Parità di genere: quanto ne siano ancora lontani?

Obiettivo 5 agenda 2030 : quanto siamo lontani dal traguardo in Italia

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  Maria Pol
  17 November 2023
  6 minutes, 17 seconds

Uno dei progetti più importanti e ambiziosi dell’ONU, Organizzazione delle Nazioni Unite, è l’Agenda 2030. Essa consiste in una serie di obiettivi, diciassette per essere esatti, che gli Stati si sono posti di raggiungere entro il 2030.

Uno di questi obiettivi, il cinque, tratta della parità di genere che viene definito dall’enciclopedia Treccani come “Parificazione nella rappresentatività dei generi maschile e femminile”.

Questo piano di azione è stato sottoscritto nel settembre del 2015 da 193 Paesi tra cui l’Italia; oggi ormai giunti alla fine del 2023, quanto siamo lontani dai traguardi posti sotto l’obiettivo 5 nel nostro Paese?

violenza contro le donne

“5.1 Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze

5.2 Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo

5.3 Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili”

La parità di genere è uno degli obiettivi che l’Italia si è posta nel suo PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

Dal quadro che si presenta quasi quotidianamente nelle pagine di giornale sembra però che la parità di genere sia qualcosa ancora molto lontano.

Analizzando i dati forniti dal Servizio Analisi Criminale in occasione della festa della donna (8 marzo 2023) nel 2022:

  • gli atti persecutori sono 17.259 (74% con incidenza di vittime donne) in leggero calo rispetto all’anno femminile che conta 18.724 reati commessi.
  • i maltrattamenti contro familiari e conviventi restano invece costanti intorno a 23.296 reati (81% con incidenza di vittime donne)
  • le violenze sessuali sono 5.991 (91% con incidenza di vittime donne). Questo dato è in costante aumento dal 2019 al 2022

Un altro dato allarmante sono gli omicidi commessi che nel 2022 sono 319, di cui 126 erano donne: 104 delle quali uccise da persone appartenenti alla famiglia o alla sfera affettiva.

Inoltre, fino al 25 ottobre 2023 dall’inizio dello stesso anno si contano 100 femminicidi.

Tra gli obiettivi c’è anche l’eliminazione di pratiche quali il matrimonio combinato che nell’ordinamento italiano viene considerato reato secondo la legge n.69/2019 e viene punito secondo questa attraverso il carcere. Eppure, nel 2021 si contano 20 reati commessi. I dati analizzati dal 2019 al 2021 mostrano che il 6% dei reati viene commesso a infraquattordicenni, il 27% ha un’età compresa tra quattordici e diciassette anni e il 43% ha tra i diciotto e i ventiquattro anni.

La pratica delle spose bambine di cui in Italia si parla poco ha quindi attuazione anche in questo Paese.

salute e legge aborto

“5.6 Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d’Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d’Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze”

In Italia le donne hanno il diritto di interruzione volontaria della gravidanza sancito dalla legge 194/78, introdotta il 22 maggio 1978. La legge si riferisce alla possibilità di abortire per chi si trova in grave pericolo per la salute fisica e psichica nel portare a termine la gravidanza.

Effettivamente però non è sempre semplice: secondo l’ultimo aggiornamento al 05 luglio 2022 i ginecologi obiettori sono 64,6%.

Oltre a questa grave limitazione, la donna che vuole interrompere la propria gravidanza deve farlo entro novanta giorni e per farlo deve avere un documento che attesti la richiesta della donna, il quale deve essere fatto da un medico.

Quest’ultimo può anche decidere di far rispettare alla donna un periodo di riflessione che può prolungarsi fino a sette giorni.

Ad oggi esistono in Italia diversi movimenti pro life che si oppongono a questo diritto.

mondo del lavoro, ruolo nella società e istruzione

“5.4 Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali

5.5 Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica”

“5.a Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali

5.b Rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna

5.c Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli”

Esistono ancora oggi i “lavori per donne” e i “lavori per uomini”?

Il vero problema in questa divisione sembra esistere già nella scelta dell’ambito di istruzione. I dati ISTAT risalenti al 2018 mostrano come ci sia una presenza maggiore di uomini in materie scientifico e d'ingegneria, mentre le donne prevalgono nel gruppo linguistico, dell'insegnamento, letterario, psicologico. In generale questi dati mostrano come ci sia una quota maggiore di donne laureate; ma gli ultimi anni sembrano mantenere questa quota rosa maggiore nel mondo accademico.

Nonostante questo non è sempre facile per le donne entrare e farsi spazio nel mondo del lavoro. Infatti, l’occupazione femminile è del 48,6% nelle donne tra 15 e 64 anni rispetto a quella maschile che si trova al 67,5%. In questo un ruolo sembra averlo giocato il Covid 19, in quanto nel 2020 sono stati persi 99 mila posti di lavoro femminili a fronte dei 101 totali persi. L’Italia con questi dati si attesta quasi 20 punti sotto la media europea.

Inoltre, un altro dato importante che emerge è che il 18% delle donne dopo la gravidanza smettono di lavorare: questo può succedere per la difficoltà di accudire i figli, per un licenziamento o il mancato rinnovo di un contratto e infine per valutazioni di convenienza economica.

Per concludere, un fattore importante nel mondo del lavoro è la differenza salariale. Una ricerca ISTAT mostra come nel 2018 nell’Unione Europea le donne abbiano guadagnato il 15% in meno rispetto agli uomini. L’Italia sembra posizionarsi in buona posizione, infatti, nel 2021 il gender pay gap si attesta al 5%. Il divario più grande nelle differenze di paga si attesta in lavori quali il manager o professionisti, dove la ricerca ISTAT risalente al 2014 mostra come per esempio una donna che ricopre il ruolo di manager guadagni trenta euro all’ora; mentre l’uomo con lo stesso impiego ne guadagna 44.

In conclusione, l’obiettivo cinque dell’agenda 2030 sembra in Italia, ma come abbiamo visto a tratti anche in Europa, ancora qualcosa di lontano. Nonostante questo, c’è stata da parte dello Stato e dell’Unione Europea la volontà di improntare politiche e strumenti per combattere questa disuguaglianza.

Per quanto il traguardo sembri ancora lontano, sono stati fatti molti miglioramenti e se questo obiettivo sarà raggiunto lo scopriremo tra sei anni.

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Maria Pol

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#Society gender equality gender pay gap Futuro