbonio, come la CDA, sono ancora nelle fasi iniziali del loro sviluppo e sarà difficile ampliarle per rimuovere la quantità necessaria di CO₂.

E questo sforzo non dovrebbe sminuire in primo luogo l’urgente necessità di ridurre le emissioni: l’approccio equilibrato è vitale non solo per arrestare, ma anche per invertire la traiettoria anche futura del riscaldamento, in linea con gli ambiziosi obiettivi dell’accordo di Parigi.

Finora, c’è stato un solo vertice delle Nazioni Unite sul clima di inequivocabile successo: quello di Parigi del 2015, allorché i negoziati per un accordo si sono conclusi positivamente ed è iniziata l’era dell’aumento collettivo e volontario dei tagli alle emissioni.

Il fallimento della COP28 è rappresentato dal fatto che non è stato raggiunto alcun impegno comune per “eliminare gradualmente e poi eliminare” continuativamente i combustibili fossili, anche se molti paesi si sono avvicinati fortemente a favore di questa posizione.

Non sarebbe sorprendente, ma anzi auspicabile, se coalizioni di governi che la pensano allo stesso modo procedessero per attuarlo in termini più rapidi e concreti.

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