Le conseguenze umanitarie del conflitto dimenticato in Sudan

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  Chiara Cecere
  07 December 2023
  4 minutes, 57 seconds

Lontano dagli occhi del mondo e dai titoli dei giornali, il conflitto in Sudan continua a infuriare. “Ciclo di violenze senza fine”, “male assoluto”, “genocidio” sono i termini usati nelle ultime settimane dai rappresentanti delle Nazioni Unite o delle organizzazioni per i diritti umani riguardo alla guerra in Sudan. In tutto il Paese si sta verificando una crisi umanitaria inimmaginabile di fronte alla quale la comunità internazionale rimane in gran parte passiva, nonostante sempre più persone siano sfollate a causa degli incessanti combattimenti. La lotta per il potere tra le Forze di supporto rapido (RSF), guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo detto “Hemetti”, e l’esercito sudanese comandato da Abdel Fattah al Buhran, va avanti ormai da sette mesi e ha cambiato in un certo senso natura, da quando le RSF hanno cominciato a espandere il loro controllo nell’ovest del paese, nel Darfur, la stessa regione che una ventina di anni fa fu teatro di un conflitto sanguinoso.

La popolazione del Sudan soffre le conseguenze del deficit di sviluppo caratterizzato da povertà cronica, mancanza di mezzi di sussistenza e accesso limitato ai servizi sociali di base. Il Sudan è uno dei Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici. I periodi di siccità e le inondazioni contribuiscono all'insicurezza alimentare della popolazione. Sempre da metà aprile, sono state denunciate 3.130 gravi violazioni dei diritti dei bambini. La crisi dei rifugiati del Sudan rimane la più grande in Africa. Secondo il bilancio dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, da metà aprile 6,3 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le case per scappare in altre parti del paese. Il Sudan è ora il paese con il più alto numero di sfollati interni del mondo: 5,1 milioni, che hanno trovato rifugio in 5.437 località sparse su tutto il territorio nazionale e 1,2 milioni sono fuggite nei Paesi vicini, quali Ciad, Egitto, Sud Sudan, Etiopia e Repubblica Centrafricana (RCA).

A inizio novembre, la regione del Darfur è stata nuovamente oggetto di attenzione a causa del massacro di Ardamata. Questo evento tragico si è verificato nello stato del Darfur Occidentale, situato vicino al confine con il Ciad. Nella località di Ardamata, le Rapid Support Forces (RSF) e le milizie arabe alleate sono state accusate di aver commesso un massacro, uccidendo circa 1.300 persone di etnia masalit all'interno di un campo per sfollati e nelle zone circostanti. Questo episodio ha portato a gravi accuse di pulizia etnica. Inoltre, migliaia di persone, stimati intorno ai 8.000 individui, hanno cercato rifugio in Ciad fuggendo dalla violenza.

L'Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) del Sudan ha reso noto il 28 novembre 2023 il Piano di risposta e bisogni umanitari (Humanitarian Needs and Response Plan - HNRP) per il 2024. L’OCHA lavora per sostenere il progresso delle persone verso l'autosufficienza, in modo che non debbano più dipendere dall'assistenza umanitaria. Per la maggior parte delle persone, vi saranno molteplici shock, tra cui l'impatto negativo dei cambiamenti climatici, che continueranno a determinare bisogni urgenti il prossimo anno. Nel 2024, si prevede che 9 milioni di persone vulnerabili avranno bisogno di una qualche forma di assistenza umanitaria. Di questi, i partner umanitari si rivolgeranno a 6 milioni di persone con i bisogni più urgenti. La risposta umanitaria richiederà 1,8 miliardi di dollari per fornire assistenza alle persone interessate. Gli operatori umanitari intendono rivolgersi alle persone con esigenze dettate da shock, come quelle colpite da effetti climatici negativi, conflitti, epidemie di malattie che richiedono assistenza salvavita. Disponendo di meno fondi nel 2024, l’OCHA darà priorità all'assistenza per sostenere le comunità con i bisogni più gravi. La realtà è che alcune persone avranno bisogni a cui gli operatori umanitari non saranno in grado di rispondere, ed è importante che abbiano accesso ai servizi di base forniti dallo Stato. 1,6 milioni di bambini rimangono a rischio critico di malnutrizione. Donne e ragazze restano ad alto rischio di violenza di genere. La crisi del Sudan, scoppiata il 15 aprile 2023, ha aumentato la casistica della popolazione vulnerabile che necessita di assistenza. L'impatto della crisi si è fatto sentire sull'economia, mettendo ulteriormente a dura prova le capacità di sopravvivenza della popolazione con l'aumento dei prezzi di mercato. In alcune zone del Paese si registrano violenze, sfollamenti e alti livelli di privazione.

Inoltre, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (World Food Programme - WFP) ha dichiarato che gli aiuti alimentari a 1,4 milioni di persone in Ciad, compresi i rifugiati appena arrivati in fuga dalle violenze nella regione sudanese del Darfur, termineranno a gennaio a causa della mancanza di fondi. Le limitazioni finanziarie e l'aumento dei bisogni umanitari hanno già costretto il WFP a sospendere l'assistenza agli sfollati interni e ai rifugiati provenienti da Nigeria, Repubblica Centrafricana e Camerun a partire da dicembre. Da gennaio, i tagli si estenderanno anche alle persone in crisi in Ciad. Secondo l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, più di 540.000 rifugiati sono passati dal Sudan al Ciad da quando sette mesi fa è scoppiata la guerra tra l'esercito sudanese e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Molti sono fuggiti dal Darfur occidentale, dove la violenza etnica e le uccisioni di massa sono scoppiate di nuovo questo mese nella capitale dello Stato, el-Geneina, spingendo altre migliaia di persone a fuggire. Il WFP ha dichiarato di aver bisogno di 185 milioni di dollari per sostenere la popolazione del Ciad nei prossimi sei mesi. Per mesi, i funzionari delle Nazioni Unite hanno dichiarato che non vi è abbastanza interesse internazionale per la crisi e che i progetti rimangono sottofinanziati.


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L'Autore

Chiara Cecere

La mia passione per ciò che studio deriva dalla mia inappagabile curiosità, unita ad un briciolo di idealismo. Per quest’ultimo aspetto, le mie esperienze all’estero in precedenza sono state concentrate sui paesi scandinavi: ho trascorso un anno a Stoccolma lavorando come ragazza alla pari durante il mio gap year prima dell’università e ho vinto lo scambio con la prestigiosa università di Lund da gennaio a giugno 2020, durante la triennale in Diplomatic International Sciences all'Università di Bologna. La mia determinazione è confermata dal fatto che sia riuscita a raggiungere un buon livello di svedese in meno di un anno. Inoltre, il secondo semestre del primo anno (gennaio 2022), ho preso parte ad un secondo Erasmus presso l’università di Science Po Lyon, che ho vinto facendo domanda per la carriera futura, magistrale di International Relations - International Affairs. Sono appassionata ed entusiasta riguardo alla scelta del corso di studi triennale, per cui ho scelto di continuare con una magistrale in International Affairs all’università di Bologna. Ho scelto il curriculum di International Affairs proprio perché sono attratta da aree geografiche diverse dall’Europa, in particolare l’Africa. Considero la mia apertura mentale e la mia sensibilità culturale le mie migliori qualità, e la mia forza motrice è una grande curiosità unita a un pizzico di idealismo.

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